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Sospirò di gioia quando si ritrovò avvolta tra le coperte colorate del suo letto. La mattina quando Gigi e Nils si erano presentati per informarsi della sua salute, non si sarebbero aspettati una febbre da cavallo che superava i 39 gradi. Ricordava che si erano spaventati, ma non aveva assolutamente idea di come fossero arrivati a Runcorn. Gigi era stato teneramente materno con lei tutte le ore successive, le aveva comprato le medicine e le cose che più le piacevano pur di farla mangiare. Le era mancata la sensazione di sentirsi coccolata quando il suo corpo non era esattamente in perfetta forma, sentire addosso la preoccupazione e la dedizione delle persone che ti vogliono bene quando sanno che ne hai più bisogno. Gigi era sempre stato una sorta di angelo custode per lei, non l'aveva mai abbandonata, mai delusa, in tutti quegli anni era stata una meravigliosa costante della sua vita, un punto di riferimento, un fratello acquisito di cui non avrebbe mai potuto fare a meno.
Affinò l'udito per spiare una conversazione telefonica del suo amico, non che lo facesse abitualmente, ma quella in particolare sembrava riguardarla indirettamente, perciò non appena entrò nella sua camera lo investì con un terzo grado.
- Gi non azzardarti a non andare all'evento musicale con Nils per farmi da infermiere! -
- Ma... -
- NO! - lo bloccò - Non devi rinunciare, io sono grande e vaccinata e giuro che non mi muoverò dal letto, tra l'altro - si tastò la fronte - Sto gia meglio e non mi perdonerei mai che tu perdessi questo evento che aspetti da mesi! Perciò vai tranquillo, al ritorno mi troverai ancora qui! - sorrise, non avrebbe ammesso repliche. Infatti dopo un lungo battibecco oscillante tra si, no e forse, meglio, davvero e unico, Lene riuscì a convincere il suo migliore amico ad andare a quel favoloso evento che aspettava da mesi, avrebbe partecipato perfino Beyoncè!
Un'ora dopo dovette fare lo stesso discorso a Nils che, prima di avviarsi a destinazione, si era premurato di informarsi della sua salute, entrando e uscendo dalla sua stanza, tra vari ripensamenti, almeno 5 volte. Alla sesta stava per cacciarlo via a suon di cuscinate esasperata. Bussava, entrava, e poi usciva, dopo cinque minuti ricominciava, colto da angosce e paure per la sua salute. Sarebbe stato tenero se non avesse continuato per altre due volte ancora quel continuo via vai! Tirò un sospiro di sollievo quando al decimo minuto nessun rumore percosse la sua porta. Si lasciò andare sul cuscino, tirando fuori una gamba da sotto le coperte, rivelando la pelle lasciata nuda dal pantaloncino corto del pigiama, la febbre la rendeva infreddolita e accaldata allo stesso tempo. Scattò seduta quando sentì ancora il bussare alla porta. Di nuovo?!
- Nils vai tranquillo! - urlò - Ho la febbre non una malattia terminale! –
- Ciao – ...oddio. Aveva sentito formicolio dietro il collo non appena quella voce roca e profonda aveva sbattuto contro il suo timpano in modo quasi doloroso, le pupille erano scattate in direzione della porta giusto in tempo per vederla aprirsi e dietro di essa vederlo comparire in tutta la sua altezza, dal letto sembrava ancora più alto. E quei capelli....non poté non notare che erano arrivati a sfiorare l'attaccatura delle spalle. Divini. Come al solito rimase senza fiato e con la bocca aperta come un pesce lesso. Si accorse di essere rimasta imbambolata come una cretina solo quando nella sua faccia, da prendere a schiaffi, comparve un sorriso compiaciuto. Arricciò il naso e assunse un cipiglio infastidito, volto a mascherare lo scompiglio, la sorpresa, la confusione, l'amarezza e l'euforia di averlo di fronte che la guardava con questi occhi che ogni volta...dicevano troppo, risucchiandola nel loro mare smeraldino rendendola troppo vulnerabile. In quella seducente tentazione era già caduta.
- Che ci fai qui? – grazie al cielo non balbettò nonostante sentisse il labbro inferiore tremare.
- Mi hanno dato l'incarico di sorvegliarti – sorrise di nuovo come se fosse soddisfatto, avvicinandosi passo dopo passo al letto.
- Si certo, proprio a te – roteò gli occhi, che bugiardo.
- Mi sono offerto – ammise una volta giunto al bordo del letto, dove si bloccò, come indeciso se sedersi, diminuendo ancora le distanze o restare in piedi
- Questo è ancora meno probabile – sputò quasi con disprezzo - Come sei entrato? -
- Mi ha aperto Nils - certo, era quasi ovvio, inspirò con forza tentando malamente di mantenere la calma, ma lui li...era una sensazione indescrivibile che lacerava le membra tra il desiderio di annegare nel suo abbraccio e la determinazione di sbatterlo fuori con poco garbo. La seconda opzione sarebbe stata più ragionevole, per lei. Mentre appellava con tutta se stessa la forza di mantenersi calma, lui ancora lentamente decise di sedersi sul letto. Poteva sentire la manica del suo golf solleticarle la pelle della gamba, che in quel momento prese a formicolare desiderosa di un vero contatto.
