11.2
La cosa che odiava maggiormente delle sbornie era il mal di testa che lo perseguitava la mattina successiva. Era peggio di una sveglia che gli rimbombava da una parte e l'altra della testa, torturandolo finché non fosse perfettamente e nervosamente sveglio. Erano solo le dieci! Calciò via le coperte, evitando di arrotolarcisi intorno, per poi tirarsi su cautamente mentre il tamburellare alle tempie s'intensificava. Si diresse in cucina, ancora rintontito, alla ricerca di qualcosa, non sapeva neanche esattamente cosa.
- Ben alzato – l'allegria di Nils di prima mattina era snervante, mentre faceva colazione con il suo amico e la... un momento, mancava qualcuno all'appello. Dov'era la psicopatica? In quel momento ricordò la serata, ricordò lei e ciò che gli aveva detto, ma era troppo rimbambito per essere arrabbiato o peggio ancora sentirsi in colpa.
- Ma... - la voce uscì con un rantolo, tossì per acquistare il suo solito tono caldo – La vostra amica dorme ancora? – chiese fingendosi disinteressato.
- Ah gia Lene dorme? – rincarò la dose il biondo, mentre il ragazzo moro sembrava temporeggiare nella risposta.
- Non è qui – disse poi, mentre i due amici lo guardavano in maniera confusionale
- Che significa non è qui? –
- Dov'è? – domandarono insieme rispettivamente Nils ed Harry tanto che il ragazzo li osservò in maniera guardinga.
- Oh e va bene – sbuffò - Ieri se n'è andata in albergo. Uno qui vicino, ma non ricordo esatta... -
- Cosa? – domandarono ancora una volta in coro i due, ma a differenza del biondo, Harry si era alzato in piedi con uno scatto.
- Perché accidenti non me l'hai detto? - Nils era sorpreso quasi quanto lui.
- Se mi lasciaste finire... -
- Che albergo è? – chiese uno.
- Come le è venuto in mente di andarsene in piena notte in giro per una città sconosciuta! – sbraitò l'altro battendo un pugno sul tavolo dal nervoso.
- Stavo appunto cercando di dire... - ritentò Gigi
- Perché è andata via? –
- E' ancora in albergo? – Harry non cercava più di nascondere la sua agitazione. Dove diavolo si era cacciata quella stupida? Perché se n'era andata da casa sua? Era arrabbiato e nervoso, tutto per nascondere che in realtà era solamente preoccupato.
E Gigi non ci vide più.
- Ora basta! – urlò esasperato, certo di avere la piena attenzione di entrambi – Se mi aveste lasciato finire di parlare a quest'ora sapreste che Lene ieri notte ha dormito in albergo, uno qui vicino Hart qualcosa, mi ha mandato un messaggio ieri una volta in camera. Oggi pomeriggio doveva cercare il pulman per tornare a casa, ma è ora di pranzo e non mi ha ancora chiamato... -
- Chiamala tu no? – domandò Harry impaziente.
- Pensi che non gia l'abbia fatto? – rimbrottò - Non risponde –
- Allora andiamo a cercarla! – suggerì Nils alzandosi e armandosi di cappotto.
- Io vado al centro del paese, magari è li chiedendo in giro dei pulman – propose il riccio.
- Io vado in albergo, Gi tu resta qui in caso tornasse – così dicendo i due si defilarono lasciando Gigi solo e preoccupato con il telefono tra le mani.
Era passata l'ora di pranzo, e ancora nessuno di quei tre pazzoidi gli aveva dato notizie, perché doveva essere messo in mezzo a quelle diatribe e per di più era anche preoccupato. Sentì la porta sbattere così forte da fargli credere avesse fatto tremare le pareti.
- Allora? –
- Allora niente – tuonò Harry nervosamente.
- L'abbiamo cercata ovunque e in Hotel non l'hanno vista – esclamò Nils dietro di lui. Bene, cominciava a spaventarsi sul serio, e non solo lui.
Erano le tre del pomeriggio, di Lene nessuna traccia ed Harry continuava a fare su e giù per il salotto tanto da formare quasi un solco nel pavimento.
