3. Più che aggressivo, lo definirei territoriale

Una volta dentro chiesi indicazioni per la segreteria e, dopo aver scoperto la mia sezione e preso il numero del mio armadietto, mi diressi in presidenza.
Bussai e attesi pazientemente che la voce calda di mio zio acconsentisse al mio ingresso.
Entrai e chiusi velocemente la porta alle mie spalle, prima di corrergli incontro ad abbracciarlo.

Dall'ultima volta che l'avevo visto la sua barba e i suoi capelli castani si erano fatti leggermente brizzolati.
La cosa mi fece sorridere, ma anche intristire e un pensiero egoista si fece spazio nella mia mente: per lui il tempo non si era fermato e un giorno mi avrebbe dovuta lasciare.
Will non aveva figli e la sua compagna era morta anni prima, quindi, dopo la sua morte, non avrei avuto più nessun appoggio nel branco.
Lui era la mia ultima occasione di una vita normale e non avevo intenzione di lasciarmelo sfuggire. Un simile errore avrebbe significato un'eternità a rimpiangere gli anni non passati con la famiglia.

Mi strinsi contro il suo petto, sospirando di sollievo per la sensazione di sicurezza che mi avvolse e repressi con forza questi brutti pensieri, crogiolandomi tra le sue braccia.
Era bello sentire del vero e proprio calore, dopo anni di abbracci gelati.

"Stai bene Lily? - mi chiese premuroso - Sembri scossa" osservò, studiando la mia faccia.
"Sì, è tutto okay, credo di aver bevuto troppo sangue stamattina e... mi sono scontrata con cinque ragazzi per dove ho parcheggiato la macchina - mi passai una mano tra i capelli - Credo di aver attirato un po' troppo l'attenzione" feci un sorriso angelico, prima che lui potesse rifilarmi un'occhiataccia.

"Va in classe, ne parliamo dopo." ordinò severamente, facendomi roteare gli occhi, probabilmente dopo mi sarebbe toccata una lunga e noiosa predica sul come affrontare le responsabilità.

Già riuscivo a immaginarlo, ad aspettarmi, quel pomeriggio, in quella grande stanza, che alle pareti aveva sei quadri, tre da ogni lato, che ritraevano scene di guerra e di caccia, con lupi che saltavano addosso a vampiri e ad esseri umani. Dovevano essere sicuramente molto antichi.
In ogni caso, lui sarebbe stato lì, seduto alla sua enorme scrivania di mogano rosso, sulla sua sedia imponente che aveva l'aria di un trono, con la faccia imbronciata, gli occhi verdi cupi e, probabilmente, una mano dalle dita lunghe e affusolate posata sulla fronte, in un gesto di frustrazione, che poi avrebbe assecondato il suo tic nervoso di grattarsi il naso aquilino mentre, parlando, muoveva incessantemente le labbra, pallide e un po' asimmetriche, con il labbro inferiore un po' più grande del superiore.

Sospirando esasperata mi girai verso la porta per andarmene, ma la sua voce mi fermò nuovamente: "Lily?".

Bloccai i miei piedi, restando in silenzio, continuando a dargli le spalle in attesa che parlasse.
"Ricordi la versione che abbiamo stabilito, vero?" chiese.
"Mi chiamo Keira Cocoa, sono l'ultima sopravvissuta del branco dei Cocoa, quello che è stato sterminato l'anno scorso dalla Dark Side; sono riuscita a scappare, mi sono salvata nascondendomi e mi sono stabilita qui per ricominciare" risposi, ripetendo distaccatamente il discorso che avevo imparato a memoria.
"E per la lezione di lotta dirai che..." continuò lui, ma lo interruppi: "Che lo shock è stato forte e non riesco a trasformarmi da allora".
Detto quello uscii e mi diressi verso la mia prima lezione: storia della licantropia.
Sbuffai, ero già in ritardo di dieci minuti, la porta era già chiusa e, inoltre, ormai avevo l'orticaria per quella materia, così noiosa e sempre uguale.
Feci spallucce, almeno non avrei di certo avuto bisogno di stare attenta.