Non sapeva da dove cominciare. Per un attimo l'aveva vista perdersi nella sua tipica radiografia, come era solita fare quando erano l'uno per l'altra e aveva osato ricominciare a sperare. Poi però aveva notato la sua solita maschera di malcelata indifferenza, mista a rancore, calarle sul viso, ed aveva esitato. Moriva dalla voglia di stringerla tra le braccia, accarezzare di nuovo la sua pelle, moriva dal desiderio di parlare con lei nello stesso modo in cui si parla ad una vecchia amica. Sapeva che non sarebbe stato semplice, ma da qualche parte doveva pur cominciare, fortunatamente la voce risultò ferma - Mi dispiace - poi tentennò - Per tutto, io sono stato un idiota – si mosse leggermente e lei di scatto ritirò la gamba sotto le coperte. Il cervello cominciò ad andare in tilt – Ti prego... – istintivamente alzò una mano
- No! – ringhiò cercando di aumentare la distanza tra loro strisciando nel letto – Non toccarmi –
- Io vorrei solo spiegarti che ... - sentì tremare perfino le ossa.
- Non c'è niente da spiegare! - la rabbia verso di lui la faceva stranamente apparire più forte e sicura di quanto realmente lo fosse. O almeno così sperava. Non poteva, semplicemente non poteva presentarsi davanti a lei con la sua solita faccia esageratamente bella e parlarle come se non fosse successo nulla. Come se non le avesse mai detto che non l'amava più - Sei stato cristallino l'ultima volta che ci siamo visti – vide Harry aprire la bocca per tentare di replicare e lei era già pronta a farlo tacere, quando un rumore sospetto dietro alla porta mise in allerta i suoi sensi, e quanto pareva anche quelli di quell'imbecille, perché entrambi si ammutolirono di colpo. Il rumore si trasformò presto in passi e subito dopo in bussare alla stessa porta che quel giorno sarebbe stata consumata. Sbuffò mentalmente, ma che cosa stava succedendo?!
- Ciao - comparve la faccia sorridente di Luke poco prima del suo saluto. Lene sorrise di rimando, mentre Harry smorfiò il viso contraendo le sopracciglia in un'espressione crucciata. Tutto fuorché felice - Harry - salutò il ragazzo con meno entusiasmo - Come stai? – ora era tornato a rivolgersi a lei.
- Cosa ci fai qui? - domandarono all'unisono i due ragazzi. Lene ebbe un vago, minaccioso sospetto, come una sensazione di malessere, un oscuro presentimento. La testa ricominciò a pulsare. Mai un pò di pace? Poi una lampadina si accese improvvisamente.
- Scusa ma come sei entrato? -
- Sono venuto per sapere come sta Lene e per farle compagnia - rispose Luke chiaramente diretto all'idiota.
- Mi stavo giusto accertando che stesse bene - rispose lui. Ora la ignoravano anche. Fantastico!
Aveva provato di nuovo quell'immenso moto di gelosia nell'istante in cui Luke, il suo amico, aveva varcato quella porta.
- Volevo assicurarmene di persona - replicò senza fare una smorfia - Volevo farle compagnia, sapevo che sarebbe rimasta da sola –
- Non serve grazie –
- Lascia che sia lei a dirlo – ribatté di colpo – Pensi che sia felice che tu sia qui? –
- Stavo cercando di parlare con lei prima che ci interrompessi – Lene nel frattempo spostava gli occhi dall'uno all'altro come una matta – Piuttosto come sei entrato? –
- La porta era aperta –
- Hey perché quando l'ho chiesto io non mi hai risposto? –
- Faresti meglio ad andare –
- Faresti meglio a lasciar decidere lei –
- Se qualcuno mi prendesse in considerazione – borbottò lei ancora ignorata.
- Andiamo giù a discutere –
- Pronto?! Se parlate di me dovreste farlo davanti a me! –
- Andiamo –
- Oooh!! – la porta si chiuse con lei dentro... Ma che?!
Aveva rimuginato mille volte su come affrontare e se affrontare quella situazione, aveva commesso errori su errori e quando aveva finalmente capito e deciso di dover fare a menda, appena aveva trovato il coraggio per farlo...lui, uno dei suoi migliori amici si metteva in mezzo. Per cosa? Per provarci con la sua ragazza, ok ex, ma era stata ed era ancora il suo grande amore. Perché? Perché gli stava facendo questo?
Appena arrivarono nel salone gli strattonò un braccio con forza, Luke scattò, liberandosi della sua presa.
