Capitolo unico


Andai a dormire felice del fatto che il giorno seguente mi sarei svegliata inebriata dalla primavera. Non importava se il polline mi avrebbe provocato un' allergia terribile, alla fine era la vita che rinasceva. Tutto si sarebbe Colorato di mille colori, mille profumi, mille suoni. Gli uccellini avrebbero cinguettato e il sole avrebbe fatto brillare, calorosamente, ogni cosa. Mi addormentai con il sorriso.

Alla mattina, non appena suonata la sveglia, mi tirai su dal letto stiracchiandomi. Misi i piedi a terra, infilai le pantofole e poi raggiunsi la finestra. Rimasi stupita nel vedere che tutto era filtrato da una luce violetta. Tutto era viola, ogni cosa. Mi strofinai gli occhi. Mi dissi che forse ero ancora assonnata, che magari stavo sognando. Mi diedi un pizzicotto sulla guancia e mi fece male, ero sveglia. Corsi al bagno per sciacquarmi il viso. Il freddo dell'acqua mi svegliò definitivamente. In quel momento, arrivata davanti alla finestra, avrei visto la primavera di sempre. Scostai la tenda e niente: tutto era ancora viola.

Scossi la testa e decisi di non pensarci. Stavo tardando, dovevo andare a lavoro. Magari, mi rassicurai, i miei colleghi sapevano cosa fosse successo, oppure, sicuramente, mi avrebbero fornito una spiegazione plausibile.

Scesi in strada e tutti passeggiavano normalmente, non sembravano disturbati o turbati dall'accaduto. Mi domandai come fosse possibile. Forse stavo solo esagerando.

Accelerai il passo presa da un'ansia improvvisa, mi guardavo intorno guardinga. Tutto era viola, qualsiasi cosa. Guardavo gli alberi e il busto e le fronde erano viola, guardavo l'asfalto e idem, anche quello era viola. Cosa stata succedendo? Come era possibile che il mondo il giorno prima fosse normale, con i soliti colori e poi, all'improvviso diventasse viola? E poi, sembrava che me ne stessi accorgendo solo io, agli altri non sembrava strano?

Arrivai a lavoro e le prime colleghe che incontrai risero. Avevo un'aria evidentemente trafelata, il viso rosso per l'ansia e per il caldo. «Buongiorno» dissi. E queste mi salutarono alzando il viso con aria di sufficienza, come se dovessero farlo.

Mi sedetti alla mia postazione, chiusi gli occhi, feci un respiro profondo. Cercai di calmarmi, tra me e me, dissi: «Adesso fai un bel respiro e vedrai che tutto tornerà come prima. Gli alberi con le chiome verdi, i fiorellini bianchi appena sbocciati, le macchine variopinte e l'asfalto grigio.

Avevo aperto gli occhi con la speranza nel cuore. Ma quando li riaprì, niente. Era ancora tutto viola. Il mio cuore prese a battere all'impazzata.

Nessuno di loro si era preso la briga di rassicurarmi, di chiedermi come io stessi. Così, deglutii cercando di restare calma, ma quello che più mi innervosiva era il fatto che loro continuassero a ridere. Dannazione! Che cosa avevano tanto da ridire?

«Scusatemi, invece di ridere, potreste dirmi cosa sta succedendo?» Sbottai, sbattendo le mani sulla mia scrivania e alzandomi in piedi.

«Cosa dovrebbe succedere? Sei strana da quando sei arrivata, per non parlare del fatto che eri tutta sudata. Cosa ti sta accadendo? Voglio dire, non ho mai provato simpatia nei tuoi confronti, ma almeno ti sei sempre presentata in modo decente a lavoro. Ma oggi?»

«Voi non lo vedete? Non vedete che è diventato tutto viola?» Domandai, speranzosa che anche per loro fosse così.

«Sei diventata tutta matta? Perché dovremmo vedere tutto viola?»

Li entrai nel panico. «Se è fottuto scherzo non è divertente.»

Risero, qualcosa non andava.

«Perché dovremmo farti uno scherzo? Noi dobbiamo lavorare non abbiamo tempo da perdere.»

Ero spaventata, che stessi diventando davvero matta? Mi alzai e la mia collega, mi disse: «Dove stai andando?»

«Al bagno.» Risposi secca.

Mi misi a sedere su uno sgabello che c'era all'interno della stanza. Portai le mani alla testa come se volessi stringermela. Non capivo davvero come fosse possibile, stavo impazzendo, da un giorno all'altro? Non c'erano spiegazioni.

