16

16.

Il pulman le aveva offerto l'affascinante panoramica dei  paesaggi inglesi, che non si sarebbe mai stancata di ammirare nei loro  colori, nelle loro sfumature uniche. Stava tornado a Runcorn dopo una  settimana di assenza, era stata in Italia per il compleanno della mamma,  e l'aveva aiutata a sentirsi più leggera, di nuovo pronta a  riaffrontare la sua nuova vita. Serrò gli occhi sperando di non vederlo,  sperando che le stesse lontano, temendo che davanti a lui ogni barriera  crollasse. Aveva cercato di dimenticare, di non pensare, ma ancora una  volta restava sopraffatta dai ricordi, in questo caso anche troppo  recenti. Ricordò ancora i suoi occhi quando l'aveva vista al cimitero,  osservandola come mai prima, constatazione che fece riemergere di nuovo  la sua rabbia, che decise immediatamente di soffocare. Aveva toccato il  fondo, e per lei non esisteva più, cancellato dalla sua mente insieme a  tutto ciò che lo aveva riguardato. Si aprì alla modalità: cancellazione  Steidel. Ma come al solito sarebbe stato troppo facile che le cose  andassero secondo i suoi calcoli.

What do you do when you're  stuck, because the one that you love, has pushed you away, and you can't  deal with the pain? And now you're trying to fix me, mend what he did,  and find the piece that i' m missing, but I still miss him, oh I miss  him, I miss him i' m missing him and you're sitting in the front row,  wanna be first in line, waiting by my window, giving me all your time,  you could be my hero, if only I could let go, but his love is still in  me, like a broken arrow.









Quando la porta venne velocemente  aperta, si trovò una schiera di persone che mai si sarebbe aspettata.  Gigi, Nils, Noemi, Chris, Luke e...anche lui. Harry. Cercò di  riabbracciare la politica sviscerata minuziosamente nel pullman,  tentando di evitare il suo sguardo come se avesse potuto rubarle la  vista al solo contatto. Peccato che quel pallone gonfiato osasse guardarla, esaminarla quasi scrutandola, in un modo talmente palese che  non riuscì a non regalargli uno sguardo truce e di disappunto.  Cancellarlo dalla sua vita non si stava prospettando affatto facile.

- Ben tornata! – urlarono quasi tutti in coro.

- Grazie ragazzi! –

- Allora stasera si cena tutti qui, abbiamo cucinato noi – decretò Gigi

- Fantastico! Muoio di fame! –

- Attenti che allora si mangerà anche il tavolo! – la prese in giro Luke.

- Come ti permetti! – strillò dandogli un buffetto sul braccio.
Per fortuna nessuno accennò a quella storia. Alla sua storia.

- E dopo cena abbiamo organizzato una sfida all'ultimo sangue a....rullo di tamburi grazie! – urlò facendola ridere – Tappo! –

- Merda! – lo corresse Noemi

- Adoro quel gioco! – esclamò saltellante .

L'unico  problema fu che finì seduta tra Nils ed Harry, ancor peggio durante la  partita, era il biondo a doverle passare le carte, che puntualmente non  arrivavano.

- Non vale Nils non mi passa le carte! – protestò come una bambina.

- Non so quale! Dammi tempo! – si lamentò il biondo.

- Nel frattempo hanno già fatto Tappo! –

- Merda!!! – puntualizzò Chris

- Si, è lo stesso! E tra l'altro metà tavolo resta bloccato –

- Neanche a me arrivano le carte – la sua voce rimbombò nel salotto, la investì come una doccia gelida.

Era  andato li apposta, voleva, doveva vederla. Sapeva che sarebbe stata  dura farsi perdonare da lei e il suo sguardo gelido ne fu la terribile  conferma. Trasalì al pensiero che forse lei non sarebbe mai più stata la  stessa con lui, tremò temendo che sarebbe voluta uscire dalla sua vita.  Si era reso abbastanza ridicolo quella settimana, crogiolandosi in quel  dolore, chiedendo informazioni e perfino imbucandosi in quella serata,  dove chiaramente non sarebbe mai stato invitato. Tutto per vederla, per  obbligarla a concedergli un'altra opportunità. Aveva promesso a se  stesso che se lei lo avesse perdonato, avrebbe cominciato ad abbracciare  l'idea di ammettere che effettivamente lei non gli era indifferente,  aveva promesso a se stesso che avrebbe cominciato ad assecondare gli  impulsi dettati dal suo cuore, se solo fosse riuscito a curarlo.


Lene non si voltò neppure, continuando ad ignorare la sua presenza .

- Nils adesso basta dammela! – ordinò tentando di strappargli la carta di mano che il biondo difese prontamente.

