Ζωή (pt.2)

Il tempo trascorre rapido a causa dei preparativi e degli incontri parentali, impedendo così alla fanciulla di pensare ad un impossibile piano di fuga. Il gallo, come ogni mattina, canta al sole nascente, destando la fauna della pineta e la cittadina dormiente. Una brezza leggera smuove le lenzuola stese al di fuori delle abitazioni e le chiome verdeggianti degli arbusti sulla scogliera. Le onde, cristalline e spumeggianti, s'infrangono contro scogli aguzzi, rendendo impossibile la distinzione tra la spuma e la roccia. I gabbiani volano alti in cielo, stridendo e volteggiando in una danza bizzarra al di sopra dello specchio cristallino. Una negra corre su e giù per le scale d'un'ampia villa, gridando ordini di qui e di lì agli altri domestici. La contessa ed il conte consumano la loro colazione in silenzio mentre la loro figlia osserva dalla finestra l'incantevole paesaggio marino, triste ed angosciata. Victoria chiude gli occhi per un istante, compiendo un profondo respiro, e li riapre, notando il sole ormai all'orizzonte. Le stelle timide s'arrampicano nell'oscurità mentre la luna nascente mostra la sua impareggiabile bellezza. La brezza, ora più fredda, smuove le chiome degli arbusti vicino la villa, seguito dal bubbolio del mare, ora scuro come pece.

«Signorina!» Urla Abba, irrompendo in camera da letto. «Oh Dio Mio! Indossate ancora la veste da notte?»

Victoria sorride imbarazzata, ma, non appena schiude le labbra per scusarsi, la nutrice la raggiunge, facendola piroettare come una bambina e comincia a vestirla. La contessina sospira divertita, diniegando col capo ed aiutando la balia nella sua opera. Victoria indossa un vestito dal corpetto blu notte con scollo a cuore e perline bianche come le stelle del firmamento mentre la gonna, non molto ampia e color cobalto, cade morbida e delicata sul suo corpo fiorente. Le sue braccia, baciate dal sole estivo, sono nude, al contrario delle spalle, circondate da una leggera stoffa della stessa tonalità dell'abito. Non appena termina di vestirsi, Abba le acconcia i capelli con fiori bianchi e rosei, pettinandole i morbidi capelli ed intrecciandoli in uno chignon né troppo alto né troppo basso. Dopo aver imporporato di poco il volto, roseo e giovane, della contessina, la nutrice l'aiuta ad indossare i sandali blu. Victoria la ringrazia e si alza, volteggiando su se stessa e ringraziando Abba per l'operato. La nutrice irrompe in un pianto gioioso, notando soltanto ora come la fanciulla sia cresciuta e divenuta bella. Victoria, commossa e turbata, le si avvicina, stringendola a sé e cullandola tra le sue braccia. Abba si rilassa e si bea di tale premura adottata nei suoi confronti quando ode la sua voce incrinata dall'emozione: «Perché piangete?»

La balia le si allontana, tossendo e ricomponendosi, per poi guardarla con venerazione, ammettendo ancora scossa: «Siete cresciuta e siete divenuta bellissima...non l'avevo ancora compreso.»

«Oh Abba!»

Victoria annulla la distanza e l'abbraccia con calore quando un rumore, improvviso e metallico, fa saltare le due donne per lo spavento. Due gemme color quercia fissano furiose la contessina e la balia, che si scosta rapidamente dalla fanciulla, chinando il capo e scusandosi mortificata.

«Via.» Ordina la contessa, continuando a guardare la figlia. «Chiudi la porta e fai in modo che nessuno entri.»

«Sarà eseguito, signora Martignano.»

Non appena Abba le lascia sole, la contessa incita la figlia a prender posto accanto a lei sul letto. Victoria esegue l'ordine silenzioso della madre, avvertendo dell'astio e dell'obliquità in tutto ciò. La fanciulla si accomoda sul morbido materasso per poi compiere un profondo respiro e guardare la madre, che la scruta con cipiglio, in attesa della sua furia.

«Quante volte vi ho ripetuto di non essere così disponibile con i domestici?»

«Abba non è una semplice domestica...»

«È la vostra nutrice, perciò sottostà ai nostri ordini.» Asserisce la contessa con velenosità. «Basti notare il colore della sua pelle.»

«Lo trovo incantevole.» Ribatte la contessina alquanto stizzita.

La contessa le lancia uno sguardo tagliente tanto da farle chinare il capo e sospirare sconfitta quando tutto ad un tratto le rivela: «Non sono venuta per discutere di quest'insulsa questione.»

«Illuminatemi, madre.»

«Ebbene...vi consiglio di trascorrere questi ultimi due giorni con il vostro amante perché poi non lo rivedrete mai più.»

