7.3
Era stupita di come fosse facile parlare seriamente e scherzare, poco seriamente con lui, con un'affinità di chi si conosce da tempo, anticipando le mosse o prevedendo i pensieri. Piacevolmente colpita lo osservò mentre muoveva velocemente le dita sullo schermo del telefono facendo partire una melodia soffice e tenue, lenta e coinvolgente.
- Hey girl, now I know why you waited, ladies come and gone, but you got something different, had me so addicted from the start. You give me vertigo -
Una leggera melodia spezzò l'aria, sicura e composta, come se fosse stata già pronta, custodita e cresciuta senza far rumore, aspettando il momento di poter finalmente nascere ed incontrare la vita. Semplice quanto piccante nella sua sfumatura sexy che conquistò presto il cuore di entrambi.
Senza accorgersene, memorizzò la melodia velocemente e cominciò a canticchiare parole nuove, segno di un nuovo inizio, un inizio senza preoccupazioni, senza brutti ricordi, libera dalle catene del passato che impedivano i passi. Non aveva più cantato da tempo, per quanto le piacesse, non era più riuscita a trasformare la voce in una melodia. Questa uscì debole ed insicura, ma era pur sempre segno di un nuovo inizio, una rinascita lenta e difficile ma non impossibile.
- The way that you please me sets this room on fire, I'm burning with desire in this bed. So if I m dreaming please don't wake me up if all of this is happening in my head waited for so long -
- Non l'avrei mai detto – ghignò bloccando il suono di colpo, sorpreso di come lo avesse seguito. Come se avessero avuto nella testa le note della stessa melodia.
- Cosa? – chiese tornado nel mondo reale, un mondo in cui due occhi verdi, vivaci e profondi la stavano osservando come mai avevano fatto prima. Ancora una volta quegli occhi le impedirono di cadere nelle sue paure, nella rete di un passato che ancora la rendeva schiava, tenendola strettamente ancorata al presente.
- Sai cantare – parlò senza nascondere la sua sorpresa. Impreparato, ancora una volta. Non che avesse una gran voce, aveva a mala pena bisbigliato, ma era perfettamente intonata.
- Canticchio – disse lei stupendosi di come alle sue orecchie avesse suonato come una giustificazione.
- Beh abbiamo la canzone -
- Ricantiamola per perfezionarla –
- I'm working downtown, You all in my head. This love that we found, We'll never regret, We're empty inside. I'm filling you up with our vertigo. You waking me up To my fantasy, Right here in this bed We stay here all day And my head be spinning. You do that to me with that vertigo -
Lui intonava ancora una volta la prima strofa, mentre lei appuntava i cambiamenti su una nota del telefono. Harry stava riassaporando la sensazione meravigliosa di cantare per se stesso, nessuno avrebbe giudicato la melodia o le parole. Il cantare per piacere, per piacersi, per divertirsi era passato in secondo piano per troppo tempo. Forse cominciava davvero a riscoprire le note positive di quell'anomala serata mentre un cielo limpido e fiero di stelle si stagliava su di loro consapevole della sua immensità. Era talmente luminoso da fargli credere di poterlo toccare, di poterlo raggiungere, mentre li vestiva con la sua luce e li cullava con il suo silenzio. Una strana atmosfera sembrava essersi creata intorno a loro, una vaporosa nebbiolina intenta a proteggerli, leggera e penetrante fino ad assorbirsi lentamente nelle membra. Le stelle donavano la luce, il cielo il silenzio, l'aria di lago il suo profumo in un'unione magica che sarebbe cresciuta dentro di loro a ritmo di una canzone lenta, accompagnata dalle pigre note di un pianoforte classico. Guardarsi negli occhi tanto da leggervi dentro non era mai stato più facile, una sincerità appena scoperta, un'armonia trovata avrebbero nutrito quella sensazione che premeva dolcemente su entrambi, ma era ancora troppo sfocata per essere colta, custodita nei segreti cambiamenti di respiro e battito.
