Videocamera

I RAGAZZI IN QUESTA STORIA SONO ENTRAMBI MAGGIORENNI!!

Il suo urlo risuonò lungo il corridoio.

Tentò di aggrapparsi con le dita alla sbarra, le mani che lo tiravano indietro gli si conficcarono nella pelle, il fiato gli si ruppe in gola.
I vetri rimbombarono sotto il tremore del violento acquazzone che era venuto giù dal cielo come una punizione divina.

Cercò in ogni modo di scrollarsi di dosso le mani che lo tenevano fermo, urlò e urlò ancora. La porta, era lì, a qualche metro da lui, le sue mani erano ormai spalancate in sua direzione, contratte come se avesse potuto afferrarle col solo pensiero.
Quanto avrebbe voluto... essere stato lui al suo posto. Era stato uno sciocco, doveva essere lui ad attaccare, doveva essere lui ad essere colpito.

«Lasciatemi!» strillò e si dimenò, le lacrime che correvano dai suoi occhi, incontrastate. Le grida che provenivano dalla stanza con la porta chiusa gli perforavano i timpani, bucandogli l'anima e riempiendola di dolore.

«Lasciatemi!» ripeté il biondo e in un disperato tentativo si tirò più ferocemente in avanti, alimentato da una rabbia sconosciuta. Le mani si fecero improvvisamente meno potenti, all'ennesimo strattone il suo corpo fu libero. Quasi non ci credette, un piccolo sorriso gli increspò le labbra, un'illusoria sensazione di libertà gli invase il corpo.

Si spinse in avanti e tutto il tempo si fece a frammenti. Frammenti che poi, gli sarebbero volati addosso, che poi, avrebbe rivisto, più tardi, verso la fine.

Le sue gambe che si muovevano, avanti e indietro, le mani allungate verso la maniglia, il cuore che batteva feroce, come il ruggito di un leone.

Non gliene fregava niente neanche della pioggia, perché il suo sole era lì dentro. Lì mentre le ombre lo offuscavano, mentre la nebbia glielo smorzava pian piano.

Sarebbe morto il diavolo prima che lui avesse permesso a qualcun altro di fargli del male.

Correva. Correva e il tempo si era ridotto a piccoli pezzettini di vetro, fragili e taglienti, ma Mirio non aveva mai avuto paura del sangue, non del suo. Ma vedere lui, lì per terra, solo, sconfitto, gliene aveva fatto avere, eccome.

La morte avvolge le anime come una vecchia amica, l'aveva letto in un libro una volta, ma ora... ora, non era più un quindicenne che non sapeva cosa volessero davvero dire quelle parole, quelle lettere. Ora capiva. Ora faceva male.

Sangue e sangue. Addosso a lui, addosso al suo viso piccolo e i suoi occhi spalancati nella sua direzione, mentre un sorriso gli smorzava la luce negli occhi.

«Fermati! Fermati Mirio, per favore!» la voce di Nejire, i suoi capelli color acqua, i suoi occhi preoccupati. Mirio non la sentiva quasi. I suoi timpani erano ovattati.

I suoni erano ovattati. La realtà offuscata. Tic tac.

Immenso. Il tempo è immenso, ma così breve.

«Mirio!» gli gridò qualcun altro, la voce rauca, smorzata da qualche singhiozzo. Il biondo lo ignorò, era quasi arrivato, gli bastava allungare una mano...

Lo fece.
Mosse i piedi più velocemente, si slanciò in avanti, afferrò con le dita gelide la maniglia ghiacciata, la strinse col palmo e la tirò giù. Era a così poco dal rivederlo, era a così poco dall'abbracciarlo...

Le sue mani erano bloccate. Il suo corpo era teso. Strinse il pugno lungo la maniglia e una fitta al petto lo costrinse a spalancare le labbra per respirare meglio. Qualcosa lo avvolgeva.

Qualcosa lo teneva fermo.
In un attimo di lucidità aveva sollevato lo sguardo, lo aveva mosso furiosamente tra le persone presenti, si era spostato meccanicamente su ognuno di loro, finché non aveva realizzato, guardando i loro visi spenti, preoccupati, sconvolti, che chi lo aveva fermato era dall'altra parte.