- Io direi di tornare in Hotel, sapranno l'ora del check out! Ci sapranno dire qualcosa! – propose Gigi di punto in bianco. Nessuna risposta giunse alle sue orecchie – Va bene io vado, sono l'unico rimasto qui e sono io l'unico a volerle davvero bene – l'occhiata di Harry non gli sfuggì. L'aveva detto apposta, lo sapevano entrambi, ma era troppo coinvolto ormai per giocare la sua faccia da poker. Era il senso di colpa, era quello e nient'altro, a lui non importava di lei, doveva ripeterlo, doveva assolutamente convincersene.
- Andiamo tutti – disse infine seguendolo.
- Signori mi dispiace ma non possiamo dare informazioni sui nostri clienti – il receptionist proferì quella frase in tono solenne e composto.
- Senta, forse non ci siamo spiegati, abbiamo paura le sia successo qualcosa, è da ieri che non la sentiamo – Gigi tentò di usare il tono più cortese che avesse, ma l'agitazione cominciava a fare brutti scherzi anche a lui. Harry non sarebbe stato così diplomatico.
- Ci dica almeno a che ora è arrivata e che stanza ha preso! – la sua richiesta sapeva di ordine, mentre la supplica che traspariva dai suoi occhi, mischiata all'arroganza che doveva dimostrare, era il guscio che nascondeva qualcosa di più forte, qualcosa che non era ancora pronto a mostrare neanche a se stesso, qualcosa che perfino il suo cuore sarebbe dovuto essere pronto a riconoscere.
- Mi state mettendo nei guai – sussurrò quello ormai frastornato.
- Per favore! – una richiesta, una supplica che ebbe il potere di convincere l'uomo.
- Se ve lo dico poi ve ne andrete – un punto d'incontro. I ragazzi mossero velocemente la testa in segno di approvazione.
- Allora la vostra amica è arrivata qui alle 3.37 di notte, per la precisione e ha preso la stanza numero 106, soddisfatti? Ora andatevene – ma Harry non la pensava allo stesso modo, lanciò una veloce occhiata alla parete delle chiavi, fortunatamente a vista. La 106 mancava, e l'uomo non aveva nominato il check out, voleva dire che lei era ancora dentro.
- Soddisfattissimi – un ghigno malefico gli apparse sul viso un istante prima che cominciasse a correre verso il piano superiore, seguito dai suoi amici e dal receptionist che nel frattempo urlava dietro le più strambe maledizioni. Dopo due rampe di scale finalmente la porta della 106 era davanti a loro, receptionist senza fiato compreso.
- Non potete farlo! – il patetico tentativo di un urlò che invece uscì come un sussurro forzato.
- Non butteremo giù la porta, vogliamo soltanto trovarla – spiegò con calma Gigi, parole che non furono prese sul serio nel momento in cui Harry picchiò talmente forte il pugno sulla porta che pensò potesse davvero far fare una brutta fine al pezzo di legno.
- Lene! –
- Apri questa porta! - urlarono in coro lui e Nils.
- Tutto questo non è ammissibile! – continuava disperato il pover uomo.
- Non risponde, ci dia le chiavi di riserva o butteremo giù la porta – l'uomo impallidì di colpo.
- Non posso! Ora basta! State commettendo delle infrazioni! –
- Per quanto ce ne importi, state indietro – avvertì il ragazzo – La aprirò con la forza – annunciò sotto lo sguardo disperato del pelato receptionist. Si diede un leggero slancio prima di scagliarsi contro quella povera porta. Non poteva certo immaginare che in quel momento il pezzo di legno in questione si sarebbe spalancato, volò letteralmente addosso a qualcosa di morbido, che gli fracassò un timpano con un urlo prima di finire entrambi per terra. Aprì gli occhi cercandone due color cioccolato che però non riuscì a trovare, la stanza era completamente buia. Coperto dall'oscurità si beò segretamente del famigliare calore che quel corpo gli trasmetteva, ne ispirò il profumo, involontariamente le accarezzò una guancia mentre un sorriso sincero albeggiò sul suo viso. La quiete prima della tempesta. Gigi accese prontamente la luce ed in quel momento il ragazzo poté vedere quegli occhi che tanto aveva cercato spalancarsi solo per fulminarlo, lo spinse di colpo lontano da sè, per poi alzarsi anche lei.
