Impariamo ad affrontare le nostre paure, per vivere al meglio il nostro futuro.
-Impariamo ad affrontare le nostre paure, per gestire al meglio il nostro futuro.
Il ticchettio incessante dell'orologio segnava le 5 del mattino. Era ancora troppo presto. Non era da lui svegliarsi tanto presto al mattino, ma quella notte, non era riuscito a chiudere occhio.
Sospirando pesantemente, Yuuri si rigirò tra le lenzuola incapace di dormire, percependo ancora quelle terribili fitte al ventre tornare a farsi strada, sempre più forti. Si piegò su se stesso respirando affannosamente, premendo le mani sul ventre.
Cercò di sopportarlo, ma quel dolore non sembrava voler dargli tregua.
"Dannato calore!" Sbotto, non riuscendo a trattenere un ringhio frustrato.
Si alzò a fatica, raggiungendo la cassettiera della sua camera tirando fuori la scatola di soppressori. Guardò lo scatolo malamente, prendendo due pillole e mandandole giù insieme ad un sorso d'acqua. Due pillole sarebbero bastate a bloccare quel calore anticipato.
Che poi! Non era nemmeno il periodo giusto. Pechè diavolo si stava manifestando così all'improvvisamente nonostante ingurgitasse costantemente, soppessori da anni?
"Non posso andare da un medico!... Non adesso!"
Riflettè rammentando il giorno precedente con sconcerto. Il suo peggior incubo si era materializzato, in carne e ossa.
Agitato, si alzò raggiungendo la cucina, percependo quel dolore scemare a poco a poco. Teso, preparò del caffè, osservando il cellulare, spento abbandonato sul tavolo.
Lo spense quello stesso pomeriggio, subito dopp aver chiamato Phichit. Era talmente presto...
Forse? Sì, forse poteva anche accenderlo e controllare se c'erano chiamate o messaggi.
Si fece coraggio, versò un po' di caffè all'americana un una tazza sorseggiandolo lentamente seduto dietro il piano colazione, accendendo l'apparecchio e attendendo si mettesse in moto. Con grande stupore, non trovò nulla. Nessuna chiamata, nemmeno un messaggio da parte dei due giovani pattinatori.
Eppure conoscevano Victor. O perlomeno Yakov Feltsman. Possibile che non stessero provando a contattarlo? O era una scelta intrapresa di proposito?
Percependo il peso allo stomaco alleggerirsi almeno un pochino, socchiuse gli occhi sospirando. Si sentiva confuso e frustrato. Non aveva idea di come gestire tutta quella situazione, ne di cosa fare. Phichit insisteva con la sua teoria, ma la vita reale non è come nei film. Il lieto fine non esiste. Chissà cosa passava per la mente di quei due ragazzi?
Forse non avevano associato Vicky a Victor. D'altronde nessuno sapeva la verità e lui non aveva mai menzionato il padre di sua figlia.
"Devo comunque andarmene da qui!... Sà che vivo in questa città, proverà a cercarmi. Ne sono certo!" Si disse in un sussurrò.
Ripensò alla sua piccola, per quella mattina non l'avrebbe mandata all'asilo. Meglio farsi vedere il meno possibile in giro.
"Yuuri? Come mai sei sveglio a quest'ora?"
Il moro alzò lo sguardo verso l'amico, che sbadigliava ancora assonnato.
"Non riuscivo a chiudere occhio."
"Anche io ho faticato a dormire stanotte." Ammise il ventenne, prendendo del caffè e accomodandosi accanto all'amico.
Stranito annusò l'aria, percependo il profumo di Yuuri più marcato del solito.
"Il tuo odore... Stai andando in calore?"
"Ho preso dei soppressori. Non è nemmeno il periodo giusto! Non capisco?!" Esasperato portò le mani al viso.
"Dovresti lasciare al tuo corpo la possibilità di seguirei suoi bisogni fisiologici naturali. Imbottirti di soppressori continuamente, ti farà male. Sta già sconvolgendo il tuo orologio naturale!" Terminò serio e preoccupato.
"Adesso è un casino! No. Non ora!"
"E quando sarebbe ora? Vai avanti così da anni!"
"Quando avrò risolto tutto questo!"
Il più giovane inarcò un sopracciglio a labbra strette, studiando l'amico. "Non è che... Ti senti ancora attratto da quell'uomo?"
"No!" Rispose l'altro un po' troppo frettolosamente notando le sua mani tremare e stringersi a pugno.
"E anche se fosse?... Non accadrà mai più!" Terminò, sempre con quel tono nervoso.
Phichit si abbandonò all'ennesimo sospiro esasperato. Perchè Yuuri doveva essere sempre così dannatamente cocciuto?
"Devo parlare con Celestino!..." Sussurrò nuovamente l'omega con aria assorta.
"Non puoi aspettare?"
"No!" Si impuntò nuovamente.
"Facciamo così! Accompagno io Vicky all'asilo. Non scombussolare la sua vita per le tue paure. E' ancora troppo piccola! Tu... Và da Celestino. Fatti dare un paio di giorni liberi, e dopo troveremo insieme una soluzione. Ok?"
Il thailandese espose i pensieri, pregando che quel testardo seduto al suo fianco accettasse. Lo vide fissare la tazza assorto nei suoi pensieri, con le labbra strette e la fronte corrucciata. Ci stava pensando sù.
"Va bene."
"H-hai detto va bene?" Phichit quasi non credeva alle sue orecchie.
"Sì. Mi serve qualche giorno per organizzarmi."
Ok, perfetto. Almeno era riuscito a guadagnare qualche giorno in più, adesso doveva continuare ad insistere, fino a far cedere Yuuri e convincerlo ad affrontare il suo ex compagno.
