13.2
- Aprirti la porta sta diventando un'abitudine – sorrise, la rabbia in quei giorni era svanita, superata dalla mancanza che anche se involontariamente aveva cominciato a sentire. Sapeva che sarebbe comparsa alla loro porta e quando aveva incrociato Noemi entrare in casa loro ebbe la conferma che se fosse rimasto a casa prima o poi l'avrebbe incontrata. Anche solo per litigare un po', si giustificò. Ciò che non si aspettava era la sua versione più "curata" e rimase ad osservarla per qualche secondo. I capelli erano più lisci del solito e quel filo di trucco in più le dava un'aria più matura. Era abituato a vederla in jeans e ballerine, in abiti pomposi alle feste, senza mai rinunciare alle ballerine, almeno per quanto lui ricordasse delle feste in cui non si era ubriacato. Avrebbe cercato di mantenere fede alle sue idee, parlandole senza darle confidenza, dimenticando i tempi in cui avevano mangiato il gelato insieme o corso per le strade, o litigato fino ad arrivare a lanciarsi le cose. Ma quei pensieri mentre lei era proprio davanti a lui gli provocarono un senso di oppressione che cercò di ignorare.
Dal canto suo la ragazza era estremamente scocciata che la fortuna decidesse di evitarla come si faceva con la peste, quando pregava di non incontrare quell'idiota dalle tante lune. Aveva deciso di non rivolgergli la parola, ma quando lo scoprì osservarla da capo a piedi si domandò il motivo di quella radiografia, era imbarazzante, cos'aveva tanto da guardare?
- Beh?! – sbottò infastidita.
- Cosa? –
- Ho i puffi in faccia? Perché mi stai fissando? – chiese senza contenere un minimo l'acidità della sua voce, mentre lui cercava di contenere il sorriso da ebete che stava per storpiargli la faccia.
- Sei...come dire – stava cercando di trovare le parole giuste, ma lei lo interruppe.
- Se stai cercando un aggettivo risparmiatelo –
- Volevo dire diversa, non stai male, solo diversa – spiegò con una nota di evidente imbarazzo che la fece arrossire.
- Noemi? – chiese schiarendosi la voce.
- Non lo sai? -
- Cosa? – sbiancò a quell'improvvisa domanda, cosa avrebbe dovuto sapere?
- Sono partiti - annunciò con fare indifferente che la mandò maggiormente in panico
- Chi? -
- Ti credevo più sveglia – disse sarcasticamente mentre si appoggiava allo stipite della porta con aria svogliata.
- Ma, ma... – registrò in ritardo le sue parole. Partiti. Noemi. Chris. Partiti. Si diede della cretina, non era un concetto difficile da assorbire! Ma perché diavolo non l'avevano avvisata!
- Si l'hanno deciso su due piedi e puff, spariti – spiegò lui ancora con aria annoiata.
- Che strazio! – sbottò di colpo tanto da farlo sorridere.
- Perché? -
- Poteva almeno dirmelo! Evitavo di arrivare fin qui a piedi – spiegò voltandosi per andare via con calma e rassegnazione, ma il rumore della porta sbattuta con forza e dei passi di qualcuno troppo vicino a lei la costrinsero a voltarsi ancora - Che fai? – chiese vedendolo affiancarsi a lei.
- Non è evidente? - disse sventolando le chiavi proprio davanti al suo naso - Andiamo – ordinò superandola.
- Non c'è bisogno – si affrettò a dire, non voleva obbligarlo ad accompagnarla. Anzi avrebbe potuto approfittarne per andare direttamente al cimitero - Mi piace passeggiare -
- Non ho impegni e a casa non c'è nessuno – la sua aria annoiata cominciò a farsi strafottente come al solito.
- Come sai essere gentile tu! -
- Ti sto solo accompagnando a casa, approfittane non accadrà spesso -
- Ora si che mi hai convinta! – scherzò appena prima di tornare seria - Sul serio, non devi -
- Mi va, andiamo –
- No, Harry, non salgo con te in macchina – quell'affermazione lo stupì, bloccandosi di colpo, le rivolse un'occhiata quasi minacciosa. Non si sarebbe mai aspettato un rifiuto del genere, come non avrebbe dovuto fare tanta insistenza, ma era inutile, era più forte di lui. Ormai non avrebbe ceduto e l'avrebbe accompagnata a costo di seguirla con tutta la macchina.
