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14.

Aveva   trascorso quei tre giorni evitando in tutti i modi  di recarsi a casa   dei ragazzi, rinchiusa in un mutismo di pentimento  ed angoscia. Si era   stufata di darsi continuamente della stupida, ma  ormai era innegabile:   lo era! Ed ora era inutile piangersi addosso. 
Aveva trascorso quei   giorni tentando in ogni modo di non pensare,  aveva commesso l'unico   irrimediabile errore che aveva sempre creduto  di non poter fare! Inoltre   il fatto che quel ragazzo la detestasse  peggiorava a dir poco la sua   stabilità mentale, o almeno quel poco che  ne era rimasto. Eppure ogni   volta che la sua mente ripercorreva il  ricordo di quella notte,   perdendosi nel suo tocco, nella sua pelle,  nei suoi baci, arrossiva,   mentre il suo cuore tentava invano di  ingannare i secondi regolati dal   suo battito. Era una stupida di  dimensioni cosmiche. Non era neanche più   riuscita ad andare da lui, e  come avrebbe potuto dopo quello che aveva   fatto? Aveva giurato a se  stessa, a lui perfino, che solo lui avrebbe   regnato nel suo cuore, che  quello sarebbe stato per sempre il suo  posto,  il suo riferimento, la  sua unica ragione, ed invece si era data  ad un  altro, nella piena  coscienza delle sue facoltà mentali per  giunta! Ma  come aveva potuto. 
Aveva già scoperto che le lacrime non  finivano, alla  faccia di tutti  quegli scrittori che parlavano di  piangere talmente  tanto fino a  consumare tutte le lacrime. Bugiardi! Le  lacrime non  finivano proprio  per niente e lei ne era la triste  testimone. Aveva  giurato che lui  sarebbe stato il suo ultimo bacio, il  suo ultimo uomo, e  adesso aveva  mandato tutto al diavolo, insieme a ciò  che rimaneva della  sua sanità  mentale.
Le parve di sentire il cuore  rompersi come se fosse  morto  ancora una volta, cancellata perfino  l'ultima traccia di lui nel  suo  corpo. Singhiozzò silenziosamente  mentre le mani arpionavano con  forza  le coperte del letto, confusa e  disorientata per la prima volta  dopo  tanto tempo.
Inutile, era incapace  di portare a termine un  progetto,  qualsiasi esso fosse, lei lo  programmava e poi non lo  terminava. Ma  questa volta doveva essere  diverso, per un anno intero  aveva  allontanato chiunque le si fosse  avvicinato troppo, sebbene alcuni  di  questi fossero stati molto  attraenti ai suoi occhi, non era mai   riuscita a superare quel muro, non  aveva mai neanche desiderato farlo.   Invece ora non solo aveva  desiderato ma aveva anche agito! Si vergognò   con se stessa, si vergognò  con lui, sperando che potesse perdonare i   suoi errori, perché la sola  cosa che desiderava al momento era poter   ancora correre da lui.

Ho  bisogno d'incontrarti nel mio cuore, di   trovare te, di stare insieme a  te, unico riferimento del mio andare,  una  ragione tu, unico sostegno  tu. Al centro del mio cuore ci sei solo  tu.  Tutto ruota intorno a te,  in funzione di te, e poi non importa il  dove,  il come, il se. Che tu  splenda sempre al centro del mio cuore,  il  significato allora sarai tu.  Unico sostegno tu, la stella polare e  tu,  al centro del mio cuore ci  sei solo tu.





Quei giorni aveva  cercato  di tenersi il più  impegnata possibile, sperando nella  soluzione che  comprare, finire e  ricomprare una quantità di gelati da  far invidia ad  un supermercato,  potesse essere una magra consolazione.  Questi erano i  pensieri che  tormentavano una divoratrice di gelati a  uffo. Proprio  mentre  pregustava la fine dell'ennesimo cono, qualcuno  bussò alla porta.   Bussare? Chi ancora usava bussare? Una risposta  bionda la travolse in   un mare di buste e bustine.