*
L'arrivo del mattino, non gli era mai parso tanto lungo in 27 anni.
"Mia figlia..." Sussurrò l'uomo dai liscissimi capelli argentei, poggiato alla balaustra del balcone della sua camera d'albergo.
Non era riuscito minimamente a chiudere occhio quella notte, tormentandosi come un matto per quell'orribile situazione.
Non aveva la ben che minima idea di dove andare a cercare Yuuri, nè la sua bambina. La sua unica speranza erano i due ragazzi che ancora dormivano nella loro camera. Lanciò uno sguardo al cellulare.
"Le 06:00... Non posso svegliarli a quest'ora." Concordò.
Doveva portare pazienza ed essere positivo. Yuri gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato, non gli aveva garantito che si sarebbe risolto tutto magicamente, ma ci avrebbe provato.
"Sì positivo Victor! Riavrai il tuo Yuuri e tua figlia! Sì!" Si ripetè quella mantra, auto-incoraggiandosi.
Non doveva arrendersi, doveva lottare. Lottare con tutte le sue forze per dimostrare al suo omega quanto ancora lo amasse.
"Siamo soulmate Yuuri! Perchè non lo vuoi capire? Questa distanza non ci fa bene!" Biascicò a fatica, percependo un orribile vuoto e delle strane e orribili sensazioni stagliaisi per tutto lo sterno, accompagnate da dolori indefiniti.
Da ragazzo assecondò il desiderio del compagno, quello di non ufficializzare il loro legame con il marchio. Preferendo attendere che anche Yuuri raggiungesse la maggiore età, come da liìui richiesto.
Ma le cose non erano andate bene, erano stati brutalmente allontanati dalle macchinazioni di sua madre e suo padre, fissati con quell'orribile mentalità bigotta, legata alla stirpe pura.
Ma non si può andare contro il destino. Specie quado trovi la tua anima gemella.
Preoccupato dall'ipotesi di prendersi un malanno proprio adesso, rientrò in camera, dandosi una rinfrescata, accompagnata da un cambio d'abito. Era il momento d'agire non di rimuginare.
*
Nella camera al piano di sotto, Yuri stretto tra le braccia del suo alfa fissava lo schermo del cellulare indeciso sul da farsi.
-Lo chiamo? No. Gli scrivo?- Continuò a pensare.
"Che c'è Yura?" Udì la voce di Beka assonnato, stringergli il busto e baciargli il collo.
"Non so cosa fare!... Voglio aiutarlo, ma non credo quel giapponese abbia intenzione di collaborare." Rispose senza la ben chè minima imprecazione.
Otabek inarcò un sopracciglio preoccupato. "Raggiungiamolo a lavoro. Di fronte ad un confronto faccia a faccia non potrà fuggire."
"E secondo te andrà a lavoro stasera? Non dire cazzate!" Sbottò il biondino alzandosi, raggiungendo il bagno in boxer.
"Almeno proviamoci."
"No! Lo chiamo. So io cosa dirgli!" Aggiunse sbattendo violentemente la porta del bagno.
Otabek si abbandonò sul letto spossato. Si stavano immischiando in una situazione più grande di loro.
*
Dopo quella piccola discussione con Phichit, Yuuri concordò che l'amico non aveva tutti i torti. Con un paio di giorni liberi avrebbe avuto il tempo per fare le valigie e cercare un altro posto dove stare. Oltre che un altro lavoro, lontano da lì.
Phichit era già uscito insieme alla sua piccola, diretti verso l'asilo, era solo in casa, Victor non lo avrebbe mai potuto trovare lì. Yuri non conosceva il suo indirizzo, nè l'asilo di Vicky. Però conosceva il posto in cui lavorava ed era già un male.
Si decise a uscire di casa diretto verso la casa del suo datore di lavoro, quando udì il cellulare squillare.
Il moro sussultò percependo le lacrime agli occhi nel vedere il nome di Yuri Plistsky lampeggiare. Ingoiò a vuoto, sentendo le lacrime tornare impetuose seguite da un singhiozzo.
Premette una mano sulla bocca, per arrestare i singhiozzi, per poi stringere i capelli tra le dita disperato.
-Ho cantanto vittoria troppo presto!- Pensò udendo quell'aggeggio suonare senza tregua.
"E adesso che faccio?" Si disse. No. Non avrebbe risposto.
Il telefono smise di squillare e con passo veloce e ansioso, il ragazzo lo andò a recuperare bloccando il contatto, in modo che non potesse più chiamarlo, senza rendere il suo cellulare inutilizzabile.
Non poteva spegnerlo ancora una volta. E se sua figlia avesse avuto bisogno di lui? Non poteva rendersi inrintracciabile.
Doveva parlare con Celestino immediatamente, non poteva attendere, ne andava della sua incolumità e di quella di sua figlia.
*
"MALEDETTO GIAPPONESE DEL CAZZO!" Urlò Yuri uscendo dal bagno con un diavolo per capello.
"Non ti ha risposto?"
"CAZZO NO!" Urlò il biondino. "Quel dannato deve avermi bloccato! Provo a richiamarlo ma non da segni di vita!" Sbottò ancora, incazzato come una iena, finchè un lampo di genio non attraversò la mente del ragazzo.
"Mai sottovalutare Yuri Plisetsky!" Ghignò, trafficando ancora con il cellulare.
Otabek rimase in attesa osservando il ghigno sul viso del suo fidanzato, mentre attendeva che dall'altro capo del telefono rispondessero alla chiamata.
"Pronto?"
"Phichit! Sono Yuri! Dobbiamo parlare. E' urgente, dove sei?"
