1.4
- Almeno io le dico in faccia, non alle spalle come i vigliacchi – moderò il tono di voce, fingendo noncuranza, ma non si sarebbe mostrata debole, non indietreggiò, né accennò minimamente a sciogliere il legame che avevano creato l'uno negli occhi dell'altra, in una silenziosa guerra senza colpi, volta nell'attesa di chi avrebbe ceduto per primo in una resa senza condizioni. Una guerra che sarebbe durata troppo a lungo, una guerra che avrebbe coinvolto entrambi fino a scuotere la parte più profonda, segreta e nascosta del loro essere.
- Ora ti metti anche ad ascoltare le conversazioni altrui – assottigliò lo sguardo sapendo di averla colta in fragrante, ma lei ancora lo fronteggiava spavalda, segno che nessuno dei due avrebbe ceduto. Lene sosteneva l'arroganza delle sue parole con apparente facilità, sebbene il suo corpo tremasse di tensione, mentre lui la scrutava come se stesse cercando l'anello che l'avrebbe fatta crollare.
- È stato un caso, ero sulla porta – spiegò sforzandosi di non indietreggiare, ma lui sembrava davvero essere furioso.
- Potevi entrare anziché startene dietro la porta ad origliare -
- Peccato che stavate parlando di me! Avevo tutto il diritto di ascoltare! – ancora una volta trovò difficoltà nel controllare i decibel.
- Solo perché sei egocentrica non significa che avessi il diritto di farlo – invece lui sembrava stranamente calmo, sicurezza, si disse, solo estrema sicurezza.
- Senti da che pulpito! Siete talmente egocentrici che non vi ha neanche sfiorato l'idea che se non ci sono stata è perché non mi piace? No certo, per voi è impensabile, poveri illusi che credete di piacere a tutti per la vostra bella faccia! - sentì la sua stessa voce cambiare tonalità, come se l'inflessione contenesse in se una sfida. La tensione era talmente tangibile da poter tagliare l'aria a fette, mentre il crescente ritmo dei respiri suonava forte come i rintocchi di una campana nell' arida campagna di un paese in lutto.
- Noi piacciamo a tutti! – freddamente replicò, seppur sentisse la rabbia scorrergli come lava bollente nelle vene. L'avrebbe voluta afferrare e scuotere, ma si tenne ben lontano dal assecondare la voglia di farlo, come se toccarla avesse significato cedere, cadere nella sua trappola. Come si permetteva quella stupida ragazzina di giudicare lui, loro, la sua vita!
- Si certo, solo perché siete famosi – esclamò con ovvietà.
- Sei solo invidiosa – soffiò vicino al suo viso quasi fosse una minaccia. Ancora senza mai toccarla. Stranamente quelle constatazioni lo disturbavano. Inaspettatamente per entrambi, lo sguardo di lei si fece meno duro e combattivo, riacquisendo una sfumatura più umana prima di scoppiare a ridere di gusto. Una risata talmente spontanea da riuscire ad asciugare la tensione che aveva bagnato i loro corpi come tante gocce di appiccicosa umidità. Harry spalancò gli occhi, o meglio l'occhio, per lo stupore. Cosa diavolo trovava di divertente quella matta tanto da farla ridere in quel modo? Che fosse bipolare? La sua risata lo irritava, però in un angolo remoto della sua mente dovette ammettere che le donava.
- Cosa diavolo trovi di così divertente? – domandò lasciando trasparire la chiara nota di sorpresa, mentre lei continuava a ridere circondandosi la pancia con le braccia.
- Con quella fettina di carne cruda in faccia non puoi essere preso sul serio! – spiegò asciugandosi le lacrime.
- Sei proprio infantile – sbottò lui esternando esattamente ciò che pensava.
