San Valentino

C'è sempre della pazzia nell'amore. Ma anche della ragione nella pazzia!

51XX, 14 Febbraio
Nei pressi della prigione Stormcage


Davvero, Dottore? Dico: davvero?

Tutti sappiamo quello di cui sei capace e non voglio dire che ora mi stupisci.

Hai salvato e distrutto pianeti, annientato nemici con una teiera e dello spago e detestato te stesso per centinaia di anni: dopo questo e ben altro, questa visita quasi non sembra neppure assurda.

Quasi.

Tra tutti i momenti nella vostra intricata, confusionaria, ma a modo suo armoniosa e certamente affascinante, linea temporale, dovevi scegliere - proprio ora - questo preciso momento, proprio qui?

Non mi ascolti e te ne vai. Quando mai darai peso a quello che dico?

E ora eccoti, che ti aggiri per i campi nevosi di un qualche desolato pianeta, stretto nel tuo cappotto, ingobbito come non ti capitava da secoli.

Le vecchie abitudini non muoio mai, così dicono, e certe sembrano ritornare a galla nei momenti più o meno appropriati, dipende dai punti di vista.

Cominci a non sentire più le dita e temendo che possano cascarti dalle mani come sassolini, ti affretti a mettere in atto il piano a cui hai silenziosamente lavorato nel tuo ultimo periodo di eremitaggio.

Clara non lo sa che lo fai, sempre più spesso, e forse dovrei proprio dirglielo, un giorno o l'altro.

Intanto i tuoi pensieri sono rivolti ben oltre l'idea della maestra di Blackpool che ti aspetta nella sua piovosa Inghilterra, sperando che la porterai presto in giro nell'universo, correndo insieme, mano nella mano, attraverso il quantitativo minimo di pericoli.

Afferri un sasso tra la neve e lo lanci davanti a te.

Un passo, due passi, tre passi...

Il sasso rimane immobile a mezz'aria per il tempo di un battito d'ali di farfalla, poi ricadde a terra dopo un ronzio elettrico, bruciato su tutta la superficie.

Ti accorgi che hanno aumentato il voltaggio dei Campi Tesla Obbligati dall'ultima volta che hai controllato, ma sai che non è un grande problema.

Infatti ti permetti di sorridere in barba alla soffiata di neve che ti colpisce gelidamente la faccia e in poco rende il bel cappotto nuovo di zecca spolverato di bianco.

Ma a te tutto questo non importa.

Tu sei il Dottore: anche la peggiore delle tempeste per te è poco più di un passatempo.

Per cui controlli l'aggeggio demoniaco che hai allacciato al polso: il peggior esemplare di tecnologia temporale che l'universo abbia mai partorito.

Un'economico vagone merci, comparato a me.

Inaffidabile, almeno quanto te.

Forse per questo hai preferito usare quello al mio posto: posso passare inosservata per tutte le galassie, ma qui mi conoscono troppo bene, per cui mi hai lasciato in disparte come sempre, sul lato più scosceso di una collina.

Almeno da qui posso vedere la celeberrima prigione di Stormcage.

Un vero affronto a qualunque idea di architettura abbia mai trovato posto in un angolo di universo, ma dopo tutto è poco più di un carcere e non devono essere molti i criminali che si intendono di architettura.

Dai un'ultima occhiata alle coordinate che avevi inserito nel Manipolatore del Vortice, prima di accenderlo.

Sparisci dalla vallata e non sei ancora pronto per quello a cui stai andando incontro.

All'interno i corridoi sono più deserti del solito. Ti vedo aggirarti come fossi a casa tua, essendo riuscita ad accedere alla rete di sorveglianza della prigione con incredibile facilità.

Penso che manderò un sollecito, perché mettano un firewall un poco più avanzato, cosicché almeno si possa affrontare un minimo di difficoltà per by-passare la sicurezza.

Sono certa che è esattamente quello che faresti tu!

Entrambi amiamo le sfide come poche altre cose e ci annoiamo in assenza di queste.

