11. Evasione


Con il passare dei giorni, Amina era sempre più confusa.

Se, la settimana precedente, qualcuno le avesse chiesto di descrivere come si sarebbe immaginata una sua eventuale prigionia, lei avrebbe parlato di sbarre, spazi ristretti, oscurità.

Di silenzio e solitudine.

Invece, la vita a bordo della Sea Wasp sembrava un soggiorno in un enorme parco giochi.

Aveva fatto amicizia col cuoco, un uomo interessante, con un vissuto denso di avvenimenti.

Ogni giorno si allenava con Velluto, che continuava a darle consigli su come diventare pericolosa, a dispetto del suo corpo minuto.

Dopo averla vista danzare, nessun altro membro dell'equipaggio aveva tentato di molestarla, e la giovane si era convinta che perfino quell'inaspettato spettacolo fosse stato tutt'altro che casuale, e che la sua rapitrice avesse inteso, con esso, dimostrare a tutti che lei non era un tenero fiorellino indifeso.

Trascorreva le proprie giornate all'aperto, osservando gli uomini affaccendati nelle loro mansioni, affascinata dalla complessità del sistema di funi che permetteva di governare le vele.

Quando ne avevano il tempo, la comandante o il suo secondo, Natostanco, erano felici di insegnarle i nomi di ogni parte della nave, o di spiegarle il motivo per cui avevano optato per una certa manovra piuttosto che per un'altra.

La ciurma comprendeva anche alcune donne, tutte vestite in abiti maschili come lei.

A quanto pareva, là nessuno si preoccupava del fatto che potessero portare sfortuna, oppure distrarre i maschi.

Nessuno le diceva cosa doveva fare o come doveva abbigliarsi, nessuno pretendeva niente da lei o restava deluso da quello che diceva o faceva. Anzi, se provava a dire una parolaccia o una battuta sconcia, tutti scoppiavano a ridere: sembrava trovassero esilaranti certe cose, se pronunciate da quella che ritenevano una specie di nobildonna.

Era la prima volta che poteva dirsi realmente reclusa, eppure, non aveva mai avuto così tanta libertà in vita sua. Certo, era comunque confinata entro lo spazio del veliero, ma quella sensazione di indipendenza era così nuova da inebriarla, al punto da farle considerare quasi piacevole la sua condizione. Forse perfino al punto da farle dimenticare la necessità di escogitare un piano di fuga, per fare ritorno al proprio mondo.

La maggior parte dei pirati aveva strani soprannomi: Natostanco, Mezz'ala, Schienadilegno.

Quasi tutti avevano alle spalle un passato che, insieme al proprio vero nome, desideravano dimenticare.

A quanto pareva, proprio come aveva intuito fin dall'inizio, meno della metà della ciurma era con le Vespe fin dall'inizio, quando esse imperversavano sulle terre del Nord a bordo di veicoli volanti.

Nessuno parlava volentieri della grande battaglia a cui avevano preso parte pieni di speranze, ma che aveva causato la scomparsa di molti compagni, e li aveva lasciati con l'amaro in bocca, gonfi di rabbia.

Sembravano contenti, comunque, delle scelte della loro leader, che dopo tanti anni li aveva ricondotti al mare dal quale le loro carriere erano partite, rendendoli in breve uno degli equipaggi più temuti.

Le nuove reclute, però, non erano ancora legate alla capitano da fedeltà e rispetto; ad alcuni di loro, le regole ferree da lei imposte andavano strette.

Portavoce di questa fazione era l'energumeno protagonista del diverbio nel giorno dell'arrembaggio, che si faceva chiamare Straziamilza.

Costui metteva in discussione ogni decisione della comandante, e non faceva mistero della propria volontà di prenderne il posto. Fino a quel momento, il carisma e l'autorità di Velluto erano riusciti a tenerlo a bada, ma in più di un'occasione l'aria si era fatta elettrica.

Amina si era chiesta perché mai la sua rapitrice non se ne fosse semplicemente sbarazzata.

