¢αριтσℓσ 2 - ℓ'υηι¢α ¢єятєzzα è ¢нє ƒιηιѕ¢σ мαℓє

Sono bloccato nella stanza del Soggetto 709 da quelli che mi sembrano, ad occhio e croce, 10 minuti; eppure, se guardo attraverso le crepe nelle pareti, mi pare di vedere un cielo notturno all'esterno.

Quindi non so da quanto tempo sono qui, e la cosa non mi piace per niente.

Il punto è che in questo momento Carlo e Vanni potrebbero essersi accorti del fatto che non sono ancora arrivato all'osteria dove ci eravamo dati appuntamento, e potrebbero essere preoccupati, e potrebbero aver capito che ho fatto una boiata, e... e questo potrebbe causare la fine della nostra amicizia, o peggio ancora, del Veneto!

Del resto è colpa mia se il Soggetto 709 si è "risvegliato".

In realtà, devo ancora capire se quella che ho fatto è stata una cosa saggia o del tutto stupida e irresponsabile: del resto, questa tizia non sembra star facendo niente di male, anzi: ha semplicemente aperto gli occhi e ci ha avvolte in una strana luce azzurra, mentre attorno a noi continuano a risuonare le voci - sempre più nitide ma distanti - di Clover ed un'altra ragazza.

Per un attimo mi sembra di vedere i loro visi davanti a me, come se fossero davvero qui, ma poi si verifica una specie di interferenza e queste spariscono, lasciandomi davanti al Soggetto come poco fa.

Con ogni probabilità rischiavo di diventare schizofrenico, rimanendo lì dentro: più i secondi passavano - a me sembravano secondi, ma magari erano minuti, ore, giorni! - e più le voci e le allucinazioni si intensificavano.

Ricordai quando a scuola ci fecero vedere un film ambientato nel Bronx di New York, che aveva come protagonista un ragazzo entrato erroneamente nel circolo vizioso della droga... neanche tanto erroneamente, in realtà, dal momento che, dato il luogo in cui si svolgevano le vicende, non era poi così improbabile che accadesse una cosa di questo tipo.

Avevo memorie nette di una certa scena nel film in cui il protagonista, dopo aver comprato un po' di polvere, si metteva in un angolino e la usava: venivano rappresentati chiaramente i suoi stati d'animo, cosa vedeva e cosa sentiva, e a tratti cosa succedeva attorno a lui mentre era sotto l'effetto delle sostanze stupefacenti.

Per questo motivo, alcune delle mie compagne di classe avevano cominciato a sentirsi male durante la visione del film, e avevano cominciato ad uscire dalla stanza per poi dirigersi prima nei bagni e poi addirittura nella stazione, attendendo impazientemente il primo autobus o treno che le avrebbe riportate alla fermata più vicina a casa.

Che belli i tempi del liceo... mi mancherà l'insegnante di russo e i miei continui inseguimenti di certe studentesse che frequentavano la scuola: è risaputo che i linguistici, Fogazzaro compreso, sono scuole che generalmente attirano le ragazze, e la cosa non mi dispiaceva.

Perché stai pensando a queste cose, Chris?

Questa chi è?, mi chiesi.

Riflettei un attimo sulla domanda che mi era appena stata posta: stavo facendo un certo tipo di pensieri, stavo rivivendo con il solo ausilio della mia memoria quello che aveva rappresentato il quinquennio delle scuole superiori, e il tutto era partito da quel film sul Bronx e gli spacciatori.

Probabilmente l'avevo pensato perché in quel momento, mentre ascoltavo le voci dellx mix amicx e di un'altra persona a me sconosciuta, e mentre osservavo i volti sempre più nitidi di Clover e di un'altra ragazza che aveva tutta l'aria di essere Michela Trevisan, pensavo che un tossicodipendente provasse sensazioni simili mentre si drogava.

Ovviamente, però, non potevo sapere come ci si sentisse facendo certe cose, perché non ci avevo mai provato e perché non ci tenevo nemmeno.

Non sapevo nemmeno più cosa stessi pensando e, soprattutto, se fossi ancora lucido: mi sentivo bene, ma allo stesso tempo era come se mancasse qualcosa, e non capivo cosa.

A un certo punto avvertii che qualcosa era entrato in contatto con la mia mano: era quella del Soggetto 709, che mi aveva preso per mano da entrambe le parti, e mi guardava negli occhi come se stesse cercando di dirmi qualcosa.