On the first page of our story the future seemed so bright, then this thing turned out so evil, I don't know why I'm still surprised. Even angels have their wicked schemes and you take that to new extremes but you'll always be my hero, even though you've lost your mind. Just gonna stand there and watch me burn but that's all right because I like the way it hurts, just gonna stand there and hear me cry but that's all right because I love the way you lie. I love the way you lie, oh, I love the way you lie.
- Che diavolo ci fate qui? E cos'era tutto quel baccano? – domandò con la voce ancora impastata dal sonno mentre tornava in piedi. Solo in quel momento Harry notò il suo abbigliamento. I suoi occhi l'accarezzarono tracciando un percorso rovente come la lava, dal reggiseno nero continuando sul trasparente velo che partiva da esso, ma attraverso il quale era visibile la pelle della pancia, per poi morire sulle sue mutandine nere, ornate solo di un semplice fiocco sul davanti. E per concludere il quadro: una chioma bionda e arruffata, che avrebbe volentieri tirato solo per sentire un ansito uscire da quelle labbra e due gambe che avrebbe voluto accarezzare fino a farne tremare la pelle. Si accorse di essersi completamente estraniato solo quando il suo coinquilino dei piani bassi batté un colpo di approvazione. Dannazione!
Raelene lo osservò sospettosa notando in ritardo la nuova luce malandrina che aveva vestito i suoi occhi, solo dopo qualche secondo però abbasso lo sguardo su se stessa, domandandosi se fosse davvero lei l' oggetto di quella strana attenzione. Spalancò gli occhi mentre un urlo echeggiava con tutta la sua forza nell'hotel, trapanando i timpani a tutti i presenti, receptionist pelato compreso, prima di nascondersi nella sua camera ed afferrare la prima cosa che le capitò sotto mano per coprirsi – Allora che cosa fate qui? – balbettò lanciando al riccio uno sguardo che anche senza parole comunicava perfettamente una concetto: pervertito!
- Eravamo preoccupati per te! – l'ammonì Nils – Seriamente Lene, ci hai fatti spaventare da morire! –
- Ma avevo detto che vi avrei chiamati in mattinata! – si difese prontamente.
- Ma sono le quattro! – ribadì Gigi mentre lei sbiancava di vergogna. Quanto accidenti aveva dormito?!
- Ehm non me n'ero accorta! – farfugliò imbarazzata.
- Bene ora che è tutto risolto vestiti, ti aspettiamo giù – Gigi trascinò i ragazzi via dalla stanza mentre ancora lei sentiva addosso lo sguardo arrabbiato, preoccupato, e stranamente acceso del ragazzo riccio alias carciofo. Dalla porta riuscì lo stesso a sentire perfettamente tutte le polemiche che i ragazzi dovettero sorbirsi dal receptionist, e sghignazzò.
- Eccoti! – la salutò affettuosamente Gigi con un abbraccio. Erano ancora tutti nella hall ad aspettarla. Proprio tutti.
- Mi dispiace avervi fatti preoccupare davvero! –
- Basta che tu non lo faccia più – l'ammonì Nils – Ti abbiamo cercato per tutta la città! –
- Mi dispiace – disse mortificata, evitando di proposito due occhi verdi. Lui ancora non aveva emesso fiato, meglio! Mancava solo lui a farle la predica e gli avrebbe tirato una testata.
- Andiamo a poggiare la borsa a casa – esclamò il ragazzo biondo cercando di togliergliela gentilmente di mano.
- No! – si affrettò a fermarlo riappropriandosi della borsa – Vado a prendere il pulman così torno a casa! –
- Non se ne parla, tornerai con noi – ecco che finalmente il porcospino aveva aperto bocca e dato fiato blaterando uno dei soliti ordini perentori. Gli lanciò un'occhiata omicida.