Interruppe velocemente la melodia quando avvertì una pressione sul naso, mentre la ragazzina se la rideva sotto i baffi come una bambina.
- Che stai facendo ? – protestò riacquistando padronanza del suo naso, storcendolo più volte.
- La tua voce è più bella così, non sentì ? – lo prese in giro divertita tentando di agguantargli il naso ancora una volta.
- Come ti permetti, semmai la tua è più bella così – istintivamente si lanciò su di lei cominciando a farle un solletico senza sosta, godendo delle sue urla tra risate di puro divertimento - Le galline saranno invidiose! – scherzò sempre più divertito.
- Smettila non vale! Io cercavo di aiutarti a migliorare le tue prestazioni -
- Come se ne avessi bisogno – affermò superbo cessando il fuoco.
- Un maiale saprebbe grugnire meglio! -
- Disse la gallina strozzata – replicò stizzito - Tira fuori la voce invece di bisbigliare, ah no scusa quando la fai sei stridula -
- Sento puzza di insulto e questo significa guerra! – decretò prima di afferrare un manciata di sabbia e tirargliela addosso cogliendolo di sorpresa.
- Ma sei impazzita?! -
- Te la faccio mangiare la sabbia! – minacciò lanciandosi all'assalto - Prova a cantare ora! – attaccò tentando di infilargli un'altra manciata di sabbia questa volta sotto la maglietta.
- Dopo di te – rispose al fuoco velocemente e senza esclusione di colpi.
- Non nei capelli! – urlò prima che lui la sovrastasse con il suo corpo, schiacciandola contro la sabbia. Cercò di liberarsi iniziando una guerra che sapeva avere ben poche speranze di vincere. Nonostante avesse sabbia dappertutto, perfino in bocca, non riusciva a smettere di ridere, sentendo che presto anche la sua risata si unì accompagnandola. Piegò una gamba, ancora lontana dalla resa, spingendolo da un lato, mentre lui ribaltava ancora le posizioni, finendo per rotolare nella sabbia. I granelli sottili ed umidi volavano ad ogni movimento, senza contare quelli che venivano lanciati di proposito. Inevitabilmente tornarono nella posizione che dava supremazia ad Harry.
- Ti arrendi? – domandò senza fiato, tenendole le braccia bloccate sopra la testa. Il suo respiro le sfiorò il viso quando la voce calda le giunse alle orecchie. Il desiderio di sentirlo ancora ed ancora la colse inaspettato e potente come un pugno allo stomaco. Forte e preciso da far paura. Vide una smorfia di divertimento nei suoi occhi. Quel cespuglio credeva di aver già vinto.
- Mai – cercò di liberarsi dalla sua presa, ma Harry con una spinta tornò in piedi, trascinando con sè anche lei, che se non fosse stato per la presa ferrea del ragazzo avrebbe già perso l'equilibrio per replicare la patetica scena della caduta stile cocker. Meglio evitare!
- Come se non avessi già vinto – avvisò cominciando a scrollarsi i capelli. Avevano davvero sabbia ovunque, nessuno dei due si sarebbe aspettato di finire a fare la lotta in quel modo.
- Illuso – replicò lei con una nota poco convinta della voce, e dallo sguardo minatorio che le rivolse, Harry se n'era perfettamente accorto.
- Soddisfatta? – chiese dopo essersi seduto pesantemente sul tronco dove erano stati poggiati i cellulari. Cominciava a sentire addosso tutta la stanchezza.
