εφηβεία (pt.4)
Victoria trascorre i giorni a seguire in compagnia di Teresa, passeggiando sul littorale o in pineta ed evitando la serra, dove inevitabilmente si sarebbero imbattute nell'uomo dal fascino etereo. Non solo la contessina è in fuga da qualcuno ma anche la nutrice, che in sua presenza china il capo così da non incrociare il suo sguardo, rispondendole a monosillabi. Victoria appare una fanciulla piacente e traboccante di vita quando in realtà il suo spirito è turbato e la mente affollata di pensieri. Nonostante l'impossibilità di non convogliare a nozze, la contessina vorrebbe gridare la sua Libertà e scappare lontano dalla sua casa, dalla sua famiglia e dal fato, ma sa che da sola non riuscirebbe a sopravvivere, o almeno non per molto. La sua sorte è stata decretata e niente e nessuno potrà mai variarla, ma Victoria si rifiuta ancora di accettarla.
TOC TOC
La contessina rinsavisce, essendosi persa nei pensieri, per poi voltare il capo verso la porta, balzare sul letto e compiere un profondo respiro. Con gesti rapidi si sistema la gonna sgualcita e la capigliatura semi raccolta, pronunciando con fermezza: «Entrate.»
Non appena la nutrice ode la voce soave della padroncina, irrompe in camera da letto con il capo chino e le braccia incrociate ed avvolte in candide vesti. Con non poca difficoltà chiude la porta alle sue spalle, udendo il sospiro di Victoria, affranta dalla sua falsa indifferenza. Abba vorrebbe urlarle contro e schiaffeggiarla per poi baciarla e stringerla a sé. Non concepisce, né lo farà mai, la scelta della fanciulla, in quanto sposare un uomo meschino solo per il tornaconto della famiglia è terribile. La nutrice si fa forza, impedendosi di non compiere gli atti pensati, per poi ritrovarsi la contessina a pochi passi da lei intenta ad osservarla turbata.
«Vi ho portato le vesti.» S'affretta a dire la balia con voce atona.
Un dolore sordo dilania il cuore giovane della contessina, ormai stanca di sopportare il comportamento alieno della donna che l'ha allattata e cresciuta. Le lacrime le offuscano la vista ed un fastidio nervoso le colpisce la bocca dello stomaco, facendola arretrare. Victoria però non è pronta a prendere la nutrice senza far nulla per impedirlo. La contessina ingoia il dolore e si fa forza, avanzando di qualche passo e fissando con collera la negra, ma la voce che fuoriesce dalle sue labbra, piccole e rosee, è gentile: «Abba.»
La nutrice trema e quasi scoppia a piangere, ma riesce a controllarsi in tempo, rimanendo immobile e con il capo chino: «Mi perdoni ma devo sbrigare delle faccende urgenti. Le consegno le vesti per la cavalcata.»
«Cavalcata? Quale cavalcata?»
«Suvvia signorina!» Ribatte con ardore, imponendosi di non fissarla. «Non si finga turbata. Quasi ogni giorno galoppa in compagnia della marchesina Teresa.»
«Le prometto di non sapere nulla a riguardo.»
Abba, infervorata dalla risposta e pronta a ribattere con più decisione, compie un atto sciocco, alzando il capo e ritrovandosi a guardare la contessina. Un tremore la scuote con forza, costringendola ad arretrare, ma è lo sguardo addolorato di Victoria che le dà il colpo di grazia. Abba crolla di ginocchia a terra ed irrompe in un pianto disperato. In un primo istante la fanciulla rimane ferma ad osservarla, incapace di comprendere la balia, per poi accostarsi e chinarsi, osservandola turbata. Indecisa sul da farsi, lascia che siano l'emozioni e l'istinto a muovere le sue braccia, permettendole di stringere la negra contro il suo petto latteo e rincuorarla. La nutrice, sconvolta dal gesto della fanciulla, singhiozza addolorata mentre Victoria le accarezza il capo, calmandola.
«Signorina...signorina...» Sussurra la balia in un gemito. «Mi scusi...mi scusi...»
«Non deve giustificarsi perché non ho nulla da perdonarle.» Ammette la contessina con dolcezza. «Vorrei solo che lei torni ad essere quella di prima.»
All'improvviso la nutrice smette di piangere, liberandosi bruscamente dalla stretta della fanciulla ed allontanandosi da lei. La negra s'alza con difficoltà e la scruta con sentito tormento. Victoria flette le gambe e compie lo stesso atto della balia, drizzandosi sulla schiena e sospirando rattristita. Credeva d'esser riuscita a riavvicinarsi ad Abba, ma ha sbagliato, di nuovo. Prima però che possa dir qualcosa e tentare ancora una volta di capire il suo tormento, Abba mormora con un fil di voce: «Non posso.»
«Di cosa state parlando?»
«Non riesco ad accettare la vostra scelta.»
Victoria comprende subito il comportamento schivo ed indifferente della balia, commuovendosi per il suo amore e sorridendo amaramente.
«Mi è stato imposto.»
«Voi potete ancora lottare!» Ribatte con prontezza. «Voi non potete sposare quell'uomo. Non è la persona eccelsa che vuol far credere. Non lo è!»