Ma tu ora sei troppo occupato a chiedere a una guardia di ronda la cella che ti interessa tanto trovare.

Una vera fortuna che le guardie organiche siano più ingenue e condizionabili di quelle cybernetiche all'esterno: la carta psichica fa il suo dovere e tu riprendi la tua ricerca, fidandoti ciecamente delle istruzioni ricevute.

E quando finalmente riconosci gli spogli e scuri muri intorno a te, la luce soffusa che ha spesso fatto da sfondo a notti infinite e il pavimento che avrebbe giusto bisogno di una ripassata, ti blocchi.

Un Dalek ti ha colpito alle spalle e non me ne sono accorta?

Controllo ovunque, ma non ci sono minacce intorno a te, in nessuna direzione: tutte le guardie sembrano inconsciamente evitare di incrociarti ed è una fortuna sia per loro sia per te.

No, semplicemente ti sei veramente bloccato senza una ragione... o forse no?

Sei certamente un pazzo, come tutta la galassia ti conosce e riconosce, ma non fai mai qualcosa solo per la pazzia di farlo.

Persino la missione di oggi ha una ragione, come il tuo improvviso arrestarti nel bel mezzo del corridoio.

Stai facendo un ripasso, vero?

Hai dimenticato il diario qui, da me, ma non ti è mai servito davvero.

Lo riempivi di appunti solo per controllarlo insieme a lei, per vederla entusiasta di scoprire quante cose aveste già fatto e quante altre mancassero.

Ora, lentamente, ripassi tutto quanto, perché è quello che fai sempre, un momento prima di incontrarla, ma oggi ti permetti di prenderti tutto il tempo che ti serve e non solo i pochi istanti prima di ritrovarti a baciarla senza averci pensato più di un secondo.

Salti senza pensare la biblioteca, lo fai sempre.

Sei sempre troppo giovane, ingenuo e lento in quel ricordo, e insultare te stesso non ha mai portato da nessuna parte.

Allora ti ritrovi poco più maturo, con lei, ad Asgard.

Al parco a tema di Asgard, dove vi siete concessi un picnic sull'erba-arancia, e non alla vera Asgard; da quella, purtroppo, ti hanno già bandito due volte e dopo che hanno scoperto che puoi cambiare faccia, non è una buona idea rimetterci piede.

Poi le immagini si susseguono senza ordine, non perché la tua memoria cominci a fare cilecca, ma perché, come sempre, sei indeciso se seguire il tuo punto di vista o il suo.

Così Stonehenge, Demons Run, New York, la Bisanzio, tutto, ti passano nella testa come centinaia di treni anti-gravitazionali, senza orari ne fermate, che arrivano e passano oltre, ma lasciano il segno.

Ti lasci sfuggire una sola lacrima, prima di ritrovare il controllo.

Sai, queste telecamere hanno un ottimo zoom e una risoluzione sopraffina: oltre al sollecito dovrei chiedere quale sia il loro fornitore.

A tutti servono ottime telecamere di sicurezza.

Ti spolveri le spalle della giacca, umida per la neve che si è sciolta e stringi i baveri tanto che le nocche delle tue mani quasi diventano bianche.

Come dicevo poco fa, le vecchie abitudini non muoiono mai.

Conti i passi che ti dividono da lei, mentre li compi attraverso il corridoio.

Pensi che possa aiutarti a rimanere concentrato e non dare di matto troppo presto.

Intorno al ventesimo passo - hai perso il conto, lo vedo perché tentenni un secondo tra un passo e l'altro, prima di ricominciare come fosse nulla, ma soprattutto lo so perché ti conosco e so che hai la concentrazione di un bambino iperattivo - ti posizioni davanti alla sua cella.

Come centinaia di altre volte, solo una stupida fila di sbarre vi divide e a lei basterebbe alzare lo sguardo per vederti e sorridere.

Invece ti fa solo un cenno della mano, senza neanche voltarsi verso di te: sei costretto ad aspettare, come sempre.