- Manca il titolo – lo raggiunse velocemente, per occupare la postazione precedente, aveva sempre trovato complicato la ricerca del titolo. Harry sembrò seriamente pensarci. Era stata una serata che avrebbe sicuramente ricordato a lungo, e doveva ammettere, almeno a se stesso, che quella piega inaspettata si stava rivelando spaventosamente piacevole. Si sentiva rilassato, libero, leggero, accanto ad una persona che non avrebbe mai creduto potesse provocargli certe particolari sensazioni. L'aveva detestata quasi dal primo momento. Lei era come doveva essere lui, solo che non le pesava, era spensierata, allegra e completamente fuori di testa; onesta, troppo onesta per uscire illesa da quella vita che si ostinava ad affrontare con il sorriso ed a ritmo di stravaganti balli di gruppo. L'aveva etichettata come un'ipocrita alla ricerca del successo, senza prove concrete, odiandola se possibile, ancora di più. Poi però era stato costretto a stare a contatto con la sua genuina allegria e l'aveva inevitabilmente contagiato, come liberato delle sue catene, fino a rotolarsi nella sabbia come cani, ad improvvisare canzoni e scherzare come sedicenni, questo perché lei si vantava di essere una persona matura. Eppure gli piaceva, gli piaceva quel formicolio allo stomaco, il respiro corto, la sensazione di scoppiare di energia tanto da riuscire a volare. La guardò, era pensierosa, estremamente concentrata nella sua ricerca. Inconsapevolmente il suo sguardo le accarezzò il viso, come una leggera sciarpa di seta che si posa delicatamente sugli occhi, il naso, la bocca, ammirandone, quasi venerandone i dettagli. Ancora una volta una strana ed improvvisa sensazione lo colse alla bocca dello stomaco fino a bersi la sua aria, lasciandone privo il respiro. Era talmente strana che non avrebbe saputo descriverla. Era libertà, era paura, felicità, tensione, curiosità. Bastava continuare a guardarla per sventolare questo ventaglio di aggettivi addosso a lui. Era vertigine. Sorrise prima di parlare, sapeva che lei non l'avrebbe notato, ancora troppo concentrata nel dare un senso alle sue stramberie. Ciò nonostante, in quell'esatto momento seppe di aver dato il nome non solo alla canzone.
- Vertigo – il suo respiro si stagliò caldo, rompendo il flusso d'aria freddo della sera. Il suono della sua voce illuminò il silenzio come la luce della sapienza brucia l'ignoranza. La guardò ancora e quando anche i suoi occhi furono concentrati su di lui, una nuova consapevolezza vestì il suo modo di guardarla. Lene sorrise, quel nome le piaceva, le piaceva il modo in cui una sola parola potesse sintetizzare ed unire realtà così diverse.
- Mi piace, Vertigo sia –
Hey girl, now I know why you waited, ladies come and gone, but you got something different, had me so addicted from the start. You give me vertigo.
Quando Harry aprì gli occhi al nuovo sole fresco e luminoso del mattino sentì qualcosa di pesante schiacciarli buona parte del corpo. Il collo era bloccato dalla scomodità del tronco che purtroppo era l'unico cuscino di cui disponesse. Attese che i suoi occhi si abituassero alla luce e che il suo cervello fosse perfettamente connesso prima di accorgersi che quel peso era la testa della ragazza poggiata comodamente sulla sua spalla, una gamba tra le sue che ne impediva i movimenti, e la cosa che lo colpì maggiormente fu la sua mano, proprio nel punto in cui batteva il cuore, posata leggera come una carezza, quasi con l'ingenuità di volerlo proteggere, difendere dal male del mondo. Inaspettatamente lo sentì battere più forte, con un nuovo ritmo sotto la sua mano, come se anche lui la desiderasse toccare, accarezzare, come se volesse battere per lei. Nel sonno non si era accorto di averla circondata con un braccio in un abbraccio caldo e possessivo. Si stupì di notare come i loro corpi nel sonno erano riusciti a trovarsi, docili e pacifici. Si stupì ancora quando le sue labbra si posarono tra i capelli dorati in un bacio che sapeva di affetto e dolcezza, ne aspirò il profumo tenue di primavera, prima di continuare ad osservarla ancora intrappolata nella quiete del sonno. Non avrebbe mai saputo di quel suo gesto tanto innocente quanto rivelatorio, aveva assecondato quello strano desiderio di crederla sua senza neanche accorgersene, senza neanche avere il tempo di combatterlo, completamente sopraffatto. E quando lei aprì gli occhi al nuovo giorno, la realtà bussò alla porta trascinandoli nel suo labirinto. Prima di staccarsi abbastanza velocemente quanto due corpi ancora intorpiditi potessero permettere, ancora una volta i loro occhi s'incontrarono in un tacito assenso, in un ricordo aleggiante di quella notte da custodire segretamente, battezzato dalla luce del sole che con sè, portava via gli ultimi indecisi sprazzi di buio e scatenava sicuro gli albori di un nuovo giorno.
