22.1



22.

Aveva cominciato a guidare in maniera frenetica e scoordinata da quando aveva sbattuto la portiera con un tonfo sordo.

Ninety miles outside Chicago, can't stop driving, I don't know why. So many questions I need an answer, two years later you're still on my mind.

Doveva allontanarsi da quel posto prima di combinare altri guai. Come al solito le serate si concludevano con suo padre che elogiava le doti innate del figlio della sua compagna, quell'idiota patentato con la faccia da pesce lesso, mentre denigrava continuamente la precarietà della sua professione e tutti i problemi che essa comportava. Non sopportava più di ascoltarlo. Taylor l'aveva chiamato poco prima della cena, non le aveva parlato di nulla, forse era offensivo, ma era convinto non avrebbe capito, lei tendeva a sminuire tutto. Parlare con lei non l'aveva né rilassato, né rallegrato. Nulla. Non sentiva alcun contatto con lei, le loro giornate sembravano essere automatiche, prive di vita e monotone. Fino a non troppo tempo prima aveva sofferto per lei, aveva creduto di essere stato innamorato di lei. Forse lo era stato, ma poi improvvisamente era stato catapultato in qualcosa di incredibilmente diverso, immensamente più forte ed incontrastabile, un sentimento che era in grado di travolgere ogni particella di se, da quella più razionale a quella più istintiva.

Whatever happened to Emelia Earhart , who holds the stars up in the sky, is true love once in a lifetime? Does anybody know the way to Atlantis, Or what the wind says when she cries, I'm speeding by the place that I met you, for the 97th time tonight. Did the captain of the titanic cry? Someday we'll know if love can move a mountain, someday we'll know why the sky is blue, someday we'll know why I wasn't meant for you.

Ed ora correva per strada nella direzione di casa, sebbene non avesse la minima intenzione di andare li a deprimersi o compiangersi. Non aveva voglia di commiserarsi davanti ai suoi amici, non voleva neanche sentirli. Eppure quella strada lo avrebbe potuto portare in un'altra casa, poco distante dalla sua, che aveva cominciato a frequentare con una certa frequenza.

I bought a ticket to the end of the rainbow, I watched the stars crash in the sea. If I could ask god just one question, why aren't you here with me? Someday we'll know if love can move a mountain, someday we'll know why the sky is blue, someday we'll know why I wasn't meant for you. Someday we'll know why Samson loved Delilah, one day I'll go dancing on the moon.

Grugnì premendo con maggiore forza sull'acceleratore, lei avrebbe disapprovato la sua velocità, ma lui in quel momento come non mai, aveva bisogno di arrivare da lei.

Someday you'll know that I was the one for you.













- Una volta qualcuno disse: " aprirti la porta sta diventando un'abitudine" – disse con un tono particolarmente strafottente nel tentativo di imitarlo – Perché sei qui? –
Non si stupiva più che bastasse vederla per migliorare il suo umore, quella sera aveva la maglietta del pigiama con la foto di un coniglio stampato, sopra i jeans e le inconfondibili pantofole, i capelli erano legati in una coda sgraziata ed il trucco era il minimo residuo di quello che doveva essersi fatta dalla mattina. Pensò a quanto fosse attraente anche in quelle condizioni poco curate, segno che non aspettasse nessuno. I suoi occhi erano vigili come sempre e lo scrutavano con attenzione, sembrava sempre sul piede di guerra e ciò non faceva altro che accendere una miccia in lui che, se solo avesse potuto, si sarebbe trasformata in liquida passione. L'avrebbe presa sulla porta, se solo avesse potuto, ma era bastato vederla per provare una nuova sensazione di conforto, segno che aveva imparato a fidarsi di lei, ed ora ne sentiva estrema necessità.

- Per quanto mi costi ammetterlo, ho bisogno di una di quelle serate noiose che fanno le persone normali – disse serio e vide la luce dei suoi occhi mutare, addolcirsi.