Perché nessuno può interrompere River Song mentre legge, quindi attendi pazientemente che arrivi alla fine del capitolo.

Finalmente chiude il volume e ti calcola, quanto meno.

Nell'esatto momento in cui non ti saluta, non dice "Ciao, dolcezza", non accenna il suo sorriso sornione, non ti ammicca, sai che qualcosa non va.

Ti senti stringere forte tra la gola e il petto, quando poi le prime parole che le senti dire sono "E tu da dove sbuchi?", la vedi alzare un sopracciglio confusa e spostare per un secondo lo sguardo verso la tasca destra dei suoi pantaloni; sai che nasconde sempre lì il suo rossetto allucinogeno.

Tenti di mascherare tutto con un sorriso di facciata; ora le nocche sono davvero bianche.

"Professoressa Song?"

Non riesci a chiamarla River, qualcosa ti blocca e comincia a farti sudare freddo, nonostante il tuo misero tentativo di simulare infinita sicurezza.

"Sì, sei una nuova sentinella? Non dovresti già essere in pensione?"

Ti passi una mano sulla faccia, quella faccia che non doveva neanche esistere eppure è lì, sotto la tua mano, beffardamente più vecchia di quanto non sia mai stata.

"Beh, hai intenzione di stare lì impalato o cosa?"

River, ti prego! Dagli tregua! Non è il migliore dei suoi giorni e dovresti sapere che neanche i suoi migliori giorni sono decenti.

Ma no, come potrebbe saperlo? Non ti riconosce: non sa chi ha davanti.

"Io..." così lasci in pace la tua giacca e nervosamente ti strimacci le mani ossute.

Clara troverebbe questo tuo essere impacciato esilarante e te lo rinfacerebbe per mesi.

Potrei registrare il tutto, ma sei sempre il mio pazzo e ti amo abbastanza da lasciare che tutto questo avvenga tra te, me e River.

"Oggi è il 14 febbraio..." riesci a dire, con un solo fiato.

Lei non sembra molto sorpresa, non che con te in giro abbia mai osato sbillanciarsi tanto da apparire sinceramente sorpresa.

"Intendo dire..." lentamente ti infili le mani nella giacca e ne estrai un mazzo di fiori, che l'universo solo sa come sia ancora intatto e fresco, e una lunga scatola di cioccolatini impacchettata con carta argentata.

Tasche più grandi all'interno.

Esiste uno spazio che voi, Signori del Tempo, non abbiate mai provato a rendere più grande all'interno?

"È il 14 febbraio" ripeti, con più enfasi, sperando che in qualche modo lei riesca ancora a riconoscerti.

"Oh, sei della Terra? Non sapevo di avere ammiratori anche là!"

"Terra? No! Assolutamente no!"

Guardati. Sei così calato nel ruolo di protettore dell'universo che finisci per rinnegare persino quello che davvero è l'unico pianeta che ti abbia mai offerto un asilo degno di questo nome.

"Strano, allora da dove vieni? Non credevo che San Valentino fosse una tradizione extra-terrestre!"

"Beh, ecco..."

Oh, il Cyber-man ti ha mangiato la lingua, Dottore?

Non voglio infierire, ma tanto non puoi sentirmi e anche fosse, mi daresti forse retta?

Comunque sia: ecco l'Ultimo Signore del Tempo, preso in fallo mentre rispetta una tradizione terrestre.

E tu che dicevi che Natale era solo una trasgressione annuale!

Respiri profondamente, cercando una spiegazione ovvia alla tua presenza, che non debba obbligarti a spoilerarle tutto quello che è successo a Christmas.

"Oh, ti ha mandato il Dottore?"

E come sempre, River Song ti salva la vita.

"Come?"

"È il Dottore che ti ha spedito fin qua? Non mentire. Quella giacca può essere solo un'idea del Dottore" rimane in silenzio un secondo prima di aggiungere "È molto chic, comunque. Forse dovrei regalargliene una"

E come dirle, che quella giacca che non hai mai usato perché non abbastanza forte per il vecchio te e che hai personalmente modificato per renderla sufficientemente forte, era stato proprio un suo regalo?

