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Feste. Era appena tornata dalla sua consuetudinaria passeggiata e la voglia di festeggiare era sotto lo zero, ma i suoi amici l'avevano costretta a cambiarsi con la forza. Noemi aveva perfino scelto il suo outfit, che fortunatamente non si allontanava dai suoi soliti vestiti morbidi sui fianchi e le sue amate ballerine con il fiocco, sapeva benissimo che non ci sarebbe stato verso di farla uscire dalla camera altrimenti. Fortunatamente il party era in una villetta non molto lontana dalla loro. Peccato che villetta non fosse il termine più adatto. La casa era una cascata di luci, l'immenso salone folgorava di abiti sgargianti e gioielli preziosi. Le feste dei Vip! Non si era mai sentita un'imbucata e fuori posto come in quel momento, Noemi era con Chris, Gigi sembrava aver sviluppato una particolare simpatia, del tutto ricambiata, per Nils e lei restava indietro a guardarli, come sempre da un po' di tempo. Era sinceramente felice per loro, sebbene quell'incessante dolore non avesse mai smesso di torturarla. Era la sua condanna. I suoi pensieri furono interrotti quando vide un ragazzo riccio dalla nota identità allontanarsi a passo di carica dalla folla. Sembrava particolarmente arrabbiato, senza sapere esattamente perché, si ritrovò a seguire i suoi stessi passi tesi verso di lui con una strana curiosità. Qualcosa dentro di lei suggerì che si stava cacciando nei guai. Peccato che al momento ci badò.
- Ciao – cominciò con un tono neutrale, aspettando una sua risposta o un cenno almeno, ma invano dato che lui non si preoccupò di parlare. Non diede neanche segno di averla sentita, ma sapeva che non poteva essere diventato sordo in un colpo solo - Potresti anche rispondere – lo riprese lei accigliando il tono di voce.
- Non mi va – il tono svogliato che aveva assunto le fece venire un'improvvisa voglia di prenderlo a schiaffi, tirargli una pentola in testa, scuoiargli i capelli...no quelli no!
- È possibile che tu ce l'abbia con me un giorno si e l'altro pure? – protestò ponendosi proprio davanti a lui - Cosa mai ti ho fatto? – gli chiese con la sincera curiosità di conoscere cosa passasse nella mente di quel ragazzo. L'antipatia reciproca era esistita fin dal primo incontro ed era perfettamente cosciente che lui la incolpasse ancora per la rissa, ma c'era un astio nel suo modo di guardarla che non riusciva, o non si era mai posta il problema, a spiegarsi, almeno fino a quel momento.
Qualcosa dentro di lui scattò. Si avvicinò a lei in maniera minacciosa, osservandola dalla sua superiore altezza.
- Ti sei insinuata come un virus nella nostra vita, tu, la tua amica, e perfino il tuo amico! – un urlo carico di rabbia, spropositato tanto esagerato che l'avrebbero potuto sentire tutti se non fosse stato per la musica e l'attenzione che nessuno rivolgeva loro. La guardò con scherno, come una fiera ferita che si sarebbe rivoltata contro chiunque. Ma il suo morso fu particolarmente doloroso quella volta - Ecco cosa hai fatto -
- Dovresti essere felice per i tuoi amici, a loro non sembra questa immane catastrofe che tu ti diverti a dipingere – rispose serafica, ingoiando i suoi insulti come si fa con una medicina amara.
- Perché sono accecati, tra poco si stuferanno e spero presto, questa situazione non mi diverte affatto – attaccò ancora lui, stava per andarsene, ma quella stupida aveva anche avuto il coraggio di rispondergli costringendolo a voltarsi ancora verso di lei.
- Come puoi essere così subdolo – Lene scosse la testa inorridita da quelle parole.
- Succede sempre così – ammise tanto amaramente che una lampadina si accese nella sua testa. Lo guardò sottecchi, pregustandosi già il vantaggio che stava per conquistare.
- Chi ti ha incastrato? -
- Cosa? – Harry sobbalzò. Che domanda era?!
- Dev' essere stata un botta pesante per non esserti ancora ripreso – affermò con maggiore sicurezza.
- Non sono affari tuoi – sputò sentendosi colpito in pieno da quell'insinuazione - Sei solo una ficcanaso -
- Era solo un'ipotesi, ma a quanto pare ho centrato il punto – ammorbidì il tono della voce, se aveva davvero fatto c'entro, poteva immaginare quanto potesse sentirsi arrabbiato, deluso o ferito. Forse per la prima volta cercò veramente di...non giustificarlo, capirlo, si esattamente.
- Fatti gli affari tuoi – grugnì, i suoi muscoli cominciarono a tremare di rabbia. Odiava i ficcanaso.
- Perché sei così nervoso? – chiese di getto ma poi un'altra lampadina si accese - ...Oh – spalancò gli occhi portandosi una mano davanti alla bocca. Lui la guardò sottecchi.
- Che c'è adesso? -
- Non dirmi che è qui?! – fu il turno di Harry di spalancare gli occhi per lo stupore, quella ragazza era troppo sveglia - Ecco perché sei teso come un istrice -
- Lasciami in pace – sbraitò decidendo di porre fine a quell'insulsa conversazione. Ma lei si parò davanti.