Era convinta le avrebbe risposto con il solito tono bisbetico e provocatorio ma quella sera aveva qualcosa di diverso, sembrava particolarmente triste. Era confusa, come sempre quando lui le era vicino e cominciava anche a pensare che infondo lui avesse ragione nell'affermare che in realtà la sua bocca diceva una cosa, ma il suo corpo voleva l'esatto opposto. Fu quando ammise che la sua compagnia era stata indispensabile per la sua sopravvivenza fino a quel giorno, tra alti e bassi, forse più bassi, ma in fondo e inconsapevolmente di certo, l'aveva aiutata più di quanto lei stessa avesse mai osato sperare. Fu perché la punta di tristezza che veleggiava nei suoi occhi la colse come una morsa pressante allo stomaco. Non osò chiederne il motivo, almeno non ancora. Il porcospino voleva una serata noiosa? Sarebbe stato accontentato.

- Disse superman – lo prese in giro – Si può sapere perché cerchi sempre me quando vuoi fare qualcosa di noioso? –

- Una volta qualcuno disse: " non vedere tutto in maniera negativa" – rispose al fuoco facendo dell'imitazione della sua voce un tono stridulo e acido.

- Non vedo cosa ci sia di positivo nell'aggettivo noioso – replicò fingendosi accigliata.

- Se sto cercando una serata del genere vuol dire che per me non è così negativo, non credi? – disse salendo il primo scalino per essere esattamente alla sua stessa altezza.

- Touchè, ok entra – si scansò dalla porta per farlo passare e lui una volta al suo fianco la squadrò dalla testa ai piedi.

- Bell' abbigliamento – scherzò ghignando prima di dirigersi verso il salotto.

– Ma piantala! – scimmiottò imbarazzata. Aveva la maglia del pigiama! Ma erano le 23 passate, si stava preparando per dormire e certamente non si sarebbe mai immaginata di trovarselo davanti a casa a quell'ora, soprattutto ora che era di nuovo insieme a... - Come va con Taylor? – si morse la lingua, accidenti! Non era riuscita a trattenersi.

- Gelosa? – chiese ammiccando ma lei alzò le spalle.

- Curiosa –

- Bene – rispose lanciandosi sul divano a peso morto.

- Non prolungarti tanto eh! – lei lo seguì

- Facciamo una cosa – cominciò riacquistando la solita aria provocatoria – Io ti faccio una confidenza, ma tu dovrai rispondere ad una mia domanda – pausa – Qualsiasi essa sia –

- Mi stai sfidando? – assottigliò gli occhi, un soffio di adrenalina la fece fremere.

- Esatto, ma credo anche che tu non abbia il coraggio di accettare –

- Come al solito sbagli – scattò

- Ma va? – un ghignò di vittoria serpeggiò sul suo volto.

- Perché accetto –

- Bene – pausa – Allora comincio io – le lanciò uno sguardo penetrante che bastò per incendiarle i sensi. Vista, udito, olfatto, gusto, tatto. Quanto avrebbe voluto toccarlo fino a consumarlo, ma prima o poi quei pensieri le avrebbero bruciato non solo la pelle, ma anche il cuore – Non sono molto sicuro di questa storia –

- Ma se quando ci siamo conosciuti eri disperato per lei! – interruppe prontamente

- Credevo di esserlo – la fulminò con un'occhiata di ammonimento. Chissà se sarebbe riuscita a restare in silenzio fino alla fine – Forse perché non avevo trovato niente di meglio –

- Sei stato con più donne di quanti calzini abbia mai cambiato io in tutta la vita! – borbottò lei

- Non avrei mai potuto trovare un paragone migliore! – sghignazzò

- Mai metafora fu più felice – ribatté stando al gioco

– Il problema è che credo non sia più lei quello che voglio – sospirò. Lene perse ogni nota di divertimento, le sembrava incredibilmente abbattuto, serio e pensieroso. Era strano ma il suo istinto di sensitiva le suggeriva che non era solo per Taylor, non era mai stato così affranto per lei, tanto per non citare le loro notti di follia mentre stava con lei.

