23.1



23.

I giorni erano passati lenti e tristi. Erano trascorse più o meno due settimane dall'ultima volta che aveva visto Harry, da quando gli aveva chiesto di non vedersi per qualche tempo, dalla sua mitica caduta dalla macchina. Come poteva essersi dimenticata della cintura ancora allacciata? Era talmente concentrata sul convincersi che la cosa migliore fosse scappare via da lui e non lasciarsi tentare dal suo maledetto calore, dal suo odore, che della cintura di sicurezza non aveva ricordato neanche l'esistenza. In fondo aveva sperato che lui non la prendesse alla lettera e come al solito non prestasse attenzione alla sua volontà, che forzasse le sue difese e bussasse ancora alla sua porta. Invece lui si era ritirato in un mutismo di rassegnazione ed indignazione. Sembrava fosse quasi offeso! Idiota! Era lei quella a finire per fare la parte dell'amante e lui quello impegnato con un'altra! E non doveva dimenticarsi che ancora le veniva difficile immaginarsi con qualcun altro che non fosse...beh...lui. Già, solo immaginare, suggerì la sua vocina interiore, perché poi a darsi da fare era stata bravissima! Ma chi voleva prendere in giro?! Quella fase era stata superata da un pezzo, inutile negarlo, aveva sperato così tanto che lui bussasse a quella dannata porta per imporle la sua presenza così come si era imposto con forza e temperanza nel suo cuore. Accidenti, lei e la morale erano diametri opposti di solito, perché questa volta dovevano trovarsi sulla stessa linea? Aveva fatto la cosa giusta, fine! Lui doveva chiarirsi le idee da solo! L'aveva ripetuto talmente tante volte che dirlo di nuovo le avrebbe fuso il cervello. Si girò sistemando il cuscino sotto la testa. Erano due settimane che aveva perso anche il sonno. Ci mancava solo un bel paio di occhiaie per completare il quadro. Che meraviglia!

Arpionò il telefono appena quello cominciò a squillare, il nome che lesse sul display la fece a dir poco agitare.

- Nils, quando mi chiami in piena notte significa che è successo qualcosa di grave, dimmi che questa volta hai solo sbagliato numero – pregò nel vano tentativo di mantenere la calma.

- Purtroppo no Lene, per favore, puoi raggiungermi a casa? – a quelle parole tremò

- Non dirmi che... -

- Peggio Lene, ho dovuto chiamare un dottore, ti prego vieni anche tu – attaccò prima che potesse sentire la risposta.

- Arrivo – balzò fuori dal letto con un'agilità che non le si addiceva, ma la preoccupazione alimentava la fretta.

- Cos'è successo? – Nils le aveva gia aperto la porta, quella scena si stata ripetendo troppe volte. Possibile che quell'idiota ogni volta si riducesse come un fossile, possibile che non avesse la forza di affrontare i suoi problemi se non in quel modo?

- Vieni – la tirò in malo modo al piano superiore dove un corpo, più simile ad un cadavere, giaceva privo di forze e più bianco che mai, sul letto, immobile. Peggio di quanto avesse potuto immaginare. L'ultima volta che l'aveva trovato in condizioni simili almeno era sudato e tremava in una vaga parvenza di vita. Quello era assolutamente peggio ed il suo cuore sussultò con un'improvvisa fitta di dolore mentre le lacrime premevano per uscire – E' tornato in condizioni pessime, credo abbia anche la febbre – Nils si agitava accanto a letto, alzandosi e sedendosi, mentre lei era rimasta in piedi, immobile, il respiro corto e le gambe tremolanti.

- Ma perché? – soffiò

- Non lo so! Prima stava delirando! –

- Andiamo bene – diede voce ai suoi pensieri sedendosi sul letto ancora con il cappotto addosso, finalmente recuperata la facoltà di camminare. Incapace di trattenersi lasciò scivolare il dorso della mano sul viso del ragazzo, proprio quando la stessa dolcezza di una lacrima accarezzò il suo. Prima che la sua vista si sfocasse, vide il suo volto contrarsi e quando lo sentì mugugnare qualcosa di incomprensibile chiamò con urgenza l'amico – Nils, si sta svegliando! – urlò

- E' arrivato il dottore! – tuonò l'amico sbucando dalla porta. Non si era neanche accorta che era uscito dalla stanza!

