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Il Natale lo rendeva nervoso, ed era solo fine Novembre! Per molti significava solo festa, regali e famiglia, per lui era solo lavoro in più e gente piena di aspettative che attendeva sorridente un suo gesto. Quell'anno sarebbe stato diverso. Sarebbe dovuto tornare a casa per il primo Natale con sua madre, sua sorella ed il suo patrigno. Si erano sposati l'estate passata, non aveva un brutto rapporto con Vincent, era un brav' uomo e se rendeva felice sua madre, anche lui sarebbe dovuto esserlo. Eppure ancora la cosa non andava giù. Si sentiva teso ed estremamente a disagio, sembrava quasi fare un torto a suo padre. Ed invece avrebbe dovuto prendere un cavolo di aereo, vestire il migliore dei sorrisi e scambiarsi i regali in allegria. Bello schifo! Per riassumere, lui odiava il Natale.

Il Natale era senza dubbio la festività che preferiva maggiormente,  vacanze, famiglia riunita, regali e tante cose buone da mangiare. Immaginava già le città decorate da luci calde ed accoglienti, le sembrava già di sentire nelle narici il profumo di festa e buon umore, il profumo della magia del Natale, quella che rende tutti più felici e di conseguenza più buoni. Il Natale significava casa, famiglia, ricordò mentre un misto di amore e tristezza le attanagliava i tessuti. I Natali con sua nonna, da quando lei era morta, per diversi anni aveva perso quello spirito che tanto adorava, il Natale non era più esistito per lei. Lui l'aveva aiutata a ricostruire lentamente quella gioia che tanto le era mancata. Poi quando aveva cominciato a lavorare per la televisione e per il cinema, il lato positivo era stato che non era importante il costo, aveva potuto pagare i biglietti aerei per tutti, riunendo ancora la sua grande famiglia, e con essa, il Natale era tornato nel suo cuore, con una stella in più che illuminava la sua vita.

Con un sospiro cercò di evitare che tristi pensieri affollassero la sua mente già abbastanza disordinata, così, armata di carta e penna buttò giù velocemente una lista di regali. I più urgenti erano per quella band sgangherata che ormai si era brutalmente inserita nella loro vita. Doveva darglieli prima di partire, per questo si convinse che non era mai troppo presto per lo shopping. Dopo un rapido calcolo mentale dei giorni emerse che  aveva poco, pochissimo tempo! Soprattutto perché lei a metà Dicembre sarebbe dovuta rimpatriare! Si precipitò fuori di casa, era ora di pranzo e a quell'ora i centri commerciali non dovevano essere molto affollati, soprattutto chi avrebbe mai cominciato a pensare ai regali di Natale dal 20 Novembre? Carica di mille intenzioni, chiamò un taxi e si diresse alla meta.

L'operazione regali si era rivelata più complicata del previsto, soprattutto perché era ancora bloccata al centro commerciale a causa di una improvvisa valanga di persone che la spingevano a destra e sinistra urlando chissà quali idiozie. Desiderava solo arrivare alla cassa e andarsene! D'un tratto la conversazione tra due ragazze si rivelò improvvisamente interessante, soprattutto quando avevano nominato un ragazzo di una boy band a lei conosciuta che aveva bloccato mezzo centro commerciale. Ecco spiegato il mistero della folla di ragazzine impazzite. Senza pensarci due volte tirò fuori il cellulare, non l'avrebbe mai fatto, ma in quel caso lo doveva alla sua sopravvivenza.

- Chi è? – la solita voce roca e scocciata.

- Vediamo se indovini –

- Non ho tempo per i giochetti o mi dici chi sei o attacco – ringhiò

- Il solito burbero – replicò atona.

- Raelene? – domandò confuso e qualcosa nella sua voce cambiò. Non si sarebbe mai aspettato una chiamata proprio da lei, dalla loro psicopatica preferita. Aveva davvero pensato "preferita"? Era l'ansia, giustificò, solo ansia dovuta al Natale, ai regali, alla folla, a tutto.

