RESURREZIONE
La strega remava nella laguna scura come la notte.
Portava con sé sette orfanelli sonnambuli ed Evelina che non pronunciava parola.
Fissava la strega con occhi stanchi e assonati cerchiati da due evidenti occhiaie, messe in risalto dalla luce della candela che teneva con due mani in grembo.
Non ci credeva ancora che presto avrebbe rivisto Fabian.
Navigarono fino all'isola di Torcello, avvolte sempre da quell'irreale nebbia bianca che evaporava dalla laguna.
Medera attraccò la piccola barca al porto di Torcello.
Incappucciata di nero, scrutò ogni angolo visibile: non c'era anima viva, regnava un inquietante silenzio di morte.
L'aria era gelida, toglieva al corpo ogni respiro e l'umidità penetrava fin dentro le ossa.
La strega fissò i bambini pallidi e imbambolati come statue seduti sulla barca, poi si rivolse alla fanciulla.
«Evelina corri verso il ponte senza parapetto, sali sopra e attendi paziente la mezzanotte. Mi occupo io dei bambini, li porterò con me appena potrò raggiungerti, devo assicurarmi che nessuno mi veda.»
Evelina acconsentì e scese dalla barca. Era di nuovo a Torcello.
Era ritornata a casa.
La strega fermò la fanciulla per un braccio. «Aspetta, non ho ancora finito.» Estrasse dalla gonna dell'abito un sacchetto marrone di tela, arricciato e chiuso all'estremità con un fiocco rosso. «Tieni.» Lo mise sopra il palmo della mano di lei.
Evelina guardò Medera perplessa. «Che cos'è?»
«Sono sette monete d'oro. Ascoltami: appena lo incontrerai dovrai consegnargli queste monete, così il debito verrà saldato e potrai rivedere Fabian.»
La giovane curiosa aprì il sacchetto e scorse che erano proprio sette monete d'oro.
Ne prese una in mano e vide che su un lato era rappresentato un pentacolo, mentre dall'altro lato una faccia del Caprone sopra cerchiata dal sigillo di Lucifero. «Che monete sono queste?»
«Sono le monete del Diavolo. Servono per pagare il nostro debito.»
«Ma allora cosa gli servono sette bambini, se vuole farsi pagare in denaro?»
«Evelina, le sette anime dei bambini servono solo a riempire il vuoto che lascerà l'anima di Fabian all'Inferno quando ritornerà nel mondo dei vivi.»
«Sì», sussurrò la giovane.
«Adesso vai, corri e mi raccomando non fermarti al minimo rumore e non voltarti mai indietro, ci vediamo presto mia cara fanciulla.»
Guardò un'ultima volta la strega, dopodiché fuggì via con stretto in mano il sacchetto delle monete nella bianca foschia di Torcello fino a scomparire nella tenebrosa notte invernale.
Corse a per di fiato fra le calli, fino a giungere davanti alla scalinata del ponte senza parapetto.
Salì i gradini con il fiatone e sorreggendo la gonna lunga per non inciampare.
Arrivò in cima, come le aveva detto la strega, ma lui non c'era ancora, quindi aspettò la mezzanotte con animo impaziente.
I minuti passavano ed Evelina gironzolava sul ponte, rimanendo sempre vigile nel caso intravedesse qualcuno da un momento all'altro sotto la luce debole della candela.
All'improvviso l'orologio del campanile batté la mezzanotte e il suo cuore sussultò spaventato.
Dietro di lei sentì un rumore di passi farsi sempre più vicino fino a che non si arrestò di colpo, proprio alle sue spalle.
Evelina le venne la pelle d'oca, tremò di paura e fece cadere a terra la candela, che si spezzò in due.
Si voltò lentamente con il fiato sospeso, ed ecco che lo vide, di nuovo, di fronte a sé con indosso il suo cilindro che gli ricopriva il volto.
«Bene, bene», disse. «Ci rincontriamo come da promesso cara fanciulla.» La osservò dalla testa ai piedi. «Ma non vedo la strega Medera. Il patto l'ho stretto con lei, non con te. Dove sono le mie preziose sette anime maledette?»
«La st-re-ga sta a-rri-van-do credo», balbettò intimorita da Lucifero.
«Credi?» Fece un passo in avanti.
«Sì. Mi ha detto di darvi questo.» La fanciulla porse le monete d'oro al Diavolo che le prese con un gesto rapido, tanto da bastare a far intravedere ad Evelina le sua mano dalla pelle marmorea e dalle unghie a mandorla.
«Molto bene», emise un ghigno soddisfatto.
«Sono sette monete dorate.» Le disse la fanciulla.