Altin, comprese cosa frullava nella testa del suo ragazzo, mentre dall'altro capo della città il giovane ventenne dalla pelle olivastra sussultò nel trovare la chiamata da parte dell'ex allievo di danza del suo migliore amico.
"Cosa vuoi?" Gli chiese, camminando verso l'asilo tenendo Vicky per mano, ignara di ciò che sta accadendo intorno a lei.
"Sai meglio di me cosa voglio! La bambina!"
"Yuri, io... Non posso!"
"SI CHE PUOI! Convinci quel coglione a far vedere la bambina a Victor! E' sua figlia ne ha il diritto!" Gli urlò contro fuori di sè.
Trovava tutta quella situazione ingiusta. Comprendeva le paure del giapponese e al suo rientro in albergo, Victor spiegò delle macchinazioni attuate dalla sua famiglia, provocando il voltastomaco al povero omega russo. Ma non poteva nemmeno tenere quell'uomo lontano dalla sua bambina.
"Dove sei adesso? Sento strani rumori?" Chiese drizzando le orecchie udendo in sottofondo tante voci indistinte, alcune di bambini.
"Sto portando Viktoria all'asilo."
"E sua madre dov'è?"
"A casa. Non sta bene, tutta questa situazione lo ha provato."
Non sapeva nemmeno lui perchè ammise tutti quei dettagli, forse in cuor suo pregava che Victor lo raggiungesse, per incontrarlo e fargli conoscere la sua bambina.
Forse dopo... Sarebbe riuscito anche a convincere Yuuri.
"Dimmi dove sei! Ti raggiungo immediatamente!" Pronunciò il ragazzo russo, incrociando gli occhi verdi in quelli scuri del suo ragazzo, che non smettè un attimo di fissarlo.
"E' complicato da spiegare e voi non siete abbastanza pratici di Detroit. Ti mando la mia posizione."
"Ok!" Sospirò facendo un cenno negativo con il capo, facendo intendere al compagno che forse sarebbero riusciti ad ottenere qualcosa.
"Porterai anche suo padre?" Domandò Phichit sentendo il cuore martellare furioso nel petto per l'agitazione.
Si sentiva un mostro, stava tramando alle spalle del suo migliore amico, nonostante conoscesse la sua opinione.
"Mi pare ovvio!" Fù la risposta dall'altro capo del telefono.
*
Il suo cuore...
Non avrebbe mai creduto che quel muscolo potesse arrivare a battere in modo tanto violento e irregolare. Di situazioni orribili in vita sua ne aveva vissute tante, ma non pensava che potesse arrivare a sentire la cassa toracica sul punto di esplodere.
"Yuri, grazie!... Non smetterò mai di ringraziarti!"
"Risparmia i ringraziamenti per dopo. Sua madre non sa nulla e credo andrà su tutte le furie appena lo scoprirà!" Appurò il ragazzo camminando con passo veloce accanto al suo fidanzato, seguito da Victor che respirava affannosamente, seguendo le indicazioni del cellulare.
Il trio raggiunse un piccolo parco, in una zona molto tranquilla, una zona in cui la giovane coppia non aveva mia messo piede, per poi riconoscere una strada che conduceva verso la scuola di ballo in cui si erano allenati in quel breve mese di permanenza negli Stati Uniti.
"Sono lì!" Intervenne Otabek indicando un giovane dalla pelle scura seduto sulla panchina.
E la piccola?
"D-dov'è mia figlia?" Sussultò il maggiore saettando lo sguardo in giro per il parco agitatissimo.
"Sull'altalena." Rispose il kazako riconoscendo lo scricciolo con cui aveva trascorso molti pomeriggi insieme negli ultimi tempi.
"BEKAAAA!!!!" Urlò la piccola vedendolo e correndogli incontro felicissima,.
La bambina corse incontro al ragazzo, saltandogli letteralmente tra le braccia, questo la accolse sollevandola per le ascelle sorridendo, voltandosi poi verso quell'uomo immobile accanto a loro con gli occhi lucidi.
"Vicky! Voglio presentarsi una persona, una persona importante."
La bimba voltò la testolina, verso quell'uomo, altissimo, anche più alto della sua mamma, era bello, con gli occhi azzurri e i capelli lisci e chiarissimi. Come i suoi.
Ne rimase affascinata, mentre quell'uomo gli si avvicinava con le lacrime che scendevano lungo le guance.
Dal canto suo Victor sentì il cuore perdere un battito nell'esatto istante in cui incrociò quell'altalena, vedendo una bimba piccina e così simile a lui. La vide correre verso di loro saltando addosso a Otabek, immediatamente sentì un moto di gelosia invaderlo, ma non poteva fargliene una colpa. Non lo conosceva.
Da vicino era anche più bella, di come si aspettasse. E i suoi occhi... I suoi capelli... Era una Nikiforov non c'era dubbio.
"Ciao!..." La salutò intimorito, sfregando una mano sul viso per raccogliere le lacrime di gioia ed emozione, sforzandosi di non spaventarla.
"Ciao!" Ricambiò il saluto la piccola, fissandolo.
Otabek mise giù la piccola, mentre Phichit si avvicinò a loro inginocchiandosi davanti a lei.
"Vicky, ricordi Otabek e Yuri?" La piccola annuì con la testa, tornando a quello che hai suoi occhi, appariva come uno sconosciuto.
Con un sospiro pesante sentendo lo stomaco sussultare, mentre catalogava nella sua mente le parole adatte da utilizzare, Phichit deglutì poggiando le mani sulle piccole spalle di Viktoria.
"Ricordi quando mi hai chiesto dov'era il tuo papà? E perchè non era qui, con te?"