Aveva girato la testa, pianissimo, gli occhi sgranati, le pupille divaricate, come una bestia in cattività, la bocca digrignata.

Shota Aizawa, era lì, con la sua camicia nera, impeccabile nonostante il combattimento, le bende che gli avvolgevano le spalle e il collo erano tese in direzione del biondo, i capelli corvini sollevati, gli occhi tenuti rigorosamente aperti.

«Basta, Lemillion» aveva sancito con la voce ferma. Il suo sguardo lo aveva immobilizzato ancor prima delle sue bende da cattura, il suo annullamento del quirk non serviva neanche con lui. Era così annientato che Eraser Head, ovvero Aizawa, lo aveva solo tenuto in piedi.

«Va tutto bene, ci siamo noi, ora» gli aveva mormorato Nejire. La sua pelle chiarissima profumava ancora di fragole e vaniglia. Il caschetto scompigliato gli incorniciava il volto, qualche livido gli sporcava il volto.
Le dita candide nei suoi capelli, il respiro di lei tranquillo e regolare sul suo petto, le lacrime dolci degli altri ragazzi, la bocca tremolante di Pinky mentre Red Riot la stringeva tra le braccia, il profumo al limone del professor Aizawa. Il volto serio e impassibile dell'hero fu l'ultima cosa che vide prima che le sue palpebre cedessero al buio.

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«Eddai... no, Mirio... no!» soffiò il ragazzo, si coprì il viso con le mani, cercando di scampare all'obiettivo che Mirio gli aveva puntato contro. Una risata strappò il silenzio della stanza.

«Guardami dai! Amajiki!» lo richiamò il ragazzo biondo, sorridendogli scherzosamente. L'altro scosse la testa, correndo a nascondersi tra i cuscini del divano. Un'altra risata riempì la stanza.

«Sei bellissimo» gli sussurrò Mirio, togliendogli il cuscino dalle mani.

Tamaki tremò quando il biondo pronunciò quelle parole. Glielo aveva detto mille volte, ma ogni volta il suo cuore sembrava aver corso una maratona. Piano piano le sue mani caddero, le guance cremisi gli rendevano il volto più giovane.

«Si, si! Guarda qui, amore!» mormorò Mirio, imbracciando meglio la telecamera per inquadrare tutto il viso del ragazzo.

Tamaki si morse il labbro, reclinò la testa in avanti e qualche ciuffo color violetta, gli solleticò il mento, scivolando in avanti. Aveva abbassato gli occhi color, le labbra schiuse in un piccolo e imbarazzato sorriso.

«Stupendo» aveva soffiato Mirio, poggiando la mano libera sulla sua guancia. Gli occhi di Tamaki erano scivolati in su, nei suoi e gli aveva sorriso. Così forte, così in punta di piedi, gli aveva incrinato l'esistenza.

«Fallo di nuovo!» lo prego il biondo, scoppiando in una risata cristallina.

Le labbra di Tamaki si arcuarono in un angolo. Si avvicinò col viso alla telecamera, le guance nonostante tutto rosse come le fiamme. La osservò per un po', inclinando la testa da un lato, qualche ciocca di capelli gli sfiorò la linea della mascella.

«Per. Tutta. La. Vita» sancì Tamaki, le sue dita si mossero davanti la telecamera, sollevò in sequenza l'indice e il medio e li
intrecciò l'uno sull'altro, come a decretarne l'eternità.

Mirio rise e Tamaki distolse lo sguardo, puntandolo verso sinistra. Un sorrisetto timido gli tirava su l'angolo delle labbra.

Il micio gli scalò la schiena, arrivando fino alla sua spalla e Tamaki solo dopo aver avvertito il suo miagolio si accorse di averlo lì. Si voltò appena, sorridendogli con quella curva così radiosa da incendiare il fuoco stesso e lo accarezzò con le mani delicate, piano piano.