Non si può e allora provi a concentrarti su altro.

Per esempio, sia lode alle stelle, sul suo neonato sorriso.

Non lo stesso sorriso che avrebbe rivolto al mentone, ma sai accontentarti anche tu, in casi come questo.

"Conosco quell'uomo, fin troppo bene. Solo lui potrebbe regalare dei girasoli a San Valentino!"

Per un secondo rimani a guardare il bouquet che hai in mano e altri ricordi riaffiorano dalle nebbie della tua memoria, per essere subito ricacciati indietro.

Ti ha dato la possibilità di trovare una scusa e vuoi approfittarne, senza perdere tempo.

"Oh, certo. Il Dottore" rispondi, screditando lo stesso nome che hai scelto millenni fa, pronunciandolo esattamente come l'ultimo degli insulti. "Tipo bizzarro, vero? Ha detto che sono i tuoi fiori preferiti"

"No" risponde seccamente, alzandosi dalla spartana brandina e avvicinandosi alle sbarre "Erano i preferiti di mia madre"

Oh, ma io te l'avevo detto! Dannazione se te l'avevo detto!

Rose rosse, Dottore, così vai sul classico e non rischi!

Ma no, tu devi fare di testa tua, fare l'originale e fregarti da solo.

"Beh" credi ancora di potertene uscire con decenza da questa situazione? "Però ti piace Van Gogh, no?"

River ignora quest'ultimo commento: "Che avrà di tanto importante da fare, per non riuscire a venire di persona..." borbotta tra se, spostando continuamente lo sguardo dai fiori alla scatola.

Ti ignora completamente: sei diventato il Fattorino.

Allora, per auto convincerti che non hai più niente da tentare lì, le allunghi i cioccolatini, che passano oltre le sbarre senza problemi, e i fiori, per i quali invece fate più fatica, ma alla fine passano senza essere troppo malridotti.

Li sistema sul comodino, in un equilibrio precario ma pieno di colore come il vostro e i cuori ti si stringono ancor di più, in una morsa invisibile ma terribile, e vorresti solo urlare e piangere.

Ma non puoi, troppo presto per lei e troppo tardi per te.

"Allora? Hai altro?"

"Cosa?"

"Non dovresti andartene? Non hai altre consegne?"

No, ti prego, non cacciarmi. I tuoi capelli sono favolosi. Me ne sto buono in angolo, non disturbo, non ti parlo, non mi presento neanche. Lasciami solo stare qui. Mi manchi da morire. Sei così bella. Mi dispiace per tutto. La tua vita è un inferno per colpa mia e confondo i fiori preferiti di tua madre e i tuoi - ricordo ora: tulipani, dannazione non erano difficili. Disegnerò tulipani nella tua cella. Per favore. Non merito niente, ma almeno non mandarmi via.

E invece sai che ha ragione. Non c'è più niente per te qui.

Cosa speravi di ottenere? Una bella giornata degna di questo nome, dopo tutti quegli appuntamenti rovinati da invasioni aliene?

Speravi davvero, pazzo che non sei altro, che ti avrebbe riconosciuto, quando neppure tu pensavi di poter andare oltre quella faccia da bambino e quel papillon?

La ragione ti riporta finalmente alla realtà, dove ora tu per lei non sei altro che un'anonima faccia, uguale a tutte le altre.

E lei, per te, è... indescrivibile.

"Si sta alzando il vento" ti fa notare, con gentilezza, come se l'ululato tempestoso che si propaga per il corridoio non sia già un indizio sufficiente "E pensare che oggi era iniziata come una bella giornata..."

"Addio, Professoressa Song" e te ne vai via velocemente.

Uno, due, tre, quattro...

Già al quinto passo ti blocchi e torni indietro.