La piccola annuì, mentre Victor sussultò lasciandosi scappare un singhiozzo troppo addolorato.
"Lui è Victor Nikiforov... Il tuo papà!"
La bambina sgranò gli occhi assumendo un aria sconcertata, fissando malamente quel tizio che ora si spacciava per il suo papà. E la mamma? Dov'era la mamma? Perchè non era lì con loro?
Il compositore lesse in quei piccoli occhi troppo simili hai suoi emozioni contrastanti, che riscontrava anche attraverso il profumo agitato della sua piccola.
C'era qualcosa nel suo odore che gli ricordava vagamente Yuuri. Armandosi di coraggio e pazienza si chinò verso quello scricciolino che gli arrivava a mala pena a metà coscia inginocchiandosi e inchiodando i loro occhi.
"Ti chiedo scusa! So che non ho il diritto di venire qui adesso!" Sentiva la voce tremare, mentre il terrore di ottenere un rifiuto da perte della bambina si faceva strada dentro di sè.
"Vi ho cercato tanto!... Non sapevo viveste qui a Detroit! Perdonami ti prego?" L'emozione sovrasto e una lacrima sfuggì dai suoi occhi.
"Perchè piangi?" Gli chiese la bimba a testa bassa, con sguardo pensieroso.
"Perchè... Sono felice di vederti! Tanto felice!" Sorrise stringendo nelle sue grandi mani, quelle piccole manine. Erano minuscole a parer suo e morbidissime. Soffici come un batuffolo di cotone.
Era vero. Si sentiva felice e consapevole che per sistemare le cose c'era ancora molta strada da fare, ma era già un passo avanti. L'aver incontrato sua figlia gli sembrava un miracolo, non lo avrebbe mai immaginato possibile.
"Tu mi vuoi bene?" Domando ancora la bimba, corrucciando le sottili sopracciglia chiarissime, osservando quella mani così grandi, stringere le sue.
"Certo che ti voglio bene! E te ne vorrò ancora di più! Promesso!" Victor gli sorrise facendo l'occhiolino, pregando con tutto sè stesso che imparasse ad accettarlo.
Lei strinse le labbra con espressione corrucciata. "Perchè la mamma non è qua? Voglio la mamma!"
"Ricordi che non stava bene? Ci raggiungerà... Appena starà meglio!" Si intromise Phiphit.
Comprendeva lo stato confusionale di Viktoria, ma era meglio affrontare quel discorso senza Yuuri nei paraggi. Non ragionava in modo razionale attualmente.
La piccola rimase in silenzio pensierosa, lanciando uno sguardo furtivo all'uomo che affermava essere suo papà.
"Perchè sei andato via? Non ci volevi bene?"
"COSA?! No! Certo che vi voglio bene!" Victor quasi urlò la risposta, sconvolto da quella domanda.
In fondo doveva aspettarsela. Un bambina di 5 anni non poteva comprendere una situazione tanto complessa. Doveva trovare le parole giuste per far capire alla sua piccola quanto ancora amasse la sua mamma e quando già amasse anche lei, malgrado la conoscesse da appena pochi minuti.
"Vicky! " Intraprese, sentendosi strano nel pronunciare quel nome. " Io amo da impazzire la tua mamma! Lo amo così tanto!... " E si emozionò nel dirlo, fino a sentire le lacrime bagnargli le ciglia insieme ad un enorme sorriso. " E amo tantissimo anche te!" Concluse baciandogli teneramente quelle adorabili manine chiarissime.
"Allora perchè sei andato via?" Domandò ancora con le lacrime agli occhi e il labbro inferiore tremolante. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
Victor sussultò sgranando gli occhi. "Mi hanno rapito gli alieni!" Se ne uscì di colpo.
"Gli alieni?" Rispose basita la bambina, sgranando gli occhi azzurri dal taglio a mandorla e allargando le labbra in una O.
"Gli alieni?! Seriamente Victor?" Domandò con una nota di sconcerto e irritazione Plisetsky, mentre il suo fidanzato si portò una mano alla radice del naso esasperato e Phichit studiava la reazione di Viktoria.
"La mamma lo sa che ti hanno rapito gli alieni papà?" Chiese la piccola ingenuamente, provocando una risatina nel giovane thailandese.
Victor sorrise commosso a quell'appellativo. "No amore mio!... La mamma non lo sa! Per questo si è arrabbiato! Ma noi glielo spiegheremo, e risolveremo tutto!"
Affermò con fare sicuro, stringendo quelle piccole manine nelle sue, baciandole e stirando un leggero sorriso rassicurante, ricambiato prontamente dalla figlia che annuì convinta.
Phichit si sforzò con tutte le sue forze di non ridere alla balla degli alieni. Che tipetto quel russo! Però era simpatico. E Viktoria! Nella sua ingenuità, ci aveva creduto seriamente.
"Zio Phichit! Dobbiamo andare dalla mamma e spiegargli che papà è tornato! E' scappato dalla casa degli alieni!" La bimba si voltò di colpo verso il ragazzo con espressione convinta.
"Sei scappato dagli alieni papà?" Tornò a chiedere all'uomo che sbarrò gli occhi colto alla sprovvista, annuendo appena un attimo dopo.
"Lo spiego io alla mamma!" Con fare sicuro, Viktoria battè un pugnetto al petto. Avrebbe risolto tutto lei. Sì! La sia mamma la adorava e lei riusciva sempre ad ottenere quello che voleva. Sarebbe riuscita anche a spiegarle questo.
E poi.... finalmente anche lei aveva un papà! Come tutti i suoi compagnetti di scuola.
