FURIOSO LITIGIO

La piazza di Torcello era gremita di venditori e compratori.

Un allegro chiacchiericcio rendeva l'atmosfera calda, allegra e vivace, fino a quando il temuto generale austriaco Moritz Schneider, comandante dell'esercito, spezzò questa chiassosa armonia.

Giunse a testa alta al centro del mercato.

Cominciò a gironzolare composto, la schiena e le spalle rigide, con estrema risolutezza tra i banchi dei mercanti.
Scrutava con attenzione i volti di ogni persona, uomo, donna e bambino che fosse, incutendo un miscuglio di ansia e timore.
Oltretutto rivolgeva occhiate mal gradite ai prodotti esposti sopra le bancarelle.

C'era una voce che circolava già da diverso tempo: Moritz Schneider stava cercando di impadronirsi dell'isola insieme al suo unico figlio.

Compiuta la perlustrazione intorno alla piazza, il generale si soffermò proprio davanti al bancone della famiglia Diavoli.
Si mise a osservare con grande cura e attenzione i prodotti esposti.
Moritz con le mani dietro la schiena faceva avanti e indietro.

Era diventato piuttosto irrequieto.

A un certo punto si arrestò.

La sua faccia rugosa mostrava uno sguardo perplesso.

Il Signor Diavoli notò immediatamente la sua espressione seria e superba.

«Famiglia Diavoli!» Disse con fermezza e rigidità, spezzando il silenzio che si era creato al suo arrivo.

La folla di persone aveva concentrato la sua attenzione verso i due uomini posti uno di fronte all'altro.
Nessuno più dialogava o sghignazzava.
Avevano troppa paura.

«Non vi sembra che la vostra confettura risulti avere un prezzo elevato? Riscontrerete sicuramente delle difficoltà nel vendere tutti questi vasetti.»
Il generale si avvicinò di più alla bancarella per prendere in mano un barattolo di questa confettura.
Lo osservò per qualche istante, fece una smorfia di disdegno e lo riappoggiò sul bancone.

Il Signor Diavoli gli rispose con superbia.
«La confettura di mia moglie è sempre stata venduta a questo prezzo. Un prezzo alto ma sicuramente ragionevole, dato che Elvira la fa lei stessa con le sue mani e mettendoci amore. Inoltre la frutta che vi è all'interno proviene esclusivamente dal nostro frutteto. Quindi mi pare giusto che il prezzo sia più salato, dato che anche la manodopera è anch'essa elevata e faticosa.»

«A me non sta affatto bene! Abbassate subito il prezzo! È un ordine!»

La Signora Diavoli scioccata provò a intervenire.
«Ma nessuno si è mai lamentato!» Precisò.

«Nessuno fino ad oggi», sottolineò il generale Schneider con fare altezzoso, puntando i suoi occhi di ghiaccio contro la donna.

Suo marito si stava scaldando.
I fumi gli uscivano già dalle orecchie.

Moritz insistette ancora.
«Quindi ve lo chiedo gentilmente un'ultima volta. Abbassate i prezzi della vostra merce, sono tempi difficili e disperati, la gente deve comprare da mangiare per i propri figli e di certo voi non vorrete che essi muoiano di fame a causa del vostro troppo orgoglio che avete nei confronti di ciò che offrite giornalmente ai vostri compaesani.»

«Osservate bene che la povertà l'avete portata voi pidocchiosi austriaci. Noi veneziani conducevamo tutti una vita ben agiata prima del vostro arrivo. La causa di questa crisi è dovuta solo a voi e al vostro abuso di potere su di noi. Ora siamo solo poveri contadini e pescatori. Ci state rubando tutto. Fra poco vi prenderete pure le nostre terre e le nostre misere case», affermò frustato e arrabbiato, alzando la voce, che gli si era fatta grossa e rauca.

«Avete perso la guerra. Questo è il prezzo che ora dovete pagare. Ringraziateci che non vi abbiamo sterminati direttamente tutti quanti!»
Nel suo volto era espressa la sua cattiveria e la sua maggiore discriminazione verso la famiglia Diavoli e verso tutti gli abitanti di Torcello.

«Perché adesso non va via e lascia in pace la mia famiglia una volta per tutte?» Ennio fece dei passi avanti e si avvicinò di più al generale Schneider.

Orami entrambi si trovavano a pochi centimetri di distanza.
Il Signor Diavoli aveva puntato i suoi occhi tenebrosi e minacciosi contro quelli di lui, non aveva nessunissimo timore di fronteggiarlo, anzi si sentiva superiore.
L'isola era sempre appartenuta alla sua famiglia fin dai primi insediamenti.

«Signor Diavoli è inutile che si scaldi tanto e che faccia il superiore. La sua famiglia non è più la padrona dell'isola di Torcello», affermò risoluto il generale, sfidando Ennio con il suo sguardo malefico e imperturbabile.

«Come sarebbe a dire?» Sbottò infastidito e preoccupato.

«Ormai siamo noi austriaci che controlliamo e dirigiamo buona parte dei territori veneziani. Quest'isola presto sarà di mia proprietà e dovrete fare quello vi ordinerò io!»

«Altrimenti?»
Lo sfida Ennio alitandogli in faccia.

«Non vorrete mica essere sfrattati dall'isola e finire in mezzo a qualche calle a chiedere l'elemosina in ginocchio o peggio finire nel fondo di un canale insieme alla vostra famiglia.»
Un sorrisetto perfido comparve nel viso di Moritz.

Ennio perse il controllo e venne assalito dalla sua infernale rabbia.

«Io non mi piegherò né a voi né al vostro dominio austriaco, non starò alle vostre leggi. Dico mai e poi mai mi sottometterò al vostro predominio. E se proverete a toccare la mia famiglia con un solo dito, giuro ammazzerò lei e anche vostro figlio e getterò i vostri cadaveri in mare aperto», urlò il Signor Diavoli dalla forte collera che stava provando in quel momento.

La folla che non aveva smesso di ascoltare il pesante litigio fra Ennio e Moritz si sentiva più impaurita di prima.
Erano tutti quanti scioccati e allibiti dalla forte sceneggiata appena accaduta. Molti di loro continuarono a osservare tale scena, che si protese fino alla porta della casa della famiglia Diavoli.

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