3. Jen e Todd

«Cioè fammi capire, mi stai dicendo che dopo averlo fissato per svariati minuti ti sei alzata e sei corsa via!?» sbottò Jen, quasi infastidita dal mio comportamento.
«Ecco sì...ma detta così mi fai sentire una deficiente» borbottai reprimendo l'impulso di cacciare entrambe i miei migliori amici dal soggiorno di casa mia.

Mi ritrovai a sbuffare alzando gli occhi al cielo.

Erano ore che continuava a pormi la stessa domanda, come se la riposta potesse prodigiosamente cambiare e come se non mi sentissi ridicola già per conto mio.

Mi buttai sul divano nascondendo la faccia sotto ai cuscini con fare melodrammatico.

«Jeneviette non pensavo che oltre ad essere sempre fra i coglioni fossi pure sorda!» disse Todd, ridacchiando di gusto quando lei prese a lanciargli tutti gli oggetti che si trovavano sul comodino poco distante da lei.

«Tu!» urlò la rossa puntandogli il dito con fare minaccioso «Testa-di-cocco chiamami nuovamente Jeneviette e ti amputerò i testicoli!»

Lui in risposta gli fece la linguaccia. «Se pensi di potermi anche solo intimidire ti sbagli di grosso Jeneviette-Franciose-Baguette-Tour Effel-Escargot» disse poi, con il palese intento di infastidirla. 

Io non riuscii a trattenermi dal scoppiare in una chiassosa risata quando Jen gli lanciò un'occhiata truce intimandogli di mettere un freno alla sua lingua biforcuta. 

«Devi stare zitto quando parli con me!» fece lei.

«Dei stare zitto quando parli con me!» gli fece l'eco lui «ma ti senti quando parli? No perché suoni come quelle vecchie zitelle in astinenza, se hai bisogno di una ripassatina basta dirlo non c'è bisogno di fare l'acida»

«Todd!» «Scusami!?» esclamammo io e Jen all'unisono.

Testa-di-cocco iniziò a ridere di gusto, mentre io dovetti alzarmi per evitare una catastrofe.

«Jen sta ferma» sbottai parandomi davanti a lei cercando di sabotare il suo tentativo di attacco. 

«Oh no! Jeneviette fatti avanti!» prese a dire il biondo, facendole perdere le staffe.

«Io ti ammazzo!» minacciò lei cercando di lanciargli una scarpa. 
«Todd smettila» intervenni «non chiamarla così, sai che non sopporta il suo nome per intero e già che ci sei evita, perché la tua pronuncia in francese fa schifo... e tu» mi voltai nuovamente verso Jen «lascialo stare e contieniti.» 

Puntai il dito ad entrambi poco prima di sedermi nuovamente sul divano. 

Era sempre stato così con Jen e Todd. Non riuscivano mai a stare nella stessa stanza per più di cinque minuti senza trovare da dire e tentare di uccidersi a vicenda, ma a me andava bene così. Li avevo conosciuti all'età di quindici anni e nonostante fossi diversa da loro e molto introversa erano riusciti ad aggiudicarsi un posto davvero speciale nel mio cuore. Eravamo cresciuti insieme e anche nel momento in cui decisi di abbandonare gli studi per fare carriera mi erano stati accanto, mi avevano supportato e incoraggiato. 

La nostra era un'amicizia rara e diversa dalle altre, perché ci capivamo con poco, non c'era bisogno di parlare, non erano necessarie spiegazioni di alcun tipo per intenderci. Con loro mi sentivo parte di qualcosa senza dover necessariamente fare qualcosa per impressionare qualcuno. E anche ora, a distanza di anni eravamo gli stessi: Amanda, Jen e Todd.

«Mi chiedo come questo coso possa essere il tuo migliore amico Amanda» sbuffò la rossa sedendosi sulla poltrona, con un broncio infantile e le braccia conserte.

«È anche il tuo migliore amico Jen» ridacchiai. 

«Ma nemmeno morta!» esclamò lei, facendo innervosire Todd.

«Ma chi ti vuole!» borbottò il ragazzo «Amanda fammi il favore di continuare a parlare del riccio che ti ha stregata che altrimenti finisce male» disse lanciandole una di quelle occhiate che non lasciano intendere nulla di buono.

«Senti Testa-di-cocco ti lascio perdere solo perché ho altro a cui pensare, ma sappi che non è finita qui» lo avvertì lei, per poi prestare nuovamente attenzione alla sottoscritta.

«Tornando a noi... tesoro spiegami per quale motivo sei scappata via» chiese accavallando le gambe e pretendendo una risposta esaustiva nonostante la consapevolezza che non sarebbe mai arrivata. 

«Non lo so Jen» ammisi «non sapevo cosa fare! Mio Dio! Sono così patetica...è...è tutta colpa del modo in cui mi guardava» cercai inutilmente una spiegazione plausibile, ma tutto ciò non aveva alcun senso.
Lo sguardo di quel ragazzo dai capelli castani e ricci mi aveva perseguitato tutto il giorno e al solo pensiero trasalivo sul posto.

Quelle perle verdi erano impresse nella mia mente ed ero cosciente del fatto che ci sarebbero rimaste ancora per molto perché era bastato quell'attimo a farmi perdere la testa. 

Mi sentivo una pazza, ma allo stesso tempo avrei dato tutto ciò che di più caro avevo per poter fare un altro giro in quelle iridi verdi.

«Non capisco perché gli state dando tutta questa importanza» si lagnò Todd beccandosi una cuscita in pieno viso da parte di Jen.
«Mi pare ovvio che tu non capisca, razza di idiota!» lo zittì bruscamente.

«Devo essergli sembrata una pazza» farfugliai portandomi le mani fra i capelli sul punto di una crisi di nervi.
«Ehi, amore non fare così» si intenerí Jen lasciando perdere la discussione con Todd che ci attirò tutte e due in un caloroso abbraccio.

«Piccola dai ascolto a Jeneviette che per una volta ha detto una cosa sensata» disse, facendomi scappare un sorriso.

«Cazzone» borbottò lei cercando di ignorarlo.

«Non devi sentirti in colpa o in alcun modo, tesoro non è successo nulla. Ero solo un ragazzo, di cui non conosci nemmeno il nome, non può e non deve condizionarti» continuò Todd lasciandomi un dolce bacio sui capelli.

Rimanemmo abbracciati per un tempo indefinito, in un silenzio che contava più di mille parole.

Dopo qualche minuto mi decisi a parlare
«Io credo... credo che tu abbia ragione, mi sto facendo troppi viaggi mentali» proferii con voce decisa anche se dentro sentivo un tumulto di emozioni contrastanti.

«Io so cosa ci vuole in momenti come questi!» esclamò poi la rossa, alzandosi di scatto.
«Non mi trascinerai nuovamente in uno dei tuoi dannati pub» chiarí subito Testa-di-cocco che aveva perfettamente compreso le intenzioni dell'altra. «Sfidami!» rispose lei, che aveva già vinto in partenza.

Ridacchiai divertita dal loro ennesimo battibecco e non so come, ne il perché ne quando, ma mi ritrovai ubriaca fradicia nel mezzo della pista di uno dei pub preferiti di Jen e l'unica cosa a cui pensavo erano quegli occhi capaci di scavarti fin sotto la pelle in frazioni di secondi.

Persi la capacità di respirare e non so se fu tutto frutto della mia immaginazione, ma quegli stessi occhi che mi avevano perseguitato fino ad all'ora mi stavano scrutando da sopra il palcoscenico.

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