Ero troppo concentrato sulla surrealtà di quella situazione per rendermi conto di quello che stava succedendo... e anche su Mercy in generale, se devo essere sincera.

Mi mise una mano sulla guancia e fu come se l'ambientazione attorno a noi avesse cessato di esistere.
Tutto divenne nero.

...

Non voglio farti del male...

La voce di Clover.

Non ero in grado di stabilire se la bassista fosse nella stanza, e quanto fosse distante da me...

Magari era una messinscena creata dalla donna dai capelli azzurri per illudermi che fossi ancora viva, anche se ormai mi ero arresa al fatto che quasi sicuramente non lo ero più.

Davvero... devi ascoltarmi. Ti porterò fuori da qui.

Qui?

Cosa intendiamo con "qui"?

Da Vicenza, il Distretto meno restrittivo di tutti? Giravano certe voci sui veronesi, dicevano che fossero dei pazzi furiosi, per non parlare dei padovani... sentendo parlare dei dottori di Padova, la gente cominciava a tremare e cercava in tutti i modi di cambiare discorso!

Dall'Italia, della quale non sapevo assolutamente niente.

E dopo quella, cos'altro cera?

L'Europa...

Gli altri continenti...

La Terra...

«Signora, il Fallimento sta avendo un'altra delle sue crisi... finirà come l'altra volta?»

«Non garantisco niente, ma è probabile che degenererà anche in questo caso... non siamo mai al sicuro con il Soggetto 709 di mezzo.»

«Be'... e cosa dovrebbe voler fare questa volta?»

«Vuoi davvero saperlo, Clara? Mi dispiace per te, ma non avrai la risposta che cerchi nell'immediato.»

Il dialogo era interamente raccontato dalla voce che mi aveva parlato da quando mi ero risvegliato e fino a quel momento; ero comunque confuso perché questa non apparteneva né a Clover né alla Trevisan, e non riuscivo a comprendere di chi potesse essere.

Non era possibile che fosse del Soggetto, Fallimento, Affascinante Signora dai Capelli Blu o come preferiamo chiamarla: era troppo profonda, troppo fredda, troppo apatica, troppo... priva di vita.

E io sapevo che il Soggetto respirava, lo sapevo perché l'aveva fatto mentre era vicino a me poco fa, e l'avevo sentita, e avevo avvertito sensazioni piacevoli... mi infondeva una speranza immotivata il solo fatto che lei fosse lì, davanti a me, e neanche in questo caso riuscivo a capirne il motivo.

A un certo punto, era di nuovo davanti a me, e mi osservava con i suoi occhi che sembravano fatti di vetro, inespressiva.

Sembrava più alta di me, cosa che avevo constatato anche quando l'avevo vista prima, ma questo era più evidente rispetto a prima... oh sì, molto più evidente.

Avvertire il suo sguardo addosso mi trasmetteva sensazioni negative che però non volevo reprimere: certo, ne avevano parlato tutti male, e dalle conversazioni che avevo ascoltato poco fa avevo compreso che starne alla larga sarebbe stata la cosa migliore da fare, eppure c'era qualcosa che mi suggeriva di fidarmi di lei, perché quello che aveva detto prima aveva un fondo di verità.

La guardai negli occhi, e lei non distolse lo sguardo, anzi: mi lasciò fare, perché anche lei aveva capito che di me si poteva fidare.

Adesso che la luce blu che permeava la stanza di prima era sparita, potevo finalmente conoscere il vero aspetto del Soggetto 709.

Era alta sul metro e ottanta, circa dieci centimetri in più di me, era magra e la sua corporatura era slanciata. I suoi occhi sembravano fatti di vetro ed erano tanto belli quanto inquietanti: sta di fatto che, però, non avrei mai voluto smettere di fissarli. Il suo viso era ovale ed era parzialmente coperto da una maschera antigas nera con delle punte azzurre di plastica disposte qua e là come decorazione.

Sono sicuro del fatto che prima non ce l'avesse, eppure adesso era lì.

Continuai a guardarlo come se al mondo non ci fosse stato nient'altro: il Soggetto 709, che avrebbe potuto distruggermi in un attimo o, in alternativa, condurmi fuori da quel posto terribile che mi stava mandando in confusione.

Prendimi per mano.