- Perché? –
- Sono confusa – ammise sgranando gli occhi – Quando ci siamo conosciuti mi hai trattata da schifo, poi ci siamo avvicinati e abbiamo cominciato, sempre tra alti e bassi, non sia mai il contrario, ad essere amici – prese un respiro profondo puntando gli occhi nei suoi con determinazione – Per finire, quando arriva tua madre torni il solito scontroso accusandomi di volerla usare per arrivare poi a cosa? Allo stesso scontroso ragazzo che ogni volta che ha potuto, mi ha trattata peggio di un cane! Dimmi, me lo sono sognato forse? No! Allora adesso puoi risponderti da solo –
- Hai finito? – sibilò, sembrava arrabbiato. Dannazione lo era!
- No! – urlò stanca della sua indifferenza – Ti odio! – inaspettatamente lui sorrise e la guardò con fare beffardo, ma non cattivo.
- Bene, anche io, andiamo – per assicurarsi che lo seguisse la prese per un braccio, trascinandosela letteralmente dietro tra una protesta e l'altra. Sapeva che avrebbe ceduto, lo faceva sempre, dopo che esplodeva le difese crollavano, e andavano a far compagnia alle sue.
Una volta in macchina Lene trattenne un sorriso, aveva imparato a conoscere il suo modo di chiederle scusa.
- Ora capisco perché non hai uomini – quel commento la stupì. Oh no, ora ricominciava con le sue insinuazioni poco discrete.
- Lo dici come se fosse la risposta del secolo, guarda che se la trovi non vinci nulla -
- Quindi c'è una risposta – un' occhiataccia lo fulminò, eppure lui era stranamente curioso - È strano che tu non esca mai con nessuno! -
- Non avevi detto di aver appena capito il motivo? -
- Se ci metti così tanto per accettare un passaggio in macchina non oso immaginare il resto – scherzò mentre lentamente la rigidità abbandonava anche lui.
- Infatti non immaginare! – protestò - Comunque ti sbagli. Non potrebbe essere per scelta? – a quella domanda fu lui a restare sorpreso.
- Vuoi farti suora? – le chiese seriamente preoccupato, a quello non ci sarebbe mai arrivato!
- Certo che no! – Lene si accigliò mentre lui tentava di soffocare il sospiro di sollievo che stava per fare.
- Allora non ha senso -
- Se lo dici tu – decise di mantenere il silenzio che sembrava essere calato magicamente su di loro. Ma poi non riuscì a resistere. Non era nella sua natura restare passiva - Invece tu? -
- Io cosa? – s'incuriosì
- Perché ti circondi sempre di ragazze diverse? -
- Semplice, mi stufo – lo disse con un'ovvietà che la stupì.
- Balle – sbottò mentre lui tornava a guardarla interrogativo - Non ti sprechi nemmeno a cercarne una che possa piacerti! Basta che abbiamo un bel décolleté e bel fondo schiena, sembrano barbie, bellissime per carità, ma tutte uguali e prive di espressione e credo anche di personalità, sembrano fatte con lo stampino! – le parole uscirono veloci e sincere, non si preoccupò neanche di domandarsi se avesse esagerato o no. Lui sembrava stranamente calmo.
- Anche se fosse? – ghignò divertito dal suo monologo. Donne, si divertivano particolarmente a guerreggiare tra loro.
- È la stessa cosa che tu hai chiesto a me -
- È diverso -
- Affatto! Solo che viene espresso in modalità diverse, ma il risultato finale è lo stesso – Harry tacque. L'aveva fregato.
- Siamo arrivati – annunciò una volta giunti davanti a quel solito familiare vialetto bianco.
- Lo vedo -
- Perché devi sempre puntualizzare? Sei irritante – sbottò poco serio.
