ἔαρ (pt.3)

Il mattino seguente la fanciulla si sveglia prima che il gallo canti e, non appena intravede il padre, corre da lui per domandargli dell'orticoltore. Il conte le rivela d'avergli permesso solo due giorni di riposo a causa dell'infortunio per poi informarla che purtroppo questo pomeriggio il duca non sarebbe più andato a far loro visita. Victoria, non appena apprende la nuova, sorride gioiosa, rendendosi conto solo in un secondo momento d'esser dinanzi a suo padre. Stranamente però non la rimprovera per la condotta riprovevole, diniegando invece il capo e mascherando a stento un sorriso. Nonostante ciò, la fanciulla si scusa, ricevendo una carezza inaspettata da parte dell'uomo, che la stringe a sé e le sussurra all'orecchio: «Sarò sempre vostro padre.»

«Ed io vostra figlia.»

Il conte trema a causa del dolore e dell'amore nei confronti della figlia, poggiando le sue grandi mani sulle spalle minute della fanciulla così d'allontanarla dal suo corpo massiccio e guardarla dritto negli occhi: «Conosco la tua opinione riguardo il duca.»

«Padre...»

«Fatemi terminare di parlare.» La rimprovera bonariamente il conte, facendola arrossire per l'interruzione. «Se fosse per me, ti terrei qui per il resto della vita, in quanto posso assicurarti che a nessun padre farebbe piacere vedere la propria figlia tra le braccia d'un altro uomo.»

«Ma?»

Il conte le si allontana, congiunge le mani dietro la schiena e le dà le spalle, passeggiando nervosamente avanti ed indietro e borbottando qualcosa tra sé e sé. Victoria lo guarda e si maledice per non essere la figlia perfetta, capace d'accettare le disposizioni della sua famiglia in quanto donna, quando tutto ad un tratto l'uomo arresta la sua avanzata, rivolgendole la sua completa attenzione. Soltanto ora il padre si rende conto che sua figlia è cresciuta. Victoria non è più la bimba paffuta e gioiosa che lo riempiva di baci ma un'incantevole donna dalle forme sinuose e dall'animo guerriero. Il petto gli si gonfia d'orgoglio ed il cuore gli pulsa in petto con dolore mentre le lacrime non ancora versate gli offuscano la vista, consapevole della natura della sua creatura e del destino avverso che l'attende.

«Padre.»

Victoria compie un passo verso il conte, che prontamente le intima di fermarsi.

«Siete cresciuta e siete divenuta bellissima, ma, nonostante ciò, devo lasciarvi andare.»

«Perché padre? Perché?» Domanda la fanciulla con voce incrinata dall'emozione. «Se mi concedeste di vivere per il resto della mia vita qui a patto d'esser nubile, acconsentirei senza esitazione alcuna.»

La promessa della contessina è balsamo per la tristezza del conte, che diniega il capo con rammarico, essendo più saggio della figlia ed avendo compreso sin da subito la sventurata realtà.

«Se fosse per me, accetterei volentieri, ma il mio buon senso mi urla il contrario.»

Victoria lo raggiunge di qualche passo, guardandolo con fermezza: «Vi prego di dar ascolto a quella voce del vostro animo, a quella parte di voi che mi vuole con sé.»

«Sarebbe da egoista lasciarvi marcire qui dentro, da sola.»

«No!» Strilla la fanciulla, pentendosene subito e chiedendo perdono. «Abba mi starà accanto e lo faranno pure gli altri domestici.»

«Abba non vivrà in eterno, proprio come tutti gli altri servitori.» Sospira il conte con amarezza, avanzando verso di lei e ponendo le sue grandi mani sulle spalle minute della figlia. «Ammetto che sceglierti un buon marito è stato devastante per me e per tua madre...»

«Forse per voi, ma dubito che pure lei...»

«Victoria.» La richiama il padre con autorità. «Vostra madre vi ama, anche se spesso il suo atteggiamento vi risulta ostile. Nonostante ciò, posso assicurarvi che lei soffre molto più di voi per il vostro imminente matrimonio.»

«Quindi è stabilito?»

«Di cosa parlate?»