- Mi dispiace se è così non dev'essere facile –

- No, ma vedremo se le cose miglioreranno o no –

- Beh io posso solo augurarti che le cose vadano come è meglio per te – disse accompagnando un buffetto sul suo braccio.

- Ed io che pensavo mi augurassi il peggio! – scherzò recuperando un sorriso sghembo.

- Perché non hai mai capito niente! – protestò fintamente offesa

- Forse invece sto cominciando a capire – i suoi occhi indugiarono su di lei scrutandola in un modo che la fece sentire come nuda per un attimo, assolutamente priva di difese.

- Ehm dovevi farmi una domanda, no? – farfugliò imbarazzata, più che altro temeva di potergli saltare addosso da un momento all'altro, abbandonando ogni saggia idea partorita l'ultima volta che si erano visti - Via il dente via il dolore –

- Si – fece una pausa ed i suoi occhi divennero seri ed incombenti – Voglio che mi parli di lui – gelò completamente presa alla sprovvista. Si voltò di colpo, cercando di montare una qualsiasi scusa, ma lui la incalzò notando il suo improvviso cambiamento – Avanti –

- N-no io... – balbettò come terrorizzata mentre nella sua testa la domanda più ovvia vorticava in cerca di risposta: perché voleva sapere di lui?

- Forza! Non fare la pappamolle! – incitò irremovibile

- Io non sono una pappamolle! – scattò improvvisamente colta nell'orgoglio.

- Allora sono tutto orecchie – quel babbeo l'aveva incastrata di nuovo. Fece un sospiro cercando dentro di sé la forza che sembrava aver cominciato a trovare per frugare nei suoi ricordi senza essere sovrastata dalla potenza devastate del dolore.

- Ci siamo conosciuti per caso quando lavoravo in America – cominciò mossa da una spinta di coraggio – Siamo stati insieme per più di 4 anni – un brivido percorse tutta la spina dorsale, vertebra per vertebra, si stava inoltrando in un campo minato. Immaginava gia sapesse, che si fosse informato, questa volta, in maniera più approfondita, ma era la prima volta che lei stessa gliene parlava – Dovevamo sposarci – ancora una ventata di gelo – Non credevo di volerlo ma... - fece una pausa – Con lui era tutto diverso... - adesso il gelo avvolse anche lui – Credo che mai nessuno mi... - il respiro restò spezzato gola, le sembrò di essere stata tutto il tempo in apnea. Non poteva pretendere troppo, infondo era la prima volta che ne parlava e già che non stesse piangendo come una fontana era da avvalorare – Mi potrà mai amare quanto lui – e quella fu per lui come una pugnalata, forse perché l'aveva detto con assoluta onestà.

- Fa ancora male ? – tentennò

- Quando ricordo di quanto ero felice si – ammise con amarezza, tentando di riemergere dall'apnea.

- Ci pensi sempre? –

- Prima si – prese finalmente un respiro profondo – Da qualche tempo però...sono sempre meno legata al passato, mi sembra di vivere di più – confessò con sincerità, Harry non riuscì a trattenere un sorriso, il primo vero della serata che in qualche modo la scaldò dall'interno.

- Ti manca molto? – chiese ancora senza riuscire a frenare la lacerante curiosità che sembrava divorarlo. Doveva sapere, finalmente sapere.

- Sempre – i due cuori sussultarono inconsapevolmente insieme – Tutti mi dicono che è sempre con me – pausa – Che sarà sempre con me in ogni caso... - lo guardò improvvisamente con gli occhi pieni di lacrime senza però versane nessuna – Ma io non ho mai creduto di voler ricominciare davvero, ogni giorno, senza di lui – fece una pausa – Fino a poco tempo fa non credevo neanche sarei riuscita a toccare un altro che non fosse lui, neppure a guardarlo –

- E invece adesso? – chiese percependo anche le parole che non aveva detto.