Lene si affacciò dalle scale senza preoccuparsi di fare rumore, non avrebbero comunque badato a lei. Quando li vide pensò che avevano la stessa aria di due cani che si contendono un osso. Rabbiosi, era un aggettivo che calzava a pennello. Fu il porcospino ad abbaiare per primo.
- Tu sai che sto cercando di fare a menda con lei! Sai cosa significhi lei per me! – si, come no, pensò lei tentando di origliare il più possibile e magari evitando di domandarsi il motivo di tanta curiosità. Perché volente o nolente le importava, non aveva mai smesso di importarle.
- Lo so! - replicò l'altro - Ma so anche che hai rinunciato a lei facendola soffrire! – ma certo, sbandieriamolo in giro, soprattutto all'interessato. Mossa geniale.
- Ero solo spaventato! - Harry si portò le mani tra i capelli, mugugnando di frustrazione. Quanto poteva essergli sfuggita di mano quella situazione, quanto ancora avrebbe dovuto pagare? - Ho commesso un errore! – la sua voce divenne un pallido suono affranto. Sarebbe riuscito a riportare le cose come un tempo?
- Ne hai commesso più di uno! - quella constatazione gli fece male, non che non fosse vero, ma non avrebbe mai pensato che lui si rivelasse un nemico per la sua causa. Lo aveva capito da quando li aveva visti insieme il giorno prima, da come il modo in cui lui la toccava gli aveva fatto accendere un fuoco di possessione e gelosia. Aveva capito che avrebbe voluto averla e non poteva permetterlo. Non lei. Ma Luke continuò a parlare ignorando la sfumatura triste che aveva velato i suoi occhi - Sei uscito con un sacco di ragazze! Perché lei non può farlo? – anche quello fu duro da incassare, non aveva mai pensato all'idea che lei potesse aver avuto tanti altri in quel periodo, forse perché Nils lascivamente lo teneva aggiornato. Fu ugualmente doloroso, e non solo per lui, anche lei involontariamente, benché si fosse imposta di non soffrire più per lui, non era riuscita ad ignorare quella fitta che in confronto il dolore alla testa era nulla, solo fisico.
- Infatti sei tu che dovresti farti da parte! –
- Lei mi piace – non sembrava intimidito, né rammaricato da quella improvvisa confessione, ma Harry corrugò la fronte e digrignò i denti in un sottile sibilo dopo aver afferrato la maglietta di Luke con uno strattone. Giurò che avrebbe voluto avere il potere di incenerirlo solo con l'infuocata rabbia che pulsava dal suo sguardo.
- Io la amo – il ragazzo ricambiò con una spinta ma Harry non si spostò molto. Lene non aveva sentito bene, ma chiaro era che il suo cuore aveva perso un battito alla sola ipotesi che avesse potuto realmente pronunciare quelle parole. Cuore traditore.
- L'hai lasciata dicendole che non l'amavi! –
- Mi sbagliavo accidenti! – ricambiò l'assalto - Tu dovresti aiutarmi -
- Tu dovresti accettare la realtà e farti carico delle tue decisioni! - le spinte cominciarono a farsi sempre più decise e frequenti, e lei avvertì il vago sospetto di dover intervenire. Corse in bagno tentando di ignorare le urla di quei due cavernicoli farsi più alte, pregò che il rumore di cocci rotti non appartenesse al suo vaso bianco preferito e si precipitò dalla scale. Si stavano per mettere le mani addosso, benché sembrava che entrambi cercassero di evitarlo, perciò non aspettò che la situazione degenerasse per lanciare in aria l'acqua e fare la doccia a quei due trogloditi. Finalmente si voltarono a guardarla con occhi sparaflescianti e iniettati di sangue.
- Smettetela! Vi state comportando come due ragazzini! – urlò rabbiosa – Ah no, lo siete! E ora fuori! Tutti e due! – li spinse letteralmente fuori dalla porta, non avevano osato emettere un fiato - Che bel modo di controllare la mia salute! - una volta chiusa la porta si complimentò con se stessa per la fantastica uscita di scena. Fortunatamente il vaso era il preferito di Gigi! Raccolse i cocci, ripulendo il disastro che quei due tir avevano combinato. Tutto pur di non pensare a ciò che aveva o non aveva esattamente sentito. Se si fosse soffermata ad analizzare la situazione sarebbe uscita in ogni caso sconfitta, vittima del suo cervello o del suo cuore, povero succube di quelle sensazioni, di quei ricordi che lo portavano a tamburellare come un disperato, prigioniero di quella maledetta vertigine. Per quanto tempo aveva sperato che lui le ripetesse quelle parole, tanto da fargliele perfino immaginare? Spense la luce e gettò i resti del vaso frantumato, decise di bere prima di tornare in camera, sapeva già che non avrebbe dormito. E come avrebbe potuto? E Luke? Ci mancava solo lui! Era carino, molto, simpatico, allegro e spensierato, perfetto, ma gli mancava una sola cosa: non era Harry. Le luci erano rimaste spente, ma un improvviso rumore la fece sobbalzare, in quel momento si maledì per aver optato per l'oscurità. Che fosse entrato qualcuno? Il respiro divenne affannato, si sarebbe volentieri rinchiusa in cucina ma sarebbe comunque dovuta arrivare alla porta per farlo. Non era mai stata una temeraria cuor di leone, ma si armò del poco spirito di sopravvivenza che le era rimasto e del barattolo spray gigante anti zanzare. Il rumore dei passi verso la rampa di scale fu la terribile conferma che una presenza sicuramente non gradita era entrata nella sua casa. Cosa faceva per spaventare i possibili ladri di solito quando era sola a casa? Cantava! Sbucò dalla cucina, alla spalle della mascolina figura nera che stava camminando lentamente in direzione delle scale. Presa dal panico non si soffermò minimamente a pensare ad una strategia e di colpo lanciò il più forte urlo che la paura le potesse concedere.