«Il patto è quindi saldato. Avrai il tuo amore indietro.» Il Diavolo ripose il sacchetto dentro al suo abito nero, poi batté sul ponte il suo bastone tre volte di seguito, fissando la fanciulla.
Evelina ancora incredula non realizzava ancora tutto ciò che aveva passato fino ad adesso; le sembrava di vivere dentro a un sogno dove si ritrovava partecipe di uno strano e occulto incantesimo.
A un tratto, dal nulla, si sentì uno scroscio d'acqua provenire dal fondo del canale.
Evelina preoccupata che ci fosse qualcuno passare in barca, si sporse verso l'acqua.
Quando vide il corpo morto di Fabian macchiato dal sangue della sua brutta morte emergere dal fondale della laguna, spalancò gli occhi stupefatta.
Evelina guardò Lucifero che era lì fermo, a pochi passi da lei, impassibile a osservarla con un gatto che si strusciava fra le sue gambe.
La fanciulla ripose il suo sguardo verso Fabian.
I suoi occhi si riempirono di lacrime.
Ora era tutto vero. Ora era reale.
Ora poteva di nuovo stare con Fabian.
Non si curò più di nulla, ma solo del suo amore.
«Fabian! Fabian! Fabian!» Prese a urlare e a chiamarlo più volte. Ma il corpo del ragazzo non rispondeva.
Evelina si voltò verso Lucifero. «E adesso?»
«Ora devi solo svegliarlo dal sonno profondo degli Inferi. Adesso vai, corri dal tuo amore e amalo per sempre. Non a tutti è concesso di amare.» Le fece cenno con il bastone di dileguarsi dalla sua vista. «È raro che il Diavolo conceda patti per ragioni d'amore.»
«Grazie ne sarò sempre infinitamente riconoscente», disse inchinandosi a lui e infine fuggì via, scendendo di tutta foga il ponte, abbandonando Lucifero.
Il copro di Fabian galleggiava ancora nell'acqua gelida in mezzo al canale.
Evelina iniziò a chiamarlo a sé più e più volte. «Fabian! Fabina! Fabian!» Lo richiamò ancora, urlando più forte. «Fabian!» Aveva male alla gola e piangeva come una disperata. Si inginocchiò per il dolore che aveva al petto causato dai troppi singhiozzi.
Stava perdendo le speranze. Si coprì il viso con le mani e continuò a piangere, mentre la corrente marina portò il corpo del ragazzo vicino alle sponde del canale.
«Fabian! Torna da me, per favore.»
Tolse le mani dal suo volto e si accorse che adesso stava galleggiando proprio davanti a lei.
Lo prese e lo tirò su dall'acqua con tutte le sue forze fino ad appoggiarlo disteso sopra il terreno lastricato.
«Fabian», sussurrò ancora. «Fabian ti prego, sono Evelina. Ti prego torna da me. Io ti amo tanto!» Si avvicinò a lui e appoggiò la sua fronte sulla sua, piangendo lacrime disperate.
La mano di Fabian, a un tratto, si animò e si fece strada lungo il corpo di lei.
Le sfiorò il fianco e poi salì fino ad accarezzarle la guancia. «Ti amo anch'io Evelina! Ti amerò per sempre. Mi hai salvato dall'Inferno.»
Fabian aprì i suoi occhi blu e guardò Evelina con il volto arrossato e rigato di lacrime.
«Fabian sei vivo!»
«Sì», pronunciò appena.
A Evelina le si aprì in viso un radioso sorriso di felicità mentre lo ammirava incantata.
«Non dovrai più piangere per me, te lo prometto.» Le asciugò un'ultima lacrima.
«Oh Fabian, mi sei mancato tantissimo.»
«Anche tu, amore mio, mi sei mancata tantissimo.»
Si abbracciarono forte.
Un abbraccio che riunì il loro amore e che sconfisse l'orgoglio e la cattiveria delle loro famiglie.
Infine si rialzarono da terra e si ricomposero.
Evelina si asciugò le ultime lacrime, poi Fabian l'attirò a sé, l'abbracciò di nuovo e la baciò sulle labbra con una travolgente passione tale da riscaldare l'aria fredda della cupa notte di Torcello.
«Fabian dobbiamo andarcene da qui.»
«Sì, non possiamo rimanere qui, dopo quello che ci è successo. Dobbiamo abbandonare Venezia, solo così potremo essere di nuovo felici e liberi dalle nostre famiglie.»
Evelina sospirò. «È difficile.»
«Ma dobbiamo farlo, per il nostro bene.» Fabian prese la mano di Evelina.
«Va bene. Sono pronta.»
Fabian le sorrise e poi mano nella mano abbandonarono per sempre Torcello, verso una nuova vita, verso un nuovo destino.
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