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Il pulman le aveva offerto l'affascinante panoramica dei paesaggi inglesi, che non si sarebbe mai stancata di ammirare nei loro colori, nelle loro sfumature uniche. Stava tornado a Runcorn dopo una settimana di assenza, era stata in Italia per il compleanno della mamma, e l'aveva aiutata a sentirsi più leggera, di nuovo pronta a riaffrontare la sua nuova vita. Serrò gli occhi sperando di non vederlo, sperando che le stesse lontano, temendo che davanti a lui ogni barriera crollasse. Aveva cercato di dimenticare, di non pensare, ma ancora una volta restava sopraffatta dai ricordi, in questo caso anche troppo recenti. Ricordò ancora i suoi occhi quando l'aveva vista al cimitero, osservandola come mai prima, constatazione che fece riemergere di nuovo la sua rabbia, che decise immediatamente di soffocare. Aveva toccato il fondo, e per lei non esisteva più, cancellato dalla sua mente insieme a tutto ciò che lo aveva riguardato. Si aprì alla modalità: cancellazione Steidel. Ma come al solito sarebbe stato troppo facile che le cose andassero secondo i suoi calcoli.
What do you do when you're stuck, because the one that you love, has pushed you away, and you can't deal with the pain? And now you're trying to fix me, mend what he did, and find the piece that i' m missing, but I still miss him, oh I miss him, I miss him i' m missing him and you're sitting in the front row, wanna be first in line, waiting by my window, giving me all your time, you could be my hero, if only I could let go, but his love is still in me, like a broken arrow.
Quando la porta venne velocemente aperta, si trovò una schiera di persone che mai si sarebbe aspettata. Gigi, Nils, Noemi, Chris, Luke e...anche lui. Harry. Cercò di riabbracciare la politica sviscerata minuziosamente nel pullman, tentando di evitare il suo sguardo come se avesse potuto rubarle la vista al solo contatto. Peccato che quel pallone gonfiato osasse guardarla, esaminarla quasi scrutandola, in un modo talmente palese che non riuscì a non regalargli uno sguardo truce e di disappunto. Cancellarlo dalla sua vita non si stava prospettando affatto facile.
- Ben tornata! – urlarono quasi tutti in coro.
- Grazie ragazzi! –
- Allora stasera si cena tutti qui, abbiamo cucinato noi – decretò Gigi
- Fantastico! Muoio di fame! –
- Attenti che allora si mangerà anche il tavolo! – la prese in giro Luke.
- Come ti permetti! – strillò dandogli un buffetto sul braccio.
Per fortuna nessuno accennò a quella storia. Alla sua storia.
- E dopo cena abbiamo organizzato una sfida all'ultimo sangue a....rullo di tamburi grazie! – urlò facendola ridere – Tappo! –
- Merda! – lo corresse Noemi
- Adoro quel gioco! – esclamò saltellante .
L'unico problema fu che finì seduta tra Nils ed Harry, ancor peggio durante la partita, era il biondo a doverle passare le carte, che puntualmente non arrivavano.
- Non vale Nils non mi passa le carte! – protestò come una bambina.
- Non so quale! Dammi tempo! – si lamentò il biondo.
- Nel frattempo hanno già fatto Tappo! –
- Merda!!! – puntualizzò Chris
- Si, è lo stesso! E tra l'altro metà tavolo resta bloccato –
- Neanche a me arrivano le carte – la sua voce rimbombò nel salotto, la investì come una doccia gelida.
Era andato li apposta, voleva, doveva vederla. Sapeva che sarebbe stata dura farsi perdonare da lei e il suo sguardo gelido ne fu la terribile conferma. Trasalì al pensiero che forse lei non sarebbe mai più stata la stessa con lui, tremò temendo che sarebbe voluta uscire dalla sua vita. Si era reso abbastanza ridicolo quella settimana, crogiolandosi in quel dolore, chiedendo informazioni e perfino imbucandosi in quella serata, dove chiaramente non sarebbe mai stato invitato. Tutto per vederla, per obbligarla a concedergli un'altra opportunità. Aveva promesso a se stesso che se lei lo avesse perdonato, avrebbe cominciato ad abbracciare l'idea di ammettere che effettivamente lei non gli era indifferente, aveva promesso a se stesso che avrebbe cominciato ad assecondare gli impulsi dettati dal suo cuore, se solo fosse riuscito a curarlo.
Lene non si voltò neppure, continuando ad ignorare la sua presenza .
- Nils adesso basta dammela! – ordinò tentando di strappargli la carta di mano che il biondo difese prontamente.