Quando anche il suo cervello tornò in moto, Lene sentì un fuoco di una nuova consistenza montarle dentro non appena aveva registrato che non l'aveva mai guardata in quel modo, in uno sguardo dolce, complice, carezzevole, amorevole. Dovette aggrapparsi a tutti i suoi freni inibitori per frenare la voglia di toccargli i capelli arruffati, talmente vicini da solleticarle il viso e si accorse solo allontanandosi da lui che la notte li aveva trovati abbracciati, cullandoli con i suoi discreti silenzi, lasciando che anche il giorno fosse testimone di quell'incontro. Abbandonò il dolce calore del suo corpo, senza abbandonare il calore del suo sguardo, portandolo con sé finché il suono del cellulare non costrinse anche lei a piombare in caduta libera nella realtà, una realtà in cui non l'avrebbe mai più guardata in quel modo. Chiuse gli occhi mentre lui dava indicazioni al suo autista, per imprimere nella sua mente, per rivivere ancora quel momento, sperando di ricordarlo la prossima volta che i suoi occhi sarebbero stati di nuovo oppressi dal vecchio astio. Li serrò maggiormente, respirando la consapevolezza che non era mai riuscita davvero ad odiarlo, che non avrebbe più voluto odiarlo.
Hey there stranger, how you been, feels like I'm standing on the outside looking in, at the mess we left behind and it's a long way to fall. I gave you everything I had, I gave it all and then my heart was on the line. I can't hate you any longer, I know I'm going to miss you, I'll forget it and let it go.
Il tragitto verso casa fu più breve dell'andata, forse perché era in una comoda macchina di lusso invece del pulmino pubblico. Il silenzio permeava l'aria rendendola tesa e agitata mentre tentava di distrarsi ammirando i tipici paesaggi inglesi dal finestrino, le sembrò di essere precipitata nel cartone animato di Robin Hood tanto le ricordassero la foresta di Sherwood. Riconobbe subito il portone di casa sua sebbene fosse perfettamente identico a quelli delle villette vicine e prima di lasciare l'abitacolo riuscì solo a dire:
- Grazie –
- La canzone – la sua voce la trattenne. Freddo, troppo freddo distacco - Devo tenerla io – non accennò minimamente a guardarla – Mi dovresti dare il telefono, mi mando il testo e lo cancello dal tuo – spiegò alzando la mano.
- Perché? – chiese confusa mentre la voce usciva come un soffio teso e labile.
- Quello che è successo ieri sera deve rimanere tra noi, compresa la canzone – non era una richiesta, bensì un ordine chiaro ed esplicito.
- A chi dovrei dirlo, a radio Londra? – rispose stizzita ma dovette cedere sotto il suo sguardo ammonitore - Ok – gli porse il telefono - Non buttarla però – suonò troppo come una supplica, accidenti – E' bella – si affrettò a giustificare. Ma lui tornò a guardarla con il solito cipiglio sprezzante. Non era pronta, o almeno si, lo era, sapeva sarebbe tornato il solito burbero arrogante, ma sperava non così presto.