- Di cosa dovrei essere invidiosa, di avere schiere di persone che mi inseguono solo perché sono una celebrità? Passo grazie – una volta ripresasi, riaffrontò la conversazione da dove l'aveva interrotta, cercando di evitare di ricominciare a ridere a crepa pelle a causa della fettina di carne cruda ancora aderiva alla faccia del ragazzo.
- Tu non sai nulla – commentò amaramente lui. Raelene si morse la lingua, ancora una volta stava per parlare troppo. Harry le diede le spalle, ne aveva abbastanza, voleva solo che se ne andasse, aveva sopportato la sua presenza fin troppo. Lei incassò silenziosamente decidendo di porre fine a quell'inutile discussione.
- Forse, ma tu neanche di me, quindi la prossima volta non parlare come se fossi onnisciente, perché ti svelo un segreto: non lo sei! -
Così dicendo si allontanò dalla stanza, lasciandolo nervoso, arrabbiato e con una fettina di carne cruda in faccia. Fantastico!
Ci sono giorni in cui mi sento spento, e tutto sommato provo a starci dentro. Nella mia stanza aspetto il mio momento, sono qui, aspetterò, io aspetterò. Quando la vita sembra un treno lento, penso agli amici fuori e muoio dentro, la mia generazione senza vento sono qui, aspetterò, io aspetterò. Quando sei condannato al pentimento, stanco di sentir dire non ho tempo, come in un sole in cui sentire freddo, sono qui, io aspetterò.
In direzione dell'uscita notò Noemi e Chris in atteggiamenti affettuosi, niente di preoccupante, anche perché lei era un tipo particolarmente difficile. Con un colpo di tosse fece notare la sua presenza.
- Sai che Chris mi ha dato il numero di una signora di Runcorn che affitta case e ne ha una disponibile proprio vicino alla loro! - esclamò tranquillamente, ma era evidente che cercasse di non mostrare l'entusiasmo, un entusiasmo che lei non condivideva per niente. Che fortuna! Si limitò a sorridere civilmente. Voleva solo andarsene e dimenticare quella notte il più presto possibile, cominciava ad essere sfiancante.
- Sei stato gentile, ci metteremo in contatto al più presto - restò immobile osservando i due esultare tacitamente alla sempre meno remota possibilità di potersi incontrare di nuovo, sperando che il messaggio implicito fosse abbastanza tangibile. Quando nessuno diede segno di aver colto la sottile ma chiara richiesta di congedo, si decise a parlare ancora - È tardi, che ne dici di andare? - il suo tono suonò involontariamente più come un'affermazione, una domanda retorica giustificò la sua mente, sapeva che non le avrebbe mai detto di no.
- Veramente io resto ancora con Chris, andiamo a fare una passeggiata - Lene sgranò gli occhi, una secchiata d'acqua gelida o un colpo in testa sarebbero stati meno d'impatto. Osservò la sua amica cercando di trasmetterle con un solo sguardo tutta la sua disapprovazione, ma lei sembrava completamente ignara, anzi totalmente presa da altro per voler essere precisi.
- Harry può chiedere al nostro autista di accompagnarti a casa! - annunciò il ragazzo con entusiasmo. Non sapeva se commuoversi per l'interessamento o offendersi per il tentativo di farla sloggiare il più in fretta possibile. Quasi le venne da ridere ripensando al soggetto in questione. L'avrebbe fatto sicuramente, pensò sarcastica.
- Ne dubito, ma prenderò un taxi - così dicendo si congedò o meglio fu congedata perché i due si defilarono così velocemente che neanche mago Merlino sarebbe arrivato così in fretta ad Honolulu.
Era ancora nella suit aspettando la risposta del servizio taxi, il sabato sera era facile trovarne. Infatti quando le sue attese furono ignorate per l'ennesima volta e non rispose nessuno andò letteralmente in panico. Rifece il numero almeno cinque o sei volte, mentre per il nervoso aveva cominciato a camminare su e giù per la stanza. Ecco cosa succedeva nel seguire le idee brillanti di Gigi... Un momento. Si bloccò sul posto. Ma lui dov'era finito?! Grugnì dal nervoso, ricominciando a camminare a passi pesanti per la stanza, a lui avrebbe pensato una volta a casa. Al momento il suo problema principale era proprio casa! Un mugolio lamentoso uscì dalla sua bocca assomigliando maggiormente al guaito di un cane bastonato. Cosa sarebbe potuto andare peggio di così?
