La pozza dei desideri
Carys sospirò affranta ammirando sé stessa avvolta in quell'abito bianco.
Il suo malumore poteva essere interpretato come nervosismo. Del resto tutte le spose sono nervose il giorno delle nozze, ma la verità era tutt'altra.
Erano sette anni che viveva nella torre di Idwald l'astuto, ma nonostante lo stregone fosse sempre stato gentile, facendola vivere negli agi, Carys non si era mai innamorata di lui.
Lo stregone di Boscoscuro ogni sette anni rapiva una fanciulla da qualche villaggio limitrofo, la faceva vivere con lui e la sposava. Carys aveva cercato di risolvere il mistero di dove fossero finite le sue precedenti spose, ma per quanto avesse perso tempo a vagare nella grande torre, non aveva trovato traccia di loro.
Congiunse le mani come ad esaudire una muta preghiera e un colibrì, dal piumaggio azzurro che sfumava nel nero, si posò sul davanzale catturando la sua attenzione.
Si avvicinò cauta alla finestra e l'uccellino rimase immobile ad osservarla. Era la prima volta che Carys incontrava qualcuno di diverso da Idwald nell'arco di quei sette anni.
«Ti prego non volare via» sussurrò.
«Non lo farò» le rispose lui: «Ma solo se mi dici che cosa ti rattrista così tanto».
Carys non si sorprese che quell'uccello potesse parlare, dopotutto sapeva che gli abitanti di quel bosco erano particolari.
Si asciugò una lacrima con la manica di pizzo dell'abito. «Non voglio sposare lo stregone. Io non lo amo, non voglio vivere qui e mi manca così tanto la mia famiglia» rivelò al colibrì.
L'uccellino batté risoluto una sua zampetta sulla pietra del davanzale. «Ti aprirò la porta della torre così potrai andartene».
Carys era sospettosa, sapeva che non bisognava fidarsi delle creature del bosco. «Non credi che lo stregone tenterebbe di riportarmi indietro se venissi via con te?».
«Nel cuore del bosco c'è un pozzo, ti condurrò lì. Potrai esprimere un desiderio, dopo aver gettato una ciocca dei tuoi lunghi capelli dentro le sue acque. Le giovani prima di te sono fuggite in questo modo».
La fanciulla pensò che dopotutto non aveva nulla da perdere e se quell'uccello poteva aiutarla allora lo avrebbe ascoltato. Il colibrì utilizzando il suo becco aprì la serratura della porta d'ingresso della torre, liberando Carys dalla prigionia. Lei non sapeva di quale potere fosse dotato quell'animale, ma quando Idwald non c'era, aveva provato più volte a scassinare la porta senza successo, concludendo che era sicuramente chiusa grazie ad un incantesimo.
Carys corse dietro al colibrì, tenendosi le balze della lunga gonna con le mani. Il cuore le batteva forte, incapace di decidere se provare sollievo per l'imminente salvezza, o paura perché lo stregone poteva apparire da un momento all'altro e scoprire che era scappata. Era molto meglio essere sbranata da un lupo che subire la sua ira.
I rovi le rovinarono la veste. Gli alberi fitti rendevano difficile il cammino, ostacolando il percorso con le loro enormi radici. Più volte il colibrì si fermò ad aspettarla, incoraggiandola ogni volta a non rallentare. Raggiunsero il cuore del bosco dopo quella che a Carys sembrò un'eternità. Aveva il fiatone e le guance arrossate.
L'oscurità regnava sovrana, se non fosse per un pozzo nascosto tra gli alberi, la cui acqua brillava come se al suo interno ci fossero la luna e le stelle.
«Buona fortuna» le disse il colibrì prima di scomparire fra i rami e Carys non fece nemmeno in tempo a ringraziarlo per la sua gentilezza.
Posò le mani sul bordo del pozzo. Aveva sete e avrebbe tanto voluto bere un sorso di quell'acqua lucente, ma si trattenne e fece come le aveva suggerito il colibrì. Si tagliò una ciocca di capelli e la gettò dentro. Invece di galleggiare, affondò lentamente, come un sassolino. Miriadi di lucciole volteggiarono sopra il pozzo staccandosi dalla superficie liquida, nascendo dall'acqua.
Carys trattenne il fiato, schiuse le labbra per pronunciare il suo desiderio ma si fermò bruscamente. Se avesse chiesto di poter fuggire dallo stregone un'altra ragazza dopo di lei sarebbe rimasta rinchiusa nella torre per sette anni, rivivendo le sue stesse angosce e paure.
Pensò a un modo di rompere quel circolo vizioso e alla fine sussurrò, proprio mentre le luci stavano svanendo: «Il mio desiderio è che Idwald non possa più rapire nessuno».
Sperò che funzionasse e tremò al pensiero di doversi incamminare nel buio per ritrovare la strada di casa.
Dei passi la destarono, facendola sussultare. Girò il volto verso la figura dello stregone, che avvolto in una tunica e un mantello nero, emergeva dalle ombre dei tronchi.
«Oh mia dolce Carys» la chiamò, avvicinandosi a lei: «Ho sempre saputo che avevi un cuore buono, e ora ne ho la certezza».
Aveva gli occhi lucidi.
Carys si immobilizzò, le radici degli alberi le si erano aggrovigliate ai piedi.
«Un cuore puro e generoso» mormorò soddisfatto lo stregone: «L'ultimo ingrediente per la pozione della vita eterna».
Idwald le prese il mento tra due dita ed estrasse un pugnale dalla manica della tunica. «Quanto ti ho cercata. Finalmente smetterò di invecchiare».
Rise, prima di puntare la lama contro il petto della ragazza che trattenne a stento un singhiozzo.
«Mi avevi giurato che non le avresti fatto del male!» lo interruppe una voce. La stessa del colibrì, soltanto che adesso proveniva da un giovane con i capelli per metà blu e per metà neri.
«Non è affar tuo, Vidar» lo liquidò con un gesto della mano: «Sparisci se non vuoi goderti lo spettacolo».
Vidar non lo ascoltò. Si strappò una ciocca di capelli che si mise fra le labbra. Trasformandosi in uccello spiccò il volo sopra al pozzo. Espresse il desiderio che aveva trattenuto dentro di sé per tutti quegli anni, in cui aveva spiato Carys dalla finestra e sognato che lei si salvasse dalla triste fine delle giovani venute prima di lei. Sapeva che la pozza aveva un limite, quindi non sprecò la sua magia.
I capelli caddero dal suo becco nell'acqua e Carys svanì all'istante.
L'ultimo rumore che lei udì fu l'urlo rabbioso dello stregone.
Lui aveva perso.
Lei era in salvo.
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