-  No aspetta! -  scoppiarono tutti a ridere quando Chris lanciò un  cuscino contro i due contendenti dando il via alla quarta guerra dei  cuscini, che finì solo quando le piume d'oca cominciarono a volare  nell'aria. Lene corse in cucina a prendere l'acqua, senza accorgersi che  qualcuno silenziosamente l'aveva seguita.

- E' salvo – disse  riferendosi al cuscino che lei riconobbe come il famoso raviolo. Decise  di ignoralo ancora, ma questa volta lui era pronto ad imporle la sua  presenza

- Lene... - cominciò avvicinandosi a lei, era la prima  volta che pronunciava il suo nome, e non poté non pensare quanto fosse  bello e giusto quel nome sulla sua bocca. Fu come se una bufera lo  avesse ghiacciato quando la vide ritrarsi istintivamente, senza  lasciargli il tempo di formulare una possibile quanto plausibile scusa.

- Non dirlo -

- Cosa? -

-  Che ti dispiace – gli occhi incrociarono i suoi in un attacco  spavaldo e temerario. Quei maledetti occhi - Non dirlo – così dicendo si  allontanò velocemente lasciandolo solo in cucina con il raviolo. Se  credeva che si sarebbe arreso si sbagliava di grosso.









Stava  tornando dallo studio di registrazione, conosceva a memoria la strada, e  ormai aveva scoperto che anche qualcun altro passeggiava spesso per  quelle strade. Istintivamente guardò oltre il finestrino, cercandola.  Sbuffò sapendo che era difficile, se non impossibile incontrarla  casualmente. Ma il destino muove le sue pedine come un vecchio matto  convinto di giocare a scacchi sul tabellone della dama, creando strane  ed irripetibili casualità.

- Che ci fai in giro a quest'ora? -  chiese lui, sporgendosi dal finestrino con un sorriso sornione, nessuna  risposta - Hai perso la lingua? – domandò con un tono di falsa  irritazione. Era fermamente convinto che se voleva vedere una reazione  da lei doveva partire sul piede di guerra. Aveva imparato che non si  sarebbe mai tirata indietro.

- Vattene – qualcuno doveva averla  presa di mira: non era matematicamente possibile che, tra tutti i posti  della città, lei dovesse incontrarlo casualmente per strada. Non bastava  vederlo alle feste o in casa? Guardò il cielo, si vergognava di provare  tanto astio e insieme tanta attrazione verso qualcuno, in entrambi i  casi era sbagliato e incredibilmente pericoloso.

- Troppo bello  per essere vero – ghignò nel vederla voltarsi di scatto solo per  fulminarlo con lo sguardo - Sali ti porto io a casa -

- No grazie – rispose acida continuando a camminare dritta per la sua strada.

- Non fare la bambina – replicò continuando a seguirla con la macchina muovendosi a passo d'uomo.

-  Cos'è, ti senti in colpa? – insinuò dimentica dell'idea di ignorarlo,  proprio non ce la faceva a tapparsi quella boccaccia - Non ho bisogno  della tua pietà, continua a trattarmi come hai sempre fatto, anzi se  vuoi proprio farmi un favore, per ripulirti la coscienza, evitami! -

-  Nessuna pietà, resti sempre la persona insopportabile che eri –  scherzò, se aveva ricominciato ad attaccarlo significava che poteva  tornare a sperare che lo perdonasse.

- Ha parlato mr simpatia, buona serata! – tentò di liquidarlo ancora, ma Harry continuava a seguirla.

- Entra, è pericoloso -

- Non ho bisogno del babysitter! -

-  Possibile che devi fare sempre la difficile? Per una volta ce la puoi  fare a dar retta senza obbiettare? – era sempre infastidito dalla sua  testardaggine.

- Se si tratta di te no! – ribatté piccata. Aveva  anche il coraggio di criticarla, proprio lui, quello che fino a qualche  giorno prima l'aveva ingannata per poi attaccarla alle spalle. Ipocrita!

-  Fai come vuoi – l'urlo fu attutito dal rumore delle gomme che  sfrecciarono veloci sull'asfalto e senza neanche darle il tempo di  registrare lui era già andato. Sospirò, lui continuava ad avere uno  strano influsso su di lei, ogni volta che discuteva la fiamma  dell'adrenalina accendeva le sue fibre una ad una, ma in quel momento  non aveva niente di positivo. La infastidiva anche la sua sola presenza,  figurarsi quando cominciava a parlarle anche solo per tentare di  scusarsi. Troppo tardi, razza di babbeo. Doveva pensarci prima di  rivolgerle quelle terribili accuse davanti a tutti. Cosa diamine gli  sarebbe costato prenderla in disparte e chiedere spiegazioni? Nulla,  eppure aveva preferito umiliarla. Un improvviso  stridente rumore di  freni, troppo vicino a lei la fece sobbalzare. Aggrottò la fronte quando  ritrovò la stessa macchina, con la stessa testa dentro, e quegli stessi  occhi che tornavano a guardarla vigili ed indagatori.

