Garanzie e omissioni

Passai la notte più irrazionale della mia vita. Non avevo più un cellulare da tempo e dovetti aspettare di arrivare a casa per usare il telefono fisso. Anche se subodoravo l'inutilità del mio gesto, appena varcata la soglia di casa, mi precipitai a cercare una mia vecchia rubrica. La trovai, impolverata, in un cassetto del mio comodino, su cui posava un vecchio modello cordless. Lo Scienziato aveva anche quel numero ed era capitato che mi chiamasse lì, l'apparecchio era dunque in perfetto stato. Sfogliai le pagine, troppi nomi di cui ricordavo poco o nulla.

Iniziai con i familiari che credevo essere ancora vivi, avevo meno di quarant'anni, ma una serie di sfortunate coincidenze me ne aveva lasciati ben pochi: scacciai la scaramantica idea che si trattasse di un segno del destino. Ad alcuni dovetti ricordare chi fossi, ad altri immaginai di essere riuscito a strappare un sorriso invisibile e ottenni la promessa di rivederci al più presto, ma abitavano dall'altra parte del globo. L'ambizione e l'entusiasmo giovanili mi avevano spinto, una ventina di anni prima, a trasferirmi dove le telefonate sono sempre all'ora sbagliata. Potevo rimediare con semplice viaggio in aereo?


Passai alle relazioni che avevo stretto in città, anche Hullit, ma mi ero dimenticato che era notte fonda: alcuni non mi risposero nemmeno, altri furono molto evasivi, l'unica che si fermò a parlarmi fu la persona di cui ero stato innamorato. Riuscii a raccontarle che avevo lavorato molto negli ultimi tre anni e le descrissi con sarcasmo isterico lo Scienziato, ma mi fermò. Mi spiegò la sua nuova situazione, aveva trovato un'altra persona e aspettava dei gemelli, cercai di esserne felice ma il numero quattrocentosettacinque cominciò a risuonarmi in testa. Non ascoltavo quello che diceva, quel numero era come una pistola puntata addosso, che mi obbligava a cercare solo il momento giusto per chiederle aiuto. Ma che aiuto? Per cosa? Sarebbe bastato recuperare il suo affetto, o anche solo il suo interesse, per confondere lo Scienziato? Ma, soprattutto, ero in grado di farlo? Ne avevo la volontà? La interruppi e misi giù.

Decisi di tentare un'ultima carta. Feci il numero di colui che era il secondo esperto mondiale in antropoprobabilità tre anni prima.


<<Pronto? Chi parla?>>


<<Pronto, sono Thomas Precht. Ho fatto dei progressi enormi in antropoprobabilità, posso mandarti tutto il materiale nei prossimi giorni.>> 

Dissi d'un fiato.

Persi il poco coraggio che mi rimaneva mentre sentivo il mio collega respirare senza rispondere. Mi venne in mente di fare anche peggio:

 <<Posso anche presentarti una persona che mi ha aiutato, un vero luminare, devi assolutamente conoscerlo.>>

Silenzio.<<Ciao Thomas>> 

Disse con voce impastata dal sonno.

<<Da quando sei sparito dalle comunicazioni, pochi hanno continuato a fare ricerca, e non al tuo livello. Io poi ho ottenuto un nuovo posto di lavoro molto ben retribuito e ho una famiglia, che ora sta dormendo.>>


<<Mi vogliono usare come cavia per i viaggi temporali, devi aiutarmi, lascia che ti racconti, ti prego.>>


<<Non ho tempo per queste cose, Thomas, non esiste tecnologia o scienza per i viaggi nel tempo ed è tardi: sai che alla Zenqvo non hanno pietà per gli assonnati e domani ho una riunione importante.>>


Lo salutai e riattaccai. Era evidente che, almeno in questo caso, c'era dietro lo Scienziato: un posto ben retribuito alla Zenqvo a una persona che tre anni prima si occupava di diplomi e certificati all'università era più che sospetto. Inoltre, in quell'azienda, nessuno si era mai preoccupato delle mie occhiaie mostruose.

Mi sdraiai e lasciai turbinare come foglie secche al vento moltissime idee di sabotaggio che si ammassarono lentamente nel fondo della mia mente. Cosa potevo fare veramente contro un uomo che io per primo consideravo un semidio? Anche se mi fossi impegnato al massimo per sbilanciare i parametri che io stesso avevo meticolosamente fornito nel questionario, non l'aveva forse già preso in conto? Il nuovo lavoro del mio ex collega poteva essere considerato come un avvertimento.

Mi addormentai in preda all'agitazione.

La mattina dopo, cercai di ignorare la situazione e di tranquillizzarmi: feci la doccia, mi rasai inutilmente e uscii a far colazione al bar, come non facevo da tempo.