- Si può sapere cosa ti ho fatto di male? -
- Tutto! Solo averti qui intorno m' innervosisce, sei insopportabile! – si era stufato di dover sopportare la curiosità di quelle domande, si era stufato della sua perspicacia, voleva solo andarsene.
- E quale peccato ho commesso per farti questo effetto? – Lene non era affatto intenzionata a lasciarlo allontanare senza una spiegazione, possibilmente logica.
- Respirare! – frecciò avvicinandosi con aria minacciosa tanto che lei tremò. Pensò che forse aveva esagerato, aveva innescato la bomba senza badare a possibili conseguenze ed ora stava esplodendo - Sei irritante come una zanzara! Perché mi stai sempre intorno? Ma non lo vedi? Queste feste non fanno per te – sputò lanciandole una guardo di scherno quanto derisorio verso il suo abbigliamento - Sei solo una ragazzina viziata alla ricerca di attenzioni. Sei falsa ed ipocrita, ma anche se ti sforzi, non farai mai parte di questo mondo – una volta finita la scarica di insulti ben assestati rimase a studiarsi mentre un' aria carica di tensione si alzava intorno a loro, avvolgendoli nelle sue spire. Lene si sforzò di restare più impassibile che potesse, ma dovette arpionare un labbro con i denti e sfogarsi su di lui per evitare di mostrare tutto il suo dispiacere. Lasciò andare l'ostaggio solo quando si sentì pronta per parlare. Mosse un passo all'indietro, più desiderosa che mai di allontanarsi da quel ragazzo, dalla sua leggibile goduria ogni qual volta portava a segno un colpo. Non che lei non amasse combattere, ma un buon soldato deve capire anche quando è il momento di ritirarsi da una battaglia che molto probabilmente è destinato a perdere.
- Perché che tu ci creda a no, volevo esserti solo amica – soffiò con rammarico di chi pensava di aver sbagliato tutto. Era chiaro che a lui non importasse un fico secco della sua amicizia, al massimo la usava come valvola di sfogo e si sentì un idiota per aver solo pensato di poter riuscire a cambiare le cose. Continuò quando era ormai sicura che non avrebbe più tremato - Mi eri sembrato strano ed ho pensato avrei potuto provare ad aiutarti, assurdo no?! - così dicendo lo superò velocemente con il solo desiderio di allontanarsi da lui più in fretta possibile.
Nonostante si sforzasse di negarlo, quelle parole lo avevano toccato in qualche modo. Pensò fosse perché quelle sera era particolarmente irascibile, ma ciò che avvertì alla bocca dello stomaco fu quasi dispiacere. Era inconcepibile, lei voleva solo ingannarlo, come tutti del resto. Con una scrollata di spalle lasciò andare quegli strani pensieri, decise di lanciarsi tra la folla, naturalmente, adorante per lui, nonostante quanto gli facesse schifo tutta quella ipocrisia in quel momento sentì di averne quasi bisogno. Quando arrivò davanti al bancone del bar capì che l'unica cosa che potesse aiutarlo era e sarebbe stato solo l'alcohol.
Si chiuse in una stanza buia, ormai presa dalla morsa del pianto. Aveva ragione, quelle feste non erano per lei, si sentiva un pesce fuor d'acqua, sempre impacciata e fuori posto senza bisogno che lui si premurasse di ricordarglielo.
Hello, hello? Anybody out there? Cause I don't hear a sound. Alone, alone, I don't really know where the world is but I miss it now. I'm out on the edge and I'm screaming my name Like a fool at the top of my lungs. Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright But it's never enough.
Quando uscì dalla stanza che l'aveva fortunatamente accolta, strappandola da quella musica rimbombante e quella valanga di persone, incontrò il gruppo conosciuto non molto lontano dall'uscita. Erano intenti a discutere pacificamente di qualcosa, che capì solo una volta essersi avvicinata.
- Lene! Eccoti – esclamò Chris appena si accorse di lei – Harry ti accompagnerà a casa! - sussultò non appena il ragazzo indicò l'amico poggiato malamente al mobile accanto alla porta. Non sembrava avere una bella cera.
- Può benissimo prendere un autobus – replicò lui senza neanche guardarla - Anzi no, miss perfettina preferisce un taxi – ed ecco che il suo sguardo carico di ribrezzo le si posava addosso accompagnato dal solito ghigno presuntuoso e spavaldo. Nonostante tutto non avrebbe mai potuto definire raccapriccianti i suoi occhi. Brillavano di un verde vivace quella sera, profondo ed avvolgente da restarne intrappolati nella contemplazione per ore. Che spreco!
- Andrò come mi pare – annunciò, con una voce talmente alterata che non riconobbe come sua prima, di allontanarsi velocemente dal gruppo.
- Resti sempre una viziata figlia di papà! – le urlò lui dietro incapace di lasciarle l'ultima parola, seguendo i suoi movimenti con il solito spudorato sguardo.
