Le quattro madri


Leghe e leghe lontani da quella sperduta isola, Quattro anziane erano radunate in una sala rotonda, vi erano delle finestre anch'esse rotonde con guarnizioni in metallo colore del bronzo, al di fuori di esse soltanto oceano a perdita d'occhio, si trovavano in profondità quindi poteva capitare che qualche pesce passasse per le finestre.
Tutta la stanza era quasi spoglia se non per quattro tavoli di metallo ricurvi, posti in modo da formare quattro segmenti di un cerchio distanti tra l'oro almeno un metro. I tavoli erano disposti sopra un tappeto scarlatto con rifiniture ocra ai bordi e a tre metri da quei tavoli vi erano dei scalini, in totale vi erano nove scalini racchiusi in gruppi da tre, visti dall'alto la stanza sarebbe quindi sembrata concentrica.
Tra una finestra e l'altra erano disposti degli arazzi scarlatti con il volto di una Veerasi femmina la cui chioma sventola verso destra, essa tiene gli occhi chiusi e ha un lieve sorriso, ricamata sull'arazzo in oro come i merletti che questi avevano.
Vicino alle mura di questa stanza vi erano posizionate delle guardie ogni metro e mezzo, le loro vesti erano in metallo, armature, elmi a punta come la testa di un polipo e i tentacoli di essi si muovevano sul viso per proteggerlo, sembrava che un polipo argentato cercasse di mangiare la testa di ogni guardia.
Avevano lunghe spade scintillanti zigzaganti con una lunga punta sottile all'estremità, taglienti da un solo lato, Una sola guardia ne teneva due legate in vita e sulla sua armatura vi era una cappa scarlatta con due righe ocra ai bordi.
Le quattro stavano discutendo vivamente, i loro toni erano accesi e discordanti, come del resto, accadeva sempre. Esse erano distinguibili per i vestiti, semplicemente ognuna di loro indossava una veste diversa; gialla, verde, blu e rossa. Abiti molto eleganti impreziositi da parti in metallo, anellini che tenevano le vesti unite sulla spalla destra di ognuna, sulla fronte indossavano una sorta di coroncina dalla quale tre lembi di stoffa scendevano lungo i lati del viso, tranne quello centrale che si fermava poco prima del rigonfiamento nasale.
<< la minaccia Broodan va fermata! Si rifiutano di sottostare alle nostre leggi, nonostante le varie sollecitazioni, come possiamo governare se permettiamo cose simili?! >> ringhiò la madre rossa alzandosi, sbattendo perfino i pugni sul suo banco.
La madre blu, seduta come le altre indicò leggermente quella rossa con un segno di approvazione.
<< la madre del fuoco è ardente come suo solito, ma ha perfettamente ragione, se permettiamo ad una sola tribù di ribellarsi, di vivere secondo le loro leggi... allora presto chiunque vorrà farlo! >>
Dunque la madre gialla si alzò allargando le braccia lievemente e guardo le altre tre.
<< madri, io capisco la vostra preoccupazione ma cerchiamo di contenerci, piuttosto che la guerra opterei per una soluzione diplomatica! >> propose lei e a quel punto prese parola la madre verde.
<< con tutto il rispetto madre dei fulmini, stiamo parlando di bestie le quali non conoscono altro che il sangue e la violenza! >> disse facendo toccare i quattro polpastrelli della sua mano palmata.
La Madre blu sembrò avere un idea e non impiegò molto a formularla.
<< appunto madre della flora, stiamo parlando di Barbari violenti, vi ricordate quando erano governati da Shamahan? Riuscivamo a controllarli, il nostro vero problema è quel suo figlio! >> disse facendo assumere nelle altre tre madri un espressione schifata.
<< quell'animale ha ucciso suo padre senza ritegno per governare e pure non capirebbe che se ci giurasse fedeltà lo aiuteremo volentieri con la crisi delle loro isole! >> disse la madre rossa facendo cenno di no con la testa per poi ridare la parola alla madre dei flutti con un cenno del viso.
<< se riuscissimo a infiltrare qualcuno nella loro tribù potremmo fermare tutto senza spargimenti di sangue inutili! >>.
L'idea era buona ma la madre dei fulmini fece cenno di no con la testa.
<< l'unico modo per agire tra le fila dei Broodan è convincere uno di loro, dalla nascita vengono tatuati con dei criteri che solo loro conoscono, capirete quindi che è impossibile far entrare infiltrati >> controbatté rammaricata, del resto era una buona idea.
<< allora potremmo individuare qualcuno che conta tra i loro, promettergli farlo salire al comando se lavorasse per noi, fargli uccidere il loro capo e permettere così una collaborazione con loro! >>
Restarono in silenzio a riflettere un po, silenzio interrotto dalla madre della flora.
<< per quanto improbabile che un Broodan entri in combutta con noi per uccidere il loro capo, è l'idea migliore oltre a quella che ci porterebbe ad uno scontro >>
<< sono alla stregua di mercenari, belle promesse e un lauto compenso ci daranno la possibilità di corrompere qualsiasi Broodan e farlo diventare una nostra marionetta >> controbatté la madre del fuoco abbozzando perfino un sorrisetto di superiorità.
