13.1
13.
Quel giorno, dopo il solito round mattutino di interviste, registrazioni, interviste e ancora registrazioni, senza aver avuto neanche il tempo materiale di pensare, qualcosa era riuscito a movimentare la sua giornata. Ed ora si ritrovava sdraiato a pancia in su nel suo letto, girando tra le mani la scatoletta di un iPod classico, nuovo modello, tra le mani. Per caso aveva incrociato il fornitore Apple della sala registrazioni e quando aveva visto che disponeva dell'ultimo pezzo che quella psicopatica stava disperatamente cercando, il fornitore glielo aveva venduto a parte, facendogli oltretutto un favore. Aveva agito d'impulso, ma adesso continuava a domandarsi se avesse fatto bene o no, e soprattutto cosa l'avesse spinto a comprare quell'inutile aggeggio. Sensi di colpa aveva suggerito in primo luogo la sua testa. Aveva trascurato lo stato di finta coscienza della psicopatica quella notte e se non fosse stato per la reazione anticipata del suo corpo, sicuramente sarebbe stato costretto ad assistere ad una scena molto diversa da quella accaduta la mattina dopo. Non era stata colpa sua comunque, blaterò dentro di sè, ma era l'unica scusa plausibile che aveva trovato per placare le sue postume proteste. Con un ringhio balzò giù dal letto. Inutile rimuginare, prima glielo avrebbe dato, prima si sarebbe tolto ogni pensiero.
Bussò nervosamente a quella dannata porta sperando che sarebbe stata lei ad aprirgli e che quella tortura sarebbe finita presto. Quando lei apparve da dietro la porta e lo guardò con aria interrogativa, la sua tensione si sciolse, seppur lei fosse evidentemente arrabbiata con lui.
- Se cerchi qualcuno della tua banda... -
- Cercavo te –
- Allora hai proprio sbagliato – esclamò nervosamente prima di tentare di chiudere la porta, che lui prontamente fermò con un piede per poi riaprirla di scatto.
- Questo è per te – disse praticamente lanciandole un oggetto in faccia - E non protestare se non è incartato – sembrava nervoso anche lui. Lene osservo l'oggetto, sulla scatola bianca c'era stampata la scritta "Apple".
- Ma.... – balbettò quando aprì la scatola e la richiuse prima di cominciare a saltare per la gioia – E' lui ! É davvero lui! Come hai fatto a trovarlo? -
- Un amico che... - non fece in tempo a finire la spiegazione che lei gli volò addosso con uno slancio che lo fece barcollare. Tentò di non perdersi nel calore di quell'abbraccio, ma era una bella sensazione. Ricambiò stringendola di più a sè, ed incapace di resistere cercò le sue labbra.
- Non fraintendere – lo bloccò e lui tentò di ignorare la morsa dolorosa al centro del petto - Sono ancora arrabbiata -
- Già, certo – sorrise leggermente più rilassato.
- Non ti capisco – soffiò – Ieri ti sei arrabbiato di colpo e senza spiegazione e oggi mi porti un iPod proprio come lo volevo io! –
- Io non protesterei fossi in te –
- No, protesto eccome! – sghignazzarono - Però potresti aiutarmi a mettere le canzoni – uno sguardo innocente e complice non gli permise di rifiutare, semmai avesse voluto - Grazie – sussurrò abbracciandolo ancora.
Si accomodarono in cucina, Harry si rifiutava di leggere le spiegazioni dicendo che era, citando testualmente, capacissimo di fare da solo, mentre lei tremava sperando che tutte le sue canzoni non sparissero in un lampo.
Si impossessò del computer, armeggiando con fare sicuro. Strabuzzò gli occhi mentre leggeva velocemente i titoli delle sue canzoni.
- Ma hai anche nostre canzoni! – esclamò sorpreso lanciandole un sorriso sornione che la fece arrossire.
- Non è vero! -
- E queste cosa sono? – replicò indicandole lo schermo nel punto in cui compariva il nome della sua band.