«Sarò data in moglie al duca Alberto Ferdinando III D'Angiò?»

Victoria, non appena comprende la fondatezza delle sue parole, indietreggia stordita ed ingoia dolore. Capisce soltanto ora d'aver perso la libertà per sempre, infuriandosi tanto da trattenere a stento le lacrime. Se solo fosse nata uomo, avrebbe potuto scegliere, non essendo primogenita, ma la sua natura di donna e figlia glielo impedisce. Il cuore le pulsa con ardore mentre le mani, piccole e rosee, si chiudono in forti pugni tanto da mostrare le nocche nivee. Il petto le duole a causa del respiro rimasto intrappolato, ma è l'urlo muto del suo spirito ad ucciderla. Se solo avesse più coraggio, si toglierebbe la vita, ma è troppo codarda e, nonostante il suo destino sia terribile, lei vuole vivere. Il conte, mosso dalla compassione e dall'amore sincero, le si avvicina e la stringe contro il petto per la seconda volta, accarezzandole il capo ed imponendosi di non piangere. È orgoglioso di sua figlia, vedendola così forte d'animo e combattiva. Sa che soffre, conosce i suoi desideri, ma lui non può far nulla. Lei è una giovane donna, ricca e promessa ad un uomo molto potente. È il suo destino e non sarà il suo egoismo da padre a rovinarle la vita, in quanto non è più possibile tornare indietro.

«Voi vivrete?»

«Come padre? A malapena riesco ad alzarmi al mattino al sol pensiero d'abbandonarvi.»

«Imparerete a farlo.»

«E se non volessi comprendere?»

«Non avrete altra scelta se non intendere.»

«Oh padre!»

«Il duca sarà la nostra salvezza ma anche la vostra dannazione.» Ammette il conte in un bisbiglio. «E mi dolgo per il peso che porterete con voi sino all'ora del sonno eterno.»

«Vivrò solo per voi.»

«Ne sono onorato.» Le sussurra commosso.

Subito dopo il conte s'allontana bruscamente dalla fanciulla, stordendola a tal punto da farla traballare sui suoi piccoli piedi. Prima che la figlia possa domandargli il motivo del violento mutamento, il padre prende parola: «Dobbiamo rispettare il codice e le formalità, bisogna sempre tenerlo in considerazione.»

Victoria sorride sollevata, ghermendo la sua lunga gonna da ambo le parti ed inchinandosi divertita: «Mi perdoni per la mia insolenza.»

Il conte arcua la schiena, china il capo e le sorride divertito: «Mi perdoni per il mancato pudore.»

Il padre e la figlia si guardano negli occhi per poi irrompere in un riso allegro. Nessuno dei due rideva spensierato da tanto tempo, ma entrambi lo ignorano, non sconoscendo i demoni che affliggono l'altro. Solo il caldo estivo e la brina notturna partoriranno la verità. Victoria ed il conte si separano poco dopo, tornando a svolgere le rispettive mansioni per le seguenti quarantott'ore sin quando il pomeriggio del terzo giorno il duca si presenza alla porta della loro villa. Victoria è in veranda, intenta a leggere un tomo dal valore inestimabile, quando all'improvviso un insieme di voci, prima ovattate poi più sonore, giungono fastidiose alle orecchie della fanciulla, che suo malgrado è costretta ad interrompere la lettura ed alzare il capo. Istantaneamente il viso rilassato della giovane si rabbuia, non celando lo sdegno e la repulsione alla vista del duca. Victoria chiude le palpebre e compie un profondo respiro, prendendo coraggio. Si alza, s'inchina e gli sorride forzatamente, inorgogliendo la madre per la sua condotta. In verità la sventurata vorrebbe fuggire o affermare la sua idea sul suo futuro consorte, che la fissa senza pudore alcuno. Il duca difatti finge di non accorgersi della furia di Victoria, sedendosi accanto a lei, mentre la contessa rientra in casa per richiamare il marito ed i servitori. La padrona fa ritorno pochi minuti dopo e ritrova i due futuri consorti con le mani incastrate tra loro e lo sguardo fisso nell'altro, non comprendendo per nulla le loro emozioni. Victoria vorrebbe gridare e respinge il duca con forza, ma sa che il suo folle atto comporterebbe la distruzione della sua stessa famiglia, dunque lo guarda con fermezza, sperando che la lasci libera. Purtroppo il duca non è della sua stessa opinione e, se non fosse per il conte ed il suo buon nome, l'avrebbe già fatta sua, anche contro la sua volontà. Victoria però non s'arrende e, nonostante il cuore pulsi rapido per l'ira ed il corpo tremi per la repulsione dovuta alla vicinanza del futuro consorte, tenta in tutti i modi di districare le loro mani senza alcun successo. Inevitabilmente la fanciulla riflette su come sia bizzarro provare gli stessi sintomi ma con diversa percezione nei confronti di un altro uomo. Victoria reprime a fatica la repulsione dovuta al tocco del duca, sentendosi a disagio sotto il suo sguardo languido, ma, quando la ghermisce con forza per il polso, la fanciulla non riesce più a star ferma, reagendo d'istinto. La contessina tenta di liberarsi, avvampando e fissando con collera la bestia che presto la sposerà: «Mi fate male. Lasciatemi andare...vi prometto che non fuggirò.»