Victoria tossisce, colpita e affondata come un veliero in piena tempesta, per poi guardare la madre, sconvolta e terrorizzata. Le gote le si imporporano per la paura, lo stomaco le si serra e la gola le si secca. Il respiro s'irregolarizza nello stesso istante in cui il corpo comincia a tremare, scosso dalla circostanza e dalle emozioni.

«Come ne siete venuta a conoscenza?»

«Sono vostra madre ed inoltre sono stata giovane anch'io.» Detto ciò, la contessa si volta verso la figlia e le prende le mani con incredibile affabilità. «Amavo un altro uomo, ma, come ben sai, ero promessa in sposa a tuo padre.»

«Oh madre!»

«Ascoltate.»

Victoria acconsente, prestandole ascolto. La contessa compie un profondo respiro, si fa forza ed affoga in lontani ricordi: «Lo amavo, ma lui era un contadino ed io una nobildonna. L'amavo più di ogni altra cosa al mondo e tentai di risolvere la questione, ma la mia famiglia era determinata a maritarmi con un uomo molto più ricco della nostra casata. Vissi con lui tre mesi di pura passione tanto da ricordarli vividamente ancora oggi. I miei pianti, le mie rinunce, le mie proteste non risolsero nulla ed alla fine fui costretta a dirgli addio la notte prima del mio matrimonio. Il giorno seguente fui portata in chiesa e mi sposai con vostro padre. Lui non mi venne mai a cercare, o se lo fece non lo seppi mai. All'inizio odiai vostro padre, ma con il trascorrere dei giorni mi resi conto che era un uomo dal gran cuore, anche se un po' burbero. Lo amo, ma, nonostante ciò, una parte del mio cuore apparterrà sempre a colui che amai per primo.»

Victoria trattiene a stento le lacrime per la sorte di sua madre, di quell'uomo che amò e di Dimitrij. La fanciulla si stupisce nel trovare la verità nelle parole di sua madre, nelle vicende da lei narrate, tanto d'avvertire un peso sul petto. La contessa poggia le sue mani lattee sul viso della figlia, raccogliendone tristezza e dolore, per poi udire la sua voce incrinata: «Mi spiace così tanto.»

«Imparerete anche voi a conviverci.»

«Non credo amerò mai il duca.» Ammette Victoria con sincerità. «Lui è malvagio.»

«Forse lo è ora ai vostri occhi, poiché non vi lascia libera d'amare il vostro uomo.»

Victoria diniega sconsolata, sussurrando con difficoltà a capo chino: «Solo voi siete a conoscenza del mio amore per Dimitrij?»

«Vostro padre non è stolto, ma è convinto d'aver sotto la propria ala ancora una bambina.»

Victoria sospira stanca, alzandosi e sorridendo lieta alla madre, forse per la prima volta. Non le è mai accaduto di ringraziarla a tal punto da piangere per lei. Mai avrebbe creduto di possedere un destino tanto affine al suo, anche se dopotutto sono entrambe donne.

«Grazie per essere stata sincera con me.»

La contessa acconsente senza mancare d'autorità per poi dirigersi verso la porta della camera da letto. Prima d'uscire, protende una mano verso la figlia, consegnandole la maschera ed invitandola tacitamente a prendere parte ai festeggiamenti: «Dopo di voi.»

Victoria cammina accanto a sua madre, che guarda davanti a sé con fierezza, senza parlare. Non appena fanno la loro comparsa sul punto più alto della scalinata, il bagliore delle luci mostra alle due donne la miriade di vestiti variopinti e la festosità dei presenti. Un applauso le accoglie insieme a dolci parole mentre discendono la scalinata l'una di fianco all'altra. Victoria osserva commossa i presenti con il volto celato da maschere colorate in cerca del suo amato, disperandosi a causa della sua assenza. La fanciulla non riesce ad impedire alle lacrime di bagnarle gli occhi ed il cuore pulsare con ira, ma, non appena giunge tra i presenti, questi la accerchiano e le porgono i più sinceri auguri di compleanno, distruggendo la bolla di tristezza. La contessina cela il suo turbamento e sorride fintamente radiosa quando la folla si divide ed un uomo dall'abito, costoso e nero, le si avvicina, prendendole la mano la mano e baciandola con invadenza. Victoria reprime a stento il disgusto, regalando invece un ampio ed ipocrito sorriso ad Alberto Ferdinando III d'Angiò. Il duca la prende per mano ed insieme camminano tra la folla, che si spartisce al loro passaggio.