- No aspetta! - scoppiarono tutti a ridere quando Chris lanciò un cuscino contro i due contendenti dando il via alla quarta guerra dei cuscini, che finì solo quando le piume d'oca cominciarono a volare nell'aria. Lene corse in cucina a prendere l'acqua, senza accorgersi che qualcuno silenziosamente l'aveva seguita.
- E' salvo – disse riferendosi al cuscino che lei riconobbe come il famoso raviolo. Decise di ignoralo ancora, ma questa volta lui era pronto ad imporle la sua presenza
- Lene... - cominciò avvicinandosi a lei, era la prima volta che pronunciava il suo nome, e non poté non pensare quanto fosse bello e giusto quel nome sulla sua bocca. Fu come se una bufera lo avesse ghiacciato quando la vide ritrarsi istintivamente, senza lasciargli il tempo di formulare una possibile quanto plausibile scusa.
- Non dirlo -
- Cosa? -
- Che ti dispiace – gli occhi incrociarono i suoi in un attacco spavaldo e temerario. Quei maledetti occhi - Non dirlo – così dicendo si allontanò velocemente lasciandolo solo in cucina con il raviolo. Se credeva che si sarebbe arreso si sbagliava di grosso.
Stava tornando dallo studio di registrazione, conosceva a memoria la strada, e ormai aveva scoperto che anche qualcun altro passeggiava spesso per quelle strade. Istintivamente guardò oltre il finestrino, cercandola. Sbuffò sapendo che era difficile, se non impossibile incontrarla casualmente. Ma il destino muove le sue pedine come un vecchio matto convinto di giocare a scacchi sul tabellone della dama, creando strane ed irripetibili casualità.
- Che ci fai in giro a quest'ora? - chiese lui, sporgendosi dal finestrino con un sorriso sornione, nessuna risposta - Hai perso la lingua? – domandò con un tono di falsa irritazione. Era fermamente convinto che se voleva vedere una reazione da lei doveva partire sul piede di guerra. Aveva imparato che non si sarebbe mai tirata indietro.
- Vattene – qualcuno doveva averla presa di mira: non era matematicamente possibile che, tra tutti i posti della città, lei dovesse incontrarlo casualmente per strada. Non bastava vederlo alle feste o in casa? Guardò il cielo, si vergognava di provare tanto astio e insieme tanta attrazione verso qualcuno, in entrambi i casi era sbagliato e incredibilmente pericoloso.
- Troppo bello per essere vero – ghignò nel vederla voltarsi di scatto solo per fulminarlo con lo sguardo - Sali ti porto io a casa -
- No grazie – rispose acida continuando a camminare dritta per la sua strada.
- Non fare la bambina – replicò continuando a seguirla con la macchina muovendosi a passo d'uomo.
- Cos'è, ti senti in colpa? – insinuò dimentica dell'idea di ignorarlo, proprio non ce la faceva a tapparsi quella boccaccia - Non ho bisogno della tua pietà, continua a trattarmi come hai sempre fatto, anzi se vuoi proprio farmi un favore, per ripulirti la coscienza, evitami! -
- Nessuna pietà, resti sempre la persona insopportabile che eri – scherzò, se aveva ricominciato ad attaccarlo significava che poteva tornare a sperare che lo perdonasse.
- Ha parlato mr simpatia, buona serata! – tentò di liquidarlo ancora, ma Harry continuava a seguirla.
- Entra, è pericoloso -
- Non ho bisogno del babysitter! -
- Possibile che devi fare sempre la difficile? Per una volta ce la puoi fare a dar retta senza obbiettare? – era sempre infastidito dalla sua testardaggine.
- Se si tratta di te no! – ribatté piccata. Aveva anche il coraggio di criticarla, proprio lui, quello che fino a qualche giorno prima l'aveva ingannata per poi attaccarla alle spalle. Ipocrita!
- Fai come vuoi – l'urlo fu attutito dal rumore delle gomme che sfrecciarono veloci sull'asfalto e senza neanche darle il tempo di registrare lui era già andato. Sospirò, lui continuava ad avere uno strano influsso su di lei, ogni volta che discuteva la fiamma dell'adrenalina accendeva le sue fibre una ad una, ma in quel momento non aveva niente di positivo. La infastidiva anche la sua sola presenza, figurarsi quando cominciava a parlarle anche solo per tentare di scusarsi. Troppo tardi, razza di babbeo. Doveva pensarci prima di rivolgerle quelle terribili accuse davanti a tutti. Cosa diamine gli sarebbe costato prenderla in disparte e chiedere spiegazioni? Nulla, eppure aveva preferito umiliarla. Un improvviso stridente rumore di freni, troppo vicino a lei la fece sobbalzare. Aggrottò la fronte quando ritrovò la stessa macchina, con la stessa testa dentro, e quegli stessi occhi che tornavano a guardarla vigili ed indagatori.
