19.2
Quando gli altri tornarono in casa trovarono un'aria di pesante imbarazzo. Ancora il freddo muro era tornato eretto tra loro, forte delle loro immense paure ed incertezze.
La cena seguì lenta ed in un clima di apparente tranquillità. Harry non le aveva rivolto la parola durante tutta la cena, e stranamente le dispiaceva andare via senza aver chiarito. Si, ma chiarito cosa? La solita stupida! Il sesso era la cosa più cristallina che esistesse, si era lasciata andare come una ragazzina, ed ora doveva incassare la delusione che la investì quando notò di come i suoi occhi volutamente la evitassero. Neanche fosse un'appestata! E pensare che l'ultima volta era stata lei ad evitarlo. Quel brutto carciofo spennacchiato! Incapace di spegnere l'improvviso moto di rabbia, si diresse verso di lui seguendolo in cucina, prima di andare via, forse un po' troppo a passo di marcia, sembrava un soldato pronto ad arrestarlo! Contieniti, si disse una volta arrivata davanti a lui.
- Non mi saluti neanche? – chiese cercando di apparire spigliata.
- Perché t'interessa? – rispose infastidito
- Mi sembra ovvio – rimbeccò acida. Meno male che si era ripromessa calma!
- L'unica cosa ovvia è che ti piace tanto fare la santarellina e poi invece salti addosso a chiunque – la voce era uno sputo di supponenza mirato a ferirla. Si era sentito, si sentiva perduto, incapace di resistere a lei e al suo richiamo, perso nel desiderio di averla, di possedere non solo il suo corpo, ma anche il suo cuore. La sentiva sciogliersi lentamente nelle sue braccia, mentre anche il suo cuore si scioglieva con lei attirato da quell'improvvisa felicità. Poi una volta finito tutto, tornava fredda e distaccata, intenta solo ad allontanarsi da lui il più velocemente possibile e non riusciva più a sopportarlo. Quella rabbia come sempre non faceva altro che tramutarsi in insulti – Sei soltanto una .... – l'ultima accusa gli restò strozzata nella gola mentre la sua testa era stata voltata dalla forza del suo schiaffo. Quando tornò a guardarla i suoi occhi sembravano volerla bruciare, esattamente come quelli di lei desiderassero carbonizzare lui. Avrebbe dovuto prendere la porta ed andarsene, ed invece si era ritrovata a reagire e lo schiaffo era partito come un gesto automatico, il culmine della sua resistenza. Non avrebbe dovuto curarsi di ciò che pensava lui di lei, ma ormai stupida lo sarebbe stata ad ostinarsi di voler negare l'impossibilità di tornare indietro, ormai troppo coinvolta per fingere di non esserlo.
- Smettila di darmi schiaffi! – ordinò portandosi una mano sulla guancia arrossata, ma la ragazza gli aveva gia dato le spalle sbattendo la porta con la classica forza, alimentata di rabbia sotto gli occhi perfettamente consapevoli dei suoi amici. Voleva solo andare a casa, a darsi ancora per un milione di volte dell'idiota per non essere riuscita ad evitare tutto quello, anzi per averlo voluto, cercato, desiderato.
- Sei ancora convinto della tua idea? – Nils ridusse la voce ad un sussurro.
- Più di prima forse – Gigi aveva osservato sottecchi la scena – Non lo vedi? Si stanno aprendo l'uno all'altro –
- Questo ormai è evidente – ridacchiò il biondo.
- Mi riferivo anche a qualcos'altro – sospirò – Secondo me le cose cambieranno in meglio – concluse pienamente convinto.
- Anche perché sarebbe difficile il contrario –
L'aria era gelida e una leggera pioggerella invernale cominciava a bagnarle la pelle scoperta del viso. I passi dell'inverno cadevano lenti e pesanti come quelli di un gigante stanco, accompagnati dall'ululare di un vento freddo ed incessante. Un'atmosfera da film horror, lei detestava gli horror, eppure quello sfondo tetro in quel momento era l'unica cosa degna di stare accanto al suo altrettanto tetro umore. Quel brutto idiota le stava dando della poco di buono! Non era mai stata una santa puritana, ma da quando...beh, da quando era successo, non aveva avuto più nessun incontro così ravvicinato con un uomo, seppur attraente che fosse, lei non era mai riuscita a sciogliersi. Le aveva sempre fatto paura. Temeva di potersi allontanare da lui, si sentiva morire al solo pensiero di poterlo dimenticare un giorno, di poter non ricordare il suono della sua voce, la luce dei suoi occhi, la morbidezza dei suoi capelli. Scacciò nervosamente la lacrima che aveva deciso di scivolare sul suo viso insieme alle gocce sempre più insistenti di pioggia. Era furiosa con se stessa e con lui. Con se stessa in primis, perché nonostante tutto non era mai riuscita a sottrarsi a lui, alle sue labbra, al suo corpo, e si sentiva in colpa. Ogni volta che poi lui si allontanava, lei ripiombava nel profondo baratro delle sue paure. Ed ogni volta che tornava, lei non trovava la forza per respingerlo e ricominciava da capo. Idiota! E naturalmente odiava lui, i suoi tatuaggi, la sua faccia, i suoi capelli, ok no, quelli no, i suoi dannati sbalzi di umore. Camminava sempre intenta a pensare, immersa nel suo mondo, senza guardarsi troppo intorno tanto che non si accorse del rumore di passi veloci che presto la raggiunsero. Harry bloccò la sua camminata afferrandola per un braccio.