- Vero, hai ragione – si arrese all'evidenza. Harry la guardò stupito, spalancando i suoi grandi occhi verdi montando un'espressione teatrale.
- Cosa diavolo è successo? – le domandò con enfasi
- Perché? – era totalmente ignara di cosa potesse passargli per la testa.
- Mi hai dato ragione! Sicura di star bene? – si finse preoccupato - Ti serve qualcosa? -
- Idiota! Io ammetto quando sbaglio, non sono come te – passò immediatamente al contrattacco.
- Ah ecco, se non mi insulti non ti riconosco -
- Grazie per il passaggio -
- Di niente – le sorrise e lei credette di perdersi in quegli occhi di un verde così intenso da farle girare la testa. Quella sera sembravano ancora più vivi. Aprì la portiera di scatto quando lo vide ghignare, accortosi che si era imbambolata. Stupida! Corse nel vialetto di casa e quando si voltò lo trovò ancora dove l'aveva lasciato.
- Che fai? -
- Aspetto che entri – urlò lui in risposta. Un improvviso ed inaspettato lampo di tristezza le agguantò ogni arto in una presa soffocante. Si voltò di scatto verso la porta alzando gli occhi al cielo nel tentativo di spingere indietro le lacrime che minacciavano di annebbiarle la vista. Pensò a tutte le volte che lui aveva aspettato che entrasse a casa.
Si maledì quando la mente gli suggerì quanto gli piacesse in realtà guardarla. La vide frugare nervosamente nella borsa, evidentemente non le piaceva essere osservata, poi però tornò a guardarlo con un'espressione che giurò non saper identificare, era una via di mezzo tra terrorizzato e arrabbiato.
- Che succede? Perché non entri? – le chiese dunque spegnendo la macchina. Il suo intuito gli suggeriva che si sarebbe dovuto aspettare qualcosa - Allora? – alzò la voce insistendo sulla domanda, vedendo che lei non accennava a rispondergli, anzi continuava a guardarlo imbambolata mentre le guance si tingevano dell' ormai famigliare colorito dell'imbarazzo.
- Giura di non insultarmi – lo pregò con aria affranta quando finalmente si decise a parlare, avvicinandosi lentamente alla sua macchina
- Ma che...? – domandò lui, se possibile ancora più confuso.
- Prometti! – intimò con ormai tutta la testa dentro la macchina, e con il corpo a cavallo del finestrino.
- Ok! – acconsentì velocemente, curioso come non mai di sapere cos'avesse combinato. Lene invece continuava a sentirsi un'idiota patentata. Ora cos'avrebbe fatto?
- Ho dimenticato le chiavi dentro casa! – la confessione le uscì con voce distorta. Ma perché doveva fare la figura della cretina proprio con lui?! Come aveva potuto lasciare le chiavi dentro casa e chiudersi fuori? Ci voleva proprio un'intelligenza superiore.
- Questo significa... – Harry rimase perplesso.
- Che non posso entrare! – dichiarò nervosamente - Noemi è con Chris e Gigi con Nils! – piagnucolò agitata e lui scoppiò in una fragorosa risata, che quando le giunse alle orecchie la rese ancor più accigliata - Cosa accidenti ci trovi di divertente? -
- La tua faccia! – ammise sghignazzante.
- Idiota! – borbottò prima di dare una testata all'abitacolo nell'intenzione di portare la testa fuori dall'auto. Aia!
- Come pensi di risolvere? Genio? -
- Hotel no? – ribatté lei esausta e sconsolata, non aveva molte alternative.
- Sali – le intimò di colpo accompagnando con un gesto del capo - Abbiamo tante stanze – Lene s'irrigidì. Non voleva la sua pietà, poteva benissimo andare in albergo.
- No, non voglio... – Harry rimase sorpreso da quel rifiuto. Perché doveva essere così testarda! Negò a se stesso di essersi sentito dispiaciuto, ma quando parlò, il suo tono fu più acido del previsto. Offeso, era quello il termine corretto.
