28. Secretum

Tw: omofobia (velata, non esplicita).

Il viaggio di ritorno ad Hogwarts fu stancante per la maggior parte dei ragazzi, ma Lilith si sentiva ancora piena di forze grazie all'enorme tazza di caffè che aveva bevuto prima di partire.
Scrutava la "Gazzetta del Profeta" in attesa di qualche notizia coinvolgente, ad esempio un omicidio irrisolto, perché segretamente le piaceva molto ricomporre i vari pezzi per arrivare ad un ipotetica soluzione.
Ma il quotidiano conteneva solo notizie irrilevanti, di qualche mago che aveva ricevuto una carriera importante o di un avvistamento da parte dei Babbani di magia.

"Idiota, evita di farti vedere almeno"-pensò la ragazza passando le dita tra le pagine di giornale che profumavano di carta nuova.
Abel dormiva di fronte a lei, non era riuscito a reggere il peso di un viaggio lungo quasi sei ore, e si era addormentato di ritorno nell'Hogwarts Express.
Posò gli occhi su di lui e lo trovò bellissimo; aveva dei capelli biondicci che ricadevano sul viso solcato dalle occhiaie che sapevano di una notte in bianco, ma a lei questo aspetto piaceva, denotava se non altro il fatto che avesse passato una piacevole nottata con lei.
L'espressione rilassata di Dolohov fece sorridere per un secondo Lilith.
Lo trovava bello, sì, ma anche molto buffo mentre dormiva, perché tendeva ad allargare le narici all'unisono con un ronfare leggero.

Aspettò che si svegliò prima di rivolgergli parola.
"Buongiorno, ti vedo arzillo"-commentò lei guardandolo stropicciarsi gli occhi.
Lui sbadigliò di rimando. "Dove siamo?"
"All'altezza di Hawick ormai"-rispose mettendosi seduta vicino a lui

Il vagone dove si trovavano era vuoto, animato solamente dalla signora dei dolci che ogni tanto faceva capolino dai corridoi del treno con il carrello pieno di sfiziose caramelle.
"Svegliami quando siamo a Hogwarts"-asserì Abel rimettendosi giù, ma Lilith non glielo concesse, colpendolo con il giornale sulla testa. "Ahi!"
"Ma smettila, un ometto come te non dovrebbe farsi male per una botta con quattro fogli di carta, cosa direbbe tua madre?"
"Direbbe qualcosa in russo che sicuramente non capiresti"-ironizzò Abel sbadigliando nuovamente.
"Un giorno dovresti portarmi in Russia, non vedo l'ora di sfoggiare la mia pelliccia di ermellino"
"Fidati, non ci vuoi andare in Russia...il mondo Babbano lì è un disastro, e ha influenzato anche il mondo magico, non solo per la guerra, ma per la mancanza di risorse, povertà e carestie."

Effettivamente a Lilith la Russia non sarebbe piaciuta; il freddo torrido, la misoginia di alcune persone e soprattutto i palazzi decadenti dell'Unione Sovietica. Abel sapeva che lei avrebbe detestato un posto simile.

"Volevo solo bere vodka e indossare la pelliccia, ma se mi dici così non ci metterò piede"-commentò sarcasticamente facendo sorridere il ragazzo.
Il treno emise un soffio di vapore e si fermò, indice del fatto che dovettero essere arrivati.
Era consuetudine per Lilith sgranchirsi appena terminati i lunghi viaggi; con le dita delle mani raggiunse le punte dei piedi e fece scricchiolare le ossa della schiena, vertebra per vertebra, poi passò al collo e alle nocche con un movimento sincronizzato, tanto che Abel rimase di stucco nell'udire il suo corpo suonare in quel modo.

"Che c'è?"-chiese lei guardandolo con aria interrogatoria. Al che lui fece le spallucce. "Non so, sembrava lo stesso rumore che fa la sedia a dondolo di legno della zia Petra."
Lilith lo silenziò immediatamente con una gomitata sullo sterno che gli fece vedere le stelle.
"Ti odio"-emise lui con un filo di voce.

Appena rientrati nel castello, l'aria cominciò ad essere più astringente. Avevano fatto un viaggio ricco di scoperte, che aveva insegnato loro ad esempio a cosa serve un pelapatate e l'usanza di bere il tè alle cinque con il latte.
Non erano mancati di certo eventi sconvolgenti durante la permanenza a Londra; Walburga, ormai obliviata, era diventata un agnellino, e seguiva Lilith e Davina ovunque come degli spiriti guida, Lestrange si comportava in maniera strana e si era allontanato dal gruppo dei Cavalieri durante gli eventi sociali per stare in disparte.
Non mancavano di certo i drammi d'amore tra Davina, Tom e Rosier, che nel pub avevano dato un bello spettacolo da guardare ai presenti.
Infine Ralston sembrava essere l'unica buona notizia di tutto il viaggio, stava bene e continuava a cucinare i suoi biscotti a casa di Aurora.

