Se si potesse...

Quando in italiano affrontammo come argomento il periodo ipotetico, la prof chiese a me di fare un esempio di protasi.
Io sorridendo, dopo un attimo di titubanza, risposi: «Se si potesse...». La prof aveva nello sguardo quasi una brillante consapevolezza di avermi messa alla prova, e percepivo questo suo pensiero dal modo in cui scriveva alla lavagna.
Avete presente quando avete una persona di spalle ma sapete esattamente che espressione sia dipinta sul suo volto?
Ecco, io la intravedevo perfettamente.
Quando si voltò, cercando di assumere un'espressione composta, mi chiese anche l'apodosi.
Lì sorrise di gusto, forse non l'avrebbe saputa trovare nemmeno lei. Fu d'istinto che mi uscii la cosa più insensata che potessi dire.
«...si potrebbe fare!».
Lì scoppiò a ridere e lo scrisse alla lavagna.
«Ecco, qui siamo nel periodo ipotetico dell'estremo astratto!» esclamò, suscitando l'ilarità dell'intera classe che ormai non avrebbe più potuto trattenersi.

Ancora oggi io e la mia compagna di banco, se qualcosa che diciamo non ha senso, come dopotutto avviene spesso in uno splendido mix di disagio e delirio, lo pronunciamo come una formula magica risolutiva!
«Beh dopotutto, se si potesse...»
«...si potrebbe fare!».

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