⚠️MORTE INNOCENTE🔞
Milo nel tardo pomeriggio uscì di casa in fretta e furia.
Sbatté la porta e si diresse di corsa verso il porto dell'isola. Era preoccupato, suo padre doveva ancora far ritorno dal mercato del pesce.
Era il crepuscolo: il sole era già tramontato dietro i tetti rossi di Venezia, i suoi caldi raggi arancioni irradiavano appena il cielo grigio e triste.
A Milo la vita appariva malinconica.
Giunse al molo davanti alla fila di barche ormeggiate che dondolavano cullate dalla marea serale.
A un certo punto il giovane udì delle sonore risate provenire dal suo orecchio destro.
Si voltò incuriosito, ma quello che vide fu subito doloroso come un pugno nello stomaco.
Li vide ancora una volta: sua sorella Evelina insieme a quel ragazzo straniero.
Milo sgranò gli occhi inorridito e presto venne pervaso dalla rabbia. Si immobilizzò a scrutarli da lontano, con lo sguardo rivolto verso Evelina, che non smetteva di ridere a crepapelle tenendo per mano Fabian.
Milo si sentì offeso e indignato, voleva andare lì e separarli a tutti i costi.
Intanto una barca azzurra stava comparendo all'orizzonte.
Era il padre Ennio, stava ritornando dal mercato di Venezia, colmo di casse in legno vuote e con le tasche piene di soldi per aver venduto tutto il pesce pescato quella mattina.
Milo udì il peschereccio arrivare e scorse che a bordo c'era la figura di suo padre che diventava sempre più nitida.
Dentro di sé scaturì un velo di timore, gli si strinse per fino la gola, ma non poteva stare zitto, doveva sapere che Evelina frequentava ancora quell'austriaco.
Una mano fredda e rigida lo toccò alla spalla.
Il ragazzo sobbalzò spaventato. Quando si voltò vide che era suo zio Berto.
«Milo, come mai sei fuggito così veloce da casa? Potresti aspettarmi una volta ogni tanto.»
«Scusa zio, cominciavo a essere preoccupato per mio padre.»
Ennio nel frattempo arrivò a riva «Milo! Berto!»
Il ragazzo si voltò verso la laguna. «Aiutatemi ad attraccare la barca al porto.»
Milo non l'ascoltò. C'era qualcosa di più importante che meritava l'attenzione di Ennio.
Il giovane figlio guardò il padre con sguardo serio e impassibile, poi alzò il braccio e puntò l'indice verso destra.
Berto e Ennio sul momento non riuscirono a capire il gesto del ragazzo, ma poi lo seguirono con gli occhi e quello che notarono fu più che scioccante: Evelina e Fabian ridevano tenendosi per mano.
Berto percepì presto che qualcosa di brutto sarebbe successo.
Si scostò dal nipote, stava tremando e aveva il fiato corto. Milo e il padre li avevano di nuovo scoperti e questa volta non sarebbe riuscito a proteggerli e a difenderli.
Di colpo si sentì impotente.
I due giovani innamorati non si erano accorti ancora di niente, perché erano troppo presi uno dall'altra. Evelina era ipnotizzata dal sorriso di Fabian, divenuto il più bello del mondo.
Non si era mai sentita così viva e felice in vita sua.
Lo zio Berto vedendola così gioiosa, gli si spezzò il cuore, perché sapeva che ben presto questo sogno sarebbe andato in frantumi per mano di suo padre.
Ennio con gli occhi spalancati non riusciva a realizzare la scena, così si strofinò il viso stanco e sciupato, ma i due ragazzi non scomparvero dalla sua vista, stavano ancora lì proprio davanti a lui sempre a sghignazzare.
Ben presto i suoi occhi divennero sempre più neri, velati di profonda malvagità: in essi si racchiudeva le tenebre più oscure e cattive. Il viso era corrugato dalla rabbia, tutto perché sua figlia aveva infranto la sua promessa.
Si sentì umiliato e tradito.
Scese dalla barca, non importandosi di gettare l'ancora o legarla alla briccola.
Uscì e con l'espressione più dura e autorevole andò in silenzio verso i due ragazzi. «Evelina! Evelina! Vieni immediatamente qui, allontanati da quello sporco austriaco!»
La fanciulla quando si accorse della presenza del padre, spalancò gli occhi.
Presto la paura la travolse.
Era agitata e intimorita per essere stata scoperta.
Terrificata il suo cuore si fermò nel momento in cui Ennio le tirò un brutale schiaffo in pieno viso, facendola cadere a terra.
Evelina scoppiò a piangere e a urlare per il troppo male. Aveva la guancia arrossata, la pelle rosa le stava andando a fuoco, le bruciava dal dolore. Si mise una mano sul viso e quando vide un rivolo di sangue scendere dallo zigomo, urlò ancora più forte. «Papà, che cosa mi hai fatto!»
Berto e Milo impauriti, accorsero immediatamente sul posto.
«Non azzardatevi a intromettervi, questa storia la devo risolvere da solo», disse Ennio con tono imperioso.
Si avvicinò di più a Fabian, lo guardò come un assassino dritto negli occhi e poi gli diede anche a lui uno schiaffo in pieno viso.
Il ragazzo indietreggiò urlando di dolore, ma senza inciampare. Si portò una mano al viso e fissava spaventato a morte il padre di Evelina, che avanzò ancora verso di lui.