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«Amore!» la sua voce squillante lo aveva avvertito della sua presenza, il suo ragazzo si era quindi voltato con un sorriso caldo in volto.

Aveva sollevato un sopracciglio nel vederlo nuovamente con la telecamera, aveva aperto la bocca, probabilmente per ribattere, ma poi aveva semplicemente sorriso richiudendo le labbra.

«È quasi pronto» lo aveva avvertito, tornando alle sue pentole, da dove veniva un profumino allettante. Mirio aveva sorriso a sua volta, nascosto dalla telecamera.

Un verso di puro compiacimento lasciò lo stomaco di Mirio, facendo scoppiare Tamaki a ridere di gusto.

«È tutta colpa della tua deliziosa cucina!» aveva ribattuto Mirio, e l'espressione dolce che gli aveva rivolto il fidanzato mentre gli porgeva una forchetta con degli spaghetti attorno ancora fumanti lo aveva fatto sorridere.

«Sei molto sexy col grembiulino» aveva ammiccato il biondo, regalandogli un occhiolino furbo e poi, aveva allungato scherzosamente una mano, tirando una forte sculacciata a Tamaki. Il suo ragazzo si voltò di nuovo, il mestolo ancora in mano, il viso completamente in fiamme.

«Mirio!» aveva urlato sconvolto e Mirio aveva stoppato il video, poggiato velocemente la telecamera sul tavolo e si era messo a correre, col suo ragazzo alle calcagna.


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«Oddio... non di nuovo, Mirio!» aveva mugolato Tamaki, portandosi una mano davanti al viso, come a volersi nascondere dalla telecamera.

Mirio era scoppiato a ridere.

«Ti registro perché sei bellissimo, amore e perché voglio poter immortalare la tua espressione» aveva detto il biondo, saggiamente, portando due dita a formare un due davanti alla telecamera per mostrarlo a Tamaki che stupidamente era ritrovato a sorridere.

«Aspetta...» aveva mormorato Mirio, balzando in piedi, lasciando un confuso e titubante Tamaki sul divano. Mirio si era diretto verso il giradischi che avevano comprato al mercatino e aveva fatto partire il disco che era già lì.

«Che stai fa-»

Le note di "Can't Stop Loving You" di Phil Collins riempirono la stanza, scaldandola.

Tamaki lo osservava confuso, mentre il biondo faceva scivolare il tavolino che occupava il centro della stanza più lontano, verso un angolo.

«Vieni!» lo aveva chiamato dopo un po'. Aveva iniziato a fare qualche piroetta, un passo qui, un passo e là.

Il suo ragazzo lo guardava dal divano ora, mentre lui gli porgeva la mano, col palmo rivolto all'insù, indeciso tra l'accettare e il correre a rifugiarsi in camera.

«Dai, balliamo insieme, mio Sole» gli aveva mormorato il biondo. Si era allontanato sotto lo sguardo confuso di Tamaki, solo per poggiare la telecamera su una mensola più alta, così che lui fosse libero e tornò a porgere la mano al suo ragazzo, che stavolta sorridendo timidamente, accettò.

Mirio aveva ghignato, esultando felice. Se lo era trascinato a sé, stretto tra le braccia e poi, lentamente gli aveva posato una mano sul fianco e l'altra l'aveva intrecciata al suo palmo.

«Mirio...» aveva mormorato Tamaki, lo sguardo basso, come quando da piccolo doveva confessargli qualcosa di più importante. «Io non so ballare» aveva detto, la voce bassa, timido.

Mirio si era sciolto in un sorriso dolce.

«E qual'è il problema? Ti insegno io, amore mio» gli aveva sussurrato all'orecchio il biondo, stringendolo al petto. Gli aveva condotto con delicatezza le mani su di sé, poggiandogli la mano destra sul suo fianco e l'altra nella sua.

«Così» aveva soffiato e poi, aveva mosso il primo piede lentamente, portando Tamaki a muoversi con sé. La melodia li cullava dolcemente e le note della canzone aveva portato agli occhi del più piccolo una patina di lacrime.