"Un'ultima cosa" e tenti di rimettere in ordine le parole, chiarificare i concetti che nella tua mente non sono altro che immagini vivide come fotografie.

"Forse l'errore dei girasoli è stato del fioraio. Sono sicuro che il tuo... fidanzato?"

"Marito"

Ti permetti di sorridere, al ricordo del secondo Big Bang, del vostro Big Bang.

Una piramide, l'universo arrivato in tuo soccorso e un bacio esplosivo, letteralmente.

Ricordi, non sono nient'altro che ricordi, così riprendi da dove ti sei fermato: "Sono sicuro che tuo marito sappia perfettamente quale sia il tuo fiore preferito e non perché se lo ricorda come ricorda a memoria tutti e 900 i cast di Hamilton" deglutisci, prendi fiato e stringi le mani tra loro, per non iniziare a gesticolare "Sono sicuro che lo sa, come sa ogni cosa di te, perché ti ama. Volevo solo dire questo. Ora me ne vado"

River annuisce, confusa, e ringrazia.

"Bene, allora. E buon San Valentino, River"

E adesso davvero corri via, prima di avere altri tentennamenti.

Attraversi i corridoi come fossero il percorso della maratona di Londra e, prima di incappare in guardie o peggio, attivi il protocollo di ritorno del Manipolatore del Vortice.

Così ti ritrovi nuovamente all'esterno, dove il vento comincia a diventare tempesta e tu non riesci a vedere a un palmo dal naso.

Eppure corri, corri com'è tuo istinto primordiale correre via da ciò che ti spaventa, da ciò che ami, da ciò che hai paura di rompere e da tutto ciò che rischia di trasformarti in qualcuno che non saresti più in grado di riconoscere.

Per l'ultima volta corri lontano da lei e mi prendi letteralmente in faccia, ma non per la prima volta.

Disteso sulla nave per il contraccolpo, fissi un punto indefinito, sforzandoti di non piangere.

Poi ti alzi dignitosamente, prendi la chiave e entri.

No, non ti ho preparato nessun festone di ben tornato, di missione compiuta o, peggio, di buon San Valentino.

Ho abbassato solo le luci, spero sia servito a qualcosa.

Ti trascini verso la mia console, dove hai lasciato i resti dei preparativi: il recapito del fioraio di Orleans, lo scontrino della pasticceria e la bozza del biglietto.

Ti passi le mani nei capelli grigi, da vecchio, liberandoli dai fiocchi di neve, prima di afferrare quell'angolo di carta tra due dita.

Ricontrolli la tua disordinata calligrafia, così diversa da quella infantile, elegante o spigolosa delle tue vite precedenti, ma sei abbastanza sicuro che tutte le tue facce sarebbero d'accordo su quello che hai scritto.

E mentre forse lei si è accorta di quell'angolo di cellullosa sistemata tra i girasoli, tu rileggi le medesime parole. Intanto io parto e ti porto lontano da questo pianeta, mio adorato pazzo.

Mi dispiace, ma è tempo di chiudere questo capitolo della tua vita, come tutti quelli che hai già superato.

Susan, Koshei, Rose, Sarah, Donna, il Brigadiere, Romana, tutti.

Ripartiamo, Dottore, e speriamo che riesca sempre a portati dove c'è bisogno di te.

Dottore? Dottore, mi stai ascoltando? Andiamo, non ignorarmi come tuo solito!

Sono pur sempre la tua cabina blu, il tuo biglietto di sola andata per le stelle.

"A River,

I girasoli ti assomigliano. Siete belli come il sole.
I girasoli mi assomigliano. Sembriamo forti come non mai, ma basta che ci manchi un po' il nostro sole, che rischiamo non rialzarci mai più.
Prendimi per pazzo, se ti dico che sei il mio sole, che non smetterò mai di amarti.
E dammi ragione se ti dico che sei la miglior cosa che mi sia successa nella vita e che non mi sono mai meritato un secondo passato con te.
Ti amo.

Il tuo pazzo,
Il Dottore"

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