Riuscì ad afferrarlo per la camicia e iniziò a picchiarlo forte in faccia.
Ennio infuriato nero di rabbia non la smetteva.
Fabian piangeva singhiozzava e urlava, non riusciva a difendersi.
Il suo bel viso divenne presto rosso e gonfio, gli zigomi erano già violacei e perdeva sangue dal labbro inferiore e dal sopracciglio sinistro.
Ennio lo stava massacrando con pugni forti e decisi.
Evelina continuava ad urlare e a piangere come una pazza disperata, ancora seduta a terra, mentre lo zio e il fratello maggiore assistevano alla scena terrificati e immobili come statue di marmo, troppo terrorizzati per reagire.
«Papà! Papà! Smettila, così lo ucciderai, smettila per favore! Smettila!» Lo implorò la figlia.
Poi si rivolse allo zio con pietà. «Ti prego zio, aiutami, aiuta Fabian, papà deve fermarsi, ti supplico, ti imploro, fermalo zio, lo sta uccidendo!» La fanciulla era in una valle di lacrime, aveva gli occhi rossi e gonfi.
Il respiro era irregolare, il petto le faceva male dai troppi singhiozzi e ansimava per la troppa disperazione.
«Papà fermati! Io lo amo!» Ennio a quella confessione si fermò.
Fabian era svenuto, non si muoveva più. Respirava a mala pena.
Il padre guardò la figlia, poi si spostò di nuovo sul ragazzo che aprì a malapena gli occhi gemendo di dolore.
Ennio estrasse dalla tasca dei pantaloni un coltello da pesca affilatissimo dalla lama argentata.
«No Ennio, ma cosa credi di fare! Posa quel maledetto coltello! Posalo subito! Ennio!» Ordinò Berto.
«Papà, ti prego, no! Lascialo, ti supplico, ti imploro! Metti via quel coltello! Non puoi...» Evelina si destò da terra e andò vicino al padre, cercando di convincerlo a lasciare il coltello, strattonandolo per la manica della camicia. «Papà, ti prego no!» Gli urlò ancora, ma Ennio non mollava la presa e fissava intensamente il corpo mal ridotto di Fabian. «Non sei degno di stare con mia figlia», e gli tagliò la gola con tutta la forza che potè.
Evelina urlò forte. «Fabian! No!»
Il ragazzo soffocò lentamente nel suo stesso sangue, finché non morì con gli occhi aperti rivolti verso Evelina.
La ragazza lo vide spirare proprio davanti a sé. «No, Fabian!»
Gli prese il volto fra le mani, macchiandosi l'abito e le mani di sangue.
Evelina piangeva, singhiozzava a dirotto e urlava: il suo cuore si era spezzato in mille pezzi.
Voleva solo morire insieme a lui.
Ennio sbuffò, prese di forza la figlia dalle spalle e la scostò dal cadavere. Era priva di forze per rialzarsi, si accasciò a terra piangendo altre lacrime sul terreno lastricato.
Il padre prese il corpo del ragazzo e iniziò a trascinarlo per terra.
«Ma cosa fai?» Domandò disperata la figlia.
Ennio trascinò Fabian in prossimità dell'acqua per gettarlo nella laguna.
«No! Ma perché l'hai fatto?» Evelina a qual punto riuscì con coraggio a rialzarsi e andò incontro al padre. «Ti odio, come hai potuto farmi questo! Come hai potuto ucciderlo, io lo amavo, io lo amo da morire», confessò, pugnalando suo padre allo stomaco più e più volte.
Ennio non disse e non fece assolutamente niente, lasciò la figlia sfogarsi.
«Berto, portala via da qui, non la voglio più vedere», dichiarò alla fine impassibile.
«Cosa? Ma come? Ma che stai dicendo?» Disse lo zio molto turbato.
«Ho detto! Portala via da qui. Allontanala da Torcello. Non voglio mai più vederla.»
Evelina riprese a singhiozzare incredula a quelle parole. «Ma papà, perché?» Cercò di abbracciarlo. «Perché mi fai questo? Perché? Sono tua figlia!»
Ennio si scostò e cercò di allontanarla da lui. «Perché mi hai tradito, tesoro mio.»
«No, aspetta, lascia che ti spieghi...» Provò Evelina a dialogare con lui.
«Berto fai come ti ho detto e tu Milo torna immediatamente a casa e mi raccomando bocca cucita.» Ordinò Ennio.
Milo acconsentì, poi corse via.
«Vieni Evelina.» La chiamò lo zio.
«No! Lasciami, non mi toccare!» Urlò lei allontanandosi.
«Evelina dobbiamo andare, stai tranquilla.» La rassicurò.
«No, mai.» Puntò i piedi per terra e mise il broncio.
Evelina non voleva proprio muoversi e allora Berto la strattonò e la prese in braccio.
Lei prese a dimenarsi come una vipera, mentre lo picchiava sulla schiena.
Berto con fermezza camminò fino alla barca e la scaraventò dentro.
La fanciulla sbatté la testa.
Salì anche Berto e in fretta e furia iniziò a remare al largo, verso la laguna.
Evelina dalla barca urlò al padre. «Non puoi farmi questo io rimarrò sempre tua figlia!»
«Addio Evelina.» Queste furono le ultime parole che udì dal padre.
Ennio si voltò e le diede le spalle e scomparì fra le calli di Torcello.
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