- Aaaaaaaah – usò tutta la sua forza per far atterrare con un sonoro impatto l'antizanzare in testa all'uomo.
- Ma sei impazzita? – chiese la strana figura prima di accucciarsi per terra dolorante. Riconoscendo come familiare quella voce, Lene trovò il coraggio di accendere la luce. Harry era per terra davanti a lei, con la schiena appoggiata contro il muro e con un bernoccolo livido sulla fronte, proprio sopra l'occhio sinistro.
- Oh cielo! Stai bene? – domandò preoccupata, aiutandolo ad arrivare sul divano, maledicendosi per quello che aveva combinato – Mi dispiace, aspetta, prendo il ghiaccio – lo lasciò massaggiarsi ancora la testa indolenzita. Si lamentò quando la busta del ghiacciò gli atterrò non proprio gentilmente in testa – Scusami non l'ho fatto apposta – effettivamente le era solo sfuggita di mano.
- Invece si – la schernì scherzosamente lui, mentre il volto di lei tornava improvvisamente inespressivo, quasi arrabbiata.
- Che ci fai qui? E da dove sei entrato? – si sedette sul divano, attenta a non diminuire troppo le vicinanze, aveva bisogno di mantenere il suo spazio per evitare di cadere di nuovo nella sua tela.
- Dalla finestra del salotto – indicò con un cenno lieve del capo, mentre continuava a tenere il ghiaccio sulla fronte.
- Perché sei tornato? Avevo detto che dovevate andarvene –
- Volevo essere sicuro che stessi bene – quando vide quegli occhi puntare i suoi con sicurezza e determinazione, trattenne il fiato, come in apnea. Perché dovevano fare sempre quell'effetto?!
- La mia vita non ti riguarda – fredda e glaciale doveva apparire, mentre dentro si sentiva come un vulcano di lava incandescente.
- Io invece vorrei che mi riguardasse – quello era un colpo basso.
- E' troppo tardi – balbettò scacciando l'improvvisa e inaspettata voglia di saltargli addosso, e non per picchiarlo.
Aveva sentito il cuore farsi più leggero di colpo. Come al solito cercava di ucciderlo, in quello non era cambiata e bastava solo quell'idea per farlo sorridere. Sembrava perfino preoccupata per la sua salute fin quando il velo di freddezza si impossessò nuovamente di lei. Sentiva che voleva tenerlo lontano, avvertiva la tensione crescente ogni volta che lui apriva bocca. Quanto poteva essere straziante averla ad un soffio da lui e non poterla toccare.
- Non... -
- Aaaaaaaaaaaaaaaah – urlò lei di colpo, per poi scattare in una corsa matta e chiudersi dentro lo sgabuzzino con Harry, che si ritrovò a seguirla spaventato senza neanche sapere perché.
- Che stai facendo? – chiese stizzita
- Che stai facendo tu! – rimbeccò lui accendendo la luce - Perché diavolo sei scappata in quel modo? –
- Guarda tu stesso – aprì la porta solo di un leggero spiraglio, che però bastò al ragazzo per notare l'enorme e minaccioso insetto nero che girava intorno al lampadario centrale del salotto. Fece una smorfia sentendo il lugubre rumore ogni volta che sbatteva a qualcosa. Chiuse di nuovo la porta e sfoggiò un sorrisino divertito.
- Ma è solo un insetto –
- Allora esci Indiana Jones se non ti fa schifo! – restò sul piede di guerra. Ci mancava solo l'insetto a completare la sua fantastica serata, da annale!
- Non ho mai detto che non mi faccia schifo, solo che chissà cosa mi aspettassi! – sogghignò facendo un piccolo passo avanti. Era praticamente schiacciata tra lui e la parete e quando anche lei se ne accorse poté perfino percepire il suo nervosismo crescere. Un punto per lui.