- Lene, trattieni la gioia – commentò acida, non si aspettava che fosse felice di sentirla, ma sperava almeno che i suoi sbalzi di umore fossero giunti ad una fine. Grande, enorme sbaglio.

- Come hai avuto il mio numero? – davvero non sapeva la risposta?

- Nils che domande! –

- Giusto – che stupido, avrebbe dovuto saperlo - Insomma cosa vuoi? –

- Ecco, non ti avrei mai chiamato ma è un emergenza – si giustificò velocemente - Sono bloccata in mezzo alla tue fans più scatenate, potrei non uscirne viva, e siccome è solo colpa tua, potresti fare qualcosa per salvarmi per favore? – una leggera risata giunse alle sue orecchie.

- In che piano sei? – una domanda che le portò speranza.

- A metà del secondo piano proprio nel centro del marasma –

- Non muoverti – ordinò prima di attaccare.

- Non potrei neanche se volessi... - ma lui aveva gia chiuso. Le venne il sangue al cervello, come si permetteva quel pomposo rockettaro da strapazzo! Era solo colpa delle sue balorde idee e smanie di protagonismo se si era ritrovata incastrata in quel macello! Ma neanche il tempo di mandarlo a quel paese decentemente che un energumeno alto quasi 3 metri le si presentò davanti. Aiuto.

- Signorina Raelene? – a primo impatto non trasmetteva niente di rassicurante, non ispirava neanche un minimo di fiducia  – E' lei? – chiese ancora quasi spazientito. No!

- Si? – titubò con pochissima convinzione.

- Si o no? – sbottò quello di colpo, ma senza minimamente alzare la voce. No!

- Si! – ammise.

- Venga con me – ordinò e lei in quel momento si pentì di non aver  dato una falsa identità. Ma in tre secondi si trovò fuori dal caos e davanti all'ascensore del quarto piano le si presentò una faccia familiare, bellissima ma da schiaffi!

- Vedo che sei ancora intera – commentò sghignazzando.

- C'è poco da ridere! Ho rischiato di diventare parte del pavimento – si lamentò, cercando di far entrare in quella testa bacata almeno l'idea di quello che le sarebbe potuto succedere.

- E pensare che potevo liberarmi di te –

- A cosa devo questo gesto magnanimo? – per un attimo temette che potesse essere serio.

- Gli altri non me l'avrebbero perdonato – rispose con indifferenza, certo, che sciocca!

- Ah giusto – sospirò cercando di non mostrarsi dispiaciuta. Perché doveva esserlo poi? Anche se il loro rapporto si era evoluto in una fase di apparente civiltà, infondo loro non si sopportavano, fine della storia – Insomma perché sei qui? –

- Per lo stesso tuo motivo immagino – disse notando la sua busta piana di regali. Per loro! Chissà se lui ne avrebbe comprato uno anche per lei. Si schiaffeggiò mentalmente per l'assurdità del pensiero concepito. Ovvio che no! E non le doveva interessare. Cercò dunque di tergiversare.

- Beh io ho una busta piena, tu nulla e sono bloccata da mezz'ora! –

- Odio fare regali –

- L'avevo notato – silenzio imbarazzante – Posso darti una mano se vuoi – propose con gentilezza, ma quando vide i suoi occhi verdi saettarle addosso con rabbia, intuì che non era stata una geniale idea da proporre.

- Non riesci mai a non ficcare il naso in affari che non sono tuoi? – sarebbe potuto essere anche più sgarbato. Sobbalzò a quell' osservazione. Nonostante non avesse voluto ammetterlo, ogni volta che le si scagliava addosso in quel modo le dispiaceva. Sembrava particolarmente nervoso e decise di non contraddirlo.