- No – ribatté decisa – Prenderò il pulman – così dicendo si avviò a passo di marcia fuori dall'albergo mentre Harry senza pensarci due volte si lanciò al suo inseguimento.
- Dici che dovremo corrergli dietro? – domandò scettico Nils.
- Ma certo che no! Lasciamo che risolvano le cose da soli – Gigi sorrideva compiaciuto dello scatto di Harry nel seguire l'amica.
- E se finiscono per ammazzarsi a vicenda? –
- A quel punto i nostri problemi saranno finiti! –
- Cosa ti aspettavi? – urlò strattonandola, cercando di impedirle di proseguire la sua marcia.
- Mi hai invitata idiota – replicò lei accigliata, stufa di quell'ennesima diatriba - Di solito quando porti qualcuno alle feste e non deve essere necessariamente una fidanzata, la si presenta in giro, non la si abbandona come hai fatto con il cappotto all'ingresso! –
- Sei abbastanza grande per presentarti da sola –
- Non si tratta che ne sia capace o no, sono regole di prima educazione pezzo di cretino! – inveì fuori dai gangheri agitando le mani in aria come una pazza – E lo scherzo? Ne vogliamo parlare? Quell'oca senza cervello mi ha spinta di proposito sui liquori! Non dirmi che non lo sapevi – il suo tono non ammetteva repliche.
- Era uno scherzo innocente –
- Perché? – domandò dandogli una spinta lanciando la borsa a terra, senza badare alla gente che li circondava - Perché a me? Mi hai invitata per questo? Per rendermi lo zimbello della festa? – fece una pausa, stava dando troppo nell'occhio - Sei patetico – soffiò vicino al suo viso con aria provocatoria prima di riafferrare la borsa e dargli nuovamente le spalle.
- Mai quanto te – replicò lui immobile. Sapeva che sarebbe bastato poco per farla tornare indietro, non avrebbe rinunciato alla diatriba così facilmente. Ghignò quando la vide voltarsi e raggiungerlo con aria minacciosa.
- Non stai dando davvero la colpa a me? Cos'avrei mai fatto io? – addio, si era bevuto definitivamente il cervello, altrimenti non vi erano spiegazioni per gettarle addosso una qualsiasi colpa! Pezzo di cretino!
- Non far la finta tonta, hai fatto ricerche su di noi – tornò ad affrontarla rabbioso, come se ancora quell'idea gli bruciasse la pelle.
- Cosa? – lei sembrò realmente cadere dalla nuvole. Ricerche?
- Sapevi della casa di mio padre, cos'altro hai scoperto? –
- O giusto cielo, ma sei serio? – esclamò tornando a moderare il volume della voce - Ho digitato il vostro nome su google poco dopo avervi incontrati qui, e si è aperta una pagina di wikipedia con tutte le notizie su di voi, compresa quella della casa! Non ho spulciato siti su siti! – protestò infervorata. Harry stranamente le credette a primo impatto, si rese conto che era stata la sua insensata paura di scoprire che lei lo stesse ingannando a portarlo a commettere uno, o forse più di un errore – Anche perché non me ne frega una ceppa della tua vita privata! Non voglio avere più niente a che fare con una persona come te – sbraitò riprendendo a camminare.
- Dove stai andando? – esalò stufo di doversi sentire ancora obbligato a seguirla, ma sicuramente non l'avrebbe lasciata andare senza aver chiarito. Forse era in torto, forse. E sempre forse, sarebbe stato meglio chiudere pacificamente quella questione.
- A prendere il pulman – rispose senza neanche voltarsi, ma Harry la bloccò ancora per un braccio.
- Non esiste – affermò convinto
- Si, come no – sbuffò tentando di liberarsi della sua presa.
- Non fare la stupida, torna a casa – ordinò senza curare il volume della voce.
- Piuttosto divento una statua di ghiaccio – replicò lei inviperita. Come si permetteva quel babbeo di ordinarle qualcosa dopo tutto quello che aveva combinato!
- Non costringermi a trascinarti con la forza – sibilò minaccioso lanciandole un'occhiata omicida.