Senza neanche aspettare che terminasse la frase, si scaraventò contro la porta. Quando l'aria fredda di novembre le arrivò alle narici aspirò con forza, quasi fosse un sollievo. Chiuse gli occhi quasi a trattenere le lacrime dentro, eppure quelle uscirono più copiosamente di quanto potesse immaginare. Camminò donandosi il conforto procurato da quell'aria gelida e cupa. Non sentiva freddo. Arrivò alla meta con un sospiro di consolazione, eppure era stata li solo poche ore prima. Si accasciò a terra come d'abitudine, i muscoli erano tesi e la pelle bruciava e prudeva, punta dall'aria d'inverno. Poggiò la testa sul marmo, nella misera speranza di trovare un labile conforto dal quel gelo che l' avvolgeva. Credeva che non avrebbe potuto più soffrire, che la coltre che ricopriva le sue emozioni fosse diventata troppo spessa per essere anche solo scalfita. Eppure dietro quella scorza si nascondeva un'anima incredibilmente fragile. Cosa le importava se quel ragazzo la considerava una poco di buono, no, viziata figlia di papà, aveva detto. Un po' viziata lo era, certo, ma i suoi aggressivi e poco diplomatici commenti erano basati sul nulla, forse era proprio questo che la infastidiva o l'astio con il quale sputava le sue sentenze. Chiuse ancora una volta gli occhi, desiderando di chiudere fuori non solo la pallida luce dei lampioni, sentinelle silenziose della notte, ma anche i pensieri, le parole, il viso, quel viso, quegli occhi, che ogni volta che la guardavano sembravano volerla bruciare. Desiderava solo...beh non sapeva esattamente cosa desiderare, al momento solo smettere di pensare.
Cannot touch, cannot hold, Cannot be together, Cannot love, cannot kiss, Cannot have each other, Must be strong and we must let go. Cannot say what our hearts must know. How can I not love you? What do I tell my heart? When do I not want you here in my arms? How does one walks away from all of the memories? How do I not miss you when you are gone?
- La smetterai mai di trattarla cosi? – disse Luke improvvisamente.
- Cosa ti importa? – sbraitò accigliato da quella domanda per lui inopportuna. Quella serata era stata pesante anche senza i rimproveri dei suoi amici.
- C'è rimasta male, non hai visto? – sbuffò. Erano appena arrivati a casa e già cominciavano le ramanzine!
- Non mi pare, quello che dico non la scalfisce minimamente – si difese, sempre convintissimo del suo punto di vista.
- Questo lo dici tu – replicò l'amico.
- Ma possibile che io sia l'unico ad essersi accorto che quelli ci vogliono rigirare? Ci stanno usando e voi li lasciate fare come se niente fosse! – scattò scandalizzato che continuassero a difendere lei, attaccando lui ed ignorando la verità che tanto ostinatamente cercava di dimostrare.
- Ti sei chiesto come mai sei l'unico a pensarla così? E non farti sentire da Chris, non gli farebbe piacere sapere che tu pensi questo della sua ragazza – commentò amaramente Luke – Sembra molto preso da lei, e non sarebbe carino da parte tua intrometterti con dei giudizi inappropriati – affermò pacatamente mentre Harry sbuffava e cominciava solo allora a togliersi la giacca in maniera sconnessa e nervosa.
- Io lo faccio per lui e anche per Nils – protestò una volta libero dall'indumento, buttandosi pesantemente sul divano – Per noi tutti! Non voglio aspettare di vedere uno di noi cadere nella rete di quella falsa ingenua! –
- Chi ti assicura che sia falsa? – Luke lo imitò. Voleva far capire al suo amico che non stava ragionando in maniera obbiettiva e nonostante ciò, si accaniva contro quella ragazza in un modo quasi ossessivo. Ma sembrava che Harry non sentisse ragioni quando si trattava di lei.
- Si vede! E' sempre controllata, sulle sue, sembra impostata! – spiegò lui agitandosi. Perché davano del matto a lui e credevano a lei?! Possibile fossero tutti così ciechi?
- Con te forse! – sbottò Luke - Perché la costringi alla difensiva, ma con noi è normalissima! –
- Si certo, perché sa che io non me la bevo! –
- Ma si può sapere cos'ha fatto per scatenare questo astio? – Harry non rispose ad alta voce. Di personale nulla, ma quella ragazza aveva qualcosa che lo irritava costantemente, non vi era una specifica ragione, era così e basta. Si diede del ragazzino da solo, sapeva che tutto ciò non aveva il minimo senso, ma non poteva farci nulla, la odiava a pelle, era una questione di affinità e con lei era uno scontro tra titani. Luke sospirò percependo l'antifona - Fai come vuoi, ma sappi che dovresti essere più elastico ed aspettare di conoscerla meglio prima di autenticare le tue tesi –
- Non m'interessa conoscerla, anzi spero di vedermela intorno il meno possibile –
- Lo spero per te e per il quieto vivere allora – dichiarò arrendevole – Comunque stasera hai esagerato, vedi di contenerti le prossime volte – disse prima di andarsene lasciandolo solo e frustrato. Che razza di amici!
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