- Hai ragione, scusami –  Harry si stupì della reazione pacata e della risposta pacifica. Era stato sgarbato ed ogni volta che succedeva lei lo aveva sempre insultato o risposto per le rime. Forse era segno che aveva esagerato – Grazie per avermi tirato fuori da quell'inferno, buona giornata – così dicendo si allontanò lasciandolo da solo così come quando era arrivato. Digrignò i denti pentendosi di essere stato così involontariamente poco gentile, ma la sua innata capacità di scoprirgli sempre il nervo teso non era mai stata sgradita come in quel momento. Odiava il Natale!

Era sempre stata una persona socievole, ma alcune volte sentiva il bisogno di stare da sola, diventava quasi una necessità fisiologica, per questo non si deprimeva mai quando restava a casa in compagnia di un buon libro o di un bel film, o entrambi! Solitamente era un modo per rilassarsi e pensare, ma da quando pensare era diventato estremamente nocivo per  la sua salute, si dedicava a grandi abbuffate e totale relax. Neanche quell'idiota riccioluto avrebbe rovinato la serata per se stessa. Non sopportava i suoi sbalzi repentini di umore, un momento sembrava allegro e quasi divertito, quello dopo seccato e burbero, e naturalmente la parola più brutta la teneva riservata per lei! Ingoiò un biscotto cercando di tornare sul punto centrale della serata: relax! Neanche finita di pronunciare mentalmente la parola che tanto desiderava rincorrere, che la casa andò in totale blackout. Buio. Oddio. Sarebbe andata nel panico più totale se non fosse stato per la luce del cellulare che le regalava un po' di conforto. Compose freneticamente il numero dell'amico. Staccato, ovvio, non poteva essere certamente così fortunata! Nils, Luke, diamine ma che avevano tutti! Improvvisamente ricordò la festa! Maledette feste! I vip sembravano avere una vita mondana continua e frenetica! Un party dietro l'altro! Va bene una ogni tanto, ma quella era un'epidemia virale! In una situazione normale non le sarebbe mai passato neanche per l'anticamera del cervello di chiamare il carciofo ma quella era un'emergenza! Un moto di adrenalina la travolse quando sentì il famigliare suono degli squilli. Squillava davvero!

Aveva appena abbandonato quell'ennesima noiosissima festa. Basta paparazzi, basta fans, basta tutti. Ma neanche in tempo di salire in macchina che gia il telefono aveva cominciato a mettere i bastoni tra le ruote alla sua fuga! Che diavolo! Lo stava per lanciare sui sedili posteriori con poco garbo, ma il nome che lesse sul display lo lasciò interdetto e confuso per qualche secondo. Cosa voleva la psicopatica? Ancora una volta i suoi patetici tentativi di allontanarla, di sganciarsi dal desiderio che lo spingeva verso di lei in maniera spropositata e spaventosa affondarono, intrappolati da una vorticante tempesta alla quale cercò di non porre attenzione, mentre un soffio di battito tradì ogni sua volontà. Ripose immediatamente, curiosità, pura e semplice curiosità, si giustificò nella sua testa.

What you think about this? I've been holding it in now I'm letting it flow. What you think about this? I'm gonna do my own thing, yeah, I'm flying solo.

- Che vuoi? – usò un tono neutrale, che però non fu captato dall'altra parte della cornetta. Infatti Lene sbuffò infastidita, il solito idiota!

- Scusami se ti disturbo, volevo sapere se sei con Gigi, il suo telefono non prende – spiegò tentando di controllarsi. In fondo era a lei che serviva il suo aiuto, era piena notte, al buio e non poteva permettersi di fare passi falsi con quel decelerato.

- No, sono appena andato via –

- Ah – sospirò cercando di mantenere la calma – Va bene grazie lo stesso – chiusero la telefonata nello stesso momento. Harry rimase perplesso, ancora stupito da quella telefonata. Non le aveva neanche chiesto il motivo per cui lo stesse cercando, se era arrivata a chiamare lui come quella mattina al centro commerciale, significava che aveva davvero un problema.