Rimase con gli occhi fissi sul quel viso. Avevano gli stessi capelli, lo stesso colore di occhi e poi... Era bello! E le sue mani... Adorava quelle mani grandi e il suo profumo.
Felice gli sorrise, ricevendo in cambio un sorriso bellissimo e una dolce carezza sul viso. Capace di emozionarla.
Già adorava il suo papà. E il suo papà, adorava lei.
*
Dopo il quasi mezzo infarto che gli era preso, quando il cellulare cominciò a squillare riportando il nome di Yuri Plisetsky. Il giovane giapponese si maledì ripetutamente per la sua ingenuità.
Doveva rifiutare le lezioni di ballo immediatamente. Nel momento esatto in cui udì il marcato accento russo del ragazzino. E invece no! Pur di raccimolare qualche soldo in più, ci era cascato. E adesso, ne stava pagando le conseguenze.
Dopo aver salutato con un bacio sua figlia, diretta all'asilo insieme al suo migliore amico, il giovane andò a cambiarsi per raggiungere il suo capo e parlargli.
Per tutto il tragittò, sentì un terribile senso di ansia attanagliarlo misto a delle sensazioni strane, che percepiva ovattate. L'ex compagno.
L'estrema lontananza a cui erano stati costretti per tutti quegli anni, sembrava aver bloccato il legame dovuto al loro essere soulmate. Mentre adesso sembrava essere tornato a galla, più forte di prima. Era bastato un misero scambio di sguardi e il solo sfiorarsi, per riportare alla luce quel legame.
Già stava male di per sè. Ci mancava solo Victor!
Nel ritrovarsi il proprio miglior ballerino alle 09:00 del mattino con delle occhiaie da paura, l'Italiano si preoccupò moltissimo.
"Yuuri!... Cosa ti è successo?" Perchè era ovvio che fosse successo qualcosa o non ci sarebbe stato motivo di presentarsi a casa sua, a quell'ora e con quell'espressione funerea.
Il ragazzo con i capelli neri, abbassò la testa, fissando le proprie mani addolorato. Era stato difficile trovare un lavoro. O quanto meno, un lavoro decente, in cui il tuo capo non tenta di molestarti continuamente solo perchè sei un omega.
Dopo tanti buchi nell'acqua era incappato nelle selezioni per dei ballerini di burlesque. E quella divenne la sua ancora di salvezza. Un lavoro, non proprio dei migliori... Ma al fianco di un alfa gentile, che non aveva mai osato mancargli di rispetto.
Adesso lasciare quel lavoro... Lo faceva star male. Era certo che non avrebbe più ritrovato una simile occasione, ma non poteva fare altrimenti.
"Celestino io..." Intraprese con tono basso e ansioso, sforzandosi di estraniarsi dalle sensazioni trasmette dall'ex compagno.
L'uomo alto e robusto, dai lunghi capelli castani e occhi chiari, intuì immediatamente dove stesse andando a parare il ragazzo.
"Vuoi lasciare il lavoro?"
Il minore annuì, stringendo la stoffa dei pantaloni tra le dita troppo agitato.
"Almeno spiegami perchè! E niente bugie! Voglio la verità! " Affermò l'alfa, con tono perentorio, per intimorire l'omega e costringerlo a parlare.
Yuuri sussultò sentendo le lacrime tornare a farsi strada, mentre spiegava i fatti avvenuti il giorno prima, insieme alla storia con il suo ex compagno e padre di sua figlia.
Celestino ascoltò quel racconto, osservando il ragazzo piangere, mentre si sforzava di terminare tutte le spiegazioni necessarie senza crollare. Al termine, anche il maggiore si sentiva trist, e spossato, figuriamoci il ragazzo che stava vivendo tutta quell'orribile situazione sulla sua pelle.
"Comprendo i tuoi timori Yuuri. Ma non puoi andartene! Dove andrai? Hai un posto dove stare? O conosci qualcuno che possa darti una mano?"
Il giovane negò con il capo, oppresso dai sensi di colpa, per quella fuga improvvisa.
"Allora non vai da nessuna parte! Attenderai il tempo necessario per organizzarti e dopo... Si vedrà!" Concluse con aria esausta.
"N-non p-posso!..." Singhiozzo il ragazzo, sfregando il palmo sul viso.
"Il rapporto con il tuo ex, è davvero così irrecuperabile?" Chiese l'italiano sospirando pesantemente.
Conosceva abbastanza bene Yurri da sapere che, quando si lasciava sopraffare dalle sue paure, finiva col combinare solo casini.
Il giovane annuì, tirando sù con il naso, cercando di ridarsi un tono. Affettuosamente l'uomo posò una grande mano sulla spalla del giovane, sperando di rincuorarlo.
"Non ti ostinare nel voler fare tutto da solo... Te l'ho sempre detto! Se ti serve aiuto, conta su di noi. E prima di fuggire via lontano, chissà dove! Prova a parlare con il tuo ex compagno"
Yuuri abbasso lo sguardo. Perchè nessuno comprendeva il suo punto di vista?
Non poteva tornare in Russia, ne in Giappone. E non poteva permettere hai genitori di Victor di avvicinarsi a sua figlia.
Cortesemente, salutò, ottenendo da parte dell'uomo un settimana libera. Al Moulin Rouge, Tanya si sarebbe arrangiata momentaneamente. Mentre, Celestino si augurava che le cosa tra il suo ballerino e l'ex compagno si risolvessero, anche se non ne aveva la certezza, vista l'ostilità mostrata dal ragazzo.
Per tutta la breve permanenza a casa Cialdini, Yuuri sentì un brutta sensazione farsi strade lungo le sue viscere. Non sapeva spiegarsi cosa fosse, ma non gli piaceva.
