1.2

- Ma quanto parli! – una voce che non aveva mai sentito interruppe brutalmente il suo monologo. Si era lasciata prendere la mano nell'esposizione dettagliata dei pro e contro delle grandi e piccole città, suggerendo velatamente le sue preferenze a riguardo, senza badare a quanto stesse parlando. Si voltò con nervosa lentezza prima che il suo sguardo incontrasse quello del belloccio riccio.

- Scusami? – domandò stizzita. Era stato in silenzio tutto il tempo, completamente estraneo alla conversazione, ed ora apriva la bocca solo per dare fiato ad un commento poco carino nei suoi riguardi! In un lampo tutti i suoi pensieri positivi su di lui crollarono a picco. Bello lo era, ma sicuramente non doveva brillare per simpatica.

- Ho bisogno di dire una cosa al mio amico, ma con te che parli a mitraglia non mi è possibile – usò un tono cautamente calmo per esprimersi che la fece innervosire maggiormente. Qualcosa le fece pensare che l'avesse detto solo per il puro piacere di infastidirla, dato che non aveva prestato la minima attenzione a loro o alla conversazione fino a quel momento.

- Non c'è alcun motivo per essere scortesi! – rispose piccata prima di allontanarsi a passo di marcia verso il centro del locale. Come si era permesso quel brutto imbecille!

L'allegria di quella ragazza gli aveva fatto girare i nervi, forse perché sembrava più simile a lui di quanto non immaginasse, a lui prima di entrare in quel mondo tanto luccicante per chi lo vedeva dall'esterno, quanto marcio e muffoso per chi lo viveva ogni giorno fino a restarne contaminato. Si sentiva patetico per essere arrivato ad invidiare un banale gruppo di amici che ballava e cantava in un pub mezzo vuoto e dimenticato dal mondo. Anche se quello tanto banale non sembrava, anzi era alquanto anomalo, mentre ballava in uno squallido pub vecchie canzoni ed applaudendo alle stravaganti, anche se quell'aggettivo non rendeva giustizia, performance di un ciccione, per i suoi gusti troppo svestito.

- Che schifo una farfalla!! - urlò di colpo la stessa biondina che aveva stranamente attirato la sua attenzione, iniziando a correre per tutta la sala, seguita a ruota da un'altra ragazza, mentre i loro amici ridevano a crepa pelle prendendole in giro, compreso il ciccione sul palco, anzi lui sembrava quello maggiormente divertito. Che scena patetica. Quando però se la ritrovò tanto vicina che quasi avrebbe potuto sfiorarla, evitò di trattenere la voglia di prenderla un po' in giro. Non aveva niente di meglio da fare dopo tutto.

- Ma come, le farfalle piacciono a tutti - insinuò lui con fare sicuro prima che lei si voltasse e gli lanciasse un'occhiata sorpresa. Non poté fare a meno di notare la particolarità dei suoi occhi, sembravano avere il potere di leggergli dentro, scrutare il più oscuro lato di se stesso.

Era la prima frase, senza contare i velati insulti di prima, che le rivolgeva il belloccio antipatico.

- Sono insetti, quindi mi fanno estremamente schifo! – commentò tentando di tenere a freno i brividi. Gli insetti erano l'unica cosa che la spaventasse davvero, più che paura le facevano ribrezzo.

Il ragazzo sembrò riflettere per un secondo, poi la guardò con un cipiglio divertito e malandrino negli occhi e cominciò a sbottonarsi la camicia scura. Raelene sgranò gli occhi seguendo attentamente ogni suo movimento, perché diamine si stava spogliando?! Quando arrivò a metà camicia la allargò tutta insieme, mostrando così la parte alta dell'addome, esibendo con fierezza la grande farfalla nera che macchiava la sua pelle chiara. La ragazza non riuscì a trattenere un'espressione schifata. Che schifo!

- Vuoi dirmi che non ti piace? - chiese provocandola, lei notò la sfumatura antipatica che il suo tono assumeva quando le si rivolgeva. Avrebbe voluto trovare una risposta diplomatica, ma quella considerazione la fece desistere. Quel ragazzo cominciava a darle i nervi, sembrava così sicuro di sé.