- E' colpa tua, sicuramente è entrato quando hai scavalcato la finestra – lo guardò spavalda, decisa a non mostrare la sua debolezza seppure le fosse spuntata la pelle d'oca sulle braccia, prima di schivarlo e arrampicarsi sul mobile alla ricerca di armi di distruzione di massa...e di qualcosa che le impedisse di buttarsi letteralmente tra le sue braccia.
- Ora cosa si fa? – non osava neanche immaginare cosa quel cervello da psicopatica avrebbe potuto concepire, la vedeva arrampicarsi tra gli scaffali, indaffarata a cercare solo lei sapeva cosa, aveva imparato a conoscerla, ciò non prometteva niente di buono.
- Cerchiamo di ucciderlo, mi sembra ovvio – esclamò squillante, quasi come se si trattasse di una missione umanitaria il cui esito era scontato, e nel frattempo armeggiava, tirando fuori bizzarri strumenti – Con quel coso in casa non ci resto, perciò: io lo stecchisco e tu raccatti il cadavere –
- Non ci penso nemmeno! Perché a te la parte meno schifosa mentre io devo far sparire i resti? –
- E' colpa tua se è entrato! - lo guardò con aria velatamente accusatoria - Ed io sono malata! Dovresti fare tutto tu –
- Io ho quasi subito un trauma cranico – indicò la sua fronte ancora dolente.
- Esagerato – lei roteò gli occhi abbandonando definitivamente il senso di colpa
- Non è la prima volta che tenti di uccidermi – constatò divertito e con una strana sexy tensione nella voce.
I'm lost and scared to live this life, I thought I'd always be strong, this rage this dark side I don't want to feel lays there... lays there...There on the bottom inside looking lost like a child but I know that you're mine we only need...Forgiveness our key to the world, forgiveness I'm frightened to deserve, forgiveness all that we need, it's forgiveness I am not sure I know...It was the love untaught trapped in your mind so empty with me...A silent stone that struck my heart while I looked for a sign a sign...You felt the pain you felt the fear but you chose not to see, made it your destiny, is it time for... Forgiveness... for we have paid, forgiveness is our key to the world. Forgiveness for the love untaught It's forgiveness I'll be... waiting for.
Solo quando improvvisamente sentì l'aria mancare si accorse di essere chiusa in uno sgabuzzino, di notte, al semi buio, perché quella lampadina che aveva comprato Gigi era una schifezza, con l'ultima persona che avrebbe voluto vicino. Ed ora le era troppo vicino, le braccia si sfioravano e lei sentiva la schiena praticamente poggiata sul suo petto. Il respiro le rimase bloccato in gola quando percepì la sua voce infrangersi sul collo, lasciando che il calore di un sospiro le bruciasse la carne delicata e sensibile proprio dietro l'orecchio.
- No... - balbettò un secondo prima che le labbra del ragazzo le toccassero la pelle. La stavano sfiorando, lo sentiva, sentiva la pelle tendersi nella vana speranza di assecondare il desiderio segreto di poterle incontrare. La dolce presa della sua mano le avvolse un braccio.
- Perché... - quanto gli era mancata la sensazione di nodo allo stomaco quando lei era così vicina a lui, e quanto era doloroso sapere di non poterla toccare perché non era più sua. Quanto gli era mancato battagliare con lei, scontrarsi con la sua passionale istintività, assaporare la spontaneità di ogni suo movimento, sostenere la fierezza del suo sguardo, assecondare la pazzia delle sue idee. Quanto gli erano mancate le spaventose vertigini che lei portava nel suo cuore, lo portava in alto, che volare non era mai sembrato più facile, dove non aveva paura di cadere.
Un altro sussurro spezzato sulla sua pelle, mentre un'ondata di calore le scioglieva i muscoli delle gambe. Maledetto effetto a budino!
Echi di ricordi lontani, sospiri di una segreta passione che leggeri come piume accarezzavano la mente, vestendola di un profumo familiare, sigillo d'amore.
Quanto aveva sognato, desiderato perdersi ancora tra le sue braccia, trovarlo accanto la mattina successiva. Ma lui non c'era, aveva deciso di abbandonare le sue braccia, lasciandola sola in balia della tempesta dei suoi sentimenti non corrisposti. Si morse il labbro inferiore avvertendo le lacrime cominciare a bruciarle gli occhi, ma prima che potessero solo minacciare di rompere gli argini lo allontanò da lei, per quanto possibile dato lo spazio ristretto, e con uno scatto altrettanto improvviso accese la seconda e altrettanto traballante luce della stanzetta. Ma visti i risultati fu quasi inutile.
- Abbiamo un insetto da uccidere – spiegò fingendosi risoluta e determinata. Se si fosse bevuto tutte quelle finzioni avrebbero dovuto darle l'oscar.