- Come se ne avessi – Harry incassò il colpo, ma non rinunciò alla sua vendetta.
- L'hai voluto tu – soffiò e prima che lei potesse anche solo pensare di montare qualche obbiezione, lui l'aveva gia afferrata e caricata in spalla. Lene lanciò un urlo – Mollami pezzo di cretino! – tentò di dimenarsi fin quando non si sentì lanciare con poca, pochissima grazia su qualcosa fortunatamente di morbido – Che razza di modi! Cosa sei un cavernicolo?! - si accorse di essere nella sua macchina solo dopo che quel rinoceronte con la grazia di Fred Fliston l'aveva chiusa dentro facendo partire le chiusure di sicurezza. Aspettò che anche lui entrasse prima di urlargli contro tutta la sua rabbia ed indignazione – Fammi scendere – ordinò - Ora! –
- Non prima di essere arrivati a casa – sbraitò lui altrettanto scocciato. Ma appena mise in moto Lene si lanciò su di lui con l'intento di impossessarsi dei comandi e sbloccare la sua portiera. Non stava più ragionando sensatamente. Voleva solo scendere!
Harry spalancò gli occhi terrorizzato quando per trattenere quella pazza si ritrovò ad aver girato troppo il volante per poi essere riuscito ad evitare un albero per un pelo. Sudò freddo - Ma sei impazzita! – gridò spingendola con un braccio verso il suo sedile.
- Fammi scendere ho detto! E' sequestro di persona! –
- Arrestami allora! – esclamò nuovamente divertito. Tirò un sospiro di sollievo, un altro tentato omicidio scampato, e la mandante era sempre la stessa.
- Preferirei gettarti in un canale pieno di coccodrilli! –
- Sanguinaria – sorrise lui, ma lei non ci badò.
- Fammi scendere! –
- Senti mi dispiace – ammise ammorbidendo la voce - Ho commesso un errore, pensavo avessi cercato notizie su di noi con uno scopo preciso – quella guerra si stava rivelando un buco nell'acqua, ma era l'unica cosa alla quale poteva continuare ad appigliarsi per non cedere.
- E' inutile questo discorso con me, ormai mi conosci, sai benissimo che non me ne frega nulla della vostra fama! L'hai fatto apposta e basta – lo accusò ferita.
- Si, perché pensavo volessi colpirmi alle spalle –
- Se potessi ti darei un pugno in faccia – era una confessione che sapeva maggiormente di minaccia, ma lui sghignazzò ancora. Almeno aveva solo esposto l'idea e non messa immediatamente in pratica. E conoscendola, era fortunato che fosse rimasta ancora ferma sul suo sedile invece di tentare nuovamente un attentato contro di lui.
- Voglio farmi perdonare – disse di colpo. Lene rimase meravigliata dalla sincerità che ogni parola sembrava trasudare.
- Immagino – rispose sarcastica
- Sul serio – confermò con austerità.
- Non esiste – ribatté lei con convinzione.
- Perché? – le domandò allora spazientito. Era davvero una testona, non era facile scusarsi per lui, doveva mettersi anche lei a complicargli le cose.
- Perché vuoi solo scaricarti la coscienza! – sbraitò - Non te ne importa nulla! –
- Mi sono spaventato anche io questa mattina! –
- Sensi di colpa! – era davvero stufa, prima combinava guai e la trattava come il peggior scarto del mondo e poi si faceva in quattro per farsi perdonare. Ma perché?!
- Non è così – sbuffò quasi esausto – Va bene allora farò di testa mia – decise infine che l'unico modo per imporsi su quella testona sarebbe stato con la forza.
- Non vengo da nessuna parte con te! Fammi scendere! –
- Scordatelo! – replicò lui con tutta la sua vecchia arroganza.
- Vuoi uccidermi e far sparire il cadavere? – sbottò quasi seria - Non mi lascerò ammazzare facilmente – disse con aria di sfida.
- Voglio solo portarti a casa – dichiarò sconfitto, era più testarda di un mulo.
- Certo, perché la mia presenza è tanto gradita – esclamò sarcastica.