- Adesso non lo so più – sospirò – Come ben sai – la sua voce tornò più forte anche se l'imbarazzo cresceva dentro di lei – Ho fatto tutto quello che non credevo di riuscire più a fare – lui ghignò cogliendo ogni riferimento per niente casuale – Ma è come se fossi ancora divisa tra passato, presente, e la strana ed inaspettata voglia di un futuro – lo guardò, notando che la ascoltava con ipnotica attenzione – E fa male, fa paura, mi terrorizza l'idea di andare avanti, di stare di nuovo bene senza di lui – stranamente dopo un primo ed un altro momento di difficoltà, si sentì quasi sollevata di poter mostrare a lui i suoi demoni, ascoltando ed implorando un reciproco patto di fiducia. Lui sembrò soddisfatto della sua risposta, sapeva che non doveva essere facile per lei, ma sembrava davvero che stesse cominciando a camminare, come un neonato che fa i primi passi barcollante e la maggior parte delle volte si ritrova a terra urlando e piangendo, ma poi si rialza solo grazie alle proprie forze e prosegue, prosegue finché i passi prima tremanti ed insicuri diventano di un equilibrio forte e deciso. Sorrise ritrovandosi ancora una volta ad ammirare la sua forza e soprattutto ritrovando la rinnovata proposta di fiducia e, non meno importante, la risposta alla sua muta preghiera di speranza. Perso nei suoi pensieri quasi non si accorse del cambiamento nel suo sguardo dal quale poteva cogliere solo minacciose previsioni – Ora tocca a te – spalancò gli occhi colto di sorpresa.

- A fare cosa? –

- A vuotare il sacco – sapeva che lui la odiava quando cercava di entrare nel suo terreno minato, ma lui aveva a tutti i costi forzato il suo. Lei alla fine si era aperta con lui regalandogli di nuovo la sua fiducia, ed ora era il suo turno ricambiare, fu proprio questa constatazione a spingerla a non farsi gli affari suoi. Lui rispose con un'occhiata macabra ed interrogativa alla quale lei ribatté alzando gli occhi al cielo – Non crederai sul serio che mi beva che il problema sia solo Taylor? – Harry si sforzò di non aprire la bocca stupito – Sul serio mi credi così tonta? – domandò accigliata. No, avrebbe voluto rispondere, ma la cosa che continuava a sorprenderlo era quanto, tra una litigata e una particolare riappacificazione, avesse imparato a conoscerlo, a conoscerlo davvero, profondamente.

- Non capisco – borbottò ancora incredulo

- Andiamo sei arrivato qui che sembravi un cadavere, non ti avevo mai visto così triste! – accidenti, pensò – E a meno che tu non sia un pazzo dalla doppia personalità, e scusa se mi permetto ma l'ultima volta che ci siamo visti non mi sembravi affatto preoccupato per lei, c'è qualcosa che non mi hai detto – insistette e lui non poté fare altro che abbozzare, vinto al suo stesso gioco di provocazioni.

- Ho visto mio padre oggi – cominciò e lei portò la sua attenzione al massimo, cercando di evitare in tutti i modi di interromperlo. Sentì un battito premere con maggiore forza dentro di lei al pensiero che i muri di entrambi stavano crollando. Si sentì in qualche modo lusingata, come tutte le volte che lui era andato da lei in una muta, nascosta richiesta di aiuto.

- Lui si è rifatto una vita, come mia madre del resto – sospirò – Ma vivendo in un'altra città i rapporti si sono come dire... - tentennò – Raffreddati – storse la faccia con aria contrariata – Non parliamo molto di solito e ogni volta che lo facciamo litighiamo – si piegò in avanti, ancora seduto sul divano, poggiando le braccia sulle ginocchia. Era agitato, lo sentiva sulla pelle – Lui non approva il mio lavoro e non fa altro che criticarmi – ringhiò infastidito.

