Scoperte
"Sei stanca?"
"No, figurati. Io sono abituata a stare alzata fino a tardi"
"Lol. Non hai scuola domani?".
"Chissene, mi fa schifo andarci".
"Davvero? Ma se sei una secchiona!".
"Ma dove?".
"Hai preso nove al tema di italiano"
"Sì ma è diverso, era un compito su Baudelaire, a me piace la poesia".
"Figata!!! La conosci 'il vampiro'?".
Noemi sorride tra sé, gli occhi incollati allo schermo del computer. Assurdo, è la prima volta che chatta con un ragazzo che conosce il mondo della poesia. Anzi, è la prima volta in assoluto che comunica con un essere di sesso maschile che sappia parlare di altro a parte calcio, motorini, tipe che hanno rimorchiato in discoteca.
Pensa di scriverglielo, anche se forse è una mossa audace: vorrebbe sostenere di più la sua maschera cinica e provocatoria, ma sente che con lui non ci riesce.
Chattano ormai da due settimane, ininterrottamente, su Netlog, e lui le ha raccontato molte cose intime di sé stesso.
Scrive il messaggio e preme invio: "Certo che sì, ed è troppo da panico che la conosca anche tu. Non avevo mai parlato con un ragazzo che non fosse un idiota".
Vede che Darryl è online, e non risponde.
Si manda a fanculo da sola, lo sapeva che non doveva scriverglielo.
Proprio mentre sta per disconnettersi, continuando a bestemmiare sottovoce, le arriva una risposta.
"Lo stesso per me. Sei davvero forte blacksoul '91. E sei carina, di solito le ragazze carine non sono anche intelligenti".
L'ha detto, l'ha detto!
La trova carina.
Noemi stringe il cuscino a forma di Kaonashi e soffoca una risata isterica.
Vuole osare, sente che può farlo: "Pure tu lo sei, e parecchio".
Ancora, una pausa.
La giovane ha il cuore in gola, finché non riceve una notifica: "Grazie tesoro!!!".
Noemi lancia via il cuscino, delirante per la gioia.
"Cioè dovevamo bruciare, dai cioè che siamo venute a fare all'assemblea? Cazzo me ne frega di vedere quel film sugli hooligans e boiate varie, neanche ci vado allo stadio".
Mandy, lo sguardo disgustato e gli occhi roteanti, si volta verso le sue amiche, tutte prese a fare altro: Giada si taglia le doppie punte con la forbice che ha fregato a Narciso, il bidello; Laura legge da una rivista di gossip come Britney Spears ha aggredito un paparazzo dopo essersi rasata i capelli e Noemi, beh lei...
"Stai ancora al cellulare con quel tipo? E basta che palle! Noemi, oh stronza?!".
"Che cazzo vuoi Mandy?! Che peso! Sei maggiorenne, firmati la giustificazione ed esci!".
Di colpo, tutte le ragazze si girano a fissarla, stranite.
"Silenzio!", le intima la Martinelli, la vicepreside seduta poco distante.
Mandy fulmina Noemi con lo sguardo, ma questa ha già fatto cadere gli occhi sullo schermo del telefonino.
"Vecchia scusa, dai", Noemi rincorre Mandy fino all'uscita, il tono di voce più scocciato che dispiaciuto.
Mandy, una ragazza dai lunghi capelli tinti di nero, le unghie laccate di viola e i penetranti occhi verdi truccati pesantemente, la osserva con naturalezza.
"Ti stai fottendo la testa, io te l'ho detto", le fa, accennando con il mento al nokia che l'amica tiene tra le mani.
"Sono nervosa perché è un giorno intero che non mi risponde, tutto qua", si giustifica lei, arrossendo lievemente.
"Ho capito vecchia ma non sai neanche di dov'è", inizia a rimproverarla la giovane, ma Noemi la interrompe: "Non è vero, so tutto di lui, mi ha raccontato anche le cose più intime...".
"Sì ok ma vecchia mia, chiunque può raccontartela su Netlog.
Per quanto ne sai potrebbe essere un ciccione di cinquant' anni che si mena l'asta con le foto che gli hai inviato".
"Va bene, non ha senso parlare con te", si indispettisce Noemi.
"Dico solo che non dovresti perderci la vita. Non sai nemmeno se dice il vero, scommetto che le cose intime che ti ha raccontato sono che si sente incompreso, la gente non lo capisce, è un artista. Ti avrà detto che i suoi sono divorziati e che è in conflitto perenne con loro".
Noemi osserva l'amica con la bocca spalancata, e questa capisce che ha centrato l'obiettivo.
"Visto? Io non..".
"Senti, io ci credo, va bene? Ma li hai visti i ragazzi che mi circondano?!"
"Beh mica devi trovartelo del tuo paese del cazzo...", protesta debolmente l'amica.
"Ma non cambia nel giro di pochi chilometri. Non è solo Monfalcone! Che sia Grado, Gorizia, o quello schifoso buco dove abito! Non importa, è la stessa cosa!".
Mandy sospira, e con aria bonaria le fa: "Dai qui, fa un po' vedere...".
"Cosa?".
"La sua foto di Netlog, lo so che l'hai fotografata sul telefonino".
Noemi sorride tra sé, ma quel sorriso imbarazzato si spegne non appena Mandy scoppia a ridere: "Ma dai! Ma non può essere lui! Quanti anni ti ha detto di avere?".
La testa fracassata sul muro della scuola, questo è ciò che vorrebbe vedere adesso Noemi, la testa di una delle sue migliori amiche spappolata sulla superficie di pietre grezze.