- Pronto? – rispose spaventata senza attendere neanche il secondo squillo. Come una scema era rimasta con il telefono tra le mani, troppo occupata a consolarsi piuttosto che a cercare una possibile soluzione. Harry si sarebbe aspettato una qualche risposta acida o qualche insulto. Ma non aveva letto il nome?

So don't tell me how it's gonna be, on my own and the thing of it is, there's nothing 'round here that I'm gonna miss.

- Perché ti serviva Gigi? – andò al punto, conscio che avrebbe riconosciuto sicuramente la sua voce. Ed infatti fu così.

- Perché sono al buio, è saltata la corrente a casa e avevo bisogno del suo aiuto per riattaccare il contatore – era seriamente allarmata.

- Arrivo – disse lui di colpo senza neanche pensare.

- No! – esclamò di getto. Si morse il labbro inferiore, non sapendo esattamente cosa dire, l'aveva colta di sorpresa – Non c'è bisogno – l'ultima cosa che voleva era che avesse una cosa in più da rinfacciarle un giorno.

- Sono già per strada – insistette lui, inutile negarlo, che volesse o no, con scuse o senza, sarebbe andato in ogni caso. Perfino la sua testa cominciava malinconicamente a fare l'abitudine, a convivere con l'esplosione di vita che gli sconvolgeva gli organi, che gli sfrecciava nel sangue quando era con lei.

- Ehm grazie allora –

'Cause you're holding me down, I just wanna fly and there comes a time when I gotta say goodbye to the life that you see me in, here's where I begin. You can try to bend. But you ain't breaking my dreams.

Ciò che invece non si sarebbe mai aspettato era che lo stesse aspettando dietro la porta in pigiama. Solo che al buio non riuscì a capire quali animali vi fossero disegnati sopra.

- Grazie per essere venuto – esclamò  sollevata, trattenendo l'impulso di gettargli le braccia al collo, ma dalla risposta che lui le diede le sembrò come se avesse potuto leggerle nel pensiero.

- Non ti ho mai vista così agitata – sghignazzò facendola irrigidire. Non doveva mai dimenticarsi con chi aveva a che fare!

- Grazie per la comprensione! – borbottò infastidita. Era agitata, perché evidenziare l'ovvio!

- Dov'è il contatore? – chiese entrando in casa, facendo luce con il telefono prima di chiudere la porta.

- Non lo so altrimenti non avrei chiamato! – ammise con agitazione.

- Ma sei una frana! – un rumore fece sussultare entrambi e lanciare un urlò poco delicato alla ragazza che lo fece ridere sonoramente.

- Si può sapere cosa ci trovi di così divertente? – chiese lei con il fiatone di chi aveva appena corso una maratona. La sentiva sobbalzare per qualsiasi cosa. In quel momento apprese una verità. Una cosa in più che imparò di lei:

- Sei una fifona! – esclamò divertito.

- E tu un idiota! – replicò lei offesa.

- Booooooaaaaah! – urlò improvvisamente mettendosi il telefono sotto la faccia per creare un gioco di ombre che la fece saltare ed urlare, prima di cominciare a prenderlo a pugni.

- Sei un idiota! Ti sto dicendo che ho paura e tu che fai? – gli tirò un lieve pugno nello stomaco mentre lui cercava a mala pena di pararsi dai suoi deboli colpi - Cretino! – lo insultò tra un tentativo di pugno e un altro, mentre Harry continuava a ridere divertito. Vederla così terrorizzata  era esilarante, non l'aveva mai vista così fuori controllo.

- Ma non hai paura di camminare per strada e vai in panico per il buio? – chiese colpito.

- Per strada vedo! – replicò sempre più nervosa a causa della situazione, per lei poco gestibile.

- Smetti di urlare! – le ordinò cominciando a spazientirsi, non aveva alcun motivo di essere così nervosa, gli stava solo rompendo i timpani.

- Non ci riesco! – protestò disperata - Non vedo niente! Zero! – aveva cominciato a muovere le braccia con enfasi.