«Mirio» aveva sussurrato Tamaki mentre il biondo gli faceva fare una giravolta.

Il ragazzo lo aveva guardato mentre se lo portava più vicino.

«Spegni la telecamera» lo aveva pregato, sulle labbra un piccolo sorrisetto, negli occhi qualcosa di caldo. Mirio aveva aggrottato le folte sopracciglia bionde.

«Perché?» aveva chiesto, sorpreso.

Tamaki aveva portato per qualche secondo gli occhi color cielo contro il pavimento, prima di prendere coraggio e riportarli in quelli del suo ragazzo.

Si era sollevato in punta di piedi, le mani di Mirio erano corse sui suoi fianchi snelli, sorregendolo, mentre Tamaki gli si era chinato verso l'orecchio.

«Non penso che quello che voglio fare abbia bisogno di essere registrato» aveva decretato, il tono basso ma per nulla titubante.

E aveva sorriso, tanto bello e piccolo da far tremare le gambe a Mirio.

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«Mirio!» lo fulminò il ragazzo, mettendo su un piccolo broncio «ma non avevi detto che la telecamera si era rotta?!» aveva domandato, la bocca storta in una smorfia curiosa.

Mirio, con la telecamera in spalla aveva dovuto mordersi le labbra per non scoppiare a ridere. Certo, certo, rotta.

«L'ho riparata!» aveva sputato di getto, ancora troppo emozionato.

Tamaki gli aveva lanciato un'occhiataccia, le spalle tese, le braccia strette al petto, per nulla convinto.

«E perché proprio oggi che dobbiamo vedere il film insieme?!» aveva replicato il suo ragazzo, un sopracciglio inarcato.

Mirio, si era leccato le labbra.

«Be', perché è un giorno molto importante!» aveva sancito alla fine. Tamaki non sembrò crederci, tuttavia aveva lasciato correre ed aveva avviato la videocassetta scelta dal suo ragazzo.

«Mirio» aveva iniziato, la voce un po' tremolante «non dirmi che è un altro film horror!» aveva pregato, col tono rassegnato.

Mirio aveva dovuto mordersi forte un labbro per impedirsi di scoppiare di nuovo a ridere.

«Ma no, tranquillo!» lo aveva rassicurato il biondo. «Dai vieni qui» aveva detto poi, mentre posava la videocamera sulla solita mensola, si era posato sul divano e aveva allagato le braccia, facendo spazio al suo ragazzo per rifugiarcisi in mezzo.

Tamaki era subito corso da lui, poggiando addosso ai loro corpi una coperta.

Il film era iniziato da mezz'ora e Tamaki non aveva fatto altro se non rifugiarsi ogni cinque secondi nel collo del suo compagno, ancora tramortito dagli effetti sonori e visivi del film, ovviamente horror.

«Dai! Non c'è nulla Amajiki, tranquillo!» aveva redarguito il biondo, indicando con un dito lo schermo da dove provenivano delle urla raccapriccianti.

Tamaki non si era mosso, anzi, si era stretto solo più forte al suo petto, respirando appena.

Mirio aveva scosso la testa, ricambiando l'abbraccio, per poi, cedere qualche minuto più tardi e mettere finalmente una videocassetta di Dumbo, per come l'aveva definito lui, il suo bambino.

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«Mirio!» aveva mormorato Tamaki, gli occhi ancora socchiusi, la fronte corrugata, la guancia sul cuscino. Aveva allungato una mano, portandola verso l'alto, nel tentativo di afferrare una qualsiasi parte del suo ragazzo.

«Forza, amore!» aveva decretato il biondo, scrollandogli le coperte di dosso, ignorando il mugolio di protesta del suo ragazzo. «È ora di alzarsi, dobbiamo andare a prendere la piccola Eri!» gli aveva ricordato, prendendo ad accarezzargli le braccia scoperte, ottenendo in risposta solo un mugolio.

Mirio, sollevò un sopracciglio divertito. Allungò la mano, facendola discendere fino al petto del suo ragazzo, lungo l'addome, che sfiorò come se al posto delle dita avesse avuto ali di farfalla. Tamaki prese ad agitarsi, un piccolo sorriso era spuntato sulle sue labbra.