Victoria non riesce a contenersi, irrompendo in una risata di vero cuore sotto lo sguardo sgomento della balia, in quanto finalmente qualcuno è riuscito a comprenderla ed a celare la realtà che solo lei vede. La contessina ringrazia il Cielo per averla affiancata ad una donna tanto spiccata quanto buona come Abba per poi sospirare sconfitta.
«Tutta la mia famiglia vuole che mi leghi al duca ma...»
«Victoria...»
«Ma...» Victoria alza di poco il tono di voce. «Lotterò sino all'ultimo giorno così da non avere rimpianti in futuro.»
Abba non riesce a controllarsi, irrompendo in un secondo piagnisteo e venendo accolta ancora una volta tra le braccia della contessina. Le due donne si fanno forza a vicenda, guardandosi negli occhi e compiendo una tacita promessa. Esigui istanti dopo la balia si tranquillizza, rinsavendo e sistemandosi la divisa con cura.
«Teresa non calverà quest'oggi e credo che lo scudiero non ci sia.» Annuncia Victoria con garbo. «I miei genitori non mi permetteranno mai di galoppare sola, perciò rimarrò a casa.»
«Sono qui per vestirvi, poiché c'è qualcuno che può scortarvi.»
Victoria sussulta, scrutando sgomenta ed interessata la nutrice: «I miei genitori hanno acconsentito?»
«Certamente.» Asserisce la balia con solennità. «È stato il conte in persona a richiamare il fortunato.»
«È un uomo?»
Victoria è a dir poco scioccata, in quanto suo padre non le permetterebbe mai d'allontanarsi con un uomo che non sia parte della famiglia o il suo futuro consorte. È disonorevole per una donna compiere tale gesto e di certo sapere che il conte glielo permetta è surreale.
«Abba...ne siete proprio sicura?»
«Ho reagito allo stesso suo modo non appena intesa la notizia.» Risponde la balia, aiutando nel mentre Victoria a spogliarsi delle sue vesti da notte. «E vi posso assicurare che è uno degli uomini più incantevoli che abbia mai visto.»
«Oh Signore!» Esala la contessina, portandosi la mano al cuore. «Ne siete proprio certa?»
«Suvvia! Non è cosa da tutti i giorni far la conoscenza d'un giovane così incantevole e servile.»
Prima che Victoria possa domandare di chi si tratti, la nutrice la zittisce, incitandola ad indossare le vesti per la cavalcata. La contessina rimane perplessa per qualche istante, desiderando conoscere l'identità del fortunato che è riuscito a convincere suo padre, per poi dinegare ed accingersi ad infilare il completo adatto per l'insolita galoppata in compagnia dell'affascinante uomo misterioso. La contessina tenta di giustificare il gesto singolare del conte, speculando sulla personalità dell'uomo che riuscirà a star con lei per qualche ora quando viene rimproverata dalla nutrice a causa della sua scarsa collaborazione nel vestire. Victoria si scusa e s'appresta ad indossare i pantaloni da cavallerizza color terra e gli stivali dello stesso colore. Subito dopo si siede sulla poltrona, permettendo alla balia d'acconciarle i capelli in una coda legata a due trecce, per poi discendere insieme al piano inferiore e trovare il conte attenderle all'ingresso. Non appena la fanciulla incontra i suoi occhi verdoni, sorride lieta ed accelera l'andatura pacata.
«Buongiorno padre.» China il capo e lo rialza per poi stampargli uno sfuggevole bacio sulla gote ed ottenere di conseguenza uno sguardo esasperato.
Nonostante il conte ami tutti i suoi figli più della sua stessa vita, è costretto ad essere controllato e razionale nei suoi atti, in quanto uomo e nobile, non facendo trasparire le emozioni che lo investono ininterrottamente. Più il padre della contessina tenta di rispettare l'etichetta, più la fanciulla gli rende il dovere impossibile. Quale genitore non agognerebbe l'affetto fisico d'un figlio? Quale padre non desidererebbe stringere a sé la propria bambina?
«Chi sarà l'uomo che m'accompagnerà quest'oggi a cavallo?»
La voce soave della figlia lo fa rinsavire e sorridere lieto. Il conte tossisce e chiama il maggiordomo, che s'appresta ad esaudire l'ordine del proprio signore.
«Cosa gli avete disposto?»
«Lo scoprirai presto, figlia mia.» Annuncia bonariamente il conte. «Anzi lo conoscerai presto.»
«L'uomo misterioso?» Domanda Victoria con occhi luminosi.
La contessina sin da tenera età ha sempre viaggiato con l'immaginazione, vedendo l'impossibile nel possibile e l'irreale nel reale. Victoria inventava storie impensabili come se nulla fosse, fantasticando su luoghi e persone. Talvolta si perdeva nell'ammirare una forma bizzarra assunta temporaneamente da una nuvola, altre invece si smarriva nell'osservare ammaliata il turbinio del mare ed altre ancora nei suoni melodiosi sfuggiti alla voce del vento, del mare o della musica artificiale.
«È qui, signore.» Annuncia il maggiordomo con voce tuonante.
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