•Vincent•

"Chi diavolo era quella?!" ringhiai sconvolto, fissando i miei amici.

"Non lo sappiamo - rispose Kyle, il biondo, mentre giocherellava con un filo delle felpa blu che indossava, visibilmente preoccupato da una mia possibile crisi di nervi - Sappiamo solo che è nuova e...".

"E che ha un bel lato B" lo interruppe Drake, smorzando la tensione e facendoci scoppiare tutti a ridere.

Aveva anche un bel caratterino, mi intrigava, ma non potevo lasciarle passare il fatto di avermi appena umiliato nel cortile della scuola, davanti a tutto l'istituto.

Si era appena fatta un nemico.

Non riuscivo a spiegarmi come fosse stata in grado di liberarsi dalla mia presa con così tanta indifferenza, come se niente fosse: ero un futuro alpha, avevo già il mio piccolo branco da guidare e con cui esercitarmi nelle pattuglie, ero più forte dei semplici lupi e per la rabbia avevo stretto il suo braccio anche con più forza di quanto necessitasse la situazione, rischiando di spezzarglielo.

Eppure, non aveva fatto nulla.

Né una smorfia, né un qualsiasi verso di dolore.

Niente.

Come era possibile? Non capivo e la cosa mi stava facendo uscire fuori di testa.

"Chi è quella? Come ha fatto? Come è possibile che sia successa una cosa del genere?!" erano le domande che mi affollavano il cervello.

"Ragazzi, la campanella è suonata, vogliamo entrare?" mi riportò alla realtà Chase, chiedendolo a tutti, ma aspettando comunque un segno d'assenso da parte mia.

Sbuffando annuii svogliatamente, erano già passati quindici minuti, ma, se avessimo saltato l'ora, nostro zio, il preside, ci avrebbe fatto una delle sue solite prediche, a me in particolare, su come affrontare le responsabilità e per quel giorno ne avevo abbastanza di essere umiliato.

Entrammo e ci dirigemmo con passo lento e svogliato verso la nostra classe, al terzo piano.

Per le scale ci spintonammo un po', scherzando e perdendo tempo, giusto perché non eravamo già abbastanza in ritardo.

Una volta fuori dall'aula guardammo tutti Drake, intimandogli di bussare, era il suo turno di subirsi per primo la ramanzina, quel giorno.

Sbuffando aprì la porta senza neanche picchiarla ed entrò, con noi al seguito.

La professoressa si girò di scatto verso di noi, rifilandoci un'occhiataccia.

"Drake, Chase, Kyle, River e Vincent Brown, grazie per aver deciso di onorarci della vostra presenza - ci salutò sarcasticamente, calcando con un tono più duro il mio nome - Ben venti minuti di ritardo stavolta, dovrei mandarvi dal preside, scommetto che sarebbe molto felice di vedervi" continuò incrociando le braccia al petto.

"Dai prof, chiuda un occhio, tanto sappiamo che siamo i suoi preferiti" cercai di rabbonirla, facendole l'occhiolino.

Stavo per aggiungere qualcos'altro, certo che se le avessi strappato un sorriso ci avrebbe risparmiato per quella volta, ma una voce mi interruppe ancor prima che potessi aprire bocca.

Tutta la classe si girò di scatto verso la persona, che con tutta la tranquillità del mondo aveva appena detto: "Pff, ruffiani" ed io mi rifiutai di credere ai miei occhi.

Keira

Dopo essere entrata la prof mi accolse calorosamente e mi invitò a sedermi dove preferivo.

Non me lo feci ripetere due volte, la ringraziai ed andai a sedermi in ultima fila, dove erano rimasti cinque banchi liberi.

Scelsi quello centrale, che mi permetteva di vedere sia il meraviglioso cortile della scuola, sia di essere coperta dalla vista dell'insegnante grazie a uno dei numerosi giganti di quella scuola, in caso avessi voluto schiacciare un pisolino.