Quelle quattro donne avevano pari potere ma insieme gestivano tutto ciò che nel mondo accadeva, quando una moriva, veniva sostituita così che il cerchio non era mai spezzato, ciò che usciva dalle loro bocche era legge e lo era per ogni tribù.
La cittadella di Khaliivan non era vista in malo modo dalla maggior parte delle tribù, anzi erano felici nel sottostare alle regole, in cambio avevano sempre aiuto nel momento del bisogno.
Secondo gli abitanti di Khaliivan tutti i veerasi potevano vivere all'unisono, non essere più divisi in tribù ma essere semplicemente Veerasi, tutti abitanti dello stesso posto, collaborare e prosperare, anziché farsi guerra per motivi banali come il territorio. Non tutte le tribù purtroppo aderivano a questo loro progetto, ma almeno non creavano problemi. I Broodan invece, in quegli ultimi anni erano stati la causa dell'estinzione di almeno due tribù ad oriente. Alcune barche Broodan erano state viste spostarsi verso sud, le madri erano le uniche a conoscenza dei ghiacci nell'estremo sud, ma sapevano anche che i Broodan non erano equipaggiati per poter raggiungere certe terre, quindi li lasciarono liberi, non sapendo però che questi ultimi avevano trovato di meglio che una landa ghiacciata.
<< a questo punto, madri propongo di utilizzare, come risorsa... il nostro ultimo prigioniero >> Disse la madre dei flutti proprio nel momento in cui tutte e quattro stavano alzandosi per andare via dalla sala di ritrovo.
Tutte e tre la guardarono un po stranite, incredule.
<< Madre dei flutti, abbiamo impiegato anni per riuscire a metterlo in trappola e ora, dopo appena pochi mesi, vogliamo farlo uscire? >> controbatté delicatamente.
La Veerasi Vestita di blu prese fiato prima di rispondere, esalando delicatamente aria attraverso le sue sottili narici.
<< sono conscia che l'idea è un po azzardata, ma vedete... se vogliamo eliminare il capo dei Broodan senza creare tumulti e se non è possibili fare infiltrare nessuno, allora quel soggetto è l'unico in grado di poterci aiutare, dovremmo di certo patteggiare con lui e dargli un compagno di viaggio che lo controlli, ma se non avete idee migliori, dico che questa è l'unica plausibile >>
Poco tempo più tardi, sempre nella città di Khaliivan, un soldato semplice reggeva un secchio tra le mani, teneva la testa ben lontana in quanto la puzza del pesce che lo conteneva era davvero forte.
Si trovava in uno spiazzo di terra battuta tra delle mura di sassi e calce che formavano un pentagono, ad uno di questi angoli vi era un grosso ceppo a cui era stata legata una grossa catena, questa serviva per contenere entrambe le zampe di un animale grosso circa tre metri e mezzo, completamente coperto di piume bianche, aveva un grosso e largo becco aquilino giallo ocra le cui estremità, quasi facevano il giro della sua testa oblunga con grosse piume sulla nuca. La parte superiore disponeva di una punta che scendeva in basso oltre la parte inferiore dello stesso becco mentre gli occhi erano sferici e completamente neri.
Quando il soldato si avvicinò, la bestia sembrava non essersi accorta, appollaiata per terra era già comunque molto grossa rispetto al veerasi.
<< stupida bestia, vorrei tanto capire perché non ti hanno abbattuto! >> borbottò facendosi sentire dal pennuto che sollevò la testa e la girò guardandolo, immediatamente s'alzò, grosse e imponenti zampe grigiastre tastarono il terreno e si mossero fin quando le catene permisero.
Il soldato si avvicinò prudentemente capendo dove gli era possibile raggiungere, spaventato da quella bestia imponente nonostante fosse legata, perfino le sue grosse ali erano tenute costrette al busto tramite una serie di corde ben strette.
Non appena il veerasi fu abbastanza vicino, iniziò a rovesciare il cibo per terra, l'odore fu insopportabile ma nei pochi secondi passati piegato in avanti diede possibilità alla bestia di afferrarlo interamente per la schiena, emise un gemito spaventato mentre venne letteralmente fatto volare via, contro una delle pareti.
Il colpo fu violentissimo tanto da stordirlo e quando pian piano si riprese era ad almeno dieci metri dal pennuto che guardandolo a testa alta smuoveva il terriccio con le zampe.
Il veerasi si sentì preso in giro, non prese molto bene il suo scherzetto, assunse infatti un espressione scura e sguainò la sua lama zigzagante.
<< brutta bestiaccia, adesso ti faccio vedere io >> ringhiò avvicinandosi, quando fu abbastanza vicino, l'animale abbassò la testa e aprendo il becco emise un verso così tanto forte da far vibrare il busto del veerasi che si pietrificò all'istante.
Fu così tanto forte che allarmò gli altri soldati fuori dalle mura pentagonali, infatti aprirono i portoni in legno verde scuro e videro il loro compagno allontanarsi di gran passo.