- Cosa ti fa creder il contrario? –
- Sei stato chiaro l'altra sera –
- Ero ubriaco! – tuonò con impeto
- Dai discorsi che facevi non sembrava poi così tanto – ribeccò lei acida.
- Perché cos'ho detto? – improvvisamente Lene arrossì – Allora? – incitò lui cogliendo la sua esitazione.
- Che anche se ci siamo baciati una volta non significava che avresti dovuto presentarmi come tua fidanzata – disse increspando la voce, imitando con un tono nasale la voce del ragazzo - Grazie al cielo aggiungerei! –
- Ero ubriaco e credevo volessi incastrarmi! – insistette lui
- Certo, perché smanio io a diventare la tua fidanzata, sai che ti dico – cominciò puntandogli un dico contro - Non starei con te neanche fossi l'ultimo uomo sulla terra piuttosto divento una zitella gattara! – quel commento accese qualcosa dentro di lui, che come una miccia esplose con forza.
- Sbaglio o anche tu mi hai baciato? – strillò - Non c'ero solo io! – si sentì colpito da come ogni volta che loro si avvicinavano, lei inevitabilmente scappava, fino a farlo sentire come se non fosse stata neanche presente. Come se non fosse stata lei ad aver vissuto quei momenti. Sembrava li rifiutasse, li scacciava da lei come ora stava facendo con lui.
- E' stato un madornale errore che mai e poi mai permetterò che riaccada! – non fece in tempo ad ispirare la nuova aria che il respirò se ne andò quando, ancora una volta, lui fece incontrare le loro labbra nella tenerezza di un bacio. Ancora una volta non riuscì a sfuggirgli. Quando riaprì gli occhi incontrò il volto del ragazzo sorridente e soddisfatto.
- Dicevi? – domandò sornione, era soddisfatto che nonostante si sforzasse, in fondo era sempre lei, cosciente e presente.
- Mi hai colta alla sprovvista – si giustificò imbarazzata, aveva completamente perso il tono autoritario sentendo le guance infiammarsi.
- Perché non ammetti che ti piace e basta? – sorrise al suo imbarazzo.
- Ahaha non farmi ridere, baciare un bradipo in putrefazione sarebbe più appagante – sferzò con un tono offensivo.
- Mi ferisci – scherzò lui.
- Ne dubito – fece una pausa - Piuttosto smettila di baciarmi! – cercò di far apparire quell'ordine più convinto possibile - O dovrei credere che a te piaccia farlo – era una provocazione, ma sapeva avrebbe funzionato.
- Ma figurati era solo per farti stare zitta – infatti. Sospirò, ormai aveva capito che si stava arrendendo, inutili sarebbero stati gli sforzi di convincersi del contrario.
- Dove stiamo andando? –
- Gelateria – lo disse con un sorriso sornione di chi sapeva di avere il coltello dalla parte del manico. Mai parola avrebbe avuto suono più dolce di quello!
- Hai già finito? – esclamò guardandola con stupore divorare un cono gigante.
- Era buono! – si giustificò lei ripulendosi del cioccolato sulla bocca.
– Il tuo era il doppio del mio! – commentò mostrandole la coppetta ancora semipiena.
- Esagerato! - ribatté seccata
- Andiamo a recuperare quei due, così possiamo tornare a casa – disse facendole cenno di cominciare ad avviarsi alla macchina .
- Ok – Harry si stupì nel vederla forse per la prima volta accondiscendente.
- Perdonato? – domandò sbattendo le ciglia con fare ruffiano prima di aprirle la portiera della macchina con galanteria.
- Non del tutto – scimmiottò lei.
- Mi accontenterò – le lanciò uno sguardo complice che per entrambi si tramutò in un sorriso.
Mi vuoi tu, sicura? Io non so fermarmi con te. se sei tu lavora al mio io e tienimi con te. ci sei tu ed ora ti scrivo mia e canterò di te. E noi siamo stelle al vento, la pelle dell'amore e noi siamo il giuramento del nuovo amore. E noi siamo un bacio lento, le mani dell'amore, e noi siamo il giuramento del nuovo amore, del vero amore.
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