«Mir-... mhm...» iniziò Tamaki, interrompendosi poco dopo; Mirio lo aveva stretto nella sua mano, strappandogli un piccolo gemito dalle labbra. Ancora mezzo assonnato, il più piccolo aprì gli occhi.

«Mirio!» aveva cinguettato, andando a coprirsi il viso ormai paonazzo, con i palmi delle mani. Il biondo aveva ridacchiato, muovendo un po' la mano.

«M-Mirio!» aveva sussurrato Tamaki, cercandolo con una mano.

Il ragazzo aveva avvicinato il suo braccio, stringendogli la mano, distendendosi accanto a lui. Un sorrisetto compiaciuto era comparso sulla bocca di Tamaki, che aveva avvicinato le labbra a quelle del suo ragazzo, facendolo unire.

Mirio aveva sorriso, le labbra tirate in una piccola curva all'insù che aveva fatto battere il cuore di Tamaki a mille.

«Mirio...» aveva sussurrato il più piccolo sulle labbra del biondo.

«Si?»

Mirio si era spostato appena, le labbra ancora schiuse, ancora vicine a quelle di Tamaki, il cui respiro gli si spezzava addosso.

«La telecamera è spenta, vero?»

Mirio era scoppiato a ridere, la testa poggiata nella giuntura tra la spalla e il collo del suo ragazzo.

«Ti stai comportando da bambino» gli aveva fatto notare Tamaki con una smorfia imbronciata sulle labbra, le guance gonfie d'aria.

«Amajiki...» aveva provato ad iniziare il biondo, ma Tamaki aveva stroncato sul nascere la sua aringa.


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Aveva infilato le chiavi nella toppa della serratura e aveva girato. La porta si era aperta con uno scricchiolio, rivelando il loro soggiorno dalle pareti bianche latte.

Tamaki era entrato in casa, si era sfilato le scarpe e aveva poggiato le chiavi sul mobiletto accanto alla parete del corridoio.

Mirio lo aveva seguito.

«Amajiki» aveva provato ancora Mirio, passandosi una mano tra i folti capelli color grano.

Tamaki lo aveva ignorato, dirigendosi in cucina. Aveva aperto il frigo, sprigionando un'ondata di freddo che lo aveva fatto rabbrividire, e ne aveva tirato fuori una vaschetta. L'aveva messa nel microonde, accendendolo.

«Amore.»

Mirio era entrato in cucina e la sua voce dolce aveva riempito tutto l'ambiente, scaldandolo magicamente.

«Mirio» aveva sancito Tamaki «non mi va di parlarne ora.»

Mirio non aveva risposto. Si era avvicinato silenziosamente alle spalle del suo fidanzato e lo aveva stretto tra le braccia. Vedendo che Tamaki si era ammorbidito, lasciò scivolare la testa sulla sua spalla, nonostante la differenza di altezza.

«Sono geloso» sussurrò il biondo, stringendogli le braccia contro i fianchi, elargendo carezze lente.
«Sono geloso da morire» aveva continuato «sono geloso quando ti guardano troppo, sono geloso quando i tuoi Senpai ti guardano con quel sorriso che rivela molto di più, sono geloso quando una tua fan stravede per te, sono geloso perché sono tuo, Amajiki.»

Tamaki era sobbalzato, il petto che si muoveva appena, il respiro incastrato in gola.

«Sono geloso perché ti amo da star male alla sola idea che tu possa lasciarmi» aveva mormorato il biondo, lasciando che il battito cardiaco di Tamaki impazzisse.

«E mi dispiace di essermi comportato come uno stupido, ma tu per me sei sempre il mio piccolo Amajiki, io ti-»

Tamaki non lo aveva lasciato terminare d'istinto si era voltato, gli aveva avvolto le braccia al collo e si era rotto sulle sue labbra. Lacrime e saliva, dolce e salato, i dolci gemiti sorpresi di Mirio e la sua voce rauca quando, separandosi lo aveva preso in braccio e poggiato sul tavolo da pranzo.