<< è incontrollabile! >> si lamentò sorpassando i suoi commilitoni per allontanarsi più possibile dalla bestia.
La cittadella di Khaliivan al contrario di tutte le altre civiltà era diversa, questa non era adiacente a delle isole, un grosso palazzo di metallo era eretto così in alto che sembrava dovesse sfiorare i terreno bianco degli idei, ornato da quattro colonne che si ergevano verso il cielo ancor più del palazzo stesso, su ognuna di essa vi era una gigantesca statua che rappresentava le quattro madri, erano quindi colorate dei loro rispettivi colori. Ogni statua aveva gli occhi chiusi e i palmi uno contro l'altro all'altezza del petto a mo di preghiera. Grosse erano le loro vesti con un turbante sulla loro testa ornato da ciondoli dorati e perline.
Nel mezzo di queste quattro colonne, mentre queste si ergevano in cielo, la parete metallica in quel punto era stata modellata per assumere lo stesso volto femminile presente negli arazzi di quella città. Anche questo a occhi chiusi, con un aspetto rilassato, tranquillo e pacifico.
Tutta la fortezza era imponente, formata da grosse mura ed enormi, colorate finestre.
L'intera costruzione era tenuta sorretta da enormi colonne in pietra che reggevano una lastra altrettanto gigantesca di legno. Oltre le colonne in pietra anche qualcos'altro collegava la fortezza al mare, queste erano un grosso tunnel verticale che gli abitanti usavano per raggiungere la fortezza costruita sott'acqua e poi quattro gigantesche strade di legno e metallo che scendevano girando attorno la stessa fortezza formando quindi una spirale scendeva verso il mare Fatta di enormi tralicci che sorreggevano questi palchi giganteschi sui quali erano disposte case e strutture.
La quattro estremità fungevano invece da moli e da mercati. Il ceto sociale era disposto in termini di altezza, quanto in alto erano le case, quanto più belle queste erano.
La parte subacquea invece era disposta molto diversamente, grosse stanze comunicavano tra loro orizzontalmente e verticalmente tramite grossi cilindri simili a quelli che collegavano l'intera struttura a quella in superficie.
Vi erano gli alloggi dei militari, le prigioni, le sale di ritrovo e le mense. Più altre due grosse stanze che erano quelle più in basso, la prima più grossa della seconda.
Quella più in fondo, la più piccola era quella dove le quattro madri si trovavano per poter parlare.
Il castello in superficie serviva maggiormente per gli eventi pubblici, gli alloggi di eventuali ospiti erano lì e i quattro troni costruiti dopo una lunghissima scalinata per permettere alle persone di incontrare le madri.
Una guardia carceraria camminava lungo i bui corridoi guardandosi sia a destra che sinistra, quattro piani di sole celle erano disposte su ambo i lati verso l'alto raggiungibili tramite alcune impalcature.
Il silenzio che si udiva era così spettrale da fargli accapponare la pelle. Iniziò a salire su dei gradini che scricchiolarono sotto i suoi piedi. Era tutto completamente buio ma gli occhi dei veerasi vedevano discretamente attraverso esso quindi nemmeno una torcia stata sprecata per dei prigionieri.
L'unica fonte di luce in quel momento era la fiaccola che la guardia reggeva sulla mano sinistra.
Raggiunto il terzo piano sulla destra l'individuo iniziò a guardare i numeri delle celle contandoli sotto voce ogni volta che ne vedeva di nuovi.
<< cento trentuno >> esalò soddisfatto di averla trovata ma quando gettò un occhiata al suo interno si spaventò, mentre tutti i prigionieri stavano seduti per terra o magari in piedi appoggiati alle sbarre che occupavano tre delle quattro pareti delle celle, il prigioniero cento trentuno giaceva per terra coperto interamente dalla coperta marroncina che fornivano ad ognuno di loro.
<< che succede?! >> sbraitò ai prigionieri che gli stavano accanto.
Uno non disse nulla mentre un altro proferì parola, la sua voce era ancor più spettrale del buio di quelle prigioni, calda e profonda, era in grado di penetrare le anime.
Il proprietario di tale voce stava rannicchiato in un angolo, nonostante la buona vista della guardia egli appariva come un ombra nel buio, poteva vedere solo i suoi occhi di diverso colore uno bianco e l'altro rosso ma sembrava volesse evitare di guardarli.
<< non lo so, qualche ora fa si è messo così e ci è rimasto >>.
Una volta dentro immediatamente prese la coperta e lanciandola via vide il corpo di quel giovane veerasi. Lunga era la sua chioma rossa, una treccia sbucava alla destra della sua zona lombare mentre sulla testa, la sua peluria era tenuta all'indietro con lunghe ciocche che pendevano ai lati.
<< ma... è morto? >> esclamò colpendo il suo viso, effettivamente non dava cenni di vita.
<< come diamine è successo! Svegliati cento trentuno! >> gridò ancora ma nulla, il giovane veerasi sembrava non dare alcun cenno di vita.

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