- Mi dispiace – disse bruscamente prima che lei gli rivolgesse un'occhiata di fuoco.
- Lo stai dicendo troppo spesso –
- Troppo spesso combino casini –
- L'abbiamo combinato entrambi questa volta, prima dimentichiamo, meglio sarà! – continuava a camminare spedita sperando di raggiungere casa sua al più presto.
- Non mi riferivo a quello, ma a ciò che ti ho detto dopo – la fece voltare ancora, interrompendosi, notando lo sguardo completamente assente di lei, perso a scandagliare il vuoto – Non le pensavo davvero – ammise attirando la sua attenzione.
- Ne sei sicuro? Perché a me sembrava che fosse l'unica cosa di cui fossi pienamente convinto –
- Ero geloso, contenta? – riconobbe ancora il cipiglio attento e autoritario che caratterizzava i suoi occhi.
- Contenta? E perché dovrei? – rispose di getto – Di cosa diavolo eri geloso? –
- Avrei voluto vederti così sciolta con me – confessò in un sussurro, quasi spaventato da se stesso, dai suoi più nascosti desideri che pian piano venivano alla luce, forti e temerari – Ti ho vista cantare libera e spensierata, ma vorrei che lo facessi per me, con me – ammise in un sospiro, finalmente libero dal peso delle bugie e delle illusioni, delle paure e delle incertezze. Ma era davvero pronto ad aprirsi, ad accettare del tutto la forza della verità?
Il cuore della ragazza si sciolse quando capì dal suo imbarazzo quanto fosse sincero. Infondo litigare era il loro modo di dimostrarsi in qualche modo legati. Ufficialmente odiava anche il suo modo di riuscire sempre a farsi perdonare.
How I wish I could walk through the doors of my mind; hold memory close at hand, help me understand the years. How I wish I could choose between heaven and hell. How I wish I would save my soul. I'm so cold from fear. I guess it's time I run far, far away; find comfort in pain, all pleasure's the same: it just keeps me from trouble. I've heard what they say, but I'm not here for trouble. Far, far away; find comfort in pain. All pleasure's the same: it just keeps me from trouble. It's more than just words: it's just tears and rain.
Ancora una volta l'aveva inseguita, impossibile evitarlo ormai, doveva solo imparare a convivere con la nuova consapevolezza che si stava facendo largo dentro di sè, doveva solo smettere di odiare cosa lei era capace di fargli anche solo guardandolo. La pioggia silenziosa ancora s'infrangeva sull'asfalto, bagnandoli come pulcini, finché non giunsero alla meta più velocemente del previsto.
- Che fai? –
- Entro – lei gli lanciò uno sguardo obliquo assottigliando gli occhi, acquisiva un'aria da serial killer quando studiava e meditava sulle sue prede - Vorresti farmi tornare a casa a piedi dopo che ho vegliato su di te per tutto il cammino e sotto la pioggia? –
- Direi di si, se non fossi come te – frecciò prima di fargli un cenno di assenso e farlo accomodare a casa – Ma se ti aspetti un revival di poco fa puoi scordartelo -
- Allora ci pensi continuamente – ammiccò facendole l'occhiolino.
- Solo nei miei incubi, vado a prenderti degli asciugamani puliti nel caso volessi restare qui -
- Già mi mandi a letto? – protestò divertito - Non sei una brava padrona di casa -
- Che dovrei fare?! -
- Non lo so! Guardare un film per esempio, una cosa normale -
- Mmm allora ci vogliono anche i popcorn! – decise in un moto di allegria ritrovata – Aspetta però prima ti prendo gli asciugamani, non conviene stare così bagnati, vai in bagno ed usa il phon se necessario – lo avvertì prima di sparire al piano di sopra.
Bene, ancora una volta era capitolata davanti a lui, ed ora si ritrovava perfino agitata alla ricerca di un pigiama decente da mettere! Orsi no, conigli nemmeno, Cip e Ciop neanche, al diavolo! Possibile non avesse un pigiama normale?! O erano da bambini o troppo, eccessivamente anzi, sexy! Basta, stava impiegando troppo tempo, Cip e Ciop sia! Quando arrivò in bagno lo trovò gia occupato da un ragazzo alto e riccio che cercava di asciugarsi alla meglio i capelli con l'asciugamano. Rimase un secondo imbambolata come una scema, persa nella contemplazione delle sue braccia, scoperte, la maglietta a mezze maniche bianca era leggermente bagnata e riusciva ad intravedere i tatuaggi sul suo addome anche attraverso essa. Incolpò gli ormoni che dovevano essere impazziti, suicidati da una rupe cercando di raggiungere quella visione. Doveva sempre tenere a mente le ragazze urlanti, quell'effetto lui lo aveva su di loro, e lei non era una sua fan...chiaro?! Non riuscì però a frenare il sorriso che le piegò le labbra, era più una smorfia idiota, ma quell'improvviso flusso di allegria che le aveva scaldato il cuore era stato terapeutico, tanto da pregare che mai l'abbandonasse. Era una spruzzata di estate in un posto dove regnava un costante inverno, un giardino segreto nell'aridità delle città.