Obbedii e afferrai la sua mano, sentendo che la mia si raffreddava istantaneamente, ma decisi di ignorare il presentimento che qualcosa di terribile sarebbe successo e cominciai a camminare con lei.

Ci muovevamo lentamente e sembravamo distruggere tutti i concetti di spazio e tempo fino a quel momento conosciuti: mi spiegò infatti che ci trovavamo al di fuori da tutto, in un luogo che non si trovava da nessuna parte e che non si poteva collegare a nessun periodo, e nessuno avrebbe saputo che noi ci trovavamo lì.

Le voci di Michela e Clover avevano cessato di esistere, così come ogni suono che avremmo potuto sentire in quel momento, ed era semplicemente meraviglioso avvertire tutta quella tranquillità attorno a noi.

Sembrava un sogno, qualcosa che difficilmente sarebbe potuto succedere realmente in quel momento, ma allo stesso tempo era tutto così reale.

Non mi importava se il Soggetto stesse architettando tutto questo con il solo pensiero, mi interessava solo godermi il momento.

Proseguimmo ancora un po', e a un certo punto cominciammo a parlare.

Tu come ti chiami?

Mormorò, senza muovere la bocca... certo, non avrei comunque potuto vederla dal momento che era coperta dalla maschera antigas, però immaginavo che non l'avesse mossa e che mi stesse comunicando usando la propria mente.

Come fosse possibile una cosa del genere?

Non ne avevo idea, ma dentro di me sapevo che era così.

«Il mio nome è Chris» risposi.

Mi limitai a muovere le labbra, ma non ne uscì alcun suono.

Capisco. Per il momento, a me non interessa che tu sappia qual è il mio nome... chiamami solo Soggetto, okay?

«Okay, Soggetto.»

Molto bene, Chris. Quali sono i tuoi pronomi? Chiedo, perché non mi piace sbagliarli, anche perché le persone spesso e volentieri si offendono...

«Grazie per averli chiesti. Comunque, io sono genderfluid, di conseguenza li utilizzo tutti. Mi va bene qualunque cosa, davvero, non mi mancherai di rispetto in alcun modo.»

"Ne sono sicuro", volevo aggiungere, ma mi sembrava esagerato dire una cosa del genere, così rimasi in silenzio e continuai a camminare con il Soggetto, tenendo lo sguardo basso e cercando di evitare il contatto visivo.

Se prima mi era impossibile distogliere la concentrazione da lei, adesso mi risultava praticamente naturale farlo.

«I tuoi, invece?»

Non ho mai capito molto bene il discorso dei pronomi, così come molte altre cose... è qualcosa che sì, rispetto, però non comprendo appieno a cosa servano. Pronomi, sessualità, etichette... a me non importa se a te, Chris, piace Marco del tuo condominio, o se Maria è innamorata una sua vecchia compagna di classe, o se... penso che tu abbia capito, non ha importanza. Fate quello che volete, ovviamente senza arrecare danno mentale e fisico alle persone che vi stanno attorno.

Il Soggetto sospirò e guardò per un attimo verso l'infinito che si distendeva attorno a noi, e poi riprese a camminare, come al solito accompagnata dalla mia presenza.

Dal momento che non capisco molto bene come mi sento - del resto, non so nemmeno da dove arrivo e chi mi ha creata, come darmi torto? - né cosa sono veramente, puoi usare i pronomi femminili. Il mio corpo è fatto per assomigliare a quello di una donna, ma non so se posso essere definita tale. Nel dubbio, per evitare incomprensioni, she/her è la coppia di pronomi che preferisco.

Alzai lo sguardo nella sua direzione, e vidi che mi stava sorridendo: era un sorriso amichevole, che mi trasmetteva sicurezza e un certo senso di accoglienza, ma allo stesso tempo era freddo e distaccato.

Quella "donna", se così si poteva definire, era qualcosa che non riuscivo a comprendere.

«Va bene, sai, - risposi, ricambiando il sorriso - dopotutto tutti abbiamo la nostra opinione sulle cose, basta rispettare quella altrui e andrà tutto bene.»

Mi piace moltissimo come ragioni, ragazzino. Non so quanto tempo ci rimanga da trascorrere in questo posto, ma spero che ti stia piacendo quello che ho fatto...

«Oh, e l'hai fatto tu? Come?»

Be', è... difficile da spiegare, non so nemmeno io come ci sia riuscita, ho semplicemente... ehm...