- Meno male! – si alzò furiosamente lasciando accomodare l'omino che più che un dottore sembrava un nano uscito dai libri di favole, aveva un' aria simpatica e le apparve ancora più simpatico quando, dopo averla cortesemente salutata, le toccò la spalla. Un tocco gentile a rassicurante, quello che le serviva per riporre in quel buffo individuo tutta la sua fiducia, prima di lasciare la stanza con Nils al suo fianco più bianco di un cadavere.



L'attesa fu snervante, mentre la paura la riportò indietro nel tempo a quel famoso giorno. Solo che in quel caso non c'era stato più niente da fare. Ricordò che quando le avevano confermato la morte, aveva sentito il suo cuore morire con lui. Si accorse che stava piangendo solo quando il sapore salato delle lacrime le bagnò le labbra. Pregò, pregò intensamente di non dover rivivere ancora quel dolore, uno era stato abbastanza, pregò per lui sperando che qualcuno gli potesse aprire gli occhi convincendolo a smettere di usare ed abusare di quella roba. Pregò con una disperazione tale da ammettere finalmente, almeno a se stessa, di amarlo. Nils non poteva essere di conforto dato che muoveva freneticamente le gambe come se avesse avuto un tic nervoso- serrò gli occhi con forza, pregando ancora.





- Cosa sono quelle facce truci? – cominciò il dottore, entrambi balzarono in piedi con uno scatto - E' fuori pericolo – un sospiro di sollievo accompagnò quelle parole, le sembrò di aver finalmente ricominciato a respirare.

- Grazie dottore – esclamarono i due amici in coro

- Ha solo un po' di febbre, ma è sveglio e ragiona, potete andare da lui se volete –

- Vai tu Lene, io parlo con il dottore –

- Va bene – disse prima di salutare il dottore e scomparire.









Neanche quando aveva sentito il rumore di passi echeggiare nel silenzio, mentre lo scricchiolio della porta evidenziava la presenza di qualcuno, lui si era voltato a vedere chi fosse. Si vergognava per come si era ridotto, un ammasso inutile di pelle e ossa, incapace di reagire, di prendere in mano le redini delle sua vita e condurla come un bravo condottiero. Invece lui non riusciva a fare altro che finire alla deriva, senza poter evitarlo, riuscendo solo a sopravvivere, a ritornare in carreggiata ogni qual volta veniva sbalzato fuori dalle dolorose trappole della vita, che si sapeva, era una strada tortuosa e quasi sempre in salita. Pensò a lei, a quanto forte riusciva ad essere nonostante il peso che aveva dovuto sopportare, e che ancora non aveva realmente superato.

- Ma è possibile che ad ogni 2x3 io ti debba ritrovare in queste condizioni? – la sua voce gli apparve come un miraggio, una ninnananna melodica, dolce come quella che una mamma canta al proprio figlio quando ha la febbre e non riesce a dormire. Credette di aver sognato fin quando non percepì un peso abbassare il materasso. Si voltò di scatto gioendo di poter vedere ancora i suoi occhi, lucidi, sfiniti, vivi, più belli che mai.

- Scusami – sussurrò cercando di assumere una posizione più verticale. Ma lei li poggiò le mani sul petto ed il suo sguardo si accigliò.

- Perché diavolo continui ad usare quella roba? – si era ripromessa di non arrabbiarsi, si era ripromessa che gli avrebbe fatto la predica quando sarebbe guarito del tutto, ma come al solito ogni buona proposta era finita carbonizzata tra le fiamme della sua paura e della sua rabbia, che come sempre le impedivano di ragionare.

Harry abbassò lo sguardo, come mortificato, si vergognava di quello che stava per dire:

- Ne ho bisogno –

- Bugiardo, non sei un drogato – replicò lei mentre il suo cuore cominciava a martellare furiosamente. L'avrebbe pagata cara per lo spavento, giurò minacciosa, e quel carciofo marcio aveva anche il coraggio di dirle che era un drogato quando non aveva mai avuto il bisogno di prendere quella schifezza! Le faceva rabbia solo che lo pensasse.

- Ci sono momenti in cui mi sento solo, ne ho bisogno per stare meglio –

- Perché si mette a giocare a 3sette con te? – borbottò acida e lui le rispose con un'occhiata eloquente.