- Che diavolo! Mi hai spaventata! -

- Lo vedi che avevi paura? – ne approfittò lui fulmineo - Sali! -

- Ancora insisti? – sbuffò infastidita

-  Non me ne vado, è inutile – la sfidò e lei roteò gli occhi. Non si  sarebbe liberata di lui se non entrando in quella stupida macchina. Così  sia allora.

- E va bene, ma non parlarmi! – disse sbattendo con forza la portiera.

- Sarà un piacere! – ghignò lui soddisfatto.


I  primi minuti volarono velocemente, rubati dal silenzio. Lene teneva gli  occhi ancorati fuori al finestrino, mentre Harry appena poteva le  lanciava occhiate veloci. Avrebbe voluto continuare a parlare, ma sapeva  che qualsiasi cosa le avesse detto, lei gli si sarebbe rivoltata  contro. Poi improvvisamente il suono della sua voce rimbombò nelle  orecchie, freddo e duro.

- Mi fai schifo – sputò. Ancora una volta i buoni propositi di pacifico silenzio erano crollati.

- Non avevi detto di non parlare? – ribatté divertito

- Cerchi di fare il gentile solo per pietà -

- Cavolo non mi riesce molto bene – ghignò ancora lui. Aveva perfino sentito la mancanza dei suoi insulti.

-  Sei un falso ipocrita, hai finto di essere mio amico solo per  ingannarmi ed intanto fare ricerche su di me! – esclamò indignata dalle  sue stesse parole. Ma come aveva potuto, avrebbe voluto aggiungere, ma  sarebbe risultato troppo patetico.

- Non ho fatto ricerche, è stato un caso! – si difese lui

- Sei la cosa più disgustosa che abbia mai incontrato -

-  Non ho finto affatto! – scattò lui, seriamente intenzionato a chiarire  quella scomoda situazione -  Ci siamo sempre trattati male! Poi qualcosa  è cambiato e lo sai anche tu -

- Non cercare di cambiare discorso! – inveì minacciosamente - Sei così subdolo! -

- E tu insopportabile – replicò serio e lei si sentì punta.

- Già, ma non come prima, vero? – chiese sarcastica

- Illusa! – le rivolse un sorriso sghembo.

- Allora perché insistere nel darmi il passaggio? – chiese con il chiaro intento di provocarlo.

- Vuoi scendere? -

- Lo vedi?! – sbottò - Eludi la domanda! -

-  Non dovevamo stare in silenzio? – questa volta fu lui che desiderò  provocarla, ma ormai sapeva che non avrebbe smesso così facilmente.

- Fai schifo – Harry ghignò sempre più divertito.

- Anche tu! -

-  Mai quanto te! – replicò sbigottita. Ma come si permetteva! Quel  sorrisetto da idiota le stava facendo venire i nervi. Cosa credeva? Che  fosse tutto un gioco? Illuso! - Cerchi addirittura di fare il complice! –  disse alzando la voce.

- Sicura di riferirti a me? – ma lui continuava ad essere tranquillo.

- Ancora! -

-  Ti sto solo prendendo in giro – si difese puntando per un attimo gli  occhi nei suoi. Calore, era calore furioso della continua sfida che  accendeva qualcosa di più profondo e segreto. Qualcosa di proibito. Un  fuoco segreto che bruciava il sangue e legava indissolubile le sorti di  due vite che presto si sarebbero tinte di un nome antico quanto gli dei.  Amanti.

- Stai cercando di fare pace solo per pietà – per la  prima volta Lene fu contenta di non dover reggere il suo sguardo, era  stranamente caldo e determinato.

- Perché mi sono reso conto che è abbastanza divertente – continuò mesto riportando l'attenzione alla strada.

-  Bugiardo! – urlò - Non ci posso pensare! – batté i pugni sulle cosce -  Ti sei lamentato che le persone ti usano e poi tu fai lo stesso? Sei più  viscido di un serpente! -

- Ti sto dicendo che non ero finto!! – disse lui alzando la voce, ma perché non lo ascoltava?

- Che schifo, ed io come un pollo ti ho anche parlato di...aaaarg – ringhiò tornando a guardare fuori dal finestrino.

-  Mi ascolti o no? – sbottò facendole riportare l'attenzione su di sè -  Sicura sia per quello? O perché sei venuta a letto con me? – seppe di  aver colpito a fondo quando la vide strabuzzare gli occhi ed arrossire  fino alla punta dei capelli. A quella visione così apparentemente  innocente anche il suo corpo reagì.

- Entrambi! – urlò sbigottita. Come si permetteva di tirare in ballo quella dannatissima notte?! Villano, era un colpo basso!

-  Non ti ho usata, lo volevo! – ammise con convinzione.

