7. La creatura


"Qualcosa la stava seguendo.
Sentiva distintamente il rumore di foglie schiacciate alle sue spalle, ogni volta che riprendeva a camminare.
Il sottobosco, soffice come cotone d'autunno, le rimandava l'eco di rametti spezzati, di foglie scostate e calpestate. Sapeva con certezza che qualcuno la stesse seguendo.
Era un suono cupo, rimbombante, che faceva quasi tremare la terra.
Le ombre dei rami intanto si allungavano sotto i suoi piedi, rese vive dal fioco impatto dalla luce della luna piena. E la sua candela s'andava spegnendo.
Le ultime fiammelle lottavano per sopravvivere in modo che lei potesse tornare nella sua abitazione sana e salva.
Non allontanarsi dal sentiero battuto: era la prima regola che anche il più inesperto viandante doveva tenere a mente, e lei, con un passato sostenuto, doveva rispettare quella considerazione.

Continuava a sentire dei passi.

Si voltò più volte per assicurarsi che fosse qualcuno di noto, e con la coda degli occhi sbriciò, ma non ottenne risposte.

Cominciò ad essere veramente inquieta.

Le sere nel bosco rappresentavano per Phoebe un momento di contatto con la natura, e fino a quel momento non aveva mai avuto paura di trovarsi lì da sola.

In genere la sera Falkland era pacifica; l'aria fresca dominava sovrana sopra le poche case sparse e sulla moltitudine di sentieri rurali e foreste che popolavano il villaggio.
Numerose famiglie contadine albergavano all'interno di fattorie e cottages, e la famiglia Wyatt era tra quelli.

La figlia Phoebe di dieci anni aveva una passione per flora e fauna che non riusciva a controllare, e che spesso la portava ad addentrarsi, di notte, nella foresta dietro la sua casa.

Da quando aveva ricevuto la sua lettera per Hogwarts, Phoebe non aveva mai saltato un appuntamento con la foresta, cercando di individuare e studiare più piante possibili per avvantaggiarsi con Erbologia.

La sua famiglia aveva rigettato l'idea che Phoebe potesse essere una strega; non volevano, o meglio, non potevano permettersi di avere una figlia diversa.

Ma la piccola Wyatt sapeva di avere qualcosa dentro che non poteva reprimere, e la spiccata arguzia che la contraddistingueva le suggeriva che la magia fosse la sua strada.

Perciò quella sera aveva mollato il suo caldo e confortevole letto per recarsi nella foresta.
E l'aria era diversa, Phoebe lo percepiva. Non c'era più la fresca brezza che la costringeva a portarsi dietro un cardigan.
C'era una fitta nebbia, condensata dall'aria oppressa e umida che si scontrava con quella fredda dell'atmosfera.

I tratti degli alberi erano indistinguibili e formavano lunghe linee dritte che minacciavano la piccola figura della bambina.
I suoni della notte non erano più familiari e accoglienti.
Le cicale non cantavano più come erano solite fare d'estate.
Gli scoiattoli non erano più soliti approvvigionarsi di ghiande per la scorta invernale, risalendo le alte sequoie con le unghiette che grattavano i tronchi.

L'unico rumore che Phoebe sentiva era il suo respiro, che andava affannandosi.
Dov'era la sua amata foresta familiare?
Dov'erano gli animali che amava?
E perché la natura sembrava rifiutarla tutto un tratto?

Lo scricchiolare delle foglie sotto i passi di qualcosa distolse Phoebe dai suoi pensieri.
Qualcuno la stava seguendo.

Sentì la tensione salire: doveva necessariamente controllarsi, altrimenti avrebbe corso il rischio di farsi  prendere dal panico, e sarebbe stato peggio. Accelerò il passo.

Sentì che i passi dietro di lei cambiare di ritmo: adesso si erano affievoliti, quasi strascicati;  chi la seguiva forse si stava stancando.

Gli alberi attorno a lei formavano un intrico che la notte rendeva spaventoso.
La trama dei rami si infittiva a dare a Phoebe l'impressione di trovarsi in gabbia.
Così iniziò a correre verso il sentiero di casa, conoscendo alla perfezione il percorso che l'avrebbe riportata in salvo.

