Il primo giorno di scuola
Ricordo bene il mio primo giorno di ginnasio. Ero spaventata, ma felice più di qualsiasi altra persona al mondo. Il bello è che a quattordici anni non si sa cosa fare della propria vita, ma allo stesso tempo, quando si compie una scelta, si è perfettamente coscienti di cosa si stia facendo. Così ero io, in quel lunedì 13 settembre. Quel giorno mi ha cambiato la vita per sempre o comunque ha reso vita quella che prima era solo la mia banale esistenza. Tutti mi avevano detto che non sarei andata avanti, che non ce l'avrei fatta, che non sarei stata affatto capace di continuare. La domanda che mi tormentava era: «E se avessero ragione?» ma mai e poi mai avrei dato loro tale soddisfazione.
Attraverso tante leggere spinte di spalle entusiaste e frenetiche, mi ritrovai nell'altrio maestoso, simile alla sala di un castello, con due colonne che reggevano il soffitto e circondavano la scalinata centrale con grande imponenza. Ero esterefatta dalla bellezza di quel luogo, e a stento trovai il coraggio di salire fino in aula magna. La preside ci accolse con un discorso che noi ascoltammo diligentemente, mentre io guardavo intorno a me un po' spaesata, un po' intimorita. Non sapevo che di lì a poco avrei visto per la prima volta la mia classe.
Tanti visi si addossavano nella mia visuale, tutti diversi e particolari. Infine, ogni insegnante della seconda ora chiamò a sè l'attenzione dei propri studenti.
Noi, che in ventisei andavamo a formare la classe IV A, ci dirigemmo verso una figura che ci chiamava in maniera imperiosa e la seguimmo fino ad arrivare in aula.
Le ore si svolsero poi in maniera piuttosto fluida, e trovammo il modo per conoscerci, per prendere giá mano con l'alfabeto greco, per parlare piacevolmente con le nostre insegnanti di quel giorno, che dimostrarono serietà, autorevolezza, esigenza ma anche simpatia, disponibilità, scaltrezza, originalità.
Dopo un'ora di italiano, due di greco e una di scienze, uscii dalla scuola ritrovandomi piacevolmente spinta da quelle spalle che al mattino mi avevano cullata nell'atrio più accogliente al mondo.
Già mi sentivo a casa, viva, forte della mia scelta. Corsi a casa, mentre il telefono squillava in continuazione: «Anna, allora? Come è andata? Cosa avete fatto?». Io urlavo di gioia: «Benissimo, benissimo!». La mia vita, da quel lunedì 13 settembre, cambiò per sempre. E mentre il sole in alto splendeva sempre più forte e caldo, mi ripromisi che mai avrei smesso di correre come stavo facendo in quel momento, in quel giorno speciale. Mi promisi di mantenere, se non aumentare, l'entusiasmo di quel giorno in tutti quelli che sarebbero venuti poi.
E sì, è stato così. Ora posso dire che sia stato così.
Con quale coraggio io abbia scelto il liceo classico, ancora non lo so. Però so che, se non l'avessi fatto, oggi non sarei così, e non vorrei immaginarmi altra Anna se non questa che ho di fronte.
Ringrazio i miei errori, le mie sconfitte, i miei difetti, per avermi fatta arrivare fin qui di corsa, con passione. Non mi è mai importato di avere i risultati migliori degli altri ma tengo sempre ad averne di migliori rispetto a quelli precedenti.
E, pian piano, succede. A volte stringo al cuore quel 13 settembre, ed è come se tornassi lì, con i capelli corti e il sorriso da ebete che mi contraddistingueva, con quegli occhi vogliosi di vivere... Mille volte tornerei a quel giorno ma il passato è passato, e andare avanti è necessario.
Ancora non riesco a capire come le persone possano odiare il lunedì. È tutto un pregiudizio, dato che il lunedì può cambiare la vita.
Ed eccomi qua, tutto grazie a quel lontanissimo ma nitidissimo lunedì.
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