- Per una volta potresti accettare senza protestare? Grazie! -
- Ok! – acconsentì ancora incredula. lo osservò mettere in moto l'auto e partire a velocità modesta, il tutto in serafico silenzio. Lui sembrava rilassato, stranamente, dopo qualche minuto si decise a tirar fuori la voce - Grazie -
- Figurati, tanto i ragazzi non ci sono -
- Sono partiti tutti? – chiese curiosa
- Già -
- Perché tu sei rimasto? – si pentì solo una volta formulata la domanda, la curiosità uccide il gatto Lene, doveva tenerlo sempre a mente, soprattutto con quel ragazzo estremamente suscettibile e propenso agli sbalzi d'umore.
- Non avevo voglia di tornare a casa - rispose sbrigativo.
- Scusa non volevo essere indiscreta -
- Cosa ti fa pensare di esserlo stata? -
- La tua risposta – quella frase lo lasciò sorpreso. Quella ragazza cominciava a conoscerlo davvero, era preoccupante. Ancora una volta le era bastato davvero poco per capire ciò che nascondesse dentro. Per capirlo. Era estremamente preoccupante quanto fosse bello, era come ritornare se stessi.
Parcheggiò velocemente l'auto, ma solo quando fu davanti alla porta di casa si accorse di un crudele, terribile scherzo del destino.
- Non è possibile – imprecò tastandosi tutte le tasche frettolosamente.
- Che succede? – reagì lei preoccupata quando lui la guardò con due occhi carichi di....imbarazzo?
- Ora sei tu a dover promettere di non infierire – cominciò cauto mentre gli occhi della ragazza si spalancavano quando la lampadina si accese nella sua mente.
- No...- scosse la testa - Dimmi che non è come penso -
- Mi sa che per una volta non posso darti torto – sospirò lui.
- Ma che succede oggi? – esplose di colpo
- Perché? -
- Ci stiamo dando ragione a vicenda! Ci dev' essere una strana congiunzione astrale! – spiegò lei alzando gli occhi al cielo, era limpido.
- Le stelle sono contro di noi! – si stupì della facilità con cui diede spago alla sua stramba tesi.
- Direi più il contrario a quanto pare – troppo tardi si accorse che aveva appena dato voce a quel pensiero. Idiota! - Tornando al punto, stavi scherzando vero? – con un colpo di tosse cercò di uscire da quel momento imbarazzante.
- Affatto – sputò aspramente. Lene si mise le mani nei capelli mimando una faccia disperata, tanto stupida che lo fece sorridere.
- Ma è una congiura! -
- Devo averle lasciate sul tavolo! -
- Ed ora? -
- Cena e hotel? – domandò tornando verso la macchina.
- Mc Donald? – ribatté - Il mio organismo ha estremo bisogno di schifezze! – Harry ghignò, non credeva fosse il genere di ristoranti che una come lei avrebbe desiderato.
- Non ti facevo tipo da Mc -
- E perché mai?! – borbottò curiosa.
- Sembri così precisina – la punzecchiò di proposito, sapeva benissimo che era tutta apparenza, dietro quell'unicorno si nascondeva un drago.
- L'ennesima prova che di me non sai nulla, mai giudicare un libro dalla copertina -
- Ti do ragione solo per la congiunzione astrale – scherzò – E in realtà anche perché da come ti abbuffi avrei dovuto sospettarlo – disse sghignazzando per poi afferrare il telefono.
- Che fai? – ancora una volta non riuscì a frenare la curiosità.
- Telefono al Mc – spiegò
- Non credo ci sia bisogno di prenotare -
- Si ma non voglio paparazzi, faccio preparare una sala per noi – precisò accontentando la sua curiosità.
- Non sia mai ti vedano con me – involontariamente quel pensiero fu fastidioso.
- Non voglio pettegolezzi -
- Giusto - si guardarono un istante - Congiunzione astrale! – esclamò Lene alzando le mani in segno di resa. Stava per aprire la portiera dell'auto quando lui la fermò.
- Quello è il mio posto! -
- Scusa ho agito senza pensare, da noi è il contrario – non era la prima volta che stava per sedersi dal lato sbagliato, non riusciva a ficcarsi in testa che in Inghilterra il volante fosse a destra!