- L'hai detto come se in realtà dovessimo scovare un serial killer – scherzò lui - Anche se l'unica che vedo qui che tenta di uccidere le persone sei tu! – ma lei in risposta assottigliò gli occhi guardandolo minacciosa.
- Piantala – si voltò di nuovo verso la sua attrezzatura.
- Che stai facendo? – Harry la guardò confuso, sapeva che era matta, ma credeva di aver già scoperto i suoi limiti. A quanto sembrava quella ragazza non aveva limiti alla sua fantasia.
- Mi armo no? – esclamò con ovvietà
- Ti stai davvero mettendo in testa un casco? –
- Ovvio! Vorresti aiutarmi invece di fare l'idiota? –
- Che devo fare? – con un sospiro si arrese, il miglior modo di controllare una pazza è sempre assecondarla.
- Prendimi la scopa! – ordinò indicandogli la mensola più alta prima di arrampicarsi in un mobile e prelevare una grande scatola rettangolare.
- Quello cos'è un lancia fiamme? – scherzò assaporando di nuovo il piacere delle loro inutili discussioni.
- Peggio – glielo porse – Un aspirapolvere –
- Fammi capire vuoi ucciderlo con la scopa e poi aspirarlo? – era sempre più confuso, ma che razza di piano era?!
- Aspirarlo direttamente sarebbe più facile, peccato che il filo non sia abbastanza lungo - spiegò osservando attentamente il filo che collegava l'arnese alla presa elettrica, nel frattempo continuava a pensare ad un modo facile e veloce per liberarsi dell'immonda creatura - Poi tu butterai il sacchetto – terminò con un'occhiata torva e lui si accigliò.
- Perché a me sempre i compiti più ingrati? – si lamentò svogliatamente, quel piano faceva acqua da tutte le parti. Lei sbuffò e si riprese l'aspirapolvere.
- Non protestare, ora via fuori e fai da esca –
- Non siamo nel medioevo e non stiamo cacciando un drago! – cosa credeva che solo a lei facesse ribrezzo quel mostro nero volante?
- Peccato – disse sistemandosi il casco - Altrimenti a quest'ora saresti già stato legato ad un palo come facevano i bizantini con le capre – lui sorrise in risposta a quel pallido tentativo d'insulto. Amava discutere con lei
- Ti ringrazio per il paragone! E dato che la tua opinione su di me è così elevata, non ti aiuterò e riprenderò la tua prodigiosa caccia all'insetto! – asserì armandosi del solito cellulare all'avanguardia. Star, pensò lei alzando gli occhi al cielo.
- Sei ancora più inutile di quanto mi aspettassi –
- Al contrario, come faresti altrimenti a tramandare i tuoi utilissimi insegnamenti ai posteri – calcò sul superlativo di proposito, Lene decise di ignorare quel pallido tentativo di insulto, abbassò il vetro del casco e impugnò la scopa e l'aspirapolvere in entrambe le mani. Ne sarebbe rimasto uno solo. La voce divertita del porcospino la bloccò un istante prima di aprire quella porta – Il ritorno dei Power Rangers! – il peggio era che quell'idiota sembrava divertirsi. Il quadro della situazione peggiorava di minuto in minuto: la febbre, quel cretino che si presenta a casa sua, mandandole in panne il cervello e complottando alle sue spalle con l'altro imbecille del suo amico, Luke con il quale ha rischiato una scazzottata, l'insetto gigante e in tutto ciò lei aveva ancora mal di testa. L'unica soddisfazione poteva essere la botta in testa! Alzò di nuovo la visiera del casco per potergli lanciare meglio un'occhiata truce.
- Il solito idiota –
- La solita arpia – ribatté, mentre lei borbottando qualcosa di incomprensibile si accingeva ad uscire dallo sgabuzzino.
Ciò che ne seguì fu una corsa impazzita accompagnata da urla di ogni genere, Harry aveva abbandonato il telefono dopo che l'insetto si era lanciato all'impazzata nella sua traiettoria e insieme a lui anche una furia scatenata armata di scopa e aspirapolvere, puntato verso l'alto. La evitò per un soffio, e con lei anche il pericolo di diventare calvo.
- Stavi per aspirarmi i capelli! – strillò bloccandole il braccio con il quale stringeva l'arma ed evitando per un soffio che anche la scopa gli finisse in testa, di bernoccolo quella sera ne bastava uno.
- Bon bia bai – un suono distorto gli giunse alle sue orecchie ma sicuramente non aveva detto niente di gentile.
- Che? – ma quando notò che la furia stava per ripetere la bloccò sul nascere – Inutile che parli attraverso il casco, non capisco nulla – picchiettò divertito sul casco generando un sonoro toc toc.