- Mi fa smettere di pensare – ammise con amarezza

- Come se fossi un grande pensatore! – sbottò - Harry smettila di prendere quella roba, fa male! Accidenti! – d'un tratto l'agitazione le fu perfino visibile addosso, era tesa e si muoveva a scatti. Si portò una mano tra i capelli quando sentì il tremore del pianto minacciarle ancora gli occhi. Perfino Harry quando si accorse del suo repentino cambiamento, una spia si accese dentro di lui.

- Sono giorni che non ci vediamo – confessò con un filo di voce, puntando gli occhi con determinazione nei suoi al fine di leggervi fino ai pensieri più profondi.
Lei s'irrigidì di colpo e scacciò via con la mano una lacrima che le era scivolata sul viso come se fosse stato un insetto fastidioso.

- Dovresti preoccuparti di Taylor, non di me –

- L'ho lasciata – Harry quasi sorrise mentre lei spalancava gli occhi per la sorpresa ed una sensazione di vaporoso calore le si diffondeva all'altezza del petto.

- Cosa? – chiese come disorientata, le sembrò perfino di non riuscire a connettere i collegamenti più semplici. Che notte! - Perché? –

- Perché non è lei che voglio – questa volta la voce si tinse di un tono più deciso, mentre gli occhi non accennavano a lasciare i suoi.
Lene rimase per qualche istante senza parole per poi tornare sulla sua linea difensiva.

- Sei sotto i fumi della droga – farfugliò

- Dannazione per una volta vuoi ascoltare quello che dico? – sbottò lui di colpo con la solita vecchia arroganza prima di far forza sulle braccia e tirarsi a sedere – Mi mancava questo – disse prendendo le mani nelle sue mentre lei sembrava quasi spaventata dal quella strana esplosione di terribile felicità che sembrava crescere esponenzialmente ogni istante.

- Cosa? Io che ti insulto dopo che ti sei sentito male o che cerco di farti vomitare? –

- Vuoi stare zitta un secondo? – la rimproverò ancora e lei chiuse la bocca di colpo - Mi è mancato questo, noi due insieme – confessò espirando un sospiro di sollievo. Lene adesso lo guardava confusa e silenziosa. Sarebbe stato troppo bello per essere vero ed altrettanto spaventoso – Beh? Ora non dici più nulla? – domandò accigliato lui dopo qualche secondo di silenzio.

- Ah è gia finito? Io mi aspettavo un sermone – ironizzò lei

- La smetti di fare la stupida per una volta e ti comporti da persona seria – replicò lui recuperando il suo cipiglio sprezzante e sembrava anche la piena forma, dall'enfasi con cui le si rivolgeva. Lene si regalò ancora qualche secondo per evitare di parlare di getto come suo solito. Abbassò gli occhi abbandonando il calore smeraldino dei suoi. Arresa alla forza di qualcosa più grande di lei, incapace ancora di contenerla.

- Sai gia come la penso, cosa dovrei dirti? –

- Voglio sapere ciò che vuoi – suonò molto come un ordine.

- Vuoi sapere se è mancato questo anche a me? Lo sai già – riprovò finalmente ritrovando i suoi occhi. Lo sguardo del ragazzo si accese di un verde brillante ricco di parole non dette.

- Allora... - tentennò, ancora una volta le parole vorticavano nella testa apparentemente senza senso, mentre piano piano andavano a formare un significato.

- Allora sarà un piacere ricominciare a litigare con te – lo interruppe con un sorriso birichino stampato in faccia.

- Non vedo l'ora, stiamo già andando troppo d'accordo – Harry si lasciò cadere di nuovo a peso morto sul letto, rilassato e felice.

- Non sia mai! –

She's Sunday drive meets high speed chase, she ain't just a song, she's the whole mix tape, she's so complicated. I know how to make her laugh or blush, or mad at me but that's ok there ain't no one, more beautiful angry. And she loves just as deep as she goes when she's down, the highs match the lows. Can't have one without the other and I love her just the way. God made her, sunshine mixed with a little hurricane. And she destroys me in that t-shirt and I love her so much it hurts, I never meant to fall like this but she don't just rain she pours, that girl right there's, the perfect storm. She's the girl of a lifetime, a guy like me spends his whole life looking for, that girl right there's, the perfect storm.

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