- Ho capito, ma smettila di agitarti! – continuò a rimproverarla pur sapendo che non sarebbe riuscito a placarla facilmente. Era una furia.

- Tu smettila di dirmi quello che devo fare! E non farmi più scherzi! – strillò maggiormente agitata - Piuttosto pensa a fare qualcosa! –

- L'hai voluto tu – una minaccia nascosta in un sussurro, un istante prima di abbracciarla stretta a sè e cominciare ad accarezzarle la schiena con tocchi cadenzati e morbidi – Rilassati – trasalì sentendo il suo respiro accarezzarle l'orecchio sinistro. Ed i muscoli cominciarono lentamente a cedere – Ecco, così – sospirò sentendola sciogliersi poco a poco cullata dai suoi tocchi. Ancora una volta quella voce calda giunse al suo orecchio come una delicata carezza. La seta sarebbe stata meno morbida ed avvolgente. Finì per abbandonarsi alle sue braccia, come un porto sicuro che riusciva a proteggerla dalla burrasca che l'aveva investita per troppo tempo. Gli poggiò il viso sul petto e percepì chiaramente il suo stupore quando gli strinse le braccia intorno alla vita, segnale che voleva essere confortata. Abbandonata, affidata a lui. Si sentì come quelle ragazzine che urlavano come matte anche per ricevere solo un suo sorriso, quelle che sarebbero svenute solo immaginando un suo abbraccio. Quand'era stato che aveva detto di essere  diversa da loro? Mentre sentiva le gambe squagliarsi da far invidia ad un gelato al sole, pensò che mai verità sarebbe potuta essere più falsa.

Harry non avrebbe mai immaginato quanto quel gesto avesse potuto scaldargli il cuore. Era dannatamente bello. Non erano mai stati davvero amici, si erano fatti la guerra in maniera pesante e spesso esagerata, doveva ammetterlo finendo per ammonire anche se stesso, e non riusciva a realizzare come fossero arrivati ad abbandonarsi l'una tra le braccia dell'altro così facilmente. Facile, sarebbe potuto essere tutto così facile, la sua mente suggerì ancora una volta. Ricambiò la stretta quasi fosse una necessità da non poter combattere, e per la prima volta si arrese a lei, a quel vortice di emozioni che ora sapeva definire. Era in volo e le vertigini non erano mai state così belle. Si abbandonò al desiderio di cedere, assecondò quella forza che lo spinse a prendere il suo viso tra le mani, e nel buio cercò i suoi occhi. Quando vide che anche lei faceva altrettanto lentamente avvicinò le labbra alla sua guancia, tracciando una scia che altrettanto lentamente le portò all'angolo della sua bocca, dove dolcemente poggiò  un bacio.

Il buio complice di un desiderio celato alla luce del sole, avvolgeva nella sua tela due giovani vite, proteggeva, come uno scrigno, sentimenti che erano ancora troppo acerbi per volare  alla luce del mondo, troppo fragili per poter sopravvivere. Come la nebbia ne sfocava i contorni, evitando alla mente di raggiungerli, di metterli a fuoco.

One look in your eyes, trying not to fight. The good and the bad, show me all when you're mad, how do you ever make this last? The highs and the low, just leave a few on the go, can't even believe we're still in love. You take me so high, so we fall down so low, every moving I had from the words that we said, I'd hold you so close until we're flying so low. I'm losing my head, my head tonight.

La studiò, studiò il suo corpo, il suo respiro nella nascosta preghiera che lei lo assecondasse. Non aveva trovato ostacoli. Lei non aveva alzato un muro, ancora completamente abbandonata tra le sue braccia, fu quello che lo spinse  a rompere ancora gli argini, avvicinandosi ancora e ancora, inseguendo il suo respiro come fosse la sua aria, finché non s'infranse nella morbidezza delle sue labbra, completamente arrese a lui. La teneva così stretta da arrivare a credere di sentire il cuore battere nel suo, uniti ancora in un solo respiro.