«Ti amo da tutta la vita» gli aveva sussurrato Mirio, poggiando le labbra bollenti sulla pelle del suo collo.

Tamaki lo aveva cercato con le mani, affondando le dita nei suoi capelli biondissimi. Ad ogni bacio corrispondeva un gemito, gemiti di cui Mirio si cibò come un vagabondo che era a digiuno da settimane.

Per Tamaki quel campo era ancora sconosciuto, per lui anche solo baciare Mirio voleva dire andare sulla Luna. Aveva chiuso gli occhi, lasciandosi andare al momento. Le cosce gli tremarono quando Mirio ci si chinò in mezzo, osservando il suo viso, ma attendendo il suo consenso.

Tamaki aveva sospirato, mezzo andato per via dei palmi di Mirio sul suo corpo morbido. Aveva afferrato la mano del suo ragazzo, intrecciando le loro dita.
Mirio però, non si era chinato ancora, gli aveva preso i fianchi, avvolgendoselo tra le braccia e lo aveva sollevato di scatto.

Il più piccolo aveva sussultato, cacciando un gemito di sorpresa.

«Andiamo sul letto, amore mio» aveva spiegato Mirio iniziando a camminare verso la loro camera.

Tamaki si era limitato ad aggrapparsi meglio alle sue spalle e a stringergli i fianchi con le cosce.

Arrivati in camera, Mirio lo aveva depositato sul letto lentamente, facendosi spazio tra le sue cosce.

«Mirio...» aveva mormorato Amajiki, ancora un po' titubante, ma Mirio lo aveva rassicurato baciandogli la fronte e guardandolo negli occhi.

«Faremo quello che vuoi tu» gli promise il più grande «quello che ti senti di fare» disse ancora, la voce bassa e sensuale.

Tamaki lo aveva guardato negli occhi, consapevole di poterci morire tra le sue mani. Nei suoi occhi blu, che gli urlavano "ti amo", che lo proteggevano da qualunque cosa, con lui nel suo corpo, che lo amava più di chiunque altro.

Mirio gli aveva sfilato i pantaloni, la camicia e Tamaki, prendendo coraggio aveva fatto lo stesso con gli abiti di Mirio.

Il biondo lo aveva aiutato, sollevando le braccia e aiutandolo nei movimenti.

Gli aveva chiesto il permesso prima di fargli scivolare lentamente dentro due dita, strappandogli qualche gemito rauco. Mirio aveva mosso le dita piano, sempre attento a non fargli male, sempre pronto a cogliere i segnali, sempre guardandolo negli occhi.

«Togata» lo aveva chiamato Tamaki soffocando un gemito di piacere, i suoi fianchi si muovevano insieme ai movimenti di Mirio, «voglio fare l'amore con te.»

Mirio si era immobilizzato, gli occhi cobalto fissi in quelli del ragazzo sotto di lui, l'espressione sorpresa, che si era trasformato presto in una dolce quando Tamaki a seguito della sua reazione era arrossito, abbassando lo sguardo.

«Be' ecco... se anche tu lo vuoi, io non voglio mica costringerti a fare cose che non vuoi far-»

Mirio lo aveva baciandolo. Un bacio che li aveva travolti e gli aveva tolto il respiro e l'anima. Un bacio che li aveva fatti addormentare e svegliare in un mondo dove c'erano solo loro, solo loro e i loro corpi e le loro anime che si coloravano a vicenda.

«Io ti voglio sempre» aveva ansimato Togata staccandosi appena dalle labbra dell'altro, giusto il necessario per fargli riprendere fiato, anche se lui non ne aveva bisogno. Aveva bisogno delle sue labbra, del suo fiato caldo, del suo corpo cocente sotto le sue dita, dei suoi ansimi mentre lui lo prendeva fino a lasciarlo ad ansimare più velocemente, aveva bisogno di respirare il suo profumo alla vaniglia, alle rose, aveva bisogno di Tamaki e di amarlo.