- So guidare anche le altre auto – si vantò lui a quel punto.
- Beato te! –
Il viaggio proseguiva in silenzio mentre Harry chiamava ininterrottamente il Mc della zona e Lene si domandava quanto davvero fosse utile al fine di passare inosservati, bloccare un intero fast food.
- Accidenti – esclamò con impeto prima di gettare malamente il telefono in un vano vicino al cruscotto. Lene sobbalzò.
- Cosa? -
- Non hanno posto per lasciarci la sala libera – spiegò battendo la mano sul volante nervosamente. Si accorse che aveva premuto maggiormente l'acceleratore solo quando si ritrovò praticamente schiacciata verso il sedile. Sembrava seriamente preoccupato, evidentemente temeva di finire le serata sommerso da fiumi di fans che lo tiravano a destra e sinistra. Avrebbe sghignazzato volentieri se non fosse stato per l'improvvisa voglia di fare qualcosa per lui.
- Calmati - disse dolcemente
- Facile per te – sputò - Non sai cosa si prova -
- Questa volta lo saprai anche tu – replicò con calma - Se ti ricordi bene sono gia riuscita a camuffarti – detto ciò, una volta al parcheggio, gli infilò un cappello di lana blu in testa, che aveva notato tra i vani dell'auto, con poca grazia.
- Solo perché hai tentato di strozzarmi – sghignazzò nervosamente - Sono più le volte in cui hai tentato di uccidermi! – scherzò sistemandosi il cappello sulla testa - Pensi che basti per evitare che mi riconoscano? -
- Basta nascondere i capelli - dolcemente gli portò i capelli dentro il cappello in modo tale che non si vedessero. Ci impiegò più tempo del previsto, la scusa di sistemarli con meticolosa precisione celava l'insano desiderio di accarezzare e custodire in un angolo della sua mente quella morbidezza che tanto l'attraeva. Dal canto suo Harry cominciò a distrarsi, quel tocco stranamente delicato gli piaceva. Erano dolci le carezze che quelle dita stavano regalando ai suoi capelli, mentre imputi di strane vibrazioni nervose giungevano fino alla sua testa immergendolo in un clima estremamente rilassante. Sembrava che stesse trattando qualcosa di prezioso e fragile. Chiuse gli occhi abbandonandosi per un attimo a quella sensazione. Un attimo, si disse, solo un attimo.
Si controllò dallo specchietto. Non era molto soddisfatto di quella soluzione, soprattutto perché sembrava un cretino. Aveva il cappello calato fin sopra gli occhi ed i capelli erano interamente nascosti dentro insieme alle orecchie. Certo che nessuno fosse cieco da non riconoscerlo, nonostante il camuffamento la sua faccia restava comunque ben visibile. Stava per montare una protesta, ma lei era già scesa dall'auto e non gli restò altra scelta che seguirla.
- Bene ora stammi dietro e lascia parlare me – ordinò risoluta.
- Come se fosse facile farti stare zitta – ghignò prima di beccarsi un' occhiataccia alla quale rispose alzando le mani al cielo.
Lene si diresse con il famoso passo di carica che la distingueva solitamente nelle situazioni critiche, verso il bancone, Harry si nascondeva dietro di lei in silenzio. Arrivarono ad un tavolo leggermente nascosto dal resto della sala, era proprio un angolino remoto e coperto da altri tavoli più grandi. Perfetto. La ragazza bloccò Harry quando stava per occupare la posizione più vicina al muro. La guardò meravigliato.
- Cosa? –
- Se ti metti li sarai più visibile no? –
- Ma che dici – protestò
- Avresti la faccia rivolta dal lato della sala, genio – lo rimbeccò – Se invece ti metti qui darai le spalle alla gente ed avresti solo me e un fantastico silenzioso, cieco muro davanti – spiegò piccata. La considerava davvero una cretina? Il ragazzo invece sembrò riflettere un momento sul ragionamento, che effettivamente, non faceva una piega, così silenziosamente acconsentì, mentre lei lo fissava con un'espressione che pareva volergli rinfacciare "avevo ragione".
