cap. 5

Senza ulteriori indugi, la vampiretta ingranò la marcia e cominciò a pedalare come una forsennata, lottando contro il tempo.
Vlad, ancora sopraffatto dalla rapida serie di disavventure di cui era stato protagonista e stordito da un’improvvisa ondata d’amore per la sua salvatrice, rimase comodamente seduto a godersi quel viaggio di cui non conosceva la destinazione.
Il cuore gli batteva a mille, in parte a causa della guida spericolata della vampira, i pensieri erano una matassa senza capo né coda, probabilmente per colpa dei continui scossoni dovuti alle buche nel terreno, nei suoi occhi erano apparsi dei cuoricini al posto delle pupille, come se Cupido l’avesse centrato in pieno petto con una delle sue pericolose frecce.
Nel frattempo, del tutto ignaro dei turbamenti del giovane Vlad, il sole iniziò pian piano a rischiarare il cielo, facendogli assumere sfumature di blu via via sempre più tenui.
Vlad non aveva paura dell’alba e nemmeno della morte. Non gli importava se quelli sarebbero stati gli ultimi attimi della sua vita. Quel che contava, era stringere tra le braccia la graziosa e tenace vampiretta, di cui non conosceva nemmeno il nome. Quella era la vera felicità: morire insieme alla propria amata.
“Dopotutto perirò contento” si ritrovò a pensare col sorriso (sdentato) sulle labbra.
Ad un certo punto però, l’alba sparì e con essa anche il pericolo. Finalmente erano in salvo. Per tutto quel tempo infatti, mentre Vlad era perso nei suoi viaggi mentali, la vampiretta aveva continuato a pedalare con tenacia, finchè non era riuscita a raggiungere una grotta nascosta nella fitta vegetazione.

Dopo una rapida sgommata, il triciclo si fermò e i due piccoli vampiri si ritrovarono al sicuro, totalmente circondati dall’oscurità più profonda.
“Sei certa che questo posto sia sicuro?“ domandò Vlad stringendosi impaurito a lei. Quasi subito però si pentì di essersi lasciato sfuggire quelle parole. Non voleva sembrare un fifone agli occhi della bella ’pulzella’ che gli era accanto.
“Lo scopriremo” e dopo essersi liberata della stretta del giovane Vladowski, la piccola vampira scese dal triciclo ed accese un fiammifero. All’apparenza la grotta sembrava disabitata e priva di pericoli.
Dopo essersi quasi bruciata le dita, la vampiretta si rese conto di essere a corto di fiammiferi. Ciò poteva solo significare che fino al sorgere della luna lei e Vlad sarebbero rimasti bloccati lì, completamente in balia del buio.

Ad un certo punto però, uno strano ed agghiacciante rumore le fece accapponare la pelle. A quanto pareva la grotta non era così sicura come pensava.
Tremando come una foglia, tese le orecchie ma non sentì nulla di inusuale. Nessun fruscio, nessun movimento, nessun respiro affannoso. Niente di niente.
Passarono parecchi minuti prima che il suono si ripetesse all’improvviso e la facesse nuovamente morire di paura.
Sempre seduto sulla sella del triciclo, Vlad aveva il naso tappato e gocciolante. Lottava contro un terribile starnuto, che ben presto però ebbe la meglio su di lui.
Dopo aver starnutito per la terza volta, si decise a chiedere alla vampira: “Per caso avresti un fazzoletto?” ebbe appena il tempo di formulare quella domanda, prima che l’ennesimo starnuto lo scuotesse da cima ai piedi, rischiando di farlo cadere rovinosamente dal sellino del triciclo.
“Ah, ma sei tu a fare questo baccano infernale!” la vampiretta si tranquillizzò. Non c’era niente di minaccioso che si nascondeva nell’oscurità.
“In questa grotta dev’esserci qualcosa che mi fa prudere – un altro starnuto – il naso” Proprio in quell’istante alcune fiaccole si accesero da sole. Tutta la caverna venne invasa dalla luce, rivelando ai due vampiri l’arrivo dei padroni di casa: degli orribili e mostruosi orchi giganti dall’aria per niente amichevole.
“O- oh, siamo nei… etciu” e ancora una volta Vlad starnutì rumorosamente “…guai”.

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