La contessina ed il suo cavaliere proseguono sino a giungere nel grande salone dove tavoli imbanditi, quadri variopinti, candelabri luminosi ed una piccola orchestra li attendono con pazienza. Non appena tutti i conviviali li raggiungono, i due giovani si dispongono al centro della sala. L'archetto taglia l'aria e stride sulle corde, scivolando e saltando con estrema vitalità. Il duca fa un passo in avanti, obbligando Victoria a danzare con lui sotto lo sguardo animato dei presenti, i pettegolezzi delle fanciulle ed i borbotti dei più anziani. La fanciulla acconsente controvoglia, riuscendo appena a contenere la sua frustrazione e la sua ira, in quanto la mano dell'uomo è divenuta fin troppo audace ed il corpo troppo vicino al suo. Victoria alza il capo per poter discutere con il duca, ma quando i suoi occhi s'incontrano con quelle due gemme, fiammeggianti e terribili, serra le labbra ed ingoia a vuoto, puntando di nuovo il suo interesse verso il basso. Fortunatamente il ballo termina pochi istanti dopo e quello successivo prevede un continuo scambio di cavalieri. La contessina sospira sollevata, cominciando a danzare su una melodia più frizzante e medioevale.

L'archetto squarcia l'aria, atterra pericolosamente sulle corde del violino e stride impazzito. Le dame piroettano su loro stesse mentre i cavalieri si spostano verso destra. Victoria si volta ed incontra un simpatico uomo di mezza età con i baffi bizzarri ed un ventre prominente.

Una scala discendente.

Una piroetta.

Un altro cavaliere.

Questa volta la contessina danza con un fanciullo più piccolo di lei. Il ragazzino avrà circa dodici anni, ma balla come un vero ballerino. Victoria gli sorride raggiante e lui ricambia con più vivacità, facendo allargare quegli spruzzi arancioni sul suo naso e sulle sue gote.

Una nuova scala ascendente.

Un'altra piroetta.

Un altro cavaliere.

Victoria ride a causa del bimbo, ma, non appena i suoi occhi incontrano due gemme color cobalto, il cuore smette di batterle in petto ed il mondo arresta il suo moto. Le gote le s'imporporano e le labbra si schiudono mentre le gambe faticano a sorreggerla. Victoria guarda incantata e commossa il cavaliere mentre a malapena le sue mani sfiorano il tessuto che lo riveste: «Dimitrij.»

Il russo avverte un fremito scuoterlo sin dentro l'animo nell'udire la voce dell'amata mentre l'osserva con venerazione, ammirando prima il vestito poi le sue labbra, rosse ed invitanti. Dimitrij percepisce un fuoco bruciarlo con violenza ed il cuore esplodergli quasi per la gioia. Lo spirito riprende la forza perduta e la sua mascolinità si risveglia, richiamata dalla carne illibata. Dimitrij aumenta la stretta sul fianco di Victoria e sulla mano, avvicinandola di più a sé. La contessina sobbalza sia per l'atto improvviso che per il tumulto d'emozioni che la investono ogni qual volta gli è vicino.

Un'altra scala discente.

Victoria tentenna, poiché non vuole lasciarlo andare, ma non può danzare ancora con lui. Malvolentieri piroetta su se stessa mentre la delusione e la tristezza s'impossessano già del suo spirito. Sospira e si volta.

Lo stesso cavaliere.

Victoria rimane spaesata per la sorpresa, perciò Dimitrij la stringe, danzando di nuovo con lei. La contessina sorride incredula con le lacrime agli occhi, scuotendo il capo ed assecondando i passi del suo cavaliere, mentre il cuore pulsa inferocito ed un sorriso sincero aleggia sulle sue labbra: «Siete pazzo.»

«Lo sono per voi.»

«Compireste follie per me?»

Dimitrij punta il suo sguardo carico di promesse in quello di Victoria, che per poco non sviene tra le sue braccia. Il russo avvicina il suo volto a quello dell'amata, che istintivamente trattiene il fiato e serra le palpebre per quello che potrebbe avvenire. Victoria attende, ma non accade nulla. Sente solo il suo respiro caldo sul collo, facendola rabbrividire: «Non avete idea di cosa sarei disposto a mettere in atto pur d'avervi.»

Victoria spalanca gli occhi e dischiude le palpebre incredula mentre Dimitrij si ritira così per poterla osservare meglio. La contessina avverte il cuore esploderle in petto per la felicità ed il mondo ruotare con più rapidità. Ed ecco che avviene l'incanto: la musica esprime ciò che è possibile tacere con i lemmi, poiché il suo linguaggio è accessibile solo alle anime affini. Chi non ha anima, non potrà mai concepirla. Victoria e Dimitrij assorbono l'incantesimo, liberano i loro spiriti e danzano con i cuori stregati, l'uno dall'altra.

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