Nella sala comune di Serpeverde si sollevò uno sconforto generale nel vedere che i Cavalieri erano tornati, insieme alle due ragazze più temute nella casa. Alcune serpi del primo anno avevano pregato che rimanessero intrappolati a Londra per qualche strano motivo, ma nel vederli percorrere il corridoio tutti insieme si erano dati per vinti.

Il primo tra di loro era Tom, che guidava sotto la sua ala i ragazzi dietro di lui a passo veloce e sicuro, mentre gli altri, un po' goffi e scombinati lo seguivano.
Con un cenno del capo ordinò ai ragazzini presenti sui divanetti di allontanarsi, e così loro fecero, senza obiettare. Si alzarono lasciando il posto ai più grandi, che sfiniti si misero seduti cadendo a tonfo sulle morbide sedute in pelle, emettendo gemiti distrutti.

L'unico rimasto composto era ovviamente Riddle, che non poteva permettere di farsi vedere debole e vulnerabile nemmeno quando dormiva; si vociferava che tenesse un occhio aperto durante la notte, per vigilare un ipotetico 'nemico'.

"Voglio morire!"-esclamò Mulci gettandosi per ultimo sopra gli altri ammassi di corpi. "Chi ce l'ha fatto fare di tornare qui? Potevamo scappare e rimanere a Londra per sempre, con Ralston"
"Chiedilo a Thomas"-disse Davina ironizzando, ma la battuta non fece ridere Riddle, che per tutta risposta la ignorò.
Il clima era diventato strano tra i due, dalla sera del pub.

Riddle si era allontanato da lei poco dopo vedendo che Rosier era di fronte a lei, e la ragazza non aveva mosso un muscolo per allontanarsi. Così Tom aveva preso le redini della situazione in mano e se n'era andato a sedere, osservandola con un bicchierino di whiskey in mano.

"Io dico di fare una festa nella sala comune"-propose Mulciber rialzandosi dal divanetto.
"Per Merlino, ma tu non esaurisci mai le pile?"-chiese Lilith sbuffando e facendo ridacchiare Abel.
"Abbiamo fatto un sacco di feste nella sala comune, ormai nessuno partecipa, neanche i Serpeverde stessi"-asserì Brax guardando l'amico.

"E se usassimo la Stanza delle Necessità?"
Avery pervenne con un'idea geniale, così geniale che si meritò un abbraccio da Mulciber che lo fece barcollare all'indietro.
"È vero, non ci abbiamo mai pensato! Così potrebbe arrivare anche gente da altre case"-Lestrange si illuminò in volto, parlando per la prima volta dopo una settimana di silenzio.

"Ma allora sa parlare"-pensarono in coro i ragazzi, guardandosi con gli occhi spalancati.
"È un'idea geniale, sono emozionato"-Mulci dissimulò dal silenzio imbarazzante che si era creato in precedenza, e si alzò trascinando Malfoy per un braccio verso il suo dormitorio.
"Noi andiamo a preparare gli inviti con i cartoncini colorati".

Prima di sparire dietro alle colonne marmoree, Brax assunse un'espressione disperata al pensiero di dover darsi al bricolage con Mulciber, facendo ridacchiare i suoi amici rimasti di fronte al caminetto.

Qualcuno tra loro, però, era assente, sguardo rigorosamente rivolto al niente.
Senza esitazione Lilith percorse con la mente il percorso della sua vita.
Era calma, la sua mente flemmatica.
Perché affrettarsi a pensare? Non serve correre, non ha fretta.
Il suo sguardo non smetteva di intagliare quello che accadeva davanti a lei, non smetteva di pensare e di far rigirare il cervello come un marchingegno, dove ogni anello si incastra all'altro rigirando e rigirando ancora senza sosta.

A cosa pensava?
Alla sua vita.
Al perché ogni passo che ha compiuto fino a quel momento l'ha portata lì, a vivere nel presente.
Al perché il suo destino ha ricevuto una piega piuttosto che un'altra nel tempo.
Quello che vuole potrebbe essere suo, se lo volesse veramente.
Ricchezza? Potere? Sapienza?
Potrebbe avere tutto questo se solo si impegnasse di più.
Se solo compiesse le scelte giuste nella sua vita.

Potrebbe essere, per lo meno, considerata dai suoi genitori.