- Un' illusione! – borbottò, poi con uno scatto si alzò – Aspetta un attimo – ordinò prima di sparire dalla cucina e riapparire un secondo dopo con una busta - Questo è per te – disse porgendogliela.
Era rimasto ad osservarla attonito, non avrebbe mai creduto che gli avesse fatto un regalo di Natale, e pensò che doveva averlo comprato tempo prima e non dopo aver ricevuto il suo. Non era stato un gesto di cordialità per ricambiare il suo regalo, era stato spontaneo, e questa considerazione fece sciogliere qualcosa nel suo cuore. Scartò lentamente l'involucro per poi far emergere un cardigan nero con grandi bottini sul davanti e larghe trecce.
- Che bel golf! – esclamò girandolo e rigirandolo – Non ne avevo con le trecce -
- E' un cardigan! – spiegò lei - Ha i bottoni! -
- Scusami! – ridacchiò alzando le mani in segno di resa.
- L'importante è che ti piaccia – sorrise lei .
- Mi piace – disse continuando ad osservare il cardigan.
- E che ti stia! Provalo -
- Ora? -
- No tra 95 anni, vai! – ordinò costringendolo al alzarsi.
- Solo se poi sarai tu a togliermelo – disse lui sornione mentre si sfilava il suo maglione con studiata lentezza. Si sentì avvampare per quanto avrebbe voluto, la sua coscienza batté un colpo di ammonimento, doveva sempre tenere in mente che lei non poteva fare certe cose. Ma da quando erano vietati anche i pensieri?!
- Pervertito! – lui rise nel vederla arrossire fino alla punta dei capelli, se solo si fosse ricordata di quello che aveva fatto qualche sera prima!
Finì di sistemarsi il capo addosso con precisione.
- Che ne dici? – le domandò prima di cercare lo specchio più vicino. Lene lo osservava stranamente silenziosa, non voleva aprire la bocca temendo che potesse rivelare i suoi segreti più nascosti, e che in quel caso specifico si limitavano a: bello, sexy, accidenti, bello, sexy, accidenti! – Allora? – incalzò lui facendola riemergere da quei contorti pensieri. Lei sospirò.
- Perfetto -
Il Natale era passato con la stessa velocità con la quale era arrivato, lasciando l'amarezza pungente del freddo e la sfaticata voglia di riporre le decorazioni negli scatoloni polverosi che ogni anno le accoglievano nel loro letargo.
Uscì dal supermercato carica come un'asina, maledicendosi di aver come al solito esagerato con le provviste, neanche avesse dovuto sfamare un'intera colonia! Era tornata dall'Italia da due giorni e la cucina sembrava essere stata svuotata da un branco di troll, definizione che calzava a pennello se si stava parlando di Nils. Dopo qualche passo notò davanti a lei e a poca distanza, la figura riccioluta famigliare, con al suo fianco, anzi, precisamente attaccata al suo braccio, una donna, che non sembrava più di primo pelo, ma dovette ammettere molto, molto bella. Decise di ignorare la strana gelosia che le corse nel sangue, sembravano intimi. Scattò sulla sinistra per evitare che s'incrociassero, ma la sua voce la bloccò di colpo.
- Ciao – il tono che aveva usato era studiatamente calmo e freddo. Non si vedevano da quando si erano scambiati i regali.
La donna si staccò dal braccio di Harry.
- Harry prendile le buste – ordinò dolcemente picchiettando sul braccio del ragazzo.
- Oh no non c'è bisogno grazie – si affrettò a rispondere.
- Harry – lo ammonì la donna vedendolo tentennare. Sembrava imbarazzato.
- Dai qua – le afferrò le buste bruscamente – Ma cos'hai messo qui dentro? Un bue? –non sembrava affatto scherzoso.