- È orribile! – esclamò senza pensarci due volte.

- Oh ma così ferisci i miei sentimenti! - scherzò lui con la solita aria provocatoria affacciata in un ghigno. Si stava stranamente divertendo a prenderla in giro, non credeva affatto che non le piacessero i suoi tatuaggi. Piacevano a tutti.

- Si, quelli che hai sotto le scarpe forse – rispose piccata.

- Se fai così poi non lamentarti se ti dicono che sei acida – ancora più divertito dal suo nervosismo. Eh si, lui aveva il brutto vizio di fare quell'effetto.

- Guarda che tu hai chiesto il mio parere! Non c'è bisogno di offendere. Come ti è venuto in mente di tatuarti una farfalla gigante in pancia?! – domandò come se fosse la cosa più strana del mondo, tanto che lui ne rimase seccamente colpito.

- Mi piacciono i tatuaggi, ed è sull'addome, non sulla pancia – peggio ancora, pensò Lene. Harry si era sentito leggermente irritato da quella domanda, che non le piacessero davvero?

- Più o meno è lo stesso! Lo trovo alquanto infantile, sintomo di immaturità di una persona che punta solo a farsi notare – chiuse la bocca di colpo quasi pentita, una volta accortasi di aver dato fiato alla voce senza pensare, come al solito, ma in fondo il belloccio antipatico se lo meritava. Era evidente quanto si divertisse nel provocarla e ciò bastava a far ritirare il suo senso di colpa.

- Il tuo atteggiamento è infantile – ora era lui ad essere nervoso, come si permetteva quella ragazzina. Stava per risponderle ancora ma si trattenne quando la vide osservargli l'addome con curata attenzione e curiosità. Stranamente si chiese da dove derivasse tutto quell' interesse.

- Scusa ma quanti ne hai? Neanche la cappella Sistina è così variopinta! - disse continuando a fissare il suo addome con una tangibile nota di ribrezzo che lo fece inevitabilmente irritare.

- Sei l'unica in milioni di persone a guardarli in questo modo schifato, fossi in te mi farei due domande – rispose piccato dall'ennesima considerazione negativa verso i suoi tatuaggi, se prima credeva fosse una bugia, ora doveva arrendersi all'evidenza e ne era estremamente infastidito.

- Se le milioni di persone sono un gregge di ragazzine urlanti ed incapaci di partorire un pensiero con la propria testa, sono felice di non essere come loro! – Harry quasi non si stupì nel constatare quanto fosse vanitosa e superba quella ragazza.

- Ti consideri superiore a tutti? Neanche una delle nostre fan è così  - l'aria di scherno si tinse di un lieve cenno di disprezzo. Era sempre circondato da quel genere di persone e non le sopportava.

- Non ho detto questo - si difese prontamente come se si fosse risentita - Solo che riesco a pensare con la mia testa – spiegò cercando di moderare il tono. Quel discorso cominciava a degenerare e lei non aveva proprio voglia di rovinare la serata battibeccando con un ragazzino troppo famoso che giudicava dall'alto della sua posizione. Pallone gonfiato.

- E perché le mie fans non dovrebbero? -

-  La storia dei tatuaggi è un monito evidente, li trovano belli solo perché li hai tu -

- Sei davvero convinta di sapere tutto? – rispose al tono di saccenza che aveva usato lei.

- In realtà il mio motto è "so di non sapere" , ma in questo caso alla faccia di Socrate posso dire che so! – la risata amara di lui la colse quasi impreparata, immaginava si stesse preparando per risponderle, così al cambio di canzone colse la palla al balzo. I discorsi filosofici potevano aspettare - Beh bando alle ciance, ti butti nei balli di gruppo oppure preferisci evitare la figuraccia? – la volontaria provocazione fu accolta da Harry quasi con sollievo.

- La figuraccia sarai tu a farla! – e senza darle tempo neanche di pensare, l'attirò velocemente a se, trascinandola nella piccola pista da ballo che, anche con loro, sembrava ancora più piena.

- Adoro i balli di gruppo! – urlò lei non appena una musica conosciuta le rimbombò nelle orecchie.