Perché quel giorno si è rotolata nel fango insieme ad Anyta?
Perché Adelchis è morto?
Perché ha distratto sua madre?
Perché si dovrà sposare per forza?
Una miriade di perché la circondano facendola soffocare nei suoi pensieri.
Ancora una volta, perché tutto questo?
Aveva solo il tempo dalla sua parte, nulla le era precluso.
Pianificava, attendeva, colpiva.

Quando non si ha nessuno è facile pensare a farla finita, a scappare da questa tortura e andarsene. lontano da lì, da quel momento e da quel luogo.
Ma quando si ha qualcosa per cui lottare, una persona, un ideale, un tocco, tutto diventa più difficile, se non impossibile.

E lei aveva quel qualcosa per cui lottare, aveva finalmente Abel.

****

"Secondo me Mulci ha incollato Brax al muro con la ceralacca"-ironizzò Avery guardandosi intorno e non vedendoli rientrare da ormai un'ora.
"Secondo me gli si è rotta la macchina da scrivere"

"Vado a controllare, sperando di non essere tappezzata al muro con gli stampi di cera"-sentenziò Lilith alzandosi dal divanetto.
Aveva una scusa per alzarsi e distogliere la sua attenzione dai futili discorsi dei ragazzi, che al momento parlavano di droghe strane e mai sentite dire da lei.
Salì le scale per andare verso i dormitori maschili, e una rampa di scale dopo l'altra scacciò via i pensieri che pungolavano minacciando di rientrare sulla sua testa.
Le scale scricchiolavano ma senza far rumore.
Era un rumore che percepiva solo lei, perché rifletteva il suo essere.

"Va tutto bene"-si prometteva avanzando di scalino in scalino, sentendo lo scricchiolio aumentare.

Cosa le rimarrà, un giorno, quando sarà una fallita?
Cosa le rimarrà quando Abel la lascerà perché si sarà stufato di lei.
E si ritroveranno a condividere un letto e dei figli senza amore.
Cosa le rimarrà quando sua madre le dirà di non aver fatto abbastanza per tenersi la sua vita?
Si sentirà a pezzi e saprà di non aver mai combinato niente di buono nella sua vita.

Aprì la porta del dormitorio di Brax, e subito distolse l'attenzione dai suoi pensieri dopo aver visto una cosa che non avrebbe dovuto vedere.

Due corpi vicini, due labbra.
Un bacio.
Bianco su nero e nero su bianco, palese.
Palesato ancor più dall'ovvia reazione dei ragazzi che nel sentire la porta aprirsi si erano staccati ma senza lasciarsi completamente.
Perché come potevano lasciarsi, se si amavano.

Lilith non credette ai suoi occhi e per un momento dovette mettere a fuoco la faccia di Mulci perché era sicura di avere scambiato qualche ragazza per lui.
Invece erano proprio loro due.

C'erano cose facili da ignorare, perché non potevano ferire nessuno e non nuocevano nemmeno quella persona che portava il segreto.
Ma questo, per i due ragazzi era un peso tale da non poter provare nemmeno a pensare di ignorarlo.

In quel momento Mulci sentì la sua gola chiudersi con un sonoro 'gulp', tanto che l'aria non riuscì a penetrare bene nei suoi polmoni.

"Lilith..."-iniziò Brax, ma lei non riusciva a sentirli, perché era rimasta molto scossa da quella visione.
Non immaginava, e non avrebbe mai immaginato che quei due potessero provare sentimenti l'uno per l'altro.
Non facevano altro che parlare di ragazze, di quante se ne erano portati a letto ciascuna, ma nessuno dei due aveva mai accennato al fatto di essere...omosessuale?

"Lilith guardami perfavore"-Brax continuò a richiamare l'attenzione di lei.
"Sono solo un po' sorpresa"-ammise lei entrando nella stanza per poi richiudere la porta dietro di sé.

"Ti prego, è importante che tu non lo dica a nessuno, non so come potrebbero prenderla...non lo sa nessuno, e se dovesse mai arrivare alle orecchie dei miei genitori, io sono sicuro che verrei diseredato"-Abraxas aveva le lacrime agli occhi.
Viveva un amore che non era libero di esternare, e non poteva permettersi un'etichetta che lo avrebbe rovinato.

Avevano entrambi paura di finire ad Azkaban, perché l'omosessualità non era legale, e sapevano che se uno dei due avesse parlato, sarebbero entrambi finiti in mezzo ad una strada.

"Ho paura"
Mulci si mise a piangere non riuscendo più a trattenere le sue emozioni.
Singhiozzava perché sapeva che se era stato visto da Lilith, presto sarebbe stato visto anche da altre persone che non avrebbero tenuto la bocca chiusa.

Lilith guardò il ragazzo con le mani tra i capelli e si sentì per un secondo artefice di questa sofferenza.
"Io...non lo dirò a nessuno"

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