«Guardami,» aveva asserito Togata vedendo Tamaki spostare lo sguardo più in basso, verso il suo membro ormai esposto. «Non ti farò mai male» aveva sussurrato facendo sfiorare le punte dei loro nasi.

Tamaki lo aveva guardato.
I suoi occhi blu erano così intensi da togliere il fiato. Mirio diede a loro la colpa se non riusciva più a inalare ossigeno.

«Dimmelo... ancora, Togata» aveva sussurrato Tamaki, gli occhi socchiusi, sormontati dalle lunghe ciglia scure, le ombre della luna gli illuminavano i tratti gentili del viso, la carnagione perlacea splendeva come neve.

Mirio aveva sorriso.

«Ti amo, Amajiki» gli aveva giurato. Poi, gli si era spinto dentro velocemente, senza dare tempo all'altro di realizzare.

Una sola lacrima solcò lo zigomo di Amajiki, le iridi fisse sul volto del suo ragazzo, le unghie nelle sue spalle larghe.

Mirio non si era mosso, aspettando un cenno dal ragazzo dai capelli violetti, che si era preso qualche secondo. Aveva respirato piano, sollevando e abbassando il petto, mentre il biondo gli raccoglieva la lacrima col pollice.

«Togata» aveva soffiato flebile Tamaki, il respiro smorzato.

Mirio lo baciò ancora, prendendo a muoversi moderatamente. Le carni di Tamaki lo avvolgevano strettissimo, portandolo sempre più rapidamente verso la via della perdizione.

Mirio gli mordeva il collo, ben attento a non fargli troppo male, le mani che navigavano lungo il suo corpo, lo accarezzavano e lo denudavano ogni attimo di più. Dinnanzi a Mirio, le barriere di Amajiki crollavano come carta, tutta la sua timidezza, tutto il suo imbarazzo, tutto il suo non sentirsi all'altezza con Togata sparivano via. Ad ogni carezza, ad ogni bacio, ad ogni sospiro.

Mirio lo stava amando e amava ogni sua singola sfumatura. Anche le cose che lui odiava di sé, per Mirio erano importanti.

«Togata» aveva soffiato ancora Tamaki, stringendolo tra le braccia, mentre il suo corpo si avvicinava sempre più alla conclusione.

«Ti amo, amore mio» aveva sorriso Mirio, baciandogli ancora la fronte, come se volesse tramite quel gesto baciargli il cervello.

Quando infine Tamaki si era riversato tra i loro ventri e Mirio in lui, lo avevano fatto entrambi con le mani intrecciate l'una a quella dell'altro e i respiri mescolati, come le loro anime.

Tamaki lo osservava mentre lui cercava di pettinarsi i capelli e far partire il phon, inutilmente. Il braccio ingessato glielo impediva. Ogni movimento in effetti sembrava costargli uno sforzo titanico, ma Tamaki se ne stava in silenzio; sapeva bene quanto facesse sentire frustrati chiedere aiuto, perciò lasciava a Mirio i suoi tempi.


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«Amore.»

Mirio si era voltato verso il suo ragazzo, scoprendo che lo stava osservando dalla soglia della porta, il viso contratto, studiando attentamente ogni sua mossa.

«Togata» lo aveva chiamato il ragazzo più piccolo, un accenno di sorriso sulle labbra.

«Ecco, ho quasi finito» asserì il biondo con le labbra tirate in una curva rassicurante.

«Amore.»
Tamaki gli si avvicinò, porgendo la mano, invitando il ragazzo a passargli il phon. Mirio inarcò un sopracciglio.

«Tranquillo, riesco a farcela!» disse cercando di mostrarsi raggiante, come sempre, tuttavia Tamaki non ci cascò.

Allungò una mano lungo il suo viso, lo sguardo confuso di Mirio seguì quel movimento, gli occhi blu sgranati nel coglierne il significato. Si rilassò notevolmente quando il suo ragazzo gli poggiò il palmo aperto sulla guancia, accarezzandolo piano.
La pelle morbida di Mirio era soffice come seta, il suo profumo al cocco gravava nell'aria come una fragranza esotica.