- Scusa  bellezza ma siamo stati un po'   impegnati tra le interviste in radio ed  in tv! Non volevamo   abbandonarti - si scusò Nils provocandole un moto  di tenerezza.   Volevamo? Un ammasso di ricci castani si presentò  davanti a lei in tutta   la sua arroganza. Ma quanto era bello!
- Siamo  venuti per cena! Sei   contenta? -
Una Pasqua avrebbe voluto rispondere,  ma solo perché non era   ancora pronta a subire le conseguenze delle  sue scellerate azioni. Ed   ora il diavolo rivendicatore era proprio di  fronte a lei, stranamente   silenzioso. Lo salutò velocemente tentando  di nascondere il crescente   imbarazzo prima di sparire rapidamente in  cucina.

Era andato a   casa sua propriamente per  risolvere  l'imbarazzante situazione che si   era creata. Quando poi l'aveva vista  sulla porta sorridente come al   solito con tutti ed invece evitare i  suoi occhi, era stato un colpo che   lo aveva colto impreparato, quasi  quanto l'improvviso desiderio di   avventarsi ancora sulla sua bocca  come la più famelica delle belve.   L'aveva vista sparire in cucina con  il chiaro intento di evitarlo ancora   e l'ennesimo moto di rabbia lo  sconvolse. Non era abituato ad essere   ignorato, e con quella  convinzione accesa nella testa decise che, come   al solito, le avrebbe  imposto la sua presenza, non le avrebbe permesso   di far finta che non  esistesse.

Un rumore di passi veloci ma   cadenzati ruppe il  silenzio che aveva avvolto le sue riflessioni. Sapeva   chi fosse, fu la  curiosità più che il coraggio  a spingerla a cercare i   suoi occhi, e  quando li trovò rimase colpita nel riuscire a leggervi gli   stessi  identici turbamenti.


Cominciava seriamente a credere di   aver  imparato a conoscere qualche pezzo in più di lei, quando per    l'ennesima volta i loro occhi sembravano comunicare anche senza bisogno    di parole, capì che qualcosa aveva toccato anche lei.

Si    studiarono in silenzio, non erano pronti alla battaglia come al solito,    stranamente quella volta entrambi erano orientati verso la pace.  Quando   il ragazzo ritrovò la volontà di parlare, la sua voce uscì come  un   balbettio poco convinto e tremante.

- Sentì riguardo all'altra volta... – cominciò vagamente imbarazzato.

- Niente, Harry, non è successo niente l'altra volta - tentò di liquidarlo, solo il pensiero la faceva sentire sporca.

- Ti sei pentita – era un'affermazione, e più che sollievo, qualcosa di amaro si scontrò con i suoi pensieri.

- Si! – esclamò convinta - Non sarebbe dovuto succedere – qualcosa in lui esplose e la rabbia uscì come un vulcano in eruzione.

-    Non sembrava da come mi sei saltata addosso – sputò avvicinandosi -  Mi   lascia pensare che non ti sia data da fare solo con me -

Uno schiaffo deciso e ben piazzato si imbatté contro la sua guancia sinistra con un sonoro schiocco.

-    Non osare... – sbraitò inviperita - Cos'è, ti rode che non sia venuta  a   supplicarti di farlo ancora? Speravi che da questo momento in poi    sbavassi per te? Beh no! Anzi prima dimentichiamo quello che è  successo,   meglio è! -

- Sono d'accordo – si morse la lingua  tentando di   calmarsi. Quando s'impegnava aveva davvero una lingua  tagliente, e   quella volta aveva centrato perfettamente il punto, anche  se sapeva che   non si trattava solo di orgoglio maschile. Che diavolo!

-  Bene,   allora non parliamone più! – concluse per poi uscire dalla  cucina con i   suo ormai consueto passo di carica.
La cena  miracolosamente trascorse   tranquilla seppur tra silenzi imbarazzanti  ed occhiate omicide.






Una   volta a casa si buttò sul divano  pesantemente. Infastidito era la   definizione calzante del momento e  sembrava non essere stato il solo ad   aver colto quel suo stato  d'animo.

- Non sei contento – cominciò l'amico castano sedendosi accanto a lui. Cominciava ad abituarsi alle sue apparizioni improvvise.

- Si... – ammise sentendo il bisogno di sfogarsi con qualcuno.

-    Però? - Harry si limitò ad osservare un punto indistinto davanti a  sè,   incapace di rispondere - Però ti da fastidio che non sia venuta a   lodare  la tua performance sessuale e ti si sia appiccicata come fanno   tutte –  ora leggeva nel pensiero?
- Avrai fatto schifo amico – scherzò   Luke.

