Capitolo 6
Ci misi un po' a calmarmi.
Klaus stava in silenzio, chiaramente a disagio. Sentiva il mio dolore, la mia sorpresa e anche la mia rabbia.
Quella ragazza era uguale a lei in tutto, perfino nel tono di voce, ma non era possibile: lei era morta sotto i miei occhi.
"Anna..." disse Klaus, confuso. Non l'aveva vista nei miei ricordi. Non so come, ma l'avevo nascosta più in profondità, e il legame non era stato abbastanza forte da riportare a galla tutto quel dolore.
"Mia sorella."
"Sapevo che avevi una sorella. L'ho vista da bambina... ma effettivamente poi non l'ho più incontrata."
Lo guardai. "È diventata una *liar* due anni fa."
Klaus era a disagio. "Sì, però adesso è un vampiro."
Lo guardai sconvolta. Il ricordo di Klaus era chiaro: lui e lei che ballavano e ridevano a una festa. I suoi sentimenti erano altrettanto limpidi. "Mi dispiace, ma tua sorella non è più lei. O meglio, è ancora lei, ma quando le donne vengono trasformate in vampiri, non ricordano più nulla della loro vecchia vita. Sono persone nuove."
"La riconoscerei ovunque. Resta sempre mia sorella."
"No, non più," disse semplicemente, dopo una pausa.
Lo guardai arrabbiata e confusa. "Perché è un vampiro?"
Klaus sospirò, consapevole della difficoltà della domanda. "Siediti, *liar*," disse, indicando il divano. "Ti spiegherò tutto, ma devi promettere di restare calma."
Mi sedetti sul divano. Stavo per impazzire.
"Non nascono mai donne nel nostro mondo, le vampire non nascono," scosse la testa. "Era un problema, ma lo abbiamo risolto tempo fa. A volte succede che un vampiro impazzisca, commetta atti osceni e la sicurezza sia costretta a sopprimerlo perché troppo pericoloso. In quei casi, da quanto so, una *liar* diventa un vampiro. Non è un argomento molto trattato perché disturba i vampiri pensare di poter avere delle debolezze, ma succede in circa l'uno percento dei casi," sospirò.
Il mio sguardo si fece duro. "Non è giusto. Questo non viene detto a nessun umano dietro il muro."
Lui mi guardò. "Non sono gli umani a fare le regole. È ingiusto, ma questo mondo appartiene ai vampiri."
Aveva ragione. Noi umani eravamo destinati a restare più deboli e senza potere. Il trattato non ci proteggeva abbastanza.
"Mia sorella non è stata trasformata, però. È stata uccisa."
Lui mi guardò confuso. "Impossibile. I *liar* non possono morire. Come fai a dirlo?"
Non risposi per un po'.
Klaus mi osservò a lungo. "Dimmelo."
Non aprii bocca.
"Devi obbedirmi. Come *liar*, hai fatto un'accusa molto grave e pericolosa."
Alzai gli occhi. Avevo una voglia matta di urlargli contro, di arrabbiarmi con lui e di non fare ciò che mi chiedeva, ma non avevo potere.
"Non sai cosa rischi a dire certe cose. È meglio che ti spieghi subito."
In quel momento, lui poteva diventare il mio peggior nemico o il mio alleato, a seconda di come mi sarei comportata.
"L'ho visto," dissi.
Lui sembrava ancora più confuso, e molto scettico.
"Da un albero, sopra le mura. Andavo a trovare mia sorella di nascosto."
"Ti arrampicavi su un albero per vederla, quando era diventata una *liar*?" chiese confuso.
Annuii.
"Ma il muro è alto dieci metri!"
"Non ovunque. Alcune parti, anni fa, erano vecchie e dimenticate. Il muro si era sgretolato in parte a causa dell'albero, quindi ci riuscivo."
Era ancora scettico. "È molto strano."
"È la verità."
Mi osservò pensoso per un momento. "Avevo sentito delle voci. Alcuni feriscono le *liar*, altri le uccidono. Per i vampiri è l'unico modo certo per morire. È una via di fuga, ma come ho detto prima, pensavo fossero solo voci. Qui tutti odorano l'eternità."
"Non tutti, a quanto pare."
Sospirò. "No. Uccidere la propria *liar* con cui si ha un legame è l'unico modo per concludere una vita eterna."
"Quando l'ha uccisa era come ubriaco. La picchiava spesso. Lei si è sacrificata per il suo egoismo," delle lacrime calde cominciarono a scendere sul mio viso. Un dolore al petto mi stringeva lo stomaco. Eravamo davvero degli oggetti per i vampiri, vivevamo per rispondere ai loro capricci.
"I vampiri non possono ubriacarsi, e le *liar*, come ti avevo detto, non possono morire. È uno dei fondamenti del patto. Probabilmente c'è stato qualcosa che non sappiamo, e per salvarla l'hanno trasformata in vampiro."
La mia voce era tremante. "No, l'ha sempre picchiata. Era un mostro. Poi, un giorno, ha esagerato," dissi tra le lacrime. Il ricordo era così doloroso.
"Non siamo tutti così," il tono di Klaus si era addolcito. "Mi dispiace che tu abbia visto solo il peggio."
La verità mi colpì come un pugno nello stomaco. La testa pulsava. Avevo bisogno di tempo e aria per metabolizzare, per dimenticare.
Le fitte allo stomaco aumentarono, e con esse anche le lacrime.
Dentro di me continuavano a susseguirsi le immagini della sua morte, del sangue e di quegli occhi gelidi da vampiro. Ma poi, tra quel dolore, un pensiero mi riscosse: era viva. Un vampiro, certo, ma era ancora lei, Anna, mia sorella. Avrà trovato la felicità?