- Che stai facendo ancora qui? - ecco appunto. L'ammasso sexy di capelli aveva appena fatto capolino dalla stanza, e a giudicare dalla sua faccia tirata, non era affatto felice di averla trovata ancora li.
- Senti, prima che tu inveisca contro di me, la mia amica mi ha lasciata qui per farsi una bella passeggiata notturna con il tuo di amico e Gigi sembra essersi volatilizzato – spiegò nervosamente fendendo l'aria con il dorso delle mani che continuava ad agitare.
- E questo perché dovrebbe interessarmi? - domandò palesemente disinteressato e annoiato dal problema. Stava andando a dormire dopo essersi finalmente scrollato dalla faccia quella fettina di carne cruda e sperava anche di dosso quell'orribile serata che, invece sembrava perseguitarlo. Il rumore dei suoi passi pensati l'aveva spinto ad affacciarsi, non avrebbe mai creduto che una donna potesse avere quella camminata da panzer, poi aveva visto chi era la donna in questione, non avrebbe dovuto esserne cosi stupito.
- Non sai quanto mi costi chiedertelo ma... – sospirò cercando di non soffermarsi sul suo abbigliamento, ossia: pantaloni. Solo pantaloni aderenti e sbottonati per giunta! E sembrava non curarsene minimamente, stava per andare a dormire, ma doveva piacergli sentirsi ammirato. Cosa dire, eccetto i tatuaggi che continuavano a farle ribrezzo, non era proprio uno spettacolo da cestinare, pensò mentre i suoi occhi vagavano lentamente su tutta la porzione di corpo scoperto, quasi volessero registrare ogni dettaglio. Peccato o forse fortunatamente, lui non avrebbe mai pensato altrettanto di lei, dato che non sopportava neanche la sua presenza - Potresti chiedere al tuo autista di portarmi a casa? - lo guardò negli occhi aspettandosi una secca risposta, ma prima che potesse fiatare lo interruppe con un - Per favore -
- Chiama un taxi no? – sembrò ancora non curarsi affatto della situazione, per lei critica.
- Pensi che non l'abbia già fatto? Non ci sono taxi disponibili - spiegò e lui sembrò riflettere una attimo sulle sue parole per poi tornare immediatamente a guardarla con la solita aria di strafottenza e in quel caso, di superiorità.
- La mia risposta è no -
- Cosa?! – esclamò lei sconcertata.
- Arrangiati -
- Non te l'avrei chiesto se non fosse stato così complicato! – cercò di evitare di sembrare più patetica di quanto non si fosse mostrata abbassandosi a chiedere il suo maledetto aiuto.
- Non è un mio problema - detto questo se ne andò sbattendo la porta dell'atrio. Fantastico. Uscì dall'albergo a passo di carica, inviando maledizioni a chiunque le venisse in mente in quel momento, mentre progettava per i suoi amici una lente e dolorosa fine. Come avevano potuto lasciarla li! Sapeva che il porcospino non le avrebbe mai fatto un favore, ma sperava di far leva sulla sua maturità di non lasciare una ragazza da sola di notte in giro senza mezzi, neanche avesse dovuto portarla lui in braccio! La sfortuna aveva deciso di perseguitarla quella sera o forse era proprio lui a portarle sfortuna! Decisamente la seconda era una tesi più plausibile, se ne convinse soprattutto quando incrociò il taxi che finalmente la riportò a casa. Eh si, la sfortuna che aveva deciso di perseguitarla aveva i ricci e gli occhi verdi!
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