- Ma piantala -

- Sarà – sospirò - Ma secondo me non è quello -

- Allora cos'è, mr so tutto io – era ironico, ma decise di sfruttare le momentanee capacità sensitive dell'amico.

-    Ci rodi perché in fondo lei ti piace, ti è sempre piaciuta, e sempre    infondo, volevi che lei si avvicinasse a te -
....baggianate!

-  Non   dire cretinate! – mentì, ma si sentiva comunque infastidito  che  lei   avesse cancellato così facilmente quella notte, sarebbe dovuto  esserne   contento, invece gli rodeva, ma solo per orgoglio maschile. Si  come no.





I   giorni seguenti Harry aveva gia deciso che era  inutile rimuginare sul   passato ed invece fare la cosa che più gli  veniva meglio, ossia uscire   con una ragazza diversa ogni sera,  occupando il suo tempo tra i  numerosi  impegni di lavoro e quelli di  piacere. Aveva ricominciato a  frequentare  i posti più trendy e snob  della città, dove i paparazzi lo  braccavano, e  le ragazze vi si  recavano solo nella speranza di  avvicinarlo, ma la  cosa non sembrava  toccarlo. Era il bello della sua  vita.

Stava  aspettando la  ragazza con cui aveva appena  cominciato ad uscire da solo  un giorno,  quando rimase stupito  nell'incrociare una figura familiare,  proprio  quella che aveva cercato  di evitare in quei giorni. Prima che  potesse  ricominciare l'infinita  battaglia mentale sull'argomento "giusto  o no  farsi notare/ meglio  andarsene", seguì l'istinto. Si avvicinò a  lei,  che intanto gli dava le  spalle, con passo felpato, le sfiorò una   spalla e lei sussultò  impreparata. 

- Che coincidenza - disse  con  un sorriso  strafottente, tanto bello quanto da prendere a  schiaffi,  pensò lei -  Che fai cominci a pedinarmi? – domandò  scherzando. Il solito   egocentrico.

- Ti piacerebbe forse –  ribatté piccata - Mi   dispiace deluderti ma no, aspetto una mia vecchia  amica - ammise - Tu   invece? Appuntamento romantico? -

- Appuntamento, di romantico non c'è nulla -

- Giusto, giusto! -

- Harry! – la voce squillante dietro di loro interruppe bruscamente lo scambio al momento innocuo di risposte.

- La tua bar...bella ti chiama! - sorrise vedendo una ragazza biondissima e super formosa avvicinarsi a lui - Meglio che vada! -

- Buona serata! -

- Grazie anche a te, buona sco...serata! – esclamò sarcastica.

- Come sei scurrile! -

- Stai zitto latin lover! –

-    Ma la conosci? – chiese con voce squillante. Aveva notato una strana    attenzione verso la psicopatica. Che si conoscessero? Ma lei non aveva    dato alcun segno simile.

- Si è l'amica della ragazza di Chris -

- Oh mio dio! – gridò quella di colpo.

- Cosa? – qualcosa in lui si accese e cominciò a farsi sospettoso.

- Come cosa? Non lo sai? - chiese con voce acuta, cominciava a stufarsi di quella suspance, era lui che faceva domande!

- Cosa dovrei sapere? -

-    Beh che era fidanzata con un attore, ora non ricordo bene chi ma...-   si  alzò di scatto come se fosse stato improvvisamente colpito da un    fulmine, senza neanche lasciarla finire di parlare - Dove vai? - ma lui    si era già allontanato velocemente. Lo sapeva, tutti l'avrebbero  deluso   prima o poi, soprattutto una ragazzina che conosceva da a mala  pena  tre  mesi. Corse a casa, cercando di ignorare la morsa dolorosa  della   delusione, li stava usando solo per la fama, come tutti.  L'apparente   angioletto immacolato, in realtà celava il più spietato  dei diavoli,   pronto a prendersi gioco di tutto e tutti. La cosa che  non sopportava   era che proprio quando aveva cominciato a fidarsi di  lei, a desiderare   lei. Grugnì mentre si portava le mani tra i capelli,  tirandoli con forza   tentando di ignorare quanto in realtà facesse  male essere pugnalati   alle spalle. Non avrebbe dovuto prendersela  tanto, cercò di convincersi   che era normale restarne delusi, era  perfettamente normale. Ma  l'avrebbe  pagata cara.

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