Poi pensai che il microchip che avevamo istallato nella testa avesse qualche problema. Già, quando siamo entrati in questa azienda, per lavorare qui dentro, ci avevano istallato una sorta di minuscolo affare che si collegava al cellulare. Era l'unica, però, in grado di poter cambiarlo tramite cellulare, o almeno l'unica che possedeva la mia password per accedere al mio telefono. Ma nessuno lo aveva preso, né tantomeno aveva letto i numeri della password. Sospirai, quasi rassegnata del fatto che forse avrei dovuto chiamare un medico.

Uscii dal bagno e la stessa collega odiosa di prima, Francy, mi porse un biglietto da visita. «Tieni, è un medico bravo... qualora ti servisse, sai... per la questione del tutto viola.»

La guardai male, dalla sua espressione si vedeva chiaramente che non voleva aiutarmi, ma che era un azione derisoria: si stavano prendendo gioco di me.

«Me lo consigli per esperienza, ti sei già rivolta a lui?» Le domandai sarcasticamente. Era chiaro che si stesse prendendo gioco di me, perché mai sarei dovuta essere gentile? Sospirai, però, alzai anche gli occhi al cielo per l'irritazione e le strappai il biglietto da visita dalle sue mani. Se tutto era viola doveva pur essere successo qualcosa. Lo chiamai immediatamente e presi un appuntamento per il giorno stesso.

Ci andai durante la paura pranzo, avevo un'ora, il tempo della seduta e poi sarei tornata in ufficio. Speravo mi desse qualcosa per farmi calmare o che parlando con lui tutto sarebbe tornato a posto, ma io continuavo a vedere tutto viola e persino lui se ne preoccupò, gli sembrò bizzarro. Il primo caso così strano. Gli avevano parlato di allucinazioni, di persone che sentivano le voci e chi più ne ha più ne metta, ma mai qualcuno che vedeva le cose tutte viola. La felicità per l'arrivo della primavera si era tramutata in disastro.

Quando tornai a lavoro, misi la mano sulla maniglia della porta della nostra stanza e la socchiusi appena, non l'aprii del tutto perché li avevo sentiti parlare, ridere tra di loro. Ero certa che si trattasse di me, così ascoltai.

«Quella stupida!» Riconoscevo la voce di Francy che per di più mi stava insultando. «Quella stupida non fa che preoccuparsi. Le ho anche dato il numero dello psichiatra, pensate!» Si rivolse agli altri colleghi.

«E ci è andata?» domandò Alan curioso. Sulla sua faccia vidi stendersi un bel sorriso di soddisfazione.

«Dove credi che sia in questo momento?»

«Fantastico, fantastico! Sono stato proprio un maestro!»

«Già, Alan. Senza di te e la tua abile mossa nel carpire il suo codice non avremmo mai potuto farle questo scherzo!»

Sentii il mio cuore fermarsi, persi un battito. Poi riprese e accelerò. Tutta questa tensione era dovuta alla rabbia non più alla paura. Quei dannati figli di puttana erano entrai nel mio sistema. E io avevo creduto di essere pazza, mi hanno fatto andare da un medico e per di più ho speso anche dei soldi! Ero furiosa. Cercai di calmarmi, volevo saperne di più.

«L'altro ieri quando è andata al bagno, ho avvicinato il mio cellulare al suo. Ho istallato un programma che mi permette di visualizzare i codici degli altri telefoni.»

Hanno sempre detto di odiarmi, eppure non facevano altro che perdere tempo con me, con questi scherzi idioti. Cominciai a provare un senso di umiliazione profonda.

Loro avevano usato il mio cellulare per farmi questo orrido scherzo e io lo avrei usato per registrarli. Così lo presi dalla borsa, feci scivolare il dito lungo il display e pigiai sul cerchio rosso.

«Una volta avuto il suo codice, sono entrato nel sistema dell'ufficio per cambiare l'impostazione del suo microchip. Ho selezionato la voce: monocromatico. Scelto il colore. Viola. E il resto è storia ragazzi, è storia!»

Lurido bastardo, pensai!

«Proprio un gioco da ragazzi e bravo il nostro Alan!» disse Francy battendo le mani.

Entrai nella stanza e il silenzio calò. Si misero tutti alla loro postazione e mi chiesero come fosse andata dal medico.

Risposi che era andato tutto bene, mentre afferravo il mio cellulare, sbloccandolo con il mio codice, che a casa mi sarei premurata di cambiare, e entrai nelle mie impostazione ripristinando quella originaria.

«Ora va molto meglio, mi sono accorta che avevo le impostazioni sbagliate sul telefono. Finalmente il mondo mi appare con i suoi colori.» Sorrisi e loro ebbero paura, potevo sentirla, e io giurai vendetta!

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