Ora che la conosceva un po', si era fatta l'idea che la cosa avesse a che fare, da un lato, con l'impatto che quel gesto avrebbe avuto sui compagni e, di conseguenza, sulla reputazione della corsara; dall'altro, probabilmente lei era troppo orgogliosa per cacciarlo, e puntava a fare in modo che fosse lui ad arrendersi e andarsene di propria volontà.

***

Navigare era bellissimo.

In quei primi giorni di prigionia, le condizioni erano sempre state ideali: mare calmo e brezza costante. La giovane aveva così potuto godersi ogni sensazione, e ogni scorcio di paesaggio.

Quel giorno, però, mentre stava ammirando i fiordi della costa dei Fuggitivi, la sua carceriera venne da lei e le chiese, in modo gentile ma fermo, di andare nella sua cabina e di restarci.

L'ereditiera si era così abituata a trascorrere le ore di luce sul ponte, che la richiesta l'addolorò; tuttavia, era pur sempre una prigioniera e, nonostante fino a quel momento fosse stata trattata con riguardo, non era prudente tirare la corda.

Verso sera la nave si fermò, e venne gettata l'ancora.

La ragazza aveva un sacco di domande ma, quando la porta della cabina si aprì, le sentì morire tutte sulle labbra: la figura materializzatasi sulla soglia, infatti, non era quella snella della sua affascinante ospite, bensì quella imponente di Straziamilza.

Amina si irrigidì, mentre un gelido terrore le faceva rattrappire lo stomaco, e dava di sprone al suo cuore: riusciva a immaginare un unico motivo per cui quell'essere violento e volgare si trovasse lì. Sforzandosi di mantenere la lucidità, si mise in allerta, ripassando mentalmente i consigli che Velluto le aveva dato in quei giorni.

«Se l'avversario è più grosso di te – e questo vale per il novanta per cento del genere umano, nel tuo caso – devi cercare di sbilanciarlo, o comunque di metterlo in svantaggio: inizia con un bel calcio dietro al ginocchio, oppure, se è un maschio, una ginocchiata nelle palle come si deve, calma gli ardori anche del più grosso e arrabbiato degli Onischi.»

Valutò la distanza tra sé e l'avversario, e si chiese quanto tempo ci avrebbe messo a recuperare un'arma dalla rastrelliera alla sua destra.

Ma tanto non sapeva usarle!

«Vieni con me.» ordinò l'energumeno.
«Scordatelo, puzzone!» ritorse lei.
«Puzzone?» ripeté l'intruso perplesso, inarcando un sopracciglio.
La ragazza aveva tentato di esprimersi nello stesso modo colorito udito in quei giorni, ma ora si rendeva conto che l'epiteto che aveva scelto sarebbe stato più adatto a una disputa tra bambini, piuttosto che a una lite tra feroci bucanieri.

«Dov'è Capitan Velluto?»

Il bucaniere sorrise. «È alle prese con un insolito principio di incendio, con il quale potrei avere qualcosa a che fare. Ma non sono affari tuoi: questa è la tua occasione per scappare! Quindi, se vuoi tornare dalla tua famiglia, seguimi senza perdere altro tempo!»

Stava succedendo tutto troppo in fretta. Perché mai quel pazzo avrebbe dovuto aiutarla a fuggire? Era di sicuro una trappola! Ma che scelta aveva? Tutto sommato, pensò, era meglio assecondarlo, fintanto che non diventava aggressivo, o non cercava di condurla in qualche stanzino buio.

Straziamilza le fece strada nelle viscere della nave, salendo i gradini a due a due. Arrivato all'ultima scaletta, però, anziché accompagnarla in coperta, proseguì lungo il ponte inferiore fino a un corridoio che terminava in un boccaporto aperto, del quale la giovane non seppe indovinare lo scopo.

Dall'esterno, giungevano le voci concitate dei marinai che si affrettavano a domare le fiamme.
Tenui bagliori gialli e rossi si riflettevano sulla superficie del mare tranquillo.
Poco più in là, si scorgeva la parete a picco di uno dei fiordi della Costa dei Fuggitivi.