Il duca l'osserva con la cupidigia negli occhi e l'avidità nel cuore. Senza curarsi delle parole della fanciulla, le si avvicina con il busto ma prontamente la contessina indietreggia sulla sedia per quanto le è possibile. Il duca non s'arrende ed inspira con ingordigia il profumo dell'acqua di colonia che le bagna la gola quasi lattea, ghermendola con forza ed accostandosi senza alcun riguardo sin quasi a far sfiorare le loro labbra. Victoria smette di respirare, pregando disperata che qualcuno la liberi dalle grinfie dell'uomo, poiché non riuscirà ancora per molto a rifiutare le sue avance. Inoltre il suo comportamento triviale la disgusta sempre più, in quanto esiste un corteggiamento ed un codice da seguire, soprattutto se si riveste posizioni di un certo prestigio, ma il duca non sembra crucciarsene. Victoria si fa forza e si libera per poi invitare i suoi genitori a prendere posto, avendoli visti arrivare, e sorridere con falsità al suo futuro consorte, che la fissa livido in volto. Il conte lo saluta con i dovuti onori, sedendosi accanto a lui, mentre la contessa si accomoda vicino la figlia. Victoria, avvertendo ancora le mani dell'uomo ghermirle il braccio e la paura attanagliarle lo stomaco, agisce d'impulso, accostandosi alla madre: «Vi prego di non lasciarmi più sola con lui.»

La contessa la scrutainterdetta, sospirando sconcertata e scacciando via con mano la preoccupazionedella figlia, che, se non fosse per l'arrivo della servitù, sarebbe scoppiatain un pianto disperato. I domestici lasciano biscotti, zucchero e tè sul tavoloper poi chinarsi ed andar via. Subito la contessa fa gli onori di casa mentreil conte intrattiene il duca, discutendo di politica. Victoria sorseggia labevanda calda con finta tranquillità e, sentendosi violata dagli sguardiintensi del suo futuro consorte, decide di chiudere gli occhi, sperando invanoche il gusto dolce del biscotto possa ristorarla. La contessina sospiraincapace di gestire le sue emozioni e dischiude le palpebre quando una farfalla,nivea e libera, svolazza leggiadra non molto distante da lei, catturandoinevitabilmente il suo interesse. Victoria osserva rapita il movimento sinuosodel battito d'ali della creaturina, seguendone il percorso, tanto da nonrendersi conto subito di non star più analizzando la farfalla ma due gemmecolor cobalto, incantevoli come il suo amato mare. Inevitabilmente il suosguardo si sposta prima sul naso dritto e poi sulle labbra, invitanti e rosee,dell'incantevole uomo. All'improvviso Victoria suda ghiaccio, ingoiando avuoto, e trema a causa dei brividi, che la scuotono con forza, mentre il cuorele scalpita in petto con così tanto ardore da toglierle il fiato. Le gote le sitingono di rosso e gli occhi le brillando quando sussurra inconscia deglistessi sentimenti dell'orticoltore: «Dimitij.» 

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