- Harry – lo ammonì ancora la donna prima di rivolgerle un sorriso amorevole – Ciao io sono Anne, la mamma di Harry – spiegò porgendole la mano. Lei spalancò gli occhi, accidenti che stupida! Sua mamma!
- Piacere di conoscerla, mi chiamo Raelene –
- Raelene – soffiò la donna – Che bel nome – e lei si sciolse.
- Grazie! – esclamò sorridente. Una stramba suoneria rimbombò nell'aria.
- Ops – esclamò con nonchalance Anne – Scusatemi un momento – e si allontanò. Lene osservò Harry e le sembrò incredibilmente buffo, era imbarazzato e nervoso.
- Vedo che tua mamma ti tiene in pugno - sghignazzò sperando di alleggerire la tensione.
- Stai zitta – proruppe lui con poco garbo. Si morse il labbro inferiore per non dargli una rispostaccia.
- E' bella, ti assomiglia – la osservava mentre la donna era impegnata a parlare al telefono. Sembrava giovane.
- Stai dicendo che sono bello? – sentì chiaramente il suo tono di voce mutare, farsi più dolce, quasi divertito, sembrava lusingato.
Non avrebbe voluto che sua madre incontrasse nessuno, tanto meno lei, non aveva esattamente una spiegazione logica per questo desiderio, ma poi si erano incrociati, e le sue speranze erano crollate a picco. Si sentiva stranamente nervoso e teso vendendo chiacchierare quelle due, poi di colpo lei gli aveva fatto un complimento e quello si che era un evento raro, capace di sciogliere il groppo che gli appesantiva lo stomaco.
Ma lei non sarebbe stata certo disposta ad assecondare il suo narcisismo.
- No, sto dicendo che lei è bella e che tu hai cercato di prendere da lei, ma non sei venuto così bene -
- Sai sempre come ferirmi – scherzò lui riacquistando un minimo di buon umore. La mamma fece segno di incamminarsi mentre lei era ancora presa dalla telefonata, lui aveva ancora le sue buste pesanti come macigni in mano e vedendo che cominciava a faticare, decise di dimostrare un minimo di riconoscenza.
- Grazie per le buste –
- Non c'è di che – la sorprese con un sorriso sghembo – Mi domando solo come pensavi di portare queste pietre a casa da sola –
- Con tanta pazienza! – confessò avvicinandosi a lui e prendendo un lembo di una busta.
- Che stai facendo? -
– Ti aiuto – un brivido rapido quanto una scarica elettrica percosse entrambi nel momento in cui i loro occhi entrarono in contatto. L'unico legame che al momento erano capaci di creare, ancora nascosti nel bosco selvaggio ed avvolgente della finzione, dove mutano visi, forme, si celano sentimenti, si coprono i battiti, le cicatrici, i dolori. Dove si creano muri troppo alti per essere abbattuti senza consenso, dove solo la forza più vera e pura può sciogliere le ombre nella potenza dirompente della sua luce.
Face to face and heart to heart, we're so close yet so far apart, I close my eyes, I look away, that's just because I'm not okay but I hold on, I stay strong. Keeping secrets safe, every move we make, seems like no one's letting go and it's such a shame 'cause if you feel the same, how am I supposed to know? Will we ever say the words we're feeling, reach down underneath and tear down all the walls? Will we ever have our happy ending or will we forever only be pretending? Always be pretending?
Anne chiuse la telefonata non appena arrivarono davanti casa sua ed Harry poggiò le buste proprio sotto la porta.
- Grazie per avermi accompagnata e portato le buste – si rivolse cordialmente ad entrambi, Harry aprì bocca ma sua mamma lo precedette.
- Non c'è di che, è stato un piacere conoscerti –
- Anche per me signora – le disse con un sorriso - Quanto si trattiene? –
- Sono qui da due giorni, altri due e riparto –
- Spero si sia trovata bene –
- Si devo ammettere che questo posto non mi dispiace –
- Me ne rallegro – tentennò prima di avanzare la proposta che le era appena balenata in testa, ma poi prese coraggio - Volete restare a pranzo? –
- No grazie – lui rispose secco, era tornato di nuovo nervoso. Lene tentò di non sbuffare, sarebbe stato poco cortese, ma cominciava seriamente a pensare che quell'idiota soffrisse di doppia personalità.