Non aveva avuto paura quando l'aveva sentito avvicinarsi, l'aveva sperato, cercato, desiderato, travolta da emozioni che aveva creduto non potessero più esistere per lei. Aveva chiuso gli occhi, aspettando la sua bocca come si aspetta che un desiderio si realizzi, e quando lui l'aveva baciata, dolcemente, cautamente, aveva accolto le sue labbra con calore e desiderio, beandosi del batticuore e dei brividi che insieme al sangue venivano trasportati fino all'angolo più remoto del suo corpo, risvegliandone ogni cellula. Era volare senza paura di cadere, completamente persa, lontana dalle paure che la tenevano ancorata a terra.

Il buio cela agli occhi e al cuore le paure, nasconde gli amanti, offusca segni, passato, volti, ma non impedisce la vista a chi vuole trovarsi. Quante altre notti avrebbero fatto da testimoni silenziose, quante altre notti sarebbero dovute passare per far crescere un neonato fragile come una foglia autunnale che rischia di spezzarsi al primo vento freddo. Quante altre notti avrebbero dovuto spingere verso un abbraccio, un incontro, un abbandono.

Bastò poco perché l'amarezza la strappasse da quella vaporosa assuefazione e quando lui la sentì irrigidirsi capì che la magia era finita, spazzata via dalla realtà.

Esperanza, donde vas, ocultando tu mirada de tristeza abandonada. En la soledad? Esperanza te aseguro que sin ti hoy nada tengo que seras por siempre el angel de mis sueños. Que dificil descubrir el vaco en tu mirada donde arda aquel incendio. Escondida en un rincon con el mundo del reves y que todo sea culpa de mi estupidez.

- L' ho fatto solo per calmarti – la sua voce apparì dura, volta a nascondere la delusione di fondo, una giustificazione amara a qualcosa che lui aveva interpretato come un rifiuto. Lene spalancò gli occhi, nonostante fosse buio, nonostante continuasse a non vedere, i suoi muscoli si tesero quasi fossero stati trasformati in pietra. Un lacrima volò via veloce come un soffio di vento. Neanche quella voce che tanto l'aveva attratta era riuscita a farla tornare alla realtà. Non si era neanche accorta di quanto fosse tornato freddo e distante, ormai persa nel suo buio. Tornò lentamente al presente solo quando lui spazientito parlò ancora - In casa nostra il contatore è in salotto, sarà lo stesso anche qui – disse per poi muoversi senza di lei, lasciandola ancora li, imbambolata, incerta, dispiaciuta in realtà. Solo quando sentì il suono dei suoi passi farsi più lontano si precipitò istintivamente verso dove credeva fosse lui buttandogli le braccia intorno alla vita cogliendo entrambi di sorpresa, in un sussulto di battito accelerato.

- Aspettami! – la foga con cui si era lanciata su di lui fece perdere l'equilibrio ad entrambi fino a farli rotolare per terra. Lene scoppiò a ridere improvvisamente divertita, finendo per coinvolgere anche lui nella sua contagiosa risata.

- La solita sbadata – protestò con una vena canzonatoria, ma lei era sicura stesse ancora sorridendo.

- Colpa tua che mi lasci indietro – ribatté con una nota melodrammatica che lo fece sghignazzare ancora prima di avvicinarsi alla parete con lei ancora attaccata addosso. Doveva aggiungere polpo alla lista di difetti, se così potevano chiamarsi.

- Trovato – pronunciò nel secondo in cui la forza della luce ritrovata, costrinse entrambi a serrare gli occhi con forza. Lentamente li aprirono fino a ritrovare la forma delle loro figure. Bastò che i loro occhi si incontrassero di nuovo per riaccendere la memoria. Harry scattò verso la porta, desideroso come non mai di abbandonare quella casa il più velocemente possibile.