- Non sia mai! – urlò lei alzando il vetro dell'arnese – Dammi una mano, prendi la scopa e mandalo verso di me –
- Agli ordini – sorrise a quella insolita richiesta di collaborazione e ciò che accadde fu al di sopra di ogni aspettativa. Il ragazzo aveva cominciato a correre da una parte all'altra della stanza agitando in aria in maniera sconnessa la scopa, mentre l'insetto fuggiva disperato. Lene non riusciva più a trattenere le risate, non avrebbe mai più visto una scene del genere in tutta la sua vita, ne era sicura – Spero ti stia divertendo! – urlò lui, sembrava affaticato e scatenò in lei una risata ancora più divertita – Se tu non lo aspiri siamo da capo ad uno! – si tenne la pancia dal ridere, era in lacrime ma il ragazzo sembrò indispettirsi apparentemente. In fondo era ben felice di vederla sorridere, sorridergli di nuovo – Bene, sai che ti dico, me ne vado se non collabori e ti lascio con il mostro! – minacciò e lei tentò immediatamente di ricomporsi, sapeva che sarebbe stata l'unica maniera per ottenere la sua attenzione.
- No no, scusa, sono pronta –
Nessuno avrebbe saputo cosa era accaduto. Gli unici testimoni erano stati una scopa, i cuscini del divano sparsi qua e la, un aspirapolvere accesa che prometteva fuoco e fiamme.
- Ce l'abbiamo fatta – disse lasciandosi andare a peso morto sul divano.
- Una battaglia epica – commentò lei con una vena sarcastica, poi qualcosa le fece spalancare gli occhi per la paura - Ho sentito un rumore –
- Non è possibile, sarà la tua immaginazione – protestò lui esasperato, ma Lene ricominciò a guardarlo con aria minacciosa.
- Dimmi che hai chiuso la finestra da dove sei entrato – ops
- Ehm... -
- Fila! – urlò
- Ma... -
- Ora!! – ordinò così perentoria che il ragazzo dovette scattare. Ci mise più tempo del previsto a tornare, Lene aveva chiuso gli occhi e abbandonato la testa sul divano. L'idea gli venne in un secondo, malefica come il ghigno che comparve sul suo viso. Si avvicinò in estremo silenzio, alle spalle del divano, dove lei neanche aprendo gli occhi avrebbe potuto vederlo, per poi posarle con forza le mani sulle spalle da dietro il divano e sibilare nel suo orecchio.
- Zzzzzzz –
- Aaaaaaaaah – aveva chiuso gli occhi godendosi quel secondo di tranquillità lontana da insetti e soprattutto da lui, ma il sinistro sibilare troppo vicino al suo orecchio le fece spalancare gli occhi di colpo e fare un salto dal divano. Grugnì quando vide quell'imbecille ridere a crepapelle alle sue spalle. Che divertente! – Mi hai fatto prendere un colpo! – protestò lanciandogli un cuscino.
- Smettila non puoi vincere – minacciò tirandole addosso lo stesso cuscino, già abbastanza spiegazzato e dolorante. Rigirò il divano per trovarsela finalmente di fronte e salire con un ginocchio sul divano per ottenere la solita posizione di supremazia. Immaginava che nonostante tutto avrebbe continuato a dimenarsi, e infatti non lo deluse, si ribellò finché lui non fu costretto a bloccarle le mani dietro la schiena per poi stringerla a sè e abbandonarsi anche lui sul divano, in un modo tale che lei potesse ritrovarsi appoggiata al suo petto. Lentamente e studiando le sue reazioni portò le braccia a cingerle la pancia, assorbendo tutto il calore del suo corpo e il ricordo della felicità che aveva perso.
Lene era troppo stanca per ribellarsi, lo aveva lasciato fare curiosa di veder fino a che punto si sarebbe spinto, un abbraccio era ben più grave del tentativo di saltarle addosso, ben più difficile da contrastare perché immediatamente il suo corpo invece che tendersi come una corda di violino, si rilassò, come se già sapesse che quello era il suo posto. Completamente incapace e assuefatta da quella stramba situazione, decise di abbandonare i suoi propositi bellicosi e appoggiò la testa alla sua spalla, definitivamente succube dell'invariato desiderio di sentirsi ancora sua.
Harry si beò di quella fragile pace che si era creata intorno a loro, il cuore prese a battere più forte contro il suo, che sentiva tamburellare attraverso la schiena, nutrito dalla speranza che forse non tutto era perduto – Rilassati - sussurrò al suo orecchio con voce calda e controllata - Sei tesa – una mano corse al suo braccio destro, abbandonando la pancia, per cominciare un percorso lento e cadenzato di carezze fino alla spalla, per poi lascivamente sfiorare il collo, mentre l'altra mano disegnava cerchi invisibili li dove era rimasta.
- Chissà perché! – brontolò lei, pur sapendo che quelle sarebbero state le ultime proteste prima della resa – Ho ancora la febbre in tutto ciò - quel lurido verme stava utilizzando armi sleali e letali. Un brivido improvvisamente la fece tendere, e Harry sembrò immediatamente cogliere.