Lene rimase  colpita, in qualche modo scioccata. Un fulmine le attraversò la mente  insinuandole la cruda verità che anche lei l'aveva voluto. Stupida  coscienza! Rimase attonita, aprì la bocca per dire qualcosa, una  protesta o qualcosa di simile, ma la richiuse subito dopo. In quel  momento la macchina trovò la sua meta. Lene si costrinse alla calma. 
Erano fermi, ma lui continuava a guardare dritto davanti a se, ancora  non era riuscito a spiegarsi come gli fosse venuto in mente di fare  quella confessione. Lei era rimasta in silenzio, e quella combinazione  non prometteva nulla di buono, inoltre lui si era scoperto. Si sentì  estremamente vulnerabile.

- Guardami – ordinò risoluta e lui si voltò di scatto.

- Ti sto guardando –

- No! Guardami bene – pausa – Adesso dimmi che ciò che pensi di me non è cambiato alla luce di quello che hai saputo –

Harry  rimase in silenzio. Certo che qualcosa era cambiato, non poteva essere  altrimenti, ma non da quando aveva scoperto il suo segreto. La sua luce,  ai suoi occhi era cambiata da tempo, e quella scoperta poteva solo  ingrandire la forza che lei già possedeva. Era cambiata solo da quando  il cuore aveva cominciato a desiderare che l'amore con cui custodiva il  ricordo di quel ragazzo, potesse avvolgere anche lui con la stessa  intensità, con la stessa devozione e passione. Il suo sguardo  improvvisamente s'incupì, era stato rapito e l'unica cosa che gli  restava da fare era tentare di sopravvivere.

- Non come pensi tu – soffiò e lei si accigliò di colpo.

- Fai schifo -

- Mi dispiace! - urlò

-  Cavolo non dirlo! Non me ne faccio nulla della pietà di un falso  ipocrita schifoso! – stava per aprire la portiera dell'auto ma lui la  fermò artigliandole un braccio. La costrinse a voltarsi ancora.

-  Sto dicendo che mi dispiace per come mi sono comportato! – ammise in un  vago tentativo di scuse - Di quello che ti ho detto quella sera...mi  dispiace. Non sto dicendo che ora mi comporterò in maniera diversa ma  voglio solo che tu capisca che ho imparato già a sopportarti – si tirò i  capelli con la mano libera costringendosi ad una pausa - Sei sempre la  persona più logorroica e stressante che esista, ma pensavo davvero ogni  parola che ho detto – ancora una pausa – Che tu ci creda o no, davvero è  cambiato qualcosa ma non dall'altra sera – la sua voce si era tramutata  in un tenue soffio, improvvisamente addolcita e tremante. Ma lei non  diede alcun segno di cedimento, sebbene quelle parole l'avessero colpita  così forte che se si fosse trovata in piedi le ginocchia avrebbero  tremato. Serrò gli occhi un istante in più del necessario. Quelle parole  non avrebbero dovuto toccarla così profondamente, non avrebbero dovuto  farla vacillare in quel modo. Non avrebbero dovuto farle battere il  cuore più forte, mentre una serie di sensazioni nuove e contrastanti si  liberava dentro di lei.

- Provamelo – disse con una durezza che solitamente non le apparteneva. Harry sobbalzò sorpreso da quella richiesta.

- Come? -

-  Se è vero quello che dici, d'ora in poi non parlarmi mai più – sputò  con tutta la rabbia che possedeva addosso. Quando vide i suoi occhi  quasi pregarla in un muto silenzio, scappò letteralmente via dall'auto.  Non era pronta ad essere travolta dalla tristezza, dall'improvviso  desiderio di perdonare, di ricominciare. Decise di combattere la voglia  di voltarsi, di tornare indietro, represse il formicolio delle mani  pronte ad accarezzare di nuovo la sua pelle. Desiderò che l'odio  prendesse il sopravvento ancora una volta mentre i suoi occhi venivano  segnati da una tiepida lacrima, innocente e fragile testimone che  lentamente il suo cuore avrebbe preso il sopravvento.

L'amore è come un onda, bisogna imparare a cavalcarla o si rischia di rimanerne travolti senza sapere come riemergere.

Sapeva  che lei era intenzionata a ferirlo in ogni modo possibile, era  vendicativa anche più di lui, ma lentamente cominciava a perdere le  speranze, continuava ad incassare quei colpi che facevano sempre più  male. Sapeva che neanche volendo sarebbe riuscito a dimenticarla, a  farla uscire spontaneamente dalla sua vita, e se fino ad allora era  stato determinato e non rinunciarvi, adesso le sue speranze erano  pressoché dimezzate. Ora ciò che restava era scendere a patti con il  dolore al pensiero di averla persa, nonostante non fosse mai stata  realmente sua.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top