Sforzandosi, era riuscito a bloccare la connessione con Victor, impedendo all'alfa di captare i suoi sentimenti, ed evitando che potesse trasmettergli i suoi. Ma quell'orribile sensazione continuava a tormentarlo.
Il suo primo pensiero andò a sua figlia. Era all'asilo, l'aveva accompagnata Phichit. Forse doveva chiamare l'asilo e chiedere di lei? No, meglio chiamare prima Phichit.
Le scuole erano sempre troppo prevenute e rigorose con i genitori omega single. Meglio evitare, era già sommerso dai problemi, aggiungere altro carico, lo avrebbe fatto impazzire.
Rilasciando un sospiro tremolante, tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca, chiamando l'amico. Non gliene fregava un accidenti se lo stava disturbando, necessitava di rassicurazioni.
*
Dall'altro capo del cellulare intanto, Phichit sussultò nel trovare il nome di Yuuri riportato sullo schermo dello Smart Phon. Cominciò a sudare freddo, non sapendo che inventarsi, mentre fissava Vicky tra le braccia di suo padre, comprare un gelato da un ambulante.
"E' Yuuri! Che faccio?" Si rivolse a Plisetsky accanto a lui insieme al compagno.
"Rispondi!" Il tono perentorio dell'omega non lasciava possibilità di repliche.
"Mi ucciderà!" Urlò il thailandese.
"Ti proteggiamo noi!" Aggiunse Otabek, con voce sicura. Riteneva più giusto e legettimo, dire la verità, piuttosto che continuare a mentire.
E poi, Victor già adorava sua figlia. Quando scoprì dell'aborto si era sentito morire, anche se colto di sorpresa dalla notizia, l'idea di diventare padre lo rese felicissimo, per poi scoprire che il suo omega aveva abortito, fuggendo via chissa dove, lontano da lui.
Era stato un vero shock. Un dolore troppo grande, che non riusciva ancora ad accettare, per poi scoprire che il suo piccolo angelo era vivo, stava bene, ed era una splendida bambina di ormai 5 anni.
Non l'avrebbe più lasciata. Mai più! Ne Yuuri, ne nessun'altro potevano mettersi tra lui e la sua piccola.
Turbato, Phichit rispose alla chiamata.
"Pronto?"
"Ho cielo!... Tutto bene Phichit? Vicky? E' all'asilo?"
Il giovane beta, potè udire il tono agitatissimo del suo migliore amico.
"Ad essere sincero... E' qui con me. Alla fine, ho preferito portarla a fare una passeggiata!..." Ammise pregando di risultare credibile e che l'amico non captasse la sua tensione.
"E' perchè non mi hai avvisato?" Sbottò l'omega con un velo di rabbia.
"Non volevo disturbarti! Com'è andata con Celestino?" Cambiò immediatamente discorso, pregando abboccasse e tormentandosi sul da farsi. Informare Yuuri di quanto accaduto o attendere ancora un poco?
Intanto Yuuri si era fermato in una strada tranquilla, seduto su una panchina.
"Non bene... Non vuole lasci il lavoro. Mi ha chiesto di trovare un altra soluzione!..." Sbuffò seccato.
"Vedi che ho ragione!" L'altro ragazzo si abbandonò ad un esclamazione molto forte, attirando l'attenzione della bambina.
"E' mamma? Voglio parlarci io! Dammi il telefono zio Phichit! Voglio parlare con mamma!" Urlò a raffica, alzandosi sulle punte dei piedi, aggrappandosi hai pantaloni del beta, tendendo un braccino verso il telefono.
Intanto anche Victor si avvicinò, notando con quanta ostinazione urlasse. Ok, forse oltre ad aver ereditato il suo aspetto, doveva avergli passato anche un po' del suo caratterino ribelle.
"E Viktoria? Passamela!"
Il giapponese udendo la vocina della figlia, pretese di parlarci, mentre il thailandese confuso saettò lo sguardo sulla coppietta, passando poi all'uomo più grande in cerca di aiuto, indeciso sul da farsi. Ottenne un cenno di assenso da parte del maggiore, immaginando già la sfuriata del suo migliore amico, abbattersi su di lui come un cataclisma, mentre porgeva il cellulare alla piccola bimba, che lo arraffò con prepotenza sorridendo felice, per poi riappropriarsi della mano del suo papà.
"Mami!!!"
"Vicky, perchè non sei all'asilo?"
"Perchè lo zio mi ha portato al parco."
Il moro sospirò pesantemente, percependo il peso al petto alleggerirsi. Falso allarme, andava tutto bene. Come al solito si era lasciato sopraffare dalle sue paranoie.
"Ti stai divertendo? In quale parco siete così vi raggiungo?"
"Mmmm... Quello con lo scivolo grandissimo! E le altalene e tantissimi alberi grandi!"
"Ok, dopo chiedo allo zio!" Sospirò Katsuki sorridendo. Pure lui però!? Chiedere una simile informazione ad una bambina.
Intanto Victor si era seduto sul bordo di un aiuola, insieme alla figlia, avvicinando l'orecchio al telefono per ascoltare la conversazione.
Sorrise triste, nel sentire la voce del suo splendido omega interagire con tanta serenità insieme alla loro figlia.
"Mami... Posso dirti una cosa?" Azzardò la piccola, inchiodando gli occhi azzurri in quelli altrettanto azzurri del padre.
Yuuri in quel momento sentì i brividi attraversargli la schiena. "Cosa?"
"Papà è tornato! E' qui con me!" Esordì.
Victor granò gli occhi sconcertato, sentendo la piccola manina della sua bambina, stringere con forza la sua, come a voler prendere coraggio.