- Grazie cara ma abbiamo un tavolo già prenotato - occhiata di ammonimento al figlio - Non vai molto d'accordo con mio figlio –
- Mi dispiace – si affrettò a rispondere colta alla sprovvista da quel commento.
- Non dispiacerti, è evidente, spero solo non sia troppo sgarbato con te –
- Guardate che sono qui! – protestò lui.
- Beh evito di raccontarle tutto quello che ci facciamo o le verrebbero i capelli bianchi – ops, forse non avrebbe dovuto dirlo.
- Addirittura?! – chiese stupita lei.
- In alcuni momenti non siamo molto diplomatici –
- Forse non vi siete accorte che sono sempre qui! –
- L' impressione che ho avuto osservandovi è che in alcuni momenti sembrate quasi complici – Harry strabuzzò gli occhi nell'istante in cui sua madre pronunciò quelle parole, e capì perfettamente cosa lo aveva spinto a desiderare che mai si incontrassero!
- Mamma! – sbottò mentre vedeva la ragazza arrossire impreparata.
- Non me ne sono accorta... - balbettò - Non saprei -
- Può darsi sia stanca e abbia confuso – si limitò la donna notando l'evidente situazione imbarazzante che stava creando - Sei una brava ragazza, spero diventiate amici –
- La ringrazio, ma dubito che suo figlio sia della stessa opinione – gli lanciò un'occhiata macabra mentre Harry continuava a muoversi nervosamente, quanto detestava essere ignorato!
- La smettete di parlare come se non fossi presente! –
- Non credo, ma è uomo e ci vuole più tempo affinché capisca –
- Capire cosa? –
- Ecco appunto – ridacchiò Anne - Sei più simile a lui di quanto non creda –
- Spero sia un complimento –
- Certo che è un complimento! – protestò lui stufo di essere ignorato.
- Lo è – confermò prima di salutarla con un cenno ed allontanarsi insieme al ragazzo.
Proseguirono in silenzio per qualche istante, ma lui sapeva che sua mamma non avrebbe esitato a fare qualche commento.
- Sembra una brava ragazza – appunto
- Non mi va di parlare di lei – sbottò, ma lei non si arrabbiò, anzi sorrise.
-Ti piace, ammettilo – Harry la guardò sbigottito.
- Cosa? No! – era confuso
- Non si spiega tutto questo astio verso di lei –
- Tu non la conosci, non sai niente dei nostri rapporti –
- Vero, ma Harry non sono cieca, vedo come la guardi, apparentemente sembra tu voglia sbranarla, ma se presti la giusta attenzione, la guardi in quel modo solo quando sorride a qualcuno che non sia tu, e la guardi sempre –
- Non è vero – bofonchiò teso.
- Si e prima te ne accorgi meglio sarà per te –
- Non mi piace – mentì – E' antipatica e anche bruttina –
- Davvero la trovi brutta? – chiese incredula e lui sospirò. Inutile tentare di ingannare sua mamma.
- No – e così ebbe l'ennesima conferma. Per quanto tempo ancora avrebbe dovuto fingere, ignorare quella voce che sembrava urlare dentro di se, chiedendo solo un'opportunità quando la finzione sembrava l'unica scappatoia possibile. Per quanto ancora avrebbe resistito?