- Ma non hai freddo in pantaloncini? – le chiese facendola tornare in se, notando lo sguardo insistente del ragazzo sulle sue gambe. Quel pigiama era incredibilmente infantile, niente a che vedere con la lingerie sexy che aveva quella volta che era scappata da casa di suo padre dopo la festa. Eppure, o forse proprio per quello, gli venne un'enorme voglia di toglierglielo.
- Tanto avremo la coperta –
- Non ho trovato il phon – spiegò lui
- Eccolo... - disse quasi imbarazzata. Ma quando stava per passarglielo ritirò la mano – Posso? – chiese poi indicando l'attrezzo. Harry le lanciò un'occhiata dubbiosa accompagnata da un sopracciglio alzato.
- Mi hai preso per una bambola? – domandò divertito
- Giuro di non avere cattive intenzioni – si giustificò con un sorriso, fu a quello che lui si arrese.
Got a pocket full of sunshine, I've got a love and I know that it's all mine. Do what you want, but you're never gonna break me, sticks and stones are never gonna shake me. Take me away, a secret place, a sweet escape, take me away, take me away, to better days, take me away, a hiding place.
Una domanda in quel momento volteggiava nella testa di entrambi: ma come le era venuto in mente? Ma quando l'aria calda gli arrivò in testa e le delicate carezze di una mano accompagnare i capelli alla fonte di calore, sentì piena libertà di chiudere gli occhi e distendere i muscoli, godendosi a pieno quel momento di pace e tranquillità. Lo stesso accadde a lei nell'attimo in cui le sue dita entrarono in contatto con quei capelli zuppi d'acqua, era come se di quel massaggio stesse beneficiando anche lei, era come un antistress che, per fortuna, sembrò calmare perfino i suoi ormoni che sembravano di li a poco impazziti, la loro ultima richiesta prima del suicidio definitivo era quella di poter toccare, almeno un'ultima volta quei capelli. Come negare un ultimo desiderio ad un condannato a morte? La verità era che non avrebbe resistito ad osservarlo fare ciò che era impegnata a fargli lei al momento, lo trovava estremamente eccitante. In un battito di ciglia si ritrovò accaldata, con immagini poco caste impossessarsi della sua testa, già abbastanza in tumulto per via degli ormoni, tutto ciò stava minacciando che la situazione potesse sfuggirle di mano per l'ennesima volta. Diamine aveva già commesso quell'errore oggi, si era già abbandonata ai pensieri poco casti, rendendoli non più solo pensieri, ma fatti. Si era gia sentita in colpa, seppur non pentita completamente, per questo ancora più in colpa!
- Andiamo a fare i popcorn? – domandò cercando di tornare in possesso di almeno metà della sua lucidità. Prima di uscire il ragazzo si diede un'attenta occhiata allo specchio.
- Bel lavoro – le disse voltandosi per guardarla, pienamente soddisfatto – Considerati la mia ufficiale parrucchiera –
- Quale onore! – esclamò convinta cercando di evitare il suo sguardo e quindi di arrossire – Andiamo i popcorn ci attendono! – ritrovò il coraggio di guardarlo, superando l'imbarazzo che lei stessa aveva creato. Non era da lei nascondersi.
- Agli ordini! -
Peccato che nessuno dei due fosse esperto in preparazione di popcorn, tanto che la cucina si trasformò in un campo di battaglia in piena esplosione.
- Dovevi mettere il coperchio! – urlò evitando che quei cosi le finissero negli occhi, prima di nascondersi sotto al tavolo ancora con il coperchio in mano. Il riccio rise di gusto finché un popcorn gli finì in bocca e un altro tra i capelli che lo costrinse a rintanarsi sotto al tavolo, mentre lei si portava la mano alla bocca ridendo come poco prima aveva fatto lui. Pensò a quanto si fosse sbagliato, a quanto fosse stato cieco a non vedere quanto lei in certi momenti, anche quelli più strani, si rilassasse con lui fino ad abbandonare ogni corazza e mostrarsi per chi fosse in realtà. Un pazza scalmanata. Ed era proprio in questi spiragli di luce che ogni volta lui entrava con decisione fino ad imporre nient'altro che la forza della loro attrazione reciproca che si scontrava.
Ogni tuo pensiero, ogni singolo movimento, ogni tuo silenzio ogni giorno di più io provo in tutto quel che fai, io vedo in tutto quel che sei la ragazza che da sempre è stata nei sogni miei e tutto quanto il mondo intorno è più blu, non c'è neanche una salita quando ci sei tu, per fortuna che ci sei. Sei la più bella del mondo, la più bella per me.
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