- Perché dovrei conservarla? Per cantarla insieme forse? – irrimediabilmente la testa venne bombardata dall'idea che lei potesse usare quella canzone contro di lui, avrebbe potuto utilizzarla per farsi pubblicità, per far parlare di sè e nonostante fosse l'ultima cosa che volesse, quel pensiero gli fece più male del previsto, il dolore di un tradimento, di una fiducia mal riposta, e lui detestava quel dolore - Cosa credevi che bastasse questo a cambiare i nostri rapporti – attaccò sprezzante - Sei solo un 'illusa, come sempre, non impari mai – la osservò immobile ancora attaccata alla portiera aperta dell'auto – Per me sei sempre la solita ragazzina troppo cresciuta ed insopportabile, preferirei la compagnia di chiunque alla tua – a quel punto Lene decise che aveva sentito anche troppo.
- Ho capito – caricò di durezza la sua voce strappandogli il cellulare di mano con forza – Grazie ancora per il passaggio – avrebbe voluto correre verso casa, al riparo dal mondo, ma procedette con passi lenti e cadenzati, finché la porta non fu chiusa con un tonfo. Nessuno in casa che potesse scoprirla piangere per qualcuno che non era lui. Un pensiero che demolì quel poco che era rimasto di lei. Non avrebbe dimenticato, mai che era quello il suo posto, il suo destino, la sua condanna e distrarsi significava solo precipitare ancora più in fondo al baratro. Spalancò gli occhi con una furia omicida, solo le lacrime testimoniavano la sua tristezza. Da quel momento per lei Harry Steidel non esisteva più.
And this is how it has to be cause it's a deadly combination, you and me. You know it's undeniable Even though we tried it all, we brought the worst out in each other, I recall, we can't act it anymore. What doesn't kill you It makes you stronger and though I'm going to miss you, I'll forget it and let you go. Say hello to good-bye, It's gone forever, no more try, you and I, not now, not ever and I'll get by without you. I'm not going back again, I'm not going to lie to you cause, that was there and only then.
Si lanciò sbuffando sul letto a peso morto. Quando le aveva proposto una pausa dai loro continui scontri e diatribe non avrebbe mai immaginato di poter restare rapito in quel modo, intrappolato nei suoi occhi, nel suo sorriso, nella sua spontanea sincerità. Era gia successo, la sua allegria era stata tale da contagiarlo ricordandogli che anche lui era stato così, non scontroso o musone, solo spensierato. Si era quasi convinto che lei non lo stesse usando, che lei fosse davvero come si mostrava, ingenua e sincera. Grugnì frustrato. Era un idiota! Si era gia trovato incastrato in quel bivio. Riuscì ad ammettere quanto incredibilmente quella notte fosse stata, piacevole e liberatoria per lui. Si era finalmente aperto esponendo i suoi tormenti ed incertezze, e lei, era stata una paziente quanto attenta ascoltatrice. Le parole erano uscite con estrema semplicità, si era confidato come neanche con un'amica più stretta avrebbe fatto. Era rimasto colpito da come quell' apparentemente odiosa ragazzina aveva cercato di comprendere davvero i problemi, accogliendoli come fossero i suoi. Perché proprio a lei era sembrato bastare così poco per capirlo? La verità era che odiava la sua allegria, odiava il modo in cui si era scoperto, odiava quanto fosse stato semplice per lei leggergli l'anima con uno sguardo o cogliendo una nota stonata della voce fino a spingerlo ad essere pienamente se stesso, a ritrovare l'infantilità che credeva aver perso. Odiava essersi sentito leggero e divertito mentre la prendeva scherzosamente in giro o mentre faceva la lotta con la sabbia, facendogli dimenticare dove fosse e perfino chi fosse. Odiava l'inaspettato desiderio di lanciare quella canzone in fondo al cassetto più nascosto della memoria del telefono, nel repentino ordine di una volontà sconosciuta di volerla conservare. Odiava dover ammettere che qualcosa era cambiato, che avrebbe potuto accogliere l'idea di dare una possibilità a lei e anche a se stesso.
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