8. Danza che ti passa (II)

«Secoli fa, quando i tuoi antenati schiavizzarono le Coccinelle, uccidendo i loro capi e i loro sacerdoti e radendo al suolo i loro templi, gli proibirono di possedere armi e di praticare qualsiasi forma di lotta.» raccontò la fuorilegge, riprendendo fiato. «La Pois di allora era molto diversa da quella che conosciamo oggi. Ma per essere pronti per il giorno in cui il loro liberatore sarebbe giunto, i più svegli tra loro decisero di nascondere le mosse della loro arte marziale all'interno del folklore, in modo che i loro padroni non potessero punirli per averla praticata. Ti rendi conto di che cosa significa?»

«Che questi non sono solo passi di danza?» Amina era a bocca aperta.

«Che se sai ballare la Pois, sai combattere!» confermò Velluto. E, con queste parole, si protese in avanti, sferrandole un rapido diretto al mento.

Non c'era tempo per pensare, né per schivarlo. Il corpo della giovane si mosse da solo, guidato dall'istinto, e dalla memoria muscolare appena impressa.
La sua mano a palmo aperto intercettò il colpo a mezz'aria, deviandolo, così che il pugno le sfiorò soltanto il volto, mancandolo di pochi centimetri.

«Così si fa!» approvò Velluto raggiante, ritraendo il braccio. Senza darle il tempo di replicare, si accucciò, roteando su se stessa e spazzando il terreno con la gamba protesa, in uno sgambetto che la sua avversaria evitò saltando, nello stesso modo aggraziato appreso durante quell'improvvisata lezione. Proseguendo con la mossa successiva della sequenza, Amina inclinò il busto e affondò una tremenda gomitata, che la comandante parò all'ultimo istante.

Il pubblico esplose in un applauso spontaneo, mentre l'insegnante annuiva soddisfatta.

«Ora hai capito di cosa parlo.» esclamò la pirata, compiaciuta. Quindi sbraitò, rivolta agli spettatori che ancora vociavano intorno a loro: «Se proprio non avete niente da fare, andate a trastullarvi nelle vostre cuccette anziché fissarci come se non aveste mai visto una donna prima d'ora, branco di segaioli!»

Anziché prendersela, la folla proruppe in altre risate e commenti sguaiati, quindi cominciò lentamente a disperdersi.

Imitando la sua compagna, Amina salì sul cassero e, appoggiandosi alla balaustra del castello di poppa, si perse per un momento nei propri pensieri, osservando rapita il ribollire della schiuma che il battello si lasciava alle spalle.

Solo poche ore prima, aveva fatto la stessa cosa a bordo del brigantino cetoniano del comandante Alexis, da donna libera.

Ma lo era mai stata davvero?

Le parole della sua rapitrice le risuonavano ancora nella mente; quella prigionia, per il momento, aveva più la connotazione di una vacanza presso una qualche zia eccentrica.

Rimasero per un po' in silenzio a riprendere fiato, rinfrescate dalla brezza costante che sospingeva l'imbarcazione.

Frastornata dalle idee che le affollavano la testa, accavallandosi l'una sull'altra, Amina diede voce a una in particolare: «continuo a credere che insegnarmi a combattere sia controproducente, per te. Avresti potuto chiudermi in una gabbia di cui solo tu avevi la chiave, se proprio avevi a cuore la mia verginità, e sarei stata comunque al riparo dalle molestie dell'equipaggio.»

«Vuoi che ti chiuda in una gabbia?» domandò l'altra, senza girarsi.

«Dico solo che non credo faresti qualcosa che va contro il tuo interesse, solo per riguardo nei miei confronti. Penso ci sia un altro motivo.»

Lasciarono per un po' che l'unica voce a farsi sentire fosse quella della natura: il sussurro del vento che faceva schioccare le vele e scricchiolare il sartiame, lo sciabordio delle onde che schiaffeggiavano dolcemente le fiancate della nave, simili a mille palmi che vogliano battere la mano con il primo maratoneta di una gara.

Amina respirò a pieni polmoni l'aria fresca e pura, quasi volesse con essa saturare il proprio corpo, prima di tornare al chiuso.

La sensazione del vento che le scompigliava i lunghi capelli sciolti era impagabile. Alle donne era proibito esibire la propria chioma e, forse anche per questo, sentirla sventolare dietro di sé aveva un che di provocante e sensuale, che le faceva venire i brividi.

Era quasi buio, quando la pirata ruppe il silenzio. «Credo sia perché, in te, rivedo la me stessa di molti anni fa. È come se sentissi il dovere di mostrarti che puoi essere più di una schiava ubbidiente. Che, se ne hai il coraggio e la determinazione, puoi diventare chiunque desideri.»

Amina sentì i battiti del proprio cuore accelerare all'improvviso.

Possibile che la comandante della Sea Wasp avesse origini simili alle sue? Provò a studiarla meglio, nonostante la scarsa luminosità: era difficile indovinare la sua etnia di appartenenza.

Aveva la pelle ambrata tipica delle Farfalle, ma non condivideva con queste ultime gli occhi a mandorla; la chioma del colore del miele di castagno era troppo chiara per un'Idrometra e troppo scura per un'Ape; l'altezza notevole le faceva invece venire in mente le Coccinelle, delle quali in effetti sembrava conoscere le tradizioni.

Era probabile che fosse il frutto di un'unione mista.

«Credevo che i pirati fossero assai diversi.» considerò.
«La maggior parte sono come ti aspetteresti» confermò Velluto «ma tra loro c'è anche qualche corsaro gentiluomo.»

«Come te?»

Finalmente, la comandante si voltò, riservandole un sorriso meraviglioso.
«Nessuno è come me!»

SPAZIO AUTORE


Mi sono divertito molto a scrivere questo capitolo, dove le due protagoniste si parlano più col corpo che con le parole.

Amina ha dato prova di non essere né una completa idiota né una totale sprovveduta, e ha capito che nelle attenzioni che la bella capitano ha per lei, c'è più di quel che sembra.

Come avete immaginato la loro danza?
Ci sono alcuni esempi di stili di lotta o arti marziali che sono stati incorporati in balli, per poter essere appresi senza incappare nei divieti di governi "occupanti". 
Uno dei più famosi è, probabilmente, la capoeira, che potrebbe esservi capitato di vedere in qualche film o documentario.

Non sono bravo a descrivere la musica a parole, ma dovete immaginare una melodia etnica balcanica/mediorientale riarrangiata in chiave un po' moderna, con un ritmo abbastanza serrato.

Per chi l'ha visto, la mia immagine mentale per questa scena è molto simile a quella in cui Aang e Katara ballano per mostrare ai ragazzini della nazione del fuoco cosa significa divertirsi, in "Avatar la leggenda di Aang".


Non sono stato capace di aggiungere un link diretto ma, se siete molto curiosi e avete molta pazienza, trovate un estratto del video qui:



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