Yuuri dall'altro capo del telefono, sentì i battiti del cuore accelerare e l'asia che lo aveva attraversato, fino a pochi minuti prima tornare sotto forma di panico. Non riusciva ad emettere un fiato, sentiva solo le lacrime farsi strada e appannargli la vista, insieme alla paura.
Ora che l'aveva trovata, l'avrebbe portata via con sè in Russia. Per sempre!...
"Mami... Sei arrabbiato co me?" Non sentendo nessuna risposta da parte del genitore, Viktoria presuppose che la sua mamma si era arrabbiata.
"Mami, papà mi vuole bene! E vuole tanto bene anche a te!..." Continuò, sperando che quelle parole potessero fargli passare l'arrabbiatura.
Ma Yuuri era sopraffatto dal panico in quel momento, non riusciva nemmeno a sentirla la voce di sua figlia. Sentiva solo il terrore prendere piede.
Preoccupato, dal tono assunto dalla piccola e notando che Yuuri non rispondeva più, Victor tolse il cellulare dalle mani della figlia, anche se solo per un istante riuscì a percepire i sentimenti del suo omega, sopraffatto da un attacco di panico.
"Yuuri, sono io!"
Il ragazzo sussultò. Allora era vero. Pichit lo aveva tradito contattando Victor, tenendolo allo scuro di tutto. Doveva fare qualcosa, non poteva permettere portasse via la sua bambina. Non senza aver lottato.
"Victor!... Dove siete?" Rispose, sentendo le lacrime arrestarsi e quei pensieri dargli la forza necessaria per alzarsi da quella panchina e affrontare quell'uomo.
"Credo sia... Il parco vicino la scuola di danza."
"Sto arrivando!" Affermò il minore staccando la chiamata cominciando a correre, lasciando l'altro basito.
"Si è arrabbiato?" Domandò prontamente la piccola.
"No, ora gli passa!" La consolò posandole un bacio tra i capelli.
Sentiva il desidero di volerla abbracciare, ma non era certo del da farsi. E se lei non volesse?
"Posso abbracciarti?" Chiese.
La bambina annuì con la testa, mordicchiando il labbro inferiore con i dentini. Anche lei voleva tanto abbracciarlo, ma si vergognava ad ammetterlo.
Con un sorriso emozionato, strinse quel piccolo corpicino al petto, percependo le lacrime tradirlo ancora una volta e quelle piccole braccia circondargli il collo.
-La mia bambina!... Non ti lascerò mai più! Mai più!- Pensò commosso, tradito da quelle lacrime come di gioia.
*
Con ansia crescente e il terrore che di non rivedere più sua figlia, Yuuri corse come un matto. Quel parco non era lontano, doveva sbrigarsi, fare in fretta. Prima che la portasse via!
Continuò a correre, incurante dei passanti e dell'aver sfiorato la morte per un pelo attraversando con il semaforo giallo. Incurante anche della stanchezza e del fiatone. Solo un pensiero martellava la sua testa. Viktoria.
In lontananza intravide l'entrata del parco, percependo la tensione sempre più tangibile. Conosceva bene quel posto, spesso si fermavano lì a giocare. Fece perno sulle ultime forze rimaste, attraversando il viale alberato e raggiungendo i giochi per bambini.
Si fermò di fronte al cancelletto, osservando Viktoria seduta sulle gambe di Victor, Yuri e Otabek sulle altalene e Phichit... Lui l'avrebbe pagata cara! Molto cara!
Quel traditore stava comodo su una panchina a trafficare con il suo dannatissimo cellulare.
"PHICHIT!!!..." Urlò furibondo" Dopo facciamo i conti!" Sibillò attirando l'attenzione di tutti, mentre il ragazzo saltò letteralmente per aria terrorizzato.
Il moro partì a passo spedito verso il suo ex, mentre questo inchiodò lo sguardo sulla figura dell'omega. Non lo aveva mai visto così carico in vita sua. Faceva quasi paura. Forse era il suo lato protettivo da madre, ad aver il controllo in quel momento. Ma non si sarebbe lasciato scoraggiare.
"Ridammi mia figlia!" Sibillò il giapponese.
"Ti ricordo che è anche mia figlia!" Marcò l'altro serio.
"Non litigate!..." Piagnucolò la bambina, già in lacrime.
"Non litigheremo, dobbiamo solo parlare!" Victor baciò la testolina della sua piccola. "Vai da Otabek e Yuri. Io e la tua mamma dobbiamo parlare!"
"M-ma?..." Tentò lei.
"Lasciaci soli Vicky!"
Il tono troppo serio impresso nella voce della mamma non gli piaceva. Si era arrabbiato, era evidente. Faceva così solo quando era seriamente furioso.
A testa bassa camminò tenendo gli occhi puntati su mamma e papà, raggiungendo i due ragazzi sulle altalene, venendo accolta dal giovane alfa, che velocemente la strinse a sè consolandola con dei ferormoni calmi, pregando che la litigata tra i suoi genitori non si evolvesse in qualcosa di peggiore.
"Yuuri non voglio litigare!" Cominciò subito Victor, mettendo le mani avanti.
"E' mia figlia!" Ripetè ancora il giapponese con sguardo serio.
"E' anche mia figlia!" La pronta risposta.
"No... Non puoi portarmela via!..." Rantolò il moro, colto dalla paura, mentre le lacrime gli appannavano la vista.
"Io non voglio portarla via da te!..." Si alzò, raggiungendo l'altro che arretrò di qualche passo.
L'albino si bloccò, vedendo l'altro respirare a fatica, sforzandosi di riprendere a parlare.
