Incertezze

"Stanotte ti ho sognata", le scrive Darryl.

"Ah si? Che incubo!", scherza Noemi.

"Sì, eravamo in un bosco, e la notte era così stellata da non sembrare reale".

" Vorrei essere davvero lì, anzi vorrei essere ovunque tranne che in questa casa di merda con mia madre", replica lei, e le lacrime di nervoso le salgono ancora agli occhi.

"Mi dispiace, cuore mio. Forse fra qualche giorno le passerà. E appena succederà, io verrò a prenderti direttamente a casa".

"Non preoccuparti, credi che mi farò intimorire dalla sua punizione? Domani ci vedremo lo stesso, anche se quando scoprirà che sono sgusciata via di casa, mi menerà ne sono certa".

"Non voglio che succeda. Possiamo aspettare".

"Non esiste! Sono stufa di aspettare. Domani brucio, e ci becchiamo.
Spero che tu non scapperai quando vedrai che cazzo di topaia è il mio paese".

"LOL"

"Sul serio, ti metterai a piangere".

"Piangerei solo se mi dicessi che non vuoi più vedermi".

Noemi chiude gli occhi, il cuore che le esplode.

Ormai sono passati altri dieci giorni da quando Darryl le ha promesso che si sarebbero visti; le pare un sogno poterlo finalmente incontrare.

Dopo aver spento la connessione, visto che Darryl deve finire di aiutare la sorellina nei compiti, Noemi si piazza davanti allo specchio, e inizia ad esaminarsi: quei jeans a vita bassa le stanno bene, ma deve coprirsi quelle dannate maniglie dell'amore. Il naso le sembra infinitamente grosso, e quei capelli, dannazione! Il viola di alcune ciocche è diventato un rosa slavato.

Si trova ancora così, ferma davanti al suo riflesso, quando le arriva una telefonata.

"Dimmi troietta?".

"Nemi, sei a casa?".

"Sì ciccia, che cosa vuoi?".

"Prendi la corriera e vieni ai giardinetti soliti, ti devo assolutamente dire una cosa", il tono di Giada sembra allarmato.

"Se sei ancora in para per un giorno e mezzo di ritardo, ti uccido".

"No, veramente, è una roba seria".

Mandy aspira il fumo dalla lucky strike fregata alla nonna, facendo nuvole di fumo.

Noemi le ruba due tiri, aspettando che Giada si palesi.

Ha chiamato a raccolta tutte le amiche, non volendo dire per telefono il motivo di quella riunione improvvisata.

"Eccola", dice Laura.

"Ok, ok. Io non sono pazza e ho una memoria di ferro, una fottutissima memoria di ferro!", inizia a gridare Giada, in preda a una febbricitante euforia, mentre corre verso le ragazze.

Le altre tre si lanciano uno sguardo interrogatorio, finché Laura non estrae una fotografia stampata su un foglio A4.

"È Darryl", esclama con sorpresa e fastidio Noemi.

"No no, è Javor Tropina, scomparso il 16 agosto del 2005, a 24 anni. L'ultima volta è stato visto all'uscita da un locale di Lubiana, da allora nessuno ha avuto più sue notizie".

"Non è lui", scuote la testa Noemi, serena.

"C-cosa? Ma l'hai appena detto anche tu! Guardalo, è proprio lui! Laura?".

"Sì...sì ci assomiglia un botto".

"Mandy?".

La ragazza osserva a lungo la fotografia a colori, finendo di fumare la sua sigaretta: "Sì, è proprio lui".

Un gelido silenzio cala tra le ragazze.

"Siete tutte delle puttane", sibilla Noemi, con le lacrime agli occhi.

"Nemi, io ho paura" piagnucola Giada.

"Sai che novità", rimbecca l'altra.