- Io non li conosco! – si lamentò il ragazzo vedendola scatenarsi senza ritegno.

- Segui me! – ordinò mentre cominciava a muoversi a ritmo di musica con passi studiati. Harry dovette ammettere che era brava, si muoveva con grazia ed eleganza nonostante fosse tanto scatenata che lui faceva fatica a seguirla. Se non fosse stato per quella boccaccia che si ritrovava, l'avrebbe persino potuta considerare carina. La musica cambiò di nuovo quando il ragazzone in carne salì sul mini palco cominciando a cantare e ballare canzoni a lui completamente sconosciute che però, mandarono in delirio la piccola folla di amici, la ragazza accanto a lui per prima, applaudiva e saltellava entusiasta. E senza avere il tempo di protestare il ciclone con cui stava ballando lo trascinò in prima fila. – Copia lui! – annunciò prima di cominciare un balletto insieme al ragazzo che cantava. Scoppiò a ridere di gusto quando la vide fare il ballo della gallina senza vergogna o inibizione, con un enorme sorriso stampato in faccia. Era buffa. Si trovò ancora una volta ad invidiarla, ad invidiare la sua spensieratezza, la sua fiducia in se stessa, la capacità di divertirsi con poco. La sua testa venne catapultata per un attimo nel passato, quando anche lui agiva senza pensare, quando l'importante era solo ridere e divertirsi. Senza accorgersene si trovò a seguire la ragazza/ciclone nel ballo della gallina e in tutti i successivi senza pensieri, assaporando quella sensazione di leggerezza che tanto gli era mancata. Nessuno l'avrebbe fotografato, filmato o giudicato, si dimenticò perfino chi fosse o cosa dovesse fare il giorno dopo, solo la musica e quella stramba ragazza, sconosciuta per lui tanto quanto lui per lei. Cominciava addirittura a piacergli mentre vestiva le note in un modo tutto suo, cominciava a piacergli da quando aveva risvegliato in lui con prepotenza la sua vera essenza, essere se stesso non sarebbe potuto essere più semplice.

Lene osservò il ragazzino accanto a lei, sembrava cominciasse a divertirsi o almeno lo divertiva vederla correre imitando le galline. Si era sorpresa invece quando l'aveva visto seguirla in quei balli pazzi cercando di imitare i passi alla meglio, mentre per la prima volta poteva ammirare il sorriso spontaneo nascere sul suo viso. Involontariamente il suo spirito si accese ancora di più, lui le stava dando spago, sembrava sinceramente divertito e scatenato, ed inutile negarlo, con quel sorriso avrebbe potuto far squagliare tanti cuori.

You look at me and, girl, you take me to another place (because me need it baby girl) got me feeling like I'm flying, like I'm out of space. Something 'bout your body says, "Come and take me." Got me begging, got me hoping that the night don't stop. Bailando, bailando, bailando, bailando, tu cuerpo y el mío, llenando el vacío, subiendo y bajando. Ese fuego por dentro, me está enloqueciendo, me va saturando. I wanna be contigo and live contigo, and dance contigo, para have contigo una noche loca ay besar tu boca.

Quando ritornò la solita musica commerciale, i due ragazzi continuarono a ballare insieme, alternando movimenti sexy a facce buffe, mimando le canzoni e cantandole a squarcia gola in un'affinità appena trovata, labile quanto una goccia di pioggia sull'asfalto, destinata a durare poco, ma nata dal cielo, da colui che tutto vede e tutto sa, che progetta sempre il giusto anche quando sembra tutto sbagliato.

Quel ragazzo l'aveva sorpresa, sembrava che avesse abbandonato la sua maschera da bello e dannato assecondando ogni sua mossa. Ballare vicino a lui stava diventando gradevole, i brividi nella sua schiena quando l'aveva toccata erano stati inaspettatamente piacevoli tanto da farle desiderare di essere toccata ancora, mentre lui sembrava voler esaudire quel desiderio come fosse anche suo. Le sue mani le sfioravano le braccia in carezze percepibili solo dallo spostamento d'aria, alternando a strette decise in vita, attirandola a lui tanto vicino da sentire il forte profumo della sua pelle.

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