Persino i passi dietro di lei sembravano essersene andati.

Un barlume di speranza si accese in Phoebe.
Forse era stata tutta un'allucinazione dettata dal sonno.
Forse i passi non erano mai stati reali.
Forse non era mai stata in pericolo.

La risposta non tardò ad arrivare quando una figura in controluce si parò davanti a lei. Una creatura alta e mostruosa, con gli occhi che risplendevano di un azzurro macabro. Le unghie affilate e perfide bramavano la sua carne, quasi quanto gli affilati canini che possedeva.
Il primo istinto di Phoebe fu quello di scappare lateralmente, sviando la creatura a sinistra.

L'essere non tardò a rispondere all'azione gettandosi subito nella sua direzione, e mentre la bambina correva quasi senza fiato, lui riuscì ad afferrarla con una presa potente."

Phoebe si svegliò madida di sudore nel dormitorio dei Corvonero, dopo l'ennesimo incubo sul lupo mannaro che l'aveva ferita molti anni prima, facendola vivere per il resto della sua vita in uno stato di licantropia parziale.

La ragazza non aveva subito alcuna trasformazione fisica riguardo al suo stato, ma aveva sviluppato un arguto senso dell'olfatto, in particolar modo quando si trattava di sangue.

Durante le lezioni di volo, quando uno studente si sbucciava un ginocchio cadendo dalla scopa, o si rompeva il naso, Phoebe era attratta dall'olezzo di sangue che le pervadeva le narici, ma non aveva mai avuto l'impulso fisico di uccidere qualcuno o di mangiare la loro carne. Tuttavia, preferiva le bistecche cotte al sangue.

Alzandosi dal suo letto per andare a prendere un bicchiere d'acqua, Phoebe aveva notato sul pavimento del dormitorio una macchia di fango accanto al suo letto e un paio di frammenti di terra incrostata più in là. La sua compagna di stanza doveva aver necessariamente lasciato ancora una volta le scarpe nel dormitorio.

Phoebe odiava quando qualcuno disobbediva alle sue regole, che erano poche ma da rispettare senza dibattere, come il non camminare con le scarpe per la camera (soprattutto se sporche) e il non mangiare sul letto.

"Sveglia"-urlò Phoebe gettando la divisa scolastica sopra la sua coinquilina.
"Per Merlino, Phoebe che cazzo vuoi?"-inveì la sua coinquilina coprendosi la testa con il cuscino.
"Dobbiamo andare a studiare"-annunciò la Corvonero cambiandosi ancora sopra il letto di Tulip.
"Sei odiosa Wyatt"-affermò la ragazza ancora assonnata mentre provava a regalarsi altri cinque minuti di sonno immergendo la faccia nel cuscino.
"Anche tu Karasu, ora alza il culo, andiamo a fare delle ricerche"

****

Arrivate in biblioteca, Tulip e Phoebe erano certe di non trovare nessuno a studiare di prima mattina.
Per loro sorpresa invece sia Davina Black che Tom Riddle popolavano a distanza i tavoli della enorme sala.

"Oh guarda, due esauriti come te!"-esclamò Tulip beccandosi una gomitata sullo sterno da parte di Phoebe, la quale decise di accaparrarsi i tavoli più vicini alla sezione proibita.

"Ora mi vuoi spiegare perché siamo qui prima delle lezioni?"-chiese Tulip sedendosi davanti a Phoebe, la quale stava ancora fissando la bibliotecaria in attesa che si distraesse dal tenerle puntate come un segugio.

"Sta' zitta Karasu o ti ficco una pannocchia nel culo"-esordì Phoebe bisbigliando e mantenendo il contatto visivo con la scheletrica donna che le sorvegliava a distanza.

E quando finalmente la bibliotecaria si girò ritornando sui suoi passi, Phoebe sgattaiolò verso la sezione proibita, lasciando Tulip esterrefatta.
"Dove cazzo va?"-chiese la ragazza dai capelli rossi tra sé e sé.