Di mettermi nel banchino libero davanti alla cattedra non se ne parlava neanche.

Vidi la docente guardarmi un po' preoccupata e che aprì la bocca per dirmi qualcosa, ma, prima che potesse anche solo pronunciare una sillaba, la porta della classe si aprì e vidi entrare i cinque ragazzi con cui mi ero precedentemente scontrata quella mattina.

"Drake, Chase, Kyle, River e Vincent Brown, grazie per aver deciso di onorarci della vostra presenza" li salutò sarcasticamente lei chiamandoli con i loro rispettivi nomi.

Sbadigliai era una scena patetica vedere come si mettevano in imbarazzo pur di essere accettati in classe.

Quando sentii la voce familiare di quello a cui avevo fregato il parcheggio dire: "Dai prof, chiuda un occhio, tanto sappiamo che siamo i suoi preferiti", non potei fare a meno di roteare gli occhi e pensare: "Pff, ruffiani".

In quello stesso momento avvertii un gran rumore di sedie e, alzando appena gli occhi, notai che tutti mi stavano guardando sconvolti.

"L'ho detto ad alta voce?" mi chiesi, riportando, con noncuranza, la mia attenzione sul libro di testo.

"Dai ragazzi, a sedere avete interrotto abbastanza la lezione" riprese il controllo la professoressa ed io sentii i passi dei cinque avvicinarsi.
Quattro di loro si sedettero nei banchi che erano liberi ai lati del mio, uno mi si piazzò davanti, sovrastandomi con la sua altezza.

"Quello è il mio banco." mi si rivolse serio, posandoci le mani sopra.
Alzai il mio sguardo verso di lui, osservandolo con sufficienza, solo perché era l'unico che ancora non avevo sentito parlare.

"Assomiglia a quello che mi ha detto del parcheggio" osservai squadrandolo.

Il suo naso, nonostante fosse dritto, pendeva impercettibilmente a sinistra, forse per una vecchia rottura o per una pallonata in faccia da bambino. Le labbra, però, erano un po' più piene rispetto a quelle dell'altro.
I suoi occhi erano un po' incavati, marrone scuro con sfumature più chiare, come quelle che si vedono sulle cortecce degli alberi. A guardarli gli davano un'aria pacifica, era quasi come se stessero ridendo.
La mandibola, invece, era la cosa che più li accomunava: entrambe avevano la stessa forma, leggermente squadrata, ma in modo delicato, che non appesantiva i loro volti.
I suoi capelli, invece, erano corti, quasi rasati e gli donavano un aspetto da duro perfetto per la sua corporatura muscolosa dalle spalle larghe e ben proporzionate.

"Ah sì?" gli sorrisi arrogantemente, senza dare segno di volermi muovere.

Vidi subito i muscoli delle sue braccia gonfiarsi, mentre stringeva le mani a pugno. Arricciò le labbra schiudendo i denti, tutti affilati per la rabbia. Si stava piegando in avanti, come per attaccarmi, ma venne interrotto dalla voce infuriata della professoressa, che non ammetteva repliche: "Chase, qui davanti, subito!".

Lo osservai allontanarsi, mentre mi lanciava un'occhiata di fuoco, con le iridi completamente gialle per l'ira.

"Accidenti, aggressivo il ragazzo... e poi dicono che gli occhi sono lo specchio dell'anima" lo guardai allontanarsi, prima che la lezione, finalmente, riprendesse il suo normale svolgimento.

"Scusalo, di solito mio fratello non è così aggressivo" sussurrò una voce alla mia sinistra, che scoprii appartenere al riccio.

Feci spallucce, come a fargli capire che era tutto ok e tornai a guardare il libro.

"Io sono River, comunque" insistette, cercando di fare conversazione.

"Keira - sussurrai, continuando a far finta di seguire - E, più che aggressivo, lo definirei territoriale" scherzai, accennando un sorriso.

Del resto, lo stordimento da sangue stava sparendo, magari fare due chiacchiere sarebbe stato divertente.

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