Lene non vide Harry per i tre giorni successivi, non se ne preoccupò più di tanto, da un lato le dispiaceva non vederlo, ma dall'altro era meglio così, almeno non avrebbe dovuto prestare attenzione a non cadere nelle trappole che ogni volta la sua presenza le imponeva. Passeggiò di ritorno dal suo appuntamento quotidiano che però cominciava a confonderla. Le sembrava di iniziare a soffrire leggermente meno, e questo secondo la sua testa era inconcepibile, era arrivata perfino a dover dividere i suoi pensieri tra lui e il porcospino. Ridicolo! Fu in quel momento che l'oggetto dei suoi pensieri le apparve davanti. Ultimamente lo stava incontrando troppo spesso per casualità! Non era una buona cosa e soprattutto in quel momento non era in vena di combattere con lui e il suo caratteraccio, così gli fece solo un cenno del capo, non si fermò, anzi accelerò il passo.
- Non si usa più salutare – l'aveva raggiunta con poche falcate. Accidenti!
- Non credevo t'importasse – rigirare la frittata era la tattica migliore.
- Perché facevi la carina con mia madre? – ....ma che domande erano?!
- Avrei dovuto forse lanciarle pesci in faccia? Volevo solo essere gentile – lo guardò sbigottita. Era il colmo, non poteva essere serio nel rivolgerle quelle domande, non doveva avere tutte le rotelle a posto.
- No, volevi farti i fatti miei! – replicò ancora convinto.
- Ma che stai blaterando! – sbuffò infastidita da quella conversazione che non aveva né capo né coda - Solito egocentrico! -
- Eri troppo gentile –
- Oh scusami tanto! – scattò furiosa - Scusami non accadrà più! La prossima volta vedrò di non salutarla neanche va bene? – sbuffò per poi tornare a guardarlo – Certo che sei strano, fino a qualche giorno fa andava tutto bene e ora? Ti arrabbi e mi tratti male perché sono stata gentile con tua madre? Vai dai uno psicologo Steidel, seriamente, non sei normale – Harry incassò i colpi uno ad uno non sapendo esattamente come replicare. Effettivamente vista da quel punto di vista, tanto normale la cosa non sembrava.
- Va bene, hai ragione ho esagerato, ma se pensi di arrivare a me usando mia madre hai fatto male i tuoi calcoli – affermò minaccioso puntandole un dito contro.
- Arrivare a chi?! – sbraitò esterrefatta. Egocentrico da strapazzo - Non mi sembra di aver mai dovuto avere bisogno di fare la svenevole con tua mamma o con chissà chi altro per riuscire a parlare civilmente con te, e non per merito tuo sia chiaro! – si costrinse a fare una pausa, stava urlando. Cercò di riacquistare un po' di calma – Sai cosa c'è, mi arrendo – alzò le mani accompagnando le sue parole - Mi sono stancata di giustificare i tuoi cambiamenti di umore improvvisi, mi sono stancata di questo tira e molla, un giorno mi tratti bene uno male, ne ho le tasche piene! Vuoi che non ti stia più intorno? Così sia – senza dargli la possibilità di avanzare qualsiasi possibile replica girò i tacchi e si allontanò.
Era più furioso di prima, maledizione! Aveva ragione lei, aveva fatto discorsi da matto, ma come giustificare quell'insensata rabbia che gli stava mangiando le viscere se no sfogandola con chi, sebbene involontariamente l'aveva provocata! Quella ragazzina stava diventando una droga per lui, aveva cominciato a desiderare la sua compagnia, perfino sua madre se n'era accorta vedendola solo una volta e per pochi minuti! Dannazione, non era questo che voleva, doveva combattere quella strana voglia che lo spingeva a desiderarla, a volerla vedere, toccare, assaggiare. Basta, basta! Ma se era allontanarla la cosa migliore, allora perché aveva sentito il respiro mancare appena se n'era andata?
There is a ghost deep in my throat, shoving it down, speak and you choke. Every fire sharpens the flood throbbing and wild stained in blood. Pissed it away, the heroes are gone, dirt in their sheets, rum on their tongues. Somewhere between dirty and clean, water and smoke, laugh and you choke...and each little lie, making mountains, mountains I climb, wasting my time, feeding the fire, teasing the lies with dirt in my eyes.
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