Mi resi conto, strada facendo, che avrei potuto semplicemente rifiutare di firmare il contratto: non poteva obbligarmi a farlo. Anzi, l'esistenza di quel documento era una prova lampante del fatto che, anche lo Scienziato, aveva bisogno di una firma, la mia, per perpetrare i suoi piani. Restava la sensazione di essere stato usato e di aver lavorato per niente, ma cercai di non farci caso. Lessi il giornale, mi guardai attorno, ma tutto era banale in confronto a ciò da cui cercavo di tirarmi fuori. Dopo un'ora e mezza avevo esaurito le attività e non resistetti più: tornai a casa per sfogliare il contratto. Nel frattempo, il postino mi aveva consegnato un altro grosso plico dalla Zenqvo, probabilmente la documentazione sulla tecnologia che sarebbe stata usata. Mi fermai un secondo, tornando sulle mie idee notturne di sabotaggio. Il postino del quartiere non mi conosceva perché stavo sempre fuori, ma quelli della posta vicino alla sede centrale? Anche lì purtroppo non ero noto, alla fine ci andava sempre il mio segretario, che era sparito nel nulla: nessuno rispondeva al mio ufficio. Lasciai perdere la possibilità di rintracciarlo, di sicuro lo Scienziato ci aveva già pensato e io non sapevo molto su di lui. Mi gettai sul contratto come un grosso predatore malato si getta sull'unica preda che riesce ancora a cacciare.

Già a prima vista sembrava molto dettagliato e terribilmente irreprensibile, anche se l'avessi mostrato a qualcuno non c'era nessuna ingiustizia da rilevare, né d'altronde c'era mai stata: prima di compilare il questionario avevo acconsentito, stupidamente, a delle condizioni di utilizzo dei miei dati, senza leggerle; il lavoro che mi aveva tenuto occupato era stato regolarmente pagato e il mio collega antropoprobabilista si era di certo meritato più o meno il suo nuovo lavoro.

D'altronde chi credeva che fosse possibile viaggiare nel tempo? Neanch'io a dir la verità: mi promisi di leggere attentamente la documentazione.

Vi riassumo ora le principali informazioni contenute nei due documenti, anche se ometterò il principio di base che permetteva i viaggi perché non saprei rispiegarlo: già all'epoca mi ci erano volute settimane per afferrarne soltanto il senso. L'unica cosa che mi ricordo è che funzionava solo con materiali organici. In ogni caso, come avrete indovinato, caddi di nuovo nella trappola dello Scienziato e passai cinque settimane chiuso in casa a spremermi le meningi sulla documentazione, ancora una volta sotto il giogo delle sue brillanti idee.

Durante quelle cinque settimane, l'unico contatto, seppur indiretto, con lo Scienziato, fu la busta paga che arrivò puntuale nonostante non fossi andato in ufficio un solo giorno. Per il resto, silenzio radio.

Avevo rivisto alcune vecchie conoscenze e mi ero imposto di uscire tutti i giorni: ben presto avevo esaurito sia le persone che i locali che suscitavano in me qualche interesse.

Tornavo sempre ai documenti dello Scienziato, che esercitavano il loro richiamo su di me anche a chilometri e ore di distanza; anzi, più cercavo di distrarmi più ogni singolo oggetto, gesto, luogo dove cercavo rifugio mi ricordava una e poi, a catena, mille delle informazioni che vi erano raccolte. Allora, con la coda tra le gambe, tornavo alla mia scrivania e cominciavo prima a sfogliare senza attenzione quelle pagine, cercando di convincermi che non c'era niente di interessante e che potevo benissimo dedicarmi ad altro, ma poi passavo le ore a leggere e studiare tutto ciò che vi era scritto.

Inutile dire, che, pur parlando di clausole legali e meccanismi complicatissimi, la penna dello Scienziato era una delle migliori che avessi mai avuto occasione di leggere. Cominciavo a domandarmi se mai esistesse qualcosa che lo Scienziato non sapesse fare egregiamente.

Il contratto dettagliava la preparazione che mi aspettava se avessi accettato di partire e indicava tutte le garanzie che potevo chiedere, sia durante il mio tempo nel futuro che durante quello che sarebbe trascorso mentre ero via. Infatti, non sarei partito e ritornato nello stesso istante, come viene spesso immaginato nei romanzi di fantascienza, ma, tra i due istanti, sarebbe passato un intervallo di sei mesi. Questa scelta, perché come tale era indicata, non era motivata nei documenti. Invece, mi era data la possibilità di scegliere quando tornare: il minimo che potevo passare nel futuro erano cinque giorni e il massimo dieci anni.

