αἰών (pt.1)
La luce sbaraglia le tenebre mentre una brezza fresca risveglia il mare e la voce della pineta la sua creatura più pura. Victoria sbatte le ciglia più volte a causa del sole, rendendosi conto solo dopo qualche istante di non esser in camera sua, ma sulla scogliera. Un brivido di terrore la scuote sin dentro le ossa, ma, non appena posa lo sguardo sul corpo dell'uomo che giace al suo fianco, il cuore smette di batterle. La contessina è completamente nuda e la sua pelle è baciata dal sole se non per una porzione del fianco sinistro e del ventre, poiché coperte dal braccio muscoloso dell'amato. Un dolore lancinante le trafigge il petto, consapevole di cosa li attende, mentre lo osserva con le lacrime agli occhi, imprimendosi nella mente e nello spirito ogni suo particolare fisico. Victoria non riesce a trattenere l'impulso di accarezzargli la chioma corvina, ricevendo da parte sua un grugnito stanco. Scottata ritrae la mano mentre il cuore le pulsa in petto con ardore. Rimane ad osservarlo, lasciando che l'amore ed il dolore si mescolino così da permetterle di portare per sempre con sé il suo ricordo. Con il cuore gonfio d'angoscia e l'animo lacerato, riesce ad allontanarsi da lui, vestendosi rapidamente, per poi guardarlo un'ultima volta. Dimitrij è un uomo dalla bellezza eterea, non solo fisica ma anche morale, ed è proprio per questa sua peculiarità che se ne innamorò. Una lacrima traditrice le solca il volto, ma subito l'asciuga con un gesto furioso della mano, per poi voltarsi e chinarsi sull'erba. Coglie una margherita e si avvicina al suo amato, depositando il bocciolo sulla maschera accanto a Dimitrij ancora dormiente.
«Addio Amore mio.»
Victoria lo guarda un'ultima volta con le lacrime agli occhi per poi voltarsi e correre lontano da lui. Dolore liquido le solca le gote mentre il cuore sanguina e l'animo impazzisce. La sofferenza è soffocante tanto da toglierle il fiato, bruciandole i polmoni, e lanciare un grido disperato. Victoria sta fuggendo dal suo Amore per andare incontro alla sua sorte, alla sua morte ed al suo Inferno, abbandonando il sogno e tornando alla realtà di incubi e torture.
Addio
Quando la contessina varca la soglia della villa, nessuno è lì ad attenderla o ad urlare per la sua mancanza. I domestici corrono per casa, poiché devono addobbarla per la cerimonia che si consumerà soltanto tra poche ore, mentre i suoi genitori sono al piano superiore, chiusi nella loro camera a pregare per il futuro tenebroso della loro figlia. Victoria osserva la realtà con orrore, incapace d'agire, fin quando Abba non lancia un urlo, facendola sobbalzare per lo spavento. La nutrice la stringe forte a sé e singhiozza disperata: «Victoria! Sono stata così in pena per voi! Perdono! Perdono!»
Victoria s'impone di non piangere, chinando il capo ed osservandola commossa per il suo sincero affetto, confortandola e lasciandosi abbracciare fin quando non rinsavirà. Pochi istanti dopo però la nutrice si ricompone, drizzandosi sulla schiena ed annunciando con voce grave: «Sono le 12:00 e per le 16:00 dovrete essere in chiesa per le nozze.»
Victoria non riesce a trattenere un gemito, addolorando ancor più la balia, che pur di non piangere le dà le spalle, la prende per il braccio e la trascina nella sua camera, sussurrandole con immenso dispiacere: «Mi vergogno per non aver avuto abbastanza animo da potervi proteggere la scorsa notte e di non averlo ora tanto da portarvi lontano da qui, da questo Inferno.»
Victoria l'osserva commossa e le sorride riconoscente, incominciandosi a spogliare e rimanendo solo con la corta tonaca da notte: «Voi non dovete dolervi per nulla, mia cara Abba, poiché non siete la ragione della mia infelicità ed orrenda sorte.»