«Con la scusa che andava riparata, ho fatto posizionare una scialuppa proprio qui sotto.» spiegò il lestofante col suo strano accento, facendola sussultare.

Per un attimo, si era quasi dimenticata della sua presenza: se avesse voluto, avrebbe potuto facilmente sorprenderla alle spalle, oppure buttarla di sotto.

Vedere che non l'aveva fatto, la tranquillizzò un pochino.

«Tu che sei mingherlina, dovresti riuscire a passare senza problemi anche da quella finestrella: da lì, con un piccolo salto, sarai sulla scialuppa. Allenta le cime, e il gioco è fatto: ti basterà remare fino alla spiaggia.»
«Ma quale spiaggia! Siamo dentro un maledetto canyon!» obiettò la giovane.
Per tutta risposta, la sua guida puntò il dito, e Amina riuscì a scorgere, alla luce della luna, un cerchio di ghiaia sabbiosa e bianca, incastonato tra le pareti di roccia.
«Perché mi stai aiutando?»
«Non ti riguarda.» tagliò corto il lestofante. «Allora? Vai o rimani? Non c'è molto tempo per scegliere: se cala il trambusto, tutti sentiranno il rumore della barca che viene calata in acqua!»

Con sua grande sorpresa, Amina esitò.

Davvero voleva andare?

Davvero aveva così fretta di tornare a essere la schiava di suo padre, e del marito che costui aveva scelto per lei? Una bambola senza volontà, destinata a compiacere gli uomini?

Il dubbio durò solo un breve istante, però, e venne subito rimpiazzato dal senso di colpa: che razza di ingrata era? Come poteva essere indecisa tra la sua famiglia e quel gruppo di fuorilegge, per i quali, tra l'altro, valeva qualcosa solo in virtù del proprio riscatto?

Straziamilza aveva ragione: non le dovevano interessare i motivi.

Se c'era una possibilità di fuga, doveva sfruttarla.

Senza una parola, guardandosi bene dal ringraziare quell'avanzo di galera, Amina infilò le gambe nell'apertura e si lasciò scivolare fuori bordo.

I suoi occhi non si erano completamente abituati all'oscurità, perciò il salto nel vuoto la terrorizzò; per fortuna, però, la scialuppa era sospesa poco più di uno Stelo più in basso. Quando guardò di nuovo verso l'alto, il boccaporto da cui era uscita era già stato richiuso, e del suo inquietante accompagnatore non c'era più traccia.

A poppa, il chiarore delle fiamme era già diminuito in modo evidente: presto, la confusione generata da quel diversivo sarebbe scemata.

La giovane ebbe un attimo di panico, perché nessuno le aveva spiegato come azionare il verricello che assicurava il minuscolo battello alla nave. Per fortuna, la luna faceva abbastanza luce da permetterle di vederlo: armeggiando un po', riuscì infine a trovare e azionare il meccanismo di sblocco.

Non aveva mai remato in vita sua ma, da bambina, andava spesso a guardare le barche nel porto, accompagnata da qualche servitore: non ebbe quindi troppa difficoltà a farlo nel modo giusto, conducendo la piccola imbarcazione all'approdo prestabilito.

SPAZIO AUTORE

È il momento di spingere la trama in un'altra direzione, e di tornare per un po' con i piedi per terra. Inteso come "sulla terraferma", non perché avessi intenzione di smettere di farvi viaggiare con la fantasia! XD anzi ;)

Ci sarà tempo in seguito per tornare a calcare il ponte di una nave. 
Ora, per Amina è tempo di provare a cavarsela da sola, forse per la prima volta in vita sua.
Diciamocelo: il tempo delle damigelle in difficoltà è passato da un pezzo, e la nostra eroina non è una di quelle che può aspettare passivamente che qualcuno la salvi. Giusto, Amina?
Magari, perché tutto sommato non voleva essere salvata. Ma questo non lo ammetterebbe nemmeno con sé stessa.

Penso che le ragioni di Straziamilza non saranno un mistero per nessuno. La domanda ora è: come reagirà la bella comandante? ;)

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