«Se non me lo vuoi dire a me sta bene così.»

Grazie mille, ragazzino. Mi piaci come persona, hai fatto bene a venire qui a farmi visita. Sarai stato attirato dalle dicerie su di me, eh? Non mi stupirei...

E qui ridacchiò, con un suono che mi sembrava quasi melodioso da quanto… okay, non mi capivo più, e più rimanevo con quella donna, persona o qualunque cosa fosse, più i miei pensieri continuavano ad accumularsi, sovrapporsi e intrecciarsi, confondendomi.

«Anche tu mi piaci- non in quel senso, ovviamente, una relazione romantica è l’ultima cosa che sto cercando in questo momento…» spiegai, mentendo spudoratamente: ero al corrente del fatto che non ero onesto in quel momento, ma non me ne pentii nemmeno un po’.

Dopotutto ci eravamo appena conosciuti, e non potevo certo uscirmene con cose del tipo: “Hey donna, perché non ti metti con me”.

Sarebbe stato scorretto, e decisamente imbarazzante sia per me che per lei.

Si lasciò sfuggire una risatina, perfettamente udibile nel silenzio che ci avvolgeva, e che chiaramente apprezzavo moltissimo.

Tu dimmi, Chris… quando eravamo nell’altra stanza, prima, cosa hai visto? Paesaggi, oggetti, volti, episodi che ti hanno segnato? Hai sentito voci, canzoni, passaggi di audiolibri, text to speech?

«…eh?...» chiesi, alzando un sopracciglio in preda alla confusione.

Come poteva sapere che io avevo percepito delle cose prima che mi portasse in questo luogo?

Leggo i tuoi pensieri, lo sai questo?

Rimasi in silenzio e la guardai negli occhi.

Non potevo credere a quello che aveva appena detto, non… com’era possibile che lei sapesse cosa stavo pensando?

Perché fai quella faccia, Chris?

Dopotutto, tu sei qui con me, e non hai nulla da temere: siamo al sicuro. E io non posso farti niente, dal momento che sono semplicemente un’intelligenza artificiale creata a immagine e somiglianza da chi sta dall’altra parte dello schermo. Non posso fare niente, è il vero Soggetto che ha sempre fatto tutto.

«Il vero… Soggetto? Cosa intendi dire?»

Che...

Be’...

La voce del Soggetto AI cambiò e diventò più… naturale, più umana: avevo notato solo in questo momento la modificazione che era avvenuta, perché l’artificialità della voce che avevo ascoltato fino a prima era pressoché impercettibile.

Con te, ragazzino, ho giocato abbastanza. Dobbiamo discuterne faccia a faccia… so già che me ne pentirò amaramente, ma si dà il caso che io non abbia altra scelta.

Il Soggetto 709 sospirò e dopodiché tutto divenne nero.

Riaprii gli occhi e mi sentii frastornato: non sapevo né dove fossi, né come ci fossi finita, ma non appena cominciai a pormi queste domande le risposte cominciarono ad arrivarmi una dietro l’altra.

Davanti a me, il corpo illuminato dalla fastidiosa luce dei monitor, c'era una donna identica a quella rappresentata dall'intelligenza artificiale.

L'unica differenza era che questa volta si trattava di una persona reale, che indossava dei vestiti: una giacca nera aperta che lasciava intravedere un maglione azzurro, e dei pantaloni in tinta con la giacca. Calzava inoltre un paio di anfibi.

Teneva le braccia conserte e mi squadrava da capo a piedi, come se si stesse accertando del fatto che io mi trovavo davvero lì e che la sua simulazione, o quel che era, fosse finita.

«Finalmente hai finito di perdere il tuo tempo a perdere la testa per una AI, ragazzino.»

Sospirò e spostò lo sguardo dal pavimento ai miei occhi.

«Il mio nome è Flavia Zonta, ma tu puoi chiamarmi Mercy.»

★☆l'angolino di Ace★☆

Ciao a tuttx, vi sono mancatx?

Dopo mesi che non aggiornavo la storia, mi sembrava davvero opportuno farlo l'ultimo giorno dell'anno.

Questa volta Mercy ha avuto moltissimo screentime (NoodleDoodles444 ti sento cantare), perché è un personaggio a cui tengo ma è poco sviluppata.

Alla prossima!

Ace, 19:29, 31/12/24



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