La nutrice non osa incrociare il suo sguardo, sapendo di poter irrompere in un nuovo piagnisteo, e di certo comportarsi in modo così infantile non potrà che addolorare ancora di più la contessina. Dunque compie un profondo respiro ed insieme a Victoria escono dalla camera da letto e si dirigono alla toilette senza proferire alcun lemma. Non appena Abba chiude la porta alle sue spalle, incita la fanciulla a spogliarsi delle vesti e ad immergersi in vasca. Victoria sospira al contatto con l'acqua calda, stendendosi cautamente ed avvertendo una strana sensazione di dolore al petto, dovuto all'addio appena sussurrato al suo amato. La contessina si fa forza, imponendosi di non piangere, per poi reclinare la testa all'indietro e permette ad Abba di pulirle il corpo con riguardo ed amore. Victoria, serrando le palpebre, tenta disperatamente di rimuovere il contenuto della sua essenza così da divenire un involucro vuoto prima che il duca la possieda.
«I vostri genitori sono in pena per voi.»
La contessina emette un mugolio di disapprovazione all'udire la sentenza della balia, che prosegue con rammarico: «Hanno compreso troppo tardi la vera natura del duca, avendo ignorato la malvagità del suo animo.»
Victoria dischiude le palpebre e le sorride beffardamente, replicando con voce grave: «L'uomo non riconosce il male fin quando qualcuno non gli strappa la maschera del bene. Mia madre e mio padre l'hanno squarciata troppo tardi.»
Abba arresta per un istante il suo compito, guardandola con profondo amore: «Se non volete maritarvi, loro saranno al vostro fianco.»
Victoria la fissa scettica, ma, non trovando alcun segno di menzogna sul suo volto scuro, non può che meravigliarsi. Griderebbe di gioia e correrebbe dal suo amato se fosse così facile, ma non potrà mai non presentarsi alle nozze. Il duca detiene troppo potere nelle sue mani e la sua ira porrebbe fine alle loro vite, in quanto prima distruggere economicamente la sua famiglia e poi riuscirebbe comunque ad ottenere il suo corpo. Victoria diniega col capo e sorride tristemente, rivelando con un fil di voce: «Non posso distruggere la mia famiglia, la amo.»
Abba percepisce il cuore stringerle in petto e l'emozione investirla con così tanta forza da stordirla. L'amore ed il rispetto di Victoria verso la sua famiglia non possono che far gemere la nutrice per la commozione, constatando felice d'aver cresciuto una donna dai sani principi: «Voi però amate di più un uomo, o erro?»
Victoria arrossisce e sobbalza per la sorpresa, facendo fuoriuscire dell'acqua dal bordo della vasca e reprimendo a stento un singhiozzo: «Non voglio distruggere la mia famiglia.»
«È terribile anche rinunciare al vostro vero amore.»
Victoria le sorride tristemente per poi chinare il capo ed invitarla ad occuparsi della cura del suo corpo. Abba sospira distrutta, consapevole del destino terribile che attende la fanciulla, sussurrandole commossa: «Avete un animo immenso. Dio vi ripagherà.»
Victoria sospira stanca, chiudendo gli occhi e pensando alle parole della balia. Probabilmente Dio ha trascurato l'esistenza della creatura, figlia dei conti Martignano, o forse è il Re degli Inferi a desiderare la sua dannazione terrena. Nonostante ciò, nulla cambia agli occhi della fanciulla. Dopo due ore di trattamenti per il corpo, Abba la conduce in camera da letto, vestendola d'un abito candido all'apparenza e tenebroso nel profondo. Spazzola con tormento i capelli setosi della fanciulla, acconciandoli con qualche giglio, poiché alla vista delle margherite la contessina è esplosa in un pianto nervoso. Le imporpora le gote esangui e le colora le labbra, rosee e perfette. Dopodiché si china ai piedi i Victoria e le fascia i piedi con scarpe nivee per poi drizzarsi con affanno e porgerle la mano, che prontamente afferra. La contessina si specchia ed inevitabilmente una lacrima dolorosa le segna la gote imporporata mentre un rivolo di sangue sgorga nel suo cuore dilaniato dal male. Prima che Abba possa rassicurarla, qualcuno bussa alla porta, facendole rinsavire e puntare lo sguardo sull'asse in legno. La maniglia s'abbassa ed una chioma scura fa capolino: «È permesso?»