La cena proseguiva tranquilla tra panini giganti e infinite porzioni di patatine fritte, eppure Harry continuava a non sentirsi rilassato, si voltava cautamente a destra e sinistra per controllare che nessuno lo riconoscesse e facesse saltare in aria la sua già misera copertura.
- Mi sento osservato – confessò alla ragazza.
- È solo una tua impressione, sono tutti concentrati sul cibo – cercò di tranquillizzarlo, la sua tensione era quasi palpabile.
- Sul tuo! – scherzò improvvisamente sciolto - Hai ordinato per un reggimento! -
- Scusa se ho fame! – protestò offesa, domandandosi perché ogni volta si rilassasse solamente prendendola in giro.
- Non hai paura di ingrassare? -
- La fame è più importante! – si difese con prontezza - Le barbie con cui sei solito uscire non possono capire! Come potrebbero cogliere le gioie di un gelato! A proposito poi lo prendo! – non sapeva perché, ma aveva sentito la necessità di sottolineare l'evidenza che lei fosse diversa dalle solite ragazze con cui lui era abituato ad uscire. Non sapeva se per lui fosse un dato positivo o meno. Che poi non era neanche un appuntamento! Era solo uno strano scherzo del destino.
- Ma sei un pozzo! – sghignazzò tentando di mimare un'espressione seria - Te lo ordino io -
- Cos' hai preso da bere? – chiese, notando che anche il suo bicchiere conteneva un liquido trasparente che non poteva essere acqua, dato che la bottiglia era ancora sigillata.
- Acqua! -
- Grazie! – esclamò pensando di essersi sbagliata, ma quando un sapore forte e deciso si scontrò sulle sue papille gustative fino a bruciarle la gola, capì che non era affatto acqua - Ma che schifo!!! – tossì sonoramente mentre Harry scoppiò in una fragorosa risata - Che diavoleria mi hai dato? – sbottò con voce rotta.
- Quello che hai chiesto – scherzò lui prima di beccarsi l'ennesima occhiataccia - Grappa! – dichiarò con un sorriso sornione. Lene spalancò gli occhi. Le aveva dato da bere un liquore! Senza escludere che lo aveva abbinato ad un Big Mc! E da quando al Mc vendevano alcolici?
- Sei un idiota! -
- Così cominci a capire come ci si sente a ficcarmi cose sgradite in bocca – le fece l'occhiolino, ma Lene apparì perplessa. Di cosa stava parlando?
- Ma di che parli? –
- Non fare la finta tonta! – l'ammonì con occhi intimidatori - Mi hai dato caramelle scadute! – cercò di sforzarsi a non sorridere. Se non si fosse trattato di lui sarebbe stata una scena esilarante, peccato che fosse proprio lui quel poveraccio attaccato al water.
- Per farti vomitare pezzo di cretino! – alzò di sproposito la voce ma subito dopo tossì e tentò di moderare il tono. Con che faccia l'accusava quando era stata costretta per fargli uscire dallo stomaco i litri di chissà quale schifezza avesse ingerito - E sarebbe meglio per te non ricordarmi quella serata! –
- Comincio a temere per la mia incolumità – affermò ridacchiando. Lene rimase sorpresa, non lo aveva mai visto ridere così tanto in sua presenza e soprattutto con lei e perciò la domanda che gli pose le venne spontanea.
- Sei ubriaco? -
- Per un bicchiere di grappa? Ci vuole ben altro – spiegò quasi offeso.
- Disse come se fosse un vanto! – replicò con sdegno - A me invece basta e avanza! – borbottò sentendo strane sensazioni impadronirsi del suo corpo fino a salire alla testa - Che schifo! – si lamentò con faccia schifata.
- Come fa a non piacerti? – era una sincera curiosità.
- L' alcohol fa schifo e fa schifo anche come ti riduce, ti consiglio di andarci piano se non vuoi che ti lasci qui e ti rubi la macchina – parlò tutto d'un fiato, senza neanche soffermarsi a pensare o cadenzare le parole. Brutto segno.
- Non lo faresti mai – ribatté lui addentando una patatina.