"Ventisei", sibila, stringendo così forte i pugni da conficcarsi le unghie nella carne.
"Tesoro, ti sta prendendo per il culo", spiega l'altra: "Questa qui, è una foto di Peter Steele".
*
"Dov'era?"
"Si era rintanata in una vecchia baita diroccata, nei boschi della Val Saisera. L'hanno trovata un gruppo di cacciatori di Valbruna.
Sono stati attratti da dei rumori e l'hanno ritrovata riversa a terra, in preda alle convulsioni."
La dottoressa Santarossa ispeziona la cartella clinica della giovane, sentendo i brividi che le corrono giù per la schiena: denutrizione, percosse, deprivazione del sonno, tentato suicidio.
Dopo dieci anni di carriera come psicoterapeuta, credeva di averne viste di atrocità inflitte a individui di giovane età: aveva aiutato numerosi bambini nel percorso di recupero psicologico a seguito di abusi fisici e sessuali; aveva accompagnato giovani e giovanissimi nel lungo processo per metabolizzare del lutto.
Un caso di rapimento, quello non le era ancora capitato.
Men che meno di quella portata.
Demetra Furlan, diciassette anni, madre francese e padre italiano, era scomparsa il sedici giugno del 2006, esattamente quindici mesi prima.
L'ultima volta che amici e parenti l'avevano vista, si stava recando alla biblioteca Hortis di Trieste; o almeno così aveva raccontato poco prima di sparire nel nulla.
Dopo quarantotto ore, era stato lanciato l'allarme: tutta la città, e infine tutta la regione, si era mobilitata per trovare la ragazza scomparsa nel nulla, evaporata.
Demetra non possedeva un telefono cellulare, aveva poche amiche e passava molto tempo in casa; non aveva mai avuto relazioni con individui di sesso maschile, sembrava totalmente disinteressata.
Atletica, bilingue, in perfetta salute: l'identikit della ragazza modello.
Praticava escursioni all'aria aperta, amava i campeggi.
Nell'ultimo periodo, pochi mesi prima della scomparsa, Demetra passava intere ore in biblioteca, per studiare.
"Eppure qui vedo che c'era stato un calo dei voti, proprio nel periodo in cui la giovane si recava spesso alla Hortis", la dottoressa interrompe il racconto dei genitori, provocando un motto di stizza della madre.
"Forse era sottopressione! Passava tutto il tempo là, lo confermano tutti i bibliotecari!", scatta la donna, una quarantenne di una bellezza prorompente, il cui dispiacere e lo stress ne avevano però intaccato i lineamenti.
"Sto solo suggerendo, forse Demetra era turbata. Magari in biblioteca c'era chi la disturbava. O forse non andava là per studiare".
Se non fosse per il signor Furlan, che trattiene la moglie per un braccio e le intima di mantenere il controllo, questa rovescerebbe tutto il materiale che la dottoressa tiene sulla scrivania di mogano.
"Me l'hanno rovinata! Me l'hanno uccisa nell'animo! L'ha vista?! La mia bambina?".
Sì, la dottoressa aveva visto Demetra il giorno stesso in cui era stata trasportata in ospedale: dell'atletica biondina sorridente e gentile, non rimaneva nulla.
Al momento del rapimento, Demetra pesava cinquantotto chili per un metro e sessantasette di altezza: quando la ritrovarono, ne pesava quarantatré.
I capelli le erano stati rasati in maniera brutale, lasciandole alcune piccole cicatrici sul cranio; i grandi occhi color nocciola adesso erano niente di più che dei bracieri spenti, perennemente spalancati eppure vuoti.
Sembrava che Demetra non fosse nemmeno in grado di sbattere le palpebre, come se chiudere gli occhi anche solo per un istante, significasse rivivere quello che le era successo.
Ma COSA le era successo?
Questo non era dato saperlo.
Perché penetrare la mente di Demetra, addentrarsi nell'intricato labirinto della sua psicosi era un'impresa non indifferente.
La giovane si era chiusa in un mutismo selettivo, ovvero parlava con pochissime persone e solo per ricevere assistenza: cibo, acqua, bagno caldo, bagno da sola, letto; queste erano alcune delle pochissime parole che pronunciava.
Ci volle un po' per capire che "bagno caldo" indicava il suo desiderio di fare una doccia, perché la vasca le dava il senso di annegamento, mentre "bagno da sola" indicava il bisogno di usare i servizi, senza che nessuno la disturbasse.
La dottoressa Santarossa si ridesta dai propri pensieri, e punta con dolcezza gli occhi su quelli angosciati della madre: "Sì signora, e non creda che non abbia a cuore il caso di Demy.
Qualsiasi cosa abbia visto, qualsiasi cosa le abbiano fatto...una madre non dovrebbe mai sopportare un dolore del genere".
La signora Seydoux annuisce, cercando di trattenere le lacrime.
"Li troveranno, quei figli di puttana", sussurra a denti stretti Luca Furlan, quasi per dare alla moglie una magra consolazione.
"No, non me ne frega un cazzo! Io voglio solo la mia piccola, la rivoglio indietro così com'era quando l'hanno presa. Quella là fuori, non è la mia bambina!".
**** angolo autrice ****
Salve a tutti, questo è il primo capitolo della mia storia thriller. Che ne pensate, come vi sembra l'incipit? Se vi piace, lasciate una stellino o un commento. Ricordo che tutti i diritti sono riservati.
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