- Hai freddo? –
- No – sentiva le palpebre pesanti, era troppo stanca per pensare, per sforzarsi di mandarlo via, di fingere di volerlo allontano da lei.
I can show you the world, shining, shimmering, splendid. Tell me, princess, now when did you last let your heart decide? I can open your eyes, take you wonder by wonder, over, sideways and under, on a magic carpet ride. A whole new world, a new fantastic point of view. No one to tell us no or where to go, or say we're only dreaming.
Ricordò con gioia e malinconia il suo calore, la sensazione di serenità che le sue braccia intorno le donavano. Il porto sicuro, la pace. Il sonno arrivò veloce e preciso, cogliendola tra la culla delle sue braccia.
L'accecante bagliore del sole quella mattina era piombato sui suoi occhi con fermezza, fin dalle prime luci dell'alba l'aveva obbligato a sciogliere le palpebre da quel nodo di sonno che le aveva tenute legate. Sentiva ogni muscolo intorpidito, formicolante da parte a parte, ma il peso che doveva sopportare era stranamente dolce e docile mentre dormiva accoccolata a lui. Avrebbe voluto guardarla sognare serena, ma la sua posizione lo limitava a fungere da cuscino o materasso a seconda della posizione che decideva di assumere, e al massimo farle qualche carezza. Stava per muovere le mani quando si bloccò di colpo, la consapevolezza che quella magia potesse rompersi in mille pezzi non appena lei si fosse svegliata lo costrinse a desistere, crogiolandosi nell'illusione di poter bearsi di quel momento il più a lungo possibile. Solo allora si rese conto veramente di quanto gli fossero mancati quei momenti che seppur banali avevano il sapore di famiglia. Sussultò sommessamente sentendo il cuore accelerare nella cassa toracica al pensiero di averla definitivamente registrata come la sua famiglia. Quante altre prove servivano?
Lei si mosse di colpo, alzandosi lentamente ma decisa, sciogliendo forse troppo bruscamente il loro contatto. La pelle vibrò per l'abbandono, come se volesse reclamare la sua, pressando ancora di più la sua precaria forza di volontà.
- Come stai? - domandò imitandola
- Meglio - bofonchiò con la voce ancora impastata dal sonno. Avrebbe voluto parlare ma lei prontamente glielo impedì - Grazie per ieri sera, non eri tenuto a farmi da balia -
- Mi ha fatto piacere - come temeva era ritornata sveglia e corazzata, ma non avrebbe desistito - Lene... - l'improvvisa mancanza di aria lo costrinse a prendere un respiro, istintivamente mosse un passo in avanti, bramando un contatto - Vorrei che... -
- No... - scattò all'indietro - Per favore vai via - disse tremolante e lui sussultò impreparato. Come al solito non voleva dargli l'opportunità di spiegarsi, di fare ammenda.
- Ti prego... -
- No, vattene – lo interruppe di nuovo questa volta più risoluta decretando la fine delle sue speranze di pace.
Il cielo era grigio quanto il suo umore, in una nebbia densa di umidità che tagliava l'aria gelida in sferzanti coltellate. Ma l'unico incessante dolore era sempre quello del negato perdono, proprio quando la sottile speranza si era fatta più livida, era ripiombato nell'oscurità dei suoi rimpianti.
Si era svegliata stranamente troppo serena, con un calore addosso che sembrava irradiato da una coperta termica e una paurosa sensazione di benessere. Capì di non essere del tutto sveglia perché nell'ultimo mese non erano esattamente quelle le sensazioni che aveva provato svegliandosi, il benessere non l'aveva mai neanche incrociato per errore. Si rese conto una volta aperti gli occhi anche del cervello che non era sdraiata sul suo solito freddo materasso, bensì su un corpo caldo e vivente. Tentò di mantenersi impassibile ma il suo cuore traditore cominciò a battere frenetico mentre assaporava di nuovo quella terribile e nostalgica sensazione di essere di nuovo sua, di quella che era stata per lei la normalità negli ultimi mesi che precedevano quello disastroso della fine del loro rapporto. Di cui lui aveva decretato la fine. Dovette fare appello a tutto il suo rancore, aggrappandosi a quell'idea con forza per riuscire ad alzarsi di scatto ed abbandonare quello che per diverso tempo si era illusa di considerare "il suo posto".
Quando chiuse la porta, la casa era silenziosa, niente insetti, niente aspirapolveri, niente lui. Si ripeté per l'ennesima volta che quello era l'unico modo per smettere di soffrire, cosa credeva che lei durante quelle settimane non aveva fatto altro che pensare a lui? Anche se fosse stato così non l'avrebbe mai confessato. Si lanciò poco delicatamente sul divano che, maledetto, profumava ancora di lui. Due lacrime sfuggirono dalla sua volontà e dai suoi occhi. Ma se davvero era quella la decisione giusta, allora perché ogni volta che lo allontanava e desiderava fargli del male era come farlo a se stessa?
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