Victoria acconsente con un cenno debole del capo, rivolgendo poi un debole sorriso alla balia, che sparisce non prima d'essersi inchinata al padrone. L'uomo dai capelli, scuri e poco brizzolati, serra la porta alle sue spalle ed avanza nella camera, invitando la figlia a prendere posto sul letto accanto a lui. Il conte china il capo, sospira e prende coraggio: «Mi pento per non aver tenuto in considerazione la vostra opinione e non esservi stato accanto quando più ne avevate necessità. Sono un pessimo padre.»
Victoria s'impone di non piangere per la commozione, poggiando una mano su quella del padre. Lo guarda dritto negli occhi simili ai suoi e gli sorride sincera: «Non lo siete ed è per questo che tra poco sigillerò la mia condanna.»
«Non parlate così, figlia mia!» Esala l'uomo, stringendola a sé. «Mi pento di tutto. Di tutto! Che Dio abbi pietà del mio animo e della tua vita!»
Victoria pone le mani sul suo petto e lo guarda con occhi lacrimosi: «Non preoccupatevi per me. Sono una guerriera.»
«Ne sono consapevole, figlia mia.» Ammette il padre, ammirandola commosso. «Siete voi a possedere la forza di spirito e non io, cane bastardo.»
«Non descrivetevi più in quel modo abominevole!» Tuona la fanciulla rossa in volto. «Credevate di donarmi un futuro radioso ed i vostri atti sono nobili. Il male è il duca.»
Padre e figlia trascorrono il tempo a discutere, a colpevolizzarsi a vicenda ed a struggersi per le scelte compiute, l'uno tra le braccia dell'altro, quando echeggia sinistro il suono della campana. Quattro rintocchi e la villa dei conti è priva di vita. Le strade, vuote e baciate dal sole, conducono alla chiesa dove risuona tremenda la melodia della marcia nuziale dove conti, marchesi, duchi e nobili sono riuniti per santificare il sacro vincolo del matrimonio. Non trascorre molto tempo quando il curato espone la fatidica questione alla quale è il duca a stabilire le sue volontà.
«Vi dichiaro marito e moglie.» Annuncia il curato, osservando i due novelli sposi senza affetto alcuno. «Potete baciare la sposa.»
Alberto Ferdinando III non attende altro se non posare le sue labbra avide su quelle rosee della fanciulla traumatizzata. Le proli di pochi anni del duca urlano contenti, saltellando e battendo le mani, mentre la nutrice della casa d'Angiò tenta di tenerli a bada senza alcun risultato. I conti osservano la loro bimba tra le braccia d'un uomo dallo spirito di demonio e si maledicono per la scelta compiuta. Abba piange senza ritegno alcuno, bestemmiando il duca e pregando per la salvezza irrisoria della fanciulla. Teresa s'impone di non urlare o d'irrompere in un pianto disperato, stringendo con forza il braccio del padre, che le accarezza la schiena in segno di conforto. Nulla però può più eliminare l'orrore appena suggellato. Dopo una mezz'oretta la cerimonia giunge al termine e, dopo aver rivolto il saluto al curato, tutti i presenti si dirigono verso la villa dei conti, dando origine ad una sfilata. Nonostante l'anima nelle vie, sono le emozioni più terrificanti e repellenti ad occupare gli spiriti dei convitati alla cerimonia.
Solo letizia apparente e malata.
Solo dolore e sconforto.
Solo l'oblio.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top