I dieci anni erano principalmente motivati dalla mia età di partenza: lo Scienziato non voleva rischiare di farmi tornare da anziano, considerando, riporto il ragionamento grossolanamente, che, anche se fossi capitato in una specie di antica Grecia o anche ben peggio, in dieci anni non avrei avuto tempo di invecchiare troppo. Era specificato che dovevo cercare di preservare le mie capacità cerebrali almeno fino al mio ritorno. Per questo, nella preparazione era previsto l'insegnamento di esercizi e test facilmente implementabili perché potessi tenere allenata la mente e, soprattutto, monitorare il mio stesso stato cognitivo.

I cinque giorni invece, erano per scongiurare la possibilità che mi spaventassi preventivamente e tornassi prima di aver raccolto qualunque informazione. Mi veniva assicurato però che tutto era studiato perché il mio viaggio accadesse nelle migliori condizioni possibili.

Innanzitutto, la mia preparazione comprendeva anche un impegnativo corso di sopravvivenza e autodifesa. Inoltre, mi veniva fornito all'andata un set di utensili, organici ma di alta tecnologia, da usare per ripararsi, difendersi, cercare nutrimenti, riscaldarsi e, soprattutto, facili da nascondere e trasportare. Il luogo in cui sarei atterrato era stato scelto dallo Scienziato ottimizzando una funzione antropoprobabilista che teneva in conto la presenza di acqua, la lontananza da grossi centri abitati, il clima, la fauna e altri parametri secondari. Quello che mi rassicurava di più era però il fatto che, prima di mandare me nel futuro, sarebbero state inviate e fatte tornare istantaneamente delle speciali cartine tornasole. Queste strisce di materiale organico sembravano un vero e proprio prodigio della chimica: indicavano se l'aria era respirabile e se vi era vita umana. Se i risultati fossero stati negativi, il mio viaggio sarebbe stato annullato: lo Scienziato voleva notizie dal futuro solo se si poteva ancora respirare liberamente e se vi erano ancora uomini. Niente osservazioni puramente faunistiche o floristiche dunque.

Per quanto riguarda il ritorno, mi sarebbero state dati tre set di coordinate sulla Terra da cui sarei potuto ripartire a intervalli predeterminati: cinque giorni, dieci giorni, un mese, cinque mesi, dieci mesi, tre anni, cinque anni e dieci anni. Si supponeva che almeno uno dei luoghi sarebbe stato sempre agibile e raggiungibile per me. Il fatto di avere così tanti intervalli a disposizione mi sembrava rassicurante ma anche uno spreco di risorse dal punto di vista dello Scienziato. Non rischiava però di far tornare altro che me, visto che poteva ripescare solo materiale con una compatibilità genetica con me superiore o uguale al cinquanta per cento. Infatti, era indicato che, prima di partire, dovevo mettere "a completa disposizione" il mio DNA, strana formulazione. In ogni caso, la compatibilità poteva non essere totale in caso nel futuro mi avessero obbligato a subire delle mutazioni genetiche, che dovevo comunque cercare di evitare.

Era pieno di indicazioni su comportamenti che avrei dovuto evitare: dai più elementari e morali, come diventare un piromane o un omicida o drogarsi pesantemente, ad altri più paranoici, come cercare di cambiare il mondo, ricoprire cariche politiche importanti o diventare famosi.

La retorica dello Scienziato era però talmente convincente che tutte le sue indicazioni sembravano più che ragionevoli e per niente minacciose.

C'era infine una sfilza di garanzie sul fatto che gli strumenti necessari per farmi tornare sarebbero stati mantenuti in perfetta efficienza per sei mesi. Non capivo, però, a cosa serviva mettere a rischio la riuscita dell'operazione ritardando il mio ritorno di così tanto: cosa sarebbe successo se un meteorite fosse caduto sul laboratorio in quei sei mesi? O se lo Scienziato avesse avuto un infarto mortale e imprevedibile e non avesse comunicato a nessuno come farmi tornare? Per ora, per quello che avevo visto io, tutto esisteva tra me, lui e la sua segretaria. Bisogna dire che quelle garanzie coprivano i casi più disparati ed era molto difficile immaginare degli scenari veramente drammatici per il mio ritorno. Comunque, in caso non fossi potuto tornare, mi era data la possibilità di allocare qualsiasi somma a chiunque volessi. Prima di partire infatti dovevo scegliere un montante e un destinatario per risarcirlo del mio eventuale non ritorno, e non avevo nessun limite per la quantità di denaro. La somma sarebbe partita automaticamente sette mesi dopo la mia partenza se non l'avessi impedito io dopo essere tornato. Mi sembrava abbastanza ironica come garanzia, visto che lo Scienziato stesso aveva ammesso di avermi spogliato da qualunque affetto e simpatia, ma era pur sempre una garanzia.

Restavano sconosciuti lo scopo della raccolta di informazioni e il motivo di quel buco di sei mesi che ci sarebbe stato nella mia vita.

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