Klaus mi porse dei fazzoletti.
"È felice?" chiesi.
"La ragazza che conosco io, sì, lo è," disse Klaus. Era stranamente più delicato.
"Jessy, i vampiri non sono gentili o comprensivi, ma non sono così crudeli," disse. "Siamo meglio di così. Quel vampiro era marcio, non è la normalità."
Boccheggiai. Era troppo.
Guardai l'ambiente circostante con aria spaesata, tra le lacrime. Volevo andare in camera, da sola.
Provai ad alzarmi, ma le mie gambe sembravano di gelatina. Klaus mi prese tra le sue braccia. Mi dava fastidio, odiavo il suo contatto.
"Scusa," il pensiero mi arrivò dritto nella mente.
Stava ancora leggendo le mie emozioni.
Urlai e scalciai mentre mi accompagnava sulle scale.
"Riposa," mi disse, arrivato al mio piano.
Lo guardai con rabbia. "Non siete migliori, fidati. Siete tutti dei mostri."
Dopo quella frase mi aspettavo uno schiaffo o una punizione, ma non avvenne. Se ne andò, lasciandomi lì, sola. Finalmente.
Il cuore mi doleva terribilmente, come se avessero messo del sale nella mia ferita aperta. Provavo le stesse emozioni di quando l'avevo persa, come se l'avessi persa due volte. Ma era viva, e felice.
Piansi. Piansi per ore, senza potermi trattenere. Sentivo Klaus al piano di sotto, che attraverso il legame mi controllava silenziosamente. Sentivo emozioni contrastanti provenire da lui, ma fortunatamente rimase al piano di sotto e poi uscì di casa. Mi stava lasciando il mio spazio.
Non ricordavo di essermi addormentata, ma ad un certo punto crollai. Sfogarmi mi aveva fatto sentire meglio.
**KLAUS**
Mi suonò il cellulare. Controllai l'orario: tardi. La mia *liar* era al piano di sopra e sarebbe rimasta lì ancora per un po'. Quindi avevo tutto il tempo per uscire. Dovevo recuperare i miei cugini Joshua e Michele: dovevamo allenarci in vista dell'inizio dell'anno accademico.
Presi la seconda auto dal mio deposito, una nera lucente, velocissima. Avrei fatto un figurone. Presi la borsa da palestra e partii.
Il vento mi scompigliava i capelli, l'aria fresca mi pizzicava la faccia e il sole mi accecava quel tanto da mettermi di buon umore. Adoravo la sensazione di adrenalina data dalla velocità. Più un'auto era veloce, meglio era; più ero in pericolo, meglio era. I miei sensi da predatore si attivavano così, con gli stimoli esterni. Alcuni vampiri preferivano spostarsi a piedi per il contatto con la natura, ma era una scelta opinabile e noiosa.
La palestra si stagliava davanti a me. Con una curva a gomito parcheggiai l'auto. Un altro lato positivo dei vampiri? Eravamo pochi, e le nostre terre immense. Potevamo fare tutto, e anche di più. Sorrisi, prendendo il borsone.
La mia *liar* era difficile: troppo emotiva, troppo segnata dalla vita. Sapevo che, mediamente, erano più servizievoli e positive. Chissà perché l'avevano scelta. Solitamente, la scelta ricadeva su un solo figlio per famiglia, mai di più. Eppure eccola qui, con la sua storia pericolosa.
Sicuramente è un test. Devo calmare le acque e aiutare a risolvere il pasticcio che un altro vampiro ha commesso. Me l'avranno affidata perché è sfiduciata verso di noi. Devo convincerla, e soprattutto dovevano toglierla al più presto dal mondo umano, dopo ciò che aveva visto.
Sorrisi. Era un compito fattibile e, soprattutto, dopo ogni compito spetta una ricompensa. E io sapevo già qual era la mia.
"Hey, fratellone," Michele mi destò dai miei pensieri.
Gli sorrisi. "Pronto per finire al tappeto?"
"Sì, figurati. Se devo temere per questo nanetto," disse, scompigliandomi i capelli. Michele e Joshua erano più che amici: eravamo figli di vampiri antichi. Pochi potevano dire di esserlo, e per questo eravamo molto più resistenti e forti del normale vampiro. Solo i vampiri nobili potevano superarci.
Guardai Michele con aria di sfida. "Vedremo sul ring, allora," dissi ridendo.
"Eccovi!" Un lampo, e Joshua ci affiancò.
"Sempre in ritardo," disse Michele, entrando nell'edificio.
"Rimangiati quello che hai detto. Non tutti sono liberi come te. Io lavoro."
Joshua aveva trovato impiego presso i vampiri anziani. Era uno stagista, ma comunque il suo lavoro era il più prestigioso e importante.
"Sì, certo... a fare fotocopie," disse Michele. Anche se lo nascondeva, al mio amico bruciava non aver avuto la stessa opportunità di Joshua. Aveva dovuto ripiegare nella sicurezza, visto che gli anziani non l'avevano chiamato. Ancora adesso, gli bruciava un po'.
"Aspettate che mi laurei, e poi batterò entrambi anche sul lavoro," dissi.
Entrambi si infiammarono. "Vedrai, mocciosetto!" "Ti faremo pentire sul ring," dissero.
Respirai. Controllai involontariamente il legame: Jessy stava dormendo, ottimo. Sorrisi ancora, guardando i miei amici trepidante. Ero pronto a lottare un bel po'.
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