- Che diavolo! Mi hai spaventata! -
- Lo vedi che avevi paura? – ne approfittò lui fulmineo - Sali! -
- Ancora insisti? – sbuffò infastidita
- Non me ne vado, è inutile – la sfidò e lei roteò gli occhi. Non si sarebbe liberata di lui se non entrando in quella stupida macchina. Così sia allora.
- E va bene, ma non parlarmi! – disse sbattendo con forza la portiera.
- Sarà un piacere! – ghignò lui soddisfatto.
I primi minuti volarono velocemente, rubati dal silenzio. Lene teneva gli occhi ancorati fuori al finestrino, mentre Harry appena poteva le lanciava occhiate veloci. Avrebbe voluto continuare a parlare, ma sapeva che qualsiasi cosa le avesse detto, lei gli si sarebbe rivoltata contro. Poi improvvisamente il suono della sua voce rimbombò nelle orecchie, freddo e duro.
- Mi fai schifo – sputò. Ancora una volta i buoni propositi di pacifico silenzio erano crollati.
- Non avevi detto di non parlare? – ribatté divertito
- Cerchi di fare il gentile solo per pietà -
- Cavolo non mi riesce molto bene – ghignò ancora lui. Aveva perfino sentito la mancanza dei suoi insulti.
- Sei un falso ipocrita, hai finto di essere mio amico solo per ingannarmi ed intanto fare ricerche su di me! – esclamò indignata dalle sue stesse parole. Ma come aveva potuto, avrebbe voluto aggiungere, ma sarebbe risultato troppo patetico.
- Non ho fatto ricerche, è stato un caso! – si difese lui
- Sei la cosa più disgustosa che abbia mai incontrato -
- Non ho finto affatto! – scattò lui, seriamente intenzionato a chiarire quella scomoda situazione - Ci siamo sempre trattati male! Poi qualcosa è cambiato e lo sai anche tu -
- Non cercare di cambiare discorso! – inveì minacciosamente - Sei così subdolo! -
- E tu insopportabile – replicò serio e lei si sentì punta.
- Già, ma non come prima, vero? – chiese sarcastica
- Illusa! – le rivolse un sorriso sghembo.
- Allora perché insistere nel darmi il passaggio? – chiese con il chiaro intento di provocarlo.
- Vuoi scendere? -
- Lo vedi?! – sbottò - Eludi la domanda! -
- Non dovevamo stare in silenzio? – questa volta fu lui che desiderò provocarla, ma ormai sapeva che non avrebbe smesso così facilmente.
- Fai schifo – Harry ghignò sempre più divertito.
- Anche tu! -
- Mai quanto te! – replicò sbigottita. Ma come si permetteva! Quel sorrisetto da idiota le stava facendo venire i nervi. Cosa credeva? Che fosse tutto un gioco? Illuso! - Cerchi addirittura di fare il complice! – disse alzando la voce.
- Sicura di riferirti a me? – ma lui continuava ad essere tranquillo.
- Ancora! -
- Ti sto solo prendendo in giro – si difese puntando per un attimo gli occhi nei suoi. Calore, era calore furioso della continua sfida che accendeva qualcosa di più profondo e segreto. Qualcosa di proibito. Un fuoco segreto che bruciava il sangue e legava indissolubile le sorti di due vite che presto si sarebbero tinte di un nome antico quanto gli dei. Amanti.
- Stai cercando di fare pace solo per pietà – per la prima volta Lene fu contenta di non dover reggere il suo sguardo, era stranamente caldo e determinato.
- Perché mi sono reso conto che è abbastanza divertente – continuò mesto riportando l'attenzione alla strada.
- Bugiardo! – urlò - Non ci posso pensare! – batté i pugni sulle cosce - Ti sei lamentato che le persone ti usano e poi tu fai lo stesso? Sei più viscido di un serpente! -
- Ti sto dicendo che non ero finto!! – disse lui alzando la voce, ma perché non lo ascoltava?
- Che schifo, ed io come un pollo ti ho anche parlato di...aaaarg – ringhiò tornando a guardare fuori dal finestrino.
- Mi ascolti o no? – sbottò facendole riportare l'attenzione su di sè - Sicura sia per quello? O perché sei venuta a letto con me? – seppe di aver colpito a fondo quando la vide strabuzzare gli occhi ed arrossire fino alla punta dei capelli. A quella visione così apparentemente innocente anche il suo corpo reagì.
- Entrambi! – urlò sbigottita. Come si permetteva di tirare in ballo quella dannatissima notte?! Villano, era un colpo basso!