«Lascia che mi prenda cura di te» gli mormorò Tamaki. Si piegò sulle ginocchia, mettendo il viso di fronte a quello di Mirio che lo osservava sorridente.

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«Tamaki» mormorò.

Gli tremavano le mani. Il ragazzo sollevò lo sguardo, guardando attentamente il suo fidanzato.

«Ti va di fare una passeggiata, tesoro?» gli chiese, prendendogli dolcemente la mano. Tamaki lo guardò titubante; si stava rimettendo da poco, erano dieci giorni che si era svegliato, ma faceva ancora fatica a camminare, a mangiare da solo, a dormire.

«V-va bene.»

Mirio lo aiutò a mettersi in piedi, facendolo sorreggere alla sua spalla.

Lo seguiva dappertutto e dormiva accanto a lui, rassicurandolo quando gli incubi facevano capolino. La battaglia finale aveva distrutto tutti, specialmente Midoriya.

Mirio lo aveva rivisto qualche giorno prima.

Izuku era andato a trovarlo, aveva augurato una felice e rapida guarigione a Tamaki ma pareva stanchissimo. Le occhiaie sotto i suoi occhi erano violacee e profonde. Aveva saputo da Aizawa, che Izuku da quando aveva aperto gli occhi, si era occupato solo di Katsuki. Gli avevano fatto avere giusto qualche minuto prima, una splendida notizia; Izuku e Katsuki erano diventati finalmente una coppia. Mirio si era congratulato con loro e aveva punzecchiato Katsuki, avvertendolo di non fare più sciocchezze. Tamaki era stato d'accordo, anche se non aveva detto quasi nulla.

Erano arrivati al giardino dell'ospedale, il passo lento e regolare. Nei pochi metri che li separavano dalla panchina, Mirio aveva preso in braccio Tamaki - ignorando le sue deboli proteste - e lo aveva poggiato sulla panchina.

«G-grazie... non serviva.»

Mirio sorrise. Poi gli rubò un lieve bacio a fior di labbra. Quando si scansò, notò le guance imporporate di amaranto di Tamaki.

«Tesoro» iniziò nervoso. Tamaki sollevò lo sguardo su di lui. «Ora è tanto che ci penso. Però vedi, viste le cose che sono accadute, io...» si bloccò.

Amajiki gli prese, inaspettatamente, le mani tra le sue.

«Si?»

«Tamaki Amajiki, amore mio, cuore mio, vuoi concedermi l'onore di diventare mio per tutta la vita?»

Amajiki sbarrò gli occhi, senza capire. Fece sfarfallare un poco le ciglia, non riuscendo a concentrarsi su nient'altro che non fossero gli occhi lucidi di Mirio.

«C-cosa?» biascicò, senza fiato.

«Vuoi sposarmi, Amajiki?» mormorò inciaspicando sulle parole.

Tamaki scoppiò a piangere. Quasi gli si scagliò addosso. Togata, lo sorresse come meglio gli riuscì. Il cuore gli batteva così forte che temette di perderlo.

«S-si...!»

Si baciarono.
Un bacio appassionato e disinibito. I loro cuori batterono all'unisono.
Mirio strinse tra le braccia Amajiki.

Avrebbe voluto avere la sua videocamera per immortale in eterno quei momenti.

Era felice.


🎥



Spazio autrice:
Questa One Shot è nata un anno fa, non ricordo precisamente in che mese, ma ieri scorrendo per le note del cellulare, l'ho ritrovata e ho voluto dargli una giusta conclusione oltre che una nuova vita su questa piattaforma.

Spero che voi possiate apprezzarla e amarla, così come ho amato io scriverla.

È un qualcosa di "soft", un po' dolce e triste, ma il finale è decisamente molto romantico hahah.
Mirio e Tamaki me li immagino così, un po' teneri e impacciati, ma deliziosamente innamorati e ho voluto dargli una chance per essere felici. Spero vi sia piaciuta!

Grazie per essere arrivati fin qui, alla prossima!

- Lilla

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