"E cosa vuoi a-allora? Non lascerò che venga in Russia con te!" Affermò inchiodando gli occhi scuri in quelli del maggiore. "Questa è la sua casa! Non lascerò che tu me la porti via!"
"Non farò nulla di tutto questo." Ammise Nikiforov con sguardo serissimo, puntato sull'omega di fronte a sè, che granò gli occhi.
"Allora cosa?" Domandò inconsciamente.
"Voglio stare con te!" Repentino Victor si avventò sull'omega, avvolgendo le sue spalle con le braccia coinvolgendolo in un abbraccio.
L'altro colto da un attimo di confusione non reagì subito. Sentì quel corpo avvolgerlo e quelle mani posarsi sulla sua schiena, si ribellò all'abbraccio battendogli i pugni sul petto arretrando di qualche passo.
"YUURI?!" Urlò Victor sconcertato. Lo aveva respinto.
"NON MI TOCCARE!" La voce isterica, seguita da un singhiozzo. "Non ti avvicinare!" Urlò ancora sempre più agitato.
Sentire il corpo caldo dell'uomo che ancora amava sul suo, non era qualcosa che poteva gestire razionalmente.
"Ok!... Non voglio farti nulla Yuuri! Voglio solo chiarire quest'orribile situazione!" Se non voleva agitare l'omega, più di quanto già non fosse. Meglio andarci cauti.
Lo conosceva fin troppo bene, sapeva già cosa frullasse dentro quella testolina paranoica.
"Che intenzioni hai?" L'ennesima domanda, che arrivò con ancora quel tono isterico.
"Voglio crescere la nostra bambina. Insieme!"
Katsuki dal canto suo, era un fascio di nervi. Sentiva solo il terrore lungo tutto il corpo, alla prospettiva di non rivedere mai più la sua bambina. Poi quell... "insieme".
"Non è possibile! Non lascerò che i tuoi genitori si avvicinino a lei!" Affermò.
Non gliene fregava un accidenti che fossero i nonni, anche i suoi genitori, in teoria erano i nonni di Viktoria. Eppure non ne volevano sapere nulla di loro.
"Non accadrà!" Victor assunse un tono ancor più serio.
Ripensare a ciò che sua madre e suo padre avevano osato fare, lo mandava in bestia. E tutto? Per una dannata questione di sangue nobile. Si può arrivare veramente a tanto, trascinati da opinioni antiquate, legate al passato? A quanto pare sì.
"Non lascerò che si frappongano tra di noi! Mai più!" Aggiunse. "Ti supplicò Yuuri? Dammi un altra possibilità?"
Il minore rimase a bocca aperta a fissare il maggiore. Si sentiva confuso e gli serviva un attimo per riflettere e catalogare le ultime parole ascoltate.
"Ti prego Yuuri? Torniamo insieme! E Cresciamo insieme la nostra bambina! Mettiamo da parte il passato e ricominciamo insieme!" Affermò serio sorridendo triste, nel vedere l'altro chinare la testa con sguardo addolorato.
"E i tuoi genitori?" Non riusciva a smettere di pensare a loro.
"OK!..." Sospirò l'alfa comprendendo i timori dell'altro.
"Decidi tu! Se ti fa sentire più tranquillo... Rimarremo qui, negli Stati Uniti. Non metterò mai più piedi in Russia, nemmeno io!"
Katsuki alzo il viso sgranando gli occhi di fronte a quelle parole, incastrando lo sguardo in quello risoluto dell'altro.
"Dici sul serio?" Biascicò incredulo.
"Sì! Ti prometto che questa volta sarà diverso!" Intanto l'albino si avvicinò leggermente al'ex compagno stringendo le sue mani, nelle sue.
"Non ho mai perdonato quei due per avermi mentito e per averti plagiato!"
Yuuri abbasso lo sguardo colmo di lacrime, stringendo le labbra.
"Non gli permetterò di separarci ancora! Te lo prometto Yuuri! Stavolta è per sempre!" Terminò, senza mai staccare gli occhi da quel viso, stringendo quelle mani tremanti sempre più forte.
Il moro si lasciò scappare un singhiozzo, troppo emozionato, combattuto dalla paura di venire abbandonato ancora una volta e la commozione per quella meravigliosa dichiarazione di amore e devozione.
"I-io... H-ho paura V-Victor!..." Ammise a fatica tra un singhiozzo e l'altro.
"Lo capisco!..." Ammise abbracciando di slancio il giovane.
Quello sussultò, dimenandosi nell'abbraccio, percependo la stretta aumentare, bloccandolo letteralmente tra quelle braccia.
"Stavolta non ti lascio andare! Mai più!" Sussurrò, beandosi del profumo meraviglioso emanato dal suo omega affondando il volto tra i suoi capelli neri. Anche se un po' troppo acidulo a causa dei ferormoni agitati che emanava.
Yuuri tremò tra quelle braccia, percependo il cuore sussultare ancora intimorito dalla prospettiva che tutto ciò fosse solo un sogno, lasciandosi travolgere da un pianto disperato, aggrappandosi hai vestiti di Victor, quasi inconsciamente.
Emozionato e felice, il maggiore sorrise tra le lacrime. Volgendo un occhiata furtiva a sua figlia, tra le braccia del giovane alfa kazako, li fissava piangendo.
Alzò una mano facendo cenno alla bambina di raggiungerli e lei senza farselo ripetere, scese dalla braccia del ragazzo con un balzo, correndo veloce, frapponendosi tra loro, sentendosi poi afferrare dal papà da sotto le ascella, avvinghiandosi subito alla sua mamma, mentre papà la stringeva da dietro.
Anche lei adesso aveva una famiglia vera. La sua mamma e il suo papà erano di nuovo insieme. E stavolta per sempre!
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