"Cazzo Noemi, Giada ha ragione. Quel tizio non ha fatto altro che prenderti per il culo per tutto il tempo", spiega Mandy, già annoiata da quella storia: "Prima la foto di Peter Steele, poi quando ha capito che non poteva imbrogliarti con gente googlabile, ha preso l'identità di un povero ragazzo che probabilmente se lo stanno già mangiando i vermi. Dai Giada, finisci di leggere l'articolo su quel poveretto".

"Sì, Javor viveva tra Nova Gorica e Lubiana, figlio di due Sloveni naturalizzati italiani, ma a vent'anni aveva deciso di tornare nel paese natale. Non aveva molti amici, ma chi lo conosceva ha detto che nell'ultimo periodo era strano, non faceva altro che starsene al computer, su di un blog di cui non ha mai rivelato il nome. Era diventato taciturno, anche a lavoro nessuno lo riconosceva più. Poi è sparito, nel nulla. Capisci Noemi?".

"Sì, perfettamente".

Al suono di quelle parole, Giada sospira di sollievo, solo per poi sentirsi gelare le vene nel sangue.

"Ho capito che voi di me avete sempre avuto paura. Dai, sono la più figa tra tutte voi, e anche la più sveglia. Ma mi avete sempre umiliato a posta per farmi abbassare l'autostima. Ora vi rode il culo che un 26enne gnocco e sensibile voglia stare con me...".

"Piantala Noemi", la rimprovera svogliatamente Mandy.

"No ascolta piantala tu! Che hai diciotto anni e non hai amiche della tua età, ti diverti a fare il capetto con quelle più piccole e ti sei scopata solo autisti delle corriere...".

Il ceffone arriva dritto sulla guancia destra.

Noemi sputa a terra e fissa incredula l'amica.

"Voi...per me...siete morte!", urla la ragazza, correndo verso la fermata dell'autobus.

Non avrebbe dovuto andare da loro, correre come un'idiota pensando che avevano bisogno di lei, mentre lo scopo era farla soffrire inutilmente.

Quando scende alla fermata del suo paese ha ormai gli occhi gonfi per le lacrime.

Ormai è buio fuori, sua mamma si sarà accorta che ha infranto la punizione e, non appena arriverà a casa, le fracasserà le palle a livelli colossali.

Odia la sua vita, le sue amiche false e la zona morta dove è costretta a vivere.

Il dolore alla milza la costringe a fermarsi, e non appena lo fa, percepisce un respiro irregolare dietro le sue spalle.

Quando si volta, Demetra è lì, in piedi, e la fissa come quel giorno a scuola.

Quella strana ragazza dal volto emaciato la osserva, fumando lentamente mezza sigaretta che ha rubato dal posacenere di sua madre.

Noemi lancia uno sguardo alla casa accanto alla quale si trova Demetra, e riconosce la Mini Cooper rosso fuoco che ogni mattina la lascia fuori dal liceo.

Non aveva idea che la poveretta abitasse a un chilometro da casa sua.

Quello sguardo penetrante, vagamente divertito, le da i nervi.

Un bel "polverizzati" sale in bocca a Noemi, che tuttavia rimane in silenzio: quella tipa le fa accapponare la pelle.

"Una volta...ogni tanto...qualcuno ascolta...", biascica a fatica, la voce che gracchia come un ingranaggio che non è stato messo in moto per troppo tempo.

Guardandosi attorno per capire se qualcuno è nei paraggi, Noemi rimane immobile mentre Demetra le sorride debolmente.

"Una...volta...tanto. Capita il buon investimento...", continua la ragazza, e Noemi a quel punto scatta in avanti nella direzione opposta.

Viene seguita, per circa due minuti buoni, con la voce cantilenante e roca che le ripete: "Il buon investimento... fa guadagnare...il buon investimento...".

"Sta zitta psicopatica reietta!", le tuona infine Noemi, per poi mettersi di nuovo a correre.

Demetra rimane ferma a fissare Noemi diventare un puntino scuro, aspirando l'ultima boccata della sigaretta sgualcita: "È anche il buon investimento a guadagnare...il buon investimento...si guadagna la libertà". 

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