- Grazie – mugugnò lei mentre lui rispondeva con un movimento appena accennato della testa, prima di correre verso la sua macchina.

Come gli era venuto in mente di baciarla? Di baciare proprio lei! Era stato travolto da qualcosa che aveva azzerato ogni suo pensiero, catapultato in un mondo in cui solo lei esisteva, ed era stato qualcosa di indescrivibile, perfino più della vertigine. Batté un pugno sul volante, aveva avvertito il solito dolore allo stomaco quando l'aveva sentita irrigidirsi, quando l'aveva sentita abbandonarlo. Era tornata la fredda maschera con la quale affrontava il mondo e non riusciva a sopportarlo! Dannazione perché! Come era riuscita a farlo sciogliere in quel modo, in un modo in cui niente se non lei sarebbe riuscita a riportarlo indietro. Ma la cosa che più lo scuoteva,  come bruciato da scariche elettriche in tutto il corpo, era la scoperta di aver desiderato farlo ancora. Bruciò di rabbia, capendo che avrebbe voluto baciarla ancora fino a costringerla ad abbandonarsi,  così come lei stava riducendo lui, piegato, in ginocchio, schiacciato dalla forza di un desiderio che non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a comandare.

Oh, you can't hear me cry, see my dreams all die from where you're standing on your own. It's so quiet here and I feel so cold, this house no longer feels like home. When you told me you'd leave, I felt like I couldn't breathe, my aching body fell to the floor then I called you at home, you said that you weren't alone, I should've known better, now it hurts much more. You caused my heart to bleed and you still owe me a reason 'cause I can't figure out why...why I'm alone and freezing, while you're in the bed that she's in, and I'm just left alone to cry.

Poggiò con forza la schiena contro la porta. Non era possibile. Non poteva essere stata davvero lei, no. Si toccò le labbra con due dita, erano ancora calde. Accarezzò quello inferiore con la lingua. Sapeva ancora di lui. Lui. Un nuovo sapore, sconosciuto, selvaggio, bellissimo. Sentì gli occhi bruciare sotto l'incessante martellio delle lacrime. Era passato più di un anno, un anno senza riuscire neanche a concepire di poter baciare un altro, di perdersi in un nuovo sapore, nel nuovo e ritrovato calore di un abbraccio. Come spettatrice di se stessa ripercorse la scena nella sua mente, fresca e nitida che le fece riprovare i brividi dalle labbra fino a montare in quell'onda di calore che le aveva avvolto il petto. Sopraffatta, era stata soggiogata da quel calore, da lui. Pianse fino a singhiozzare. Quel calore si era trasformato in una brace opprimente e devastante. Come aveva potuto abbandonarsi? Come aveva potuto dimenticare? Come poteva desiderare ancora qualcuno che non fosse lui! Con quale faccia sarebbe tornata davanti a lui come faceva quasi ogni giorno, con quale forza si sarebbe appoggiata alla sua lapide nella disperata richiesta di conforto. La testa le rimbombava in segno di protesta. Una cosa, per niente rassicurante, le appariva più chiara che mai: era stata cosciente, inutile negarlo, forse elettrizzata e su di giri, ma non confusa o assente, forse anche troppo pericolosamente presente. Dall'inizio alla fine lo aveva abbracciato, aveva atteso quel bacio al quale aveva partecipato nel pieno possesso della sua volontà. Perché quel bacio era stato una dolce tentazione, un dolce fuoco che aveva scaldato il suo cuore, per poi opprimerla lasciandole il retrogusto del più amaro e freddo dei tradimenti. Le parole di una delle sue canzoni preferite fecero breccia nella sua testa con depravata violenza: Entre el cielo y el suelo hay algo, con tendencia a quedarse calvo de tanto recordar y ese algo que soy yo mismo es un cuadro de bifrontismo que sólo da una faz. La cara vista es un anuncio de signal, la cara oculta es la resulta de mi idea genial de echarte, me cuesta tanto olvidarte perché non voleva dimenticare.

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