- Chi te lo dice? -
- Non sei così – un sussurro che era uscito spontaneamente dalla sua bocca. Solo un secondo dopo che la voce fosse già diventata viva, si rese conto di cosa significassero davvero quelle parole per lui. Provò un'indescrivibile sensazione di tensione, gioia, paura percorrergli le ossa. Si fidava. Ed era una sensazione spaventosamente bella. Lene stranamente colse la bellezza di quella confessione e sorrise.
- Lo prendo come un complimento –
- Lo era – ricambiò il suo sorriso con facilità.
- Grazie -
- L'hai fatto di nuovo – la ragazza rispose con uno sguardo interrogativo e lui allargò il suo sorriso - Sei arrossita –
- Sono sbronza - sbuffò
- Per un sorso? Avanti finiscilo! – ordinò porgendole il bicchiere con ciò che era rimasto dentro, ma lei allontanò la mano.
- Scordatelo! -
- Forza! – insistette e lei alzò gli occhi al cielo.
- Anche tu allora! -
- Ok, insieme – ed insieme buttarono giù il liquido amaro. Harry sospirò - Io ne voglio un altro – intanto Lene sentiva quel maledettissimo alcohol impossessarsi delle cellule nervose, mirando a farle perdere lentamente il controllo su tutto ciò che la circondasse e le appartenesse.
- Sei un alcolizzato! Ahaha – sghignazzò portandosi la mano alla bocca. Cominciava a perdere il controllo e la lucidità la stava ahimè abbandonando. Harry la osservò con interesse.
- Possibile che tu sia già sbronza? -
- Issimo! – ridacchiò
- Torno subito – l'avvertì alzandosi - Aspettami qui e non fare danni – Lene giurò di ignorare a cosa volesse mirare e neanche se ne occupò. Quello che invece la fece tornare alla realtà fu vederlo tornare al tavolo con un altro bicchiere del contenuto fiammeggiante in mano e del suo gelato neanche l'ombra. Eh no!
- Ma il mio gelato? – domandò facendo labbrucce. Lui alzò le spalle in risposta.
- Dimenticato -
- L'hai fatto apposta! – si lamentò picchiando sul tavolo con enfasi.
- Io?! – esclamò con sarcastica teatralità prima di subire un'altra occhiataccia. Tracannò velocemente il contenuto del bicchiere e il suo sguardo si posò su una ragazzina dai capelli lunghissimi, e dalla sua camminata studiata ne deduceva un atteggiamento palesemente sexy e provocatorio. Rimase solo un attimo ad osservarla prima che la ragazza di fronte a lui richiamò l'attenzione su di se.
- Potresti spiegarmelo? – chiese in uno spiraglio di improvvisa lucidità.
- Cosa? – domandò perplesso
- Le barbie! – esclamò con ovvietà, ai suoi occhi apparse vagamente seccata.
Come veniva in mente a quel porcospino di squadrare da testa a piedi, e sicuramente non si era concentrato sui piedi, quella specie di troll sculettante che aveva anche ammiccato convinta di rimando. Era per non far saltare in aria la copertura naturalmente, anche perché sicuramente avrebbe dato la colpa a lei e all'inefficacia delle sue idee, dopo che invece era lui che si metteva a giocare a "sguardi che conquistano" con la prima figura giovane e prosperosa che gli capitava sotto il suo raggio visivo. Raccapricciante, e no, coscienza, lei non era gelosa.
- Mi piacciono le cose belle – ammise con noncuranza e lei sbuffò aspramente.
- Loro non ti piacciono, al massimo solo per qualche ora – quel commento accigliò Harry. Cosa ne sapeva lei, la solita so tutto io.
- Tu non puoi saperlo – borbottò spazientito.
- Esci con una diversa al giorno, è proprio questa la definizione di amore – si difese.
- Sono fatto così -
- Lascivo – lo rimbeccò minacciosa, se si aspettava di liquidarla in quel modo patetico si sbagliava. L'alcohol cominciava a farla sentire più sicura di se, decisa perfino, non che non lo fosse di natura, ma le sembrava quasi di essere diventata sfacciatamente convinta.
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