- Non ti ho usata, lo volevo! – ammise con convinzione.
Lene rimase colpita, in qualche modo scioccata. Un fulmine le attraversò la mente insinuandole la cruda verità che anche lei l'aveva voluto. Stupida coscienza! Rimase attonita, aprì la bocca per dire qualcosa, una protesta o qualcosa di simile, ma la richiuse subito dopo. In quel momento la macchina trovò la sua meta. Lene si costrinse alla calma.
Erano fermi, ma lui continuava a guardare dritto davanti a se, ancora non era riuscito a spiegarsi come gli fosse venuto in mente di fare quella confessione. Lei era rimasta in silenzio, e quella combinazione non prometteva nulla di buono, inoltre lui si era scoperto. Si sentì estremamente vulnerabile.
- Guardami – ordinò risoluta e lui si voltò di scatto.
- Ti sto guardando –
- No! Guardami bene – pausa – Adesso dimmi che ciò che pensi di me non è cambiato alla luce di quello che hai saputo –
Harry rimase in silenzio. Certo che qualcosa era cambiato, non poteva essere altrimenti, ma non da quando aveva scoperto il suo segreto. La sua luce, ai suoi occhi era cambiata da tempo, e quella scoperta poteva solo ingrandire la forza che lei già possedeva. Era cambiata solo da quando il cuore aveva cominciato a desiderare che l'amore con cui custodiva il ricordo di quel ragazzo, potesse avvolgere anche lui con la stessa intensità, con la stessa devozione e passione. Il suo sguardo improvvisamente s'incupì, era stato rapito e l'unica cosa che gli restava da fare era tentare di sopravvivere.
- Non come pensi tu – soffiò e lei si accigliò di colpo.
- Fai schifo -
- Mi dispiace! - urlò
- Cavolo non dirlo! Non me ne faccio nulla della pietà di un falso ipocrita schifoso! – stava per aprire la portiera dell'auto ma lui la fermò artigliandole un braccio. La costrinse a voltarsi ancora.
- Sto dicendo che mi dispiace per come mi sono comportato! – ammise in un vago tentativo di scuse - Di quello che ti ho detto quella sera...mi dispiace. Non sto dicendo che ora mi comporterò in maniera diversa ma voglio solo che tu capisca che ho imparato già a sopportarti – si tirò i capelli con la mano libera costringendosi ad una pausa - Sei sempre la persona più logorroica e stressante che esista, ma pensavo davvero ogni parola che ho detto – ancora una pausa – Che tu ci creda o no, davvero è cambiato qualcosa ma non dall'altra sera – la sua voce si era tramutata in un tenue soffio, improvvisamente addolcita e tremante. Ma lei non diede alcun segno di cedimento, sebbene quelle parole l'avessero colpita così forte che se si fosse trovata in piedi le ginocchia avrebbero tremato. Serrò gli occhi un istante in più del necessario. Quelle parole non avrebbero dovuto toccarla così profondamente, non avrebbero dovuto farla vacillare in quel modo. Non avrebbero dovuto farle battere il cuore più forte, mentre una serie di sensazioni nuove e contrastanti si liberava dentro di lei.
- Provamelo – disse con una durezza che solitamente non le apparteneva. Harry sobbalzò sorpreso da quella richiesta.
- Come? -
- Se è vero quello che dici, d'ora in poi non parlarmi mai più – sputò con tutta la rabbia che possedeva addosso. Quando vide i suoi occhi quasi pregarla in un muto silenzio, scappò letteralmente via dall'auto. Non era pronta ad essere travolta dalla tristezza, dall'improvviso desiderio di perdonare, di ricominciare. Decise di combattere la voglia di voltarsi, di tornare indietro, represse il formicolio delle mani pronte ad accarezzare di nuovo la sua pelle. Desiderò che l'odio prendesse il sopravvento ancora una volta mentre i suoi occhi venivano segnati da una tiepida lacrima, innocente e fragile testimone che lentamente il suo cuore avrebbe preso il sopravvento.
L'amore è come un onda, bisogna imparare a cavalcarla o si rischia di rimanerne travolti senza sapere come riemergere.
Sapeva che lei era intenzionata a ferirlo in ogni modo possibile, era vendicativa anche più di lui, ma lentamente cominciava a perdere le speranze, continuava ad incassare quei colpi che facevano sempre più male. Sapeva che neanche volendo sarebbe riuscito a dimenticarla, a farla uscire spontaneamente dalla sua vita, e se fino ad allora era stato determinato e non rinunciarvi, adesso le sue speranze erano pressoché dimezzate. Ora ciò che restava era scendere a patti con il dolore al pensiero di averla persa, nonostante non fosse mai stata realmente sua.
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