Phoebe era riuscita finalmente ad entrare nella sezione proibita della biblioteca, cercando un libro dal significato molto importante per lei.
Voleva cercare un libro che censisse tutti i lupi mannari presenti nel territorio scozzese.

La Wyatt non sapeva il nome del lupo che l'aveva graffiata da ormai 7 anni, ed aveva la necessità di saperlo, per rintracciarlo ed ucciderlo.
Colui che aveva reso la sua vita un inferno meritava di sparire dalla faccia della Terra.

Phoebe continuava a cercare tra gli scaffali impolverati e popolati da aracnidi che sorvegliavano i libri più oscuri.
Libri che parlano di magia nera.
Libri che parlavano di pozioni velenose.
Libri che narravano delle creature più mostruose al mondo.

E infine riuscì a scorgere il libro che stava cercando: "Censimento dei lupi mannari nella storia magica".

Phoebe allungò la mano verso lo scaffale che conteneva il libro rosso rilegato in pelle e portandolo verso di sé riusciva finalmente a vedere un barlume di speranza in fondo al baratro. Poteva finalmente scoprire chi era il lupo che l'aveva ferita anni prima.

"Che cosa stai facendo qui?"-chiese un ragazzo intorno all'ingresso della sezione proibita che la scrutava con fare interrogativo.

Phoebe rabbrividì, era così vicina e così lontana dalle risposte che necessitava.

"Niente...curiosavo in giro"-rispose lei non credendo alle stesse parole che diceva, mentre il ragazzo, che ora aveva riconosciuto essere Riddle, si avvicinava a lei.

"Questo lo prendo io"-pronunciò strappandole dalle mani il libro che conteneva la sua verità, e Phoebe si sentì per un momento morire dentro.
"E tu vieni con me"-sentenziò subito dopo.
Phoebe scosse il capo. "Non vengo da nessuna parte, non stavo facendo niente di male"
"Ah no? Si chiama sezione proibita per un motivo, hai un permesso per entrare qui? Non credo proprio. Adesso andiamo da Dippet"-se ne uscì ancora una volta Tom, prendendo la ragazza per un braccio. Esattamente il braccio dove riportava la cicatrice dell'aggressione.

"No! Lasciami stare!"-esclamò lei alzando la voce, sperando che qualcuno potesse sentirla. La bibliotecaria le faceva paura, ma mai come la paura che le incuteva Tom Riddle.

"Che cosa state facendo qui? Via! Sciò"-esclamò la donna custode dei libri, affrettandosi ad arrivare verso la direzione delle grida.
Tom scrutò per l'ultima volta la faccia di Phoebe prima di allontanarsi da lei e tornare alla sua postazione originaria in biblioteca, ad un tavolo di distanza da Davina, mentre la Corvonero fu costretta da Madama Baston a recarsi fuori dalla biblioteca insieme a Tulip.

****

"Sei contento Marvolo?"-sussurrò Davina a Tom, avvicinandosi a lui di qualche posto per non fare rumore parlando.
"Finalmente puoi farti valere come un maschio alpha, facendo la spia con le ragazzine che entrano nella sezione proibita della Biblioteca."
Tom resistette alle tentazioni della ragazza, contraendo la mascella e stringendo i pugni. I bordi delle unghie affondavano sul palmo della mano.

"Ti credevo meno spione, ma a quanto pare non sai farti i cazzi tuoi, piccolo mezzosangue"-esordì lei.
Tom aspettò un attimo di distrazione di Madama Baston e afferrò Davina per il collo con la mano dominante, portando le loro facce a pochi centimetri l'una dall'altra.

I suoi occhi sembravano uscire fuori dalle orbite dalla collera, mentre le sue labbra si corrucciavano in un ghigno rabbioso.
Le mani presentavano venature rigonfie dalla pressione sanguigna.
"Giuro che prima o poi io ti distruggo, Davina Black, ancora un'altra battuta e dalla tua bocca usciranno solo preghiere. Pregherai che io smetta di torturarti."-annunciò lui, lasciando la presa dal collo della ragazza.

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