- Sicuramente lo fa per te – s'intromise istintivamente

- Già certo – ghignò, aveva scommesso che lo avrebbe interrotto prima o poi – Però non fa altro che lodare il figlio della sua compagna, Conrad, quella faccia da cul... -

- Harry! – lo ammonì e lui alzò le mani divertito. Poi continuò:

- Ero a cena da loro stasera ed è finita come tutte le altre volte – tornò serio, sembrava un leone ferito ed impotente – Per quell'imbecille solo belle parole, per me mai neanche un 'bravo' o 'sono fiero di te', solo 'il tuo lavoro fa schifo' o 'non è un vero lavoro, vuoi crescere?' Non lo sopporto più, sembra che io non conti nulla per lui – serrò i pugni nel vano tentativo di sfogare in qualche modo la sua rabbia.

- Non è vero – si lasciò sfuggire lei. Sentire quel discorso le aveva provocato come un macigno, poteva solo immaginare quanto soffrisse nel credere di non essere apprezzato da suo padre. Lui sfogava in rabbia e scontrosità. Non doveva essere facile per lui.

- E tu che ne sai? – sbottò innervosito. Lene evitò di sbuffare ma non di alzare gli occhi al cielo, come al solito finiva per scaricarsi su di lei!

- Perché se non gliene importasse nulla di te non ti direbbe niente! – esclamò con ovvietà e lui tacque – E se posso darti un consiglio – azzardò titubante, non sapeva come avrebbe reagito – Dovresti parlargli, dirgli cosa ti fa star male cosicché lui possa evitare di farlo –

- La comunicazione non è mai stata né il mio né il suo forte –

- Beh dovevate pur avere qualcosa in comune – sorrise dolcemente – I testoni – scherzò – Proprio perché hai preso il suo carattere, dovresti sapere quanto è difficile farvi entrare in testa una cosa e se tu non fai altro che ringhiare come può lui capirlo, soprattutto se già non è predisposto a farlo? – lui non la guardava più, stranamente concentrato verso la tv, spenta. Ma lei tentò ancora – Tentar non nuoce infondo. Tuo padre ti vuole bene, criticarti è solo un modo per esprimere le sue preoccupazioni e tu non puoi giudicarlo se sei il primo ad esprimere quello che prova in maniera, onestamente, al quanto contraddittoria – incrociò ancora i suoi occhi che però le saettarono addosso con un cipiglio minaccioso e capì che era il momento migliore per tapparsi la bocca. Si rasserenò dopo che lo vide porle un leggero sorriso, ma quando il silenzio cadde nella sua imbarazzante veste tra loro, capì che lui non avrebbe gradito riaprire il discorso. Siccome capiva perfettamente quando era il momento di farsi da parte decise di adottare un'altra tattica - Basta parlare, cosa vuoi fare nella tua serata noiosa? – balzò giù dal divano con finta atleticità, pronta a movimentare la serata. L'ora delle confessioni scomode era finita.

- Cosa proponi? – chiese tornando del tutto presente. Era finalmente rilassato, sapeva che volente o nolente nel merito lei sarebbe sempre rientrata. Era sempre stata disposta ad aiutarlo o almeno a fare qualcosa per lui, per fargli capire che non era solo, che avrebbe sempre potuto contare su di lei, e questo per lui significava un affetto sincero. Ma anche grave fattore di dipendenza, segno che non avrebbe mai voluto fare a meno di lei. Ancora una volta fu assorbito dal desiderio di prenderla per mano e cominciare a camminare insieme verso una strada sconosciuta. Desiderò affidare a lei ogni frammento di sé.

Respirerò l'odore dei granai, pace per chi ci sarà. Pioggia sarò e pioggia tu sarai. Nuove distanze ci riavvicineranno, dall'alto di un cielo diamante. Impareremo a camminare, per mano insieme a camminare.

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