XXXI - La falsa identità
Lorenzo non si era suicidato. Questa era la mia idea iniziale e questa era rimasta. In ogni suo testo, in ogni sua frase, in ogni sua parola, continuava a esserci un barlume di speranza. Nonostante le persone false, nonostante le persone che gli stavano vicino per convenienza, nonostante tutto, nelle sue parole avevo trovato l’amore. E se si ama ancora non si può morire, almeno non per mano propria.
Lui amava ancora la sua fidanzata, ma io ero convinta che lei, di lui, si fosse già stancata da quando era impazzito, da quando aveva bisogno di qualcuno, proprio di lei, ma quell’aiuto non era arrivato mai. la.camyyy stava con lui solo per soldi e proprio per questo motivo poteva averlo ucciso: visto come si era appropriata della casa che considerava sua dopo la morte del giovane?
Non sarebbe però stata capace di organizzare da sola un omicidio, ed ecco che entrava in scena Giulio, tanto intelligente quanto bastardo. Cosa poteva avere contro Lorenzo? Invidia repressa, forse? Era lui la stella della squadra. Gelosia nei suoi confronti? Considerando la prova che avevo scovato nel suo cellulare, la.camyyy doveva piacergli parecchio. Si era finto suo amico per tutto quel tempo, prova semplicissima per lui che era un attore nato.
Per me gli assassini erano loro e non vedevo l’ora di rivelare al mondo le mie scoperte.
Presi il telefono, guardai lo schermo nero con soddisfazione. Lo sbloccai e digitai il numero. Di solito era lui a chiamarmi per obbligarmi a svolgere nuovi compiti, per una volta ero io a cercarlo. Portai il cellulare all’orecchio, pregando che mi rispondesse il prima possibile.
Avrei voluto dire in faccia a quelle persone orribili che avevo scoperto la verità, era questo che pensavo mentre suonavo al campanello di casa Strozzi il giorno seguente. Ci stavano mettendo fin troppo tempo ad aprire. Controllai l’orologio: erano dieci minuti buoni che ero impalata davanti al cancello di casa Strozzi, cosa stavano aspettando?
Finalmente udii il clang metallico del cancello ed entrai. Rimasi di stucco: le luci erano tutte spente, l’unica luce era quella naturale che filtrava dalle finestre. Non c’era nessuno, né il signor Strozzi, il primo ad avermi accolto in quella casa, né la fastidiosa presenza de la.camyyy nè Giulio con cui avevo l’appuntamento. Anche gli apparecchi elettronici non erano in funzione, sembrava che i proprietari della casa se ne fossero andati per fare una scampagnata in montagna.
Ma qualcuno doveva avermi aperto.
Attesi qualche minuto, ma nessuno veniva ad accogliermi. Avrei potuto approfittarne per cercare altre parti del diario di Lorenzo. E se fosse stata una trappola? Per quale motivo avrebbero dovuto tendermela?
Ispezionai con circospezione ogni metro che avevo attorno a me salendo le scale con una lentezza che non credevo possibile per un essere umano. Ero convinta che anche il mio cuore fosse rallentato, nonostante la situazione non ero in ansia, mi sembrava di vivere uno strano sogno. Anche al primo piano le luci erano spente. M’incamminai verso il vaso che conteneva la chiave per accedere alla camera di Lorenzo, la estrassi ed entrai.
E proprio in quel momento udii dei sussurri.
“Lei sa troppo di noi.”
Era il signor Strozzi ed era evidente a chi si stesse riferendo: a me. I bisbiglii provenivano dalla stanza accanto, quella in cui avevano chiacchierato Giulio e la.camyyy quando avevo origliato dalla camera di Lorenzo. La porta era socchiusa, ma mi nascosi dietro di essa, non avevo il coraggio di sporgermi a guardare con chi stesse parlando. Una cosa era certa: Alice gli aveva raccontato che l’avevo riconosciuta.
“Ha degli atteggiamenti troppo strani: una volta, dopo avere pulito lo studio, aveva messo a soqquadro i fogli presenti sulla scrivania. è evidente che ne ha letto qualcuno…” insinuò proprio la voce della ragazza che avevo imparato a riconoscere.
“E a me ha rubato i vestiti, Flavio! Per uscire con te, Giulio, per farsi bella ai tuoi occhi. è una ladra patentata, merita la galera!” esclamò la.camyyy confermandomi così che che tutti e quattro erano presenti.
“Camy, aveva bisogno di quegli abiti, lo sai che all’Iperuranio c’è il dress code.” mi difese Giulio.
Mi difese? Sbattei le palpebre, non mi sembrava vero.
“Siete andati davvero all’Iperuranio?!” sbottò la ragazza folle dall’invidia: io e Giulio eravamo entrati, lei e Lorenzo no. Mi dispiaceva per Lorenzo, ma assunsi un sorriso malefico a trentadue denti: io, una qualsiasi Vittoria, avevo fatto schiattare la.camyyy!
“Come fa a piacerti una così? Ha i peli sulle braccia!” continuava a blaterare l’influencer. Mi guardai istintivamente gli arti, rimanendoci un po’ male: erano così evidenti?
“Chi ha detto che mi piace?” sbuffò Giulio Angeli con il tono di un professore che spiegava a un alunno come fare le disequazioni di secondo grado per la trentesima volta.
“Siamo andati all’Iperuranio per… Oh, lascia perdere, non capiresti. Comunque anche tu avevi i peli sulle braccia prima di toglierteli, è nella natura umana.”
Grande Giulio! L’aveva messa a tacere per benino, avrei proprio voluto vedere la sua faccia! Purtroppo, il dibattito su di me non era ancora finito e io potevo limitarmi ad ascoltare, approfittando del fatto che loro non mi credevano lì.
Un dubbio mi pervase: perché mi avevano fatto entrare se stavano sparlando di me? Volevano essere uditi dalla sottoscritta?
“Sei sicuro, Giulio, che non possiamo capire? Siete andati a cena insieme?” gli chiese il signor Strozzi, dal tono di voce sembrava che iniziasse a diffidare di quel “ragazzo servizievole”.
“Saranno affari miei, no?” iniziò a scaldarsi Giulio. Il suo tono si alterò in modo quasi impercettibile, era sempre impassibile e in controllo di sé stesso, ma io ormai lo stavo imparando a conoscere e avevo capito che quella domanda non gli era piaciuta per niente.
“Ora sono affari di tutti. Vogliamo sapere qualcosa di più su Vittoria, essendo una nostra dipendente è un nostro diritto!” esclamò Alice, che ormai stavo iniziando a non sopportare.
Era senza dubbio più in gamba de la.camyyy e mi dava fastidio che fosse stata proprio lei a mettere in dubbio la mia identità. Mi chiesi come aveva fatto a non mostrarsi per tutto quel tempo.
“Non l’avete ancora assunta, se non sbaglio.” si ricordò il calciatore.
“Non l’assumeremo mai.” sentenziò la.camyyy che ormai mi odiava a morte.
Meglio per me, non ne potevo più di lustrare pavimenti e oggetti che io non mi sarei potuta permettere nemmeno vivendo due volte.
“Dicci cosa sei venuto a sapere di Vittoria, Giulio.” lo incoraggiò il signor Strozzi.
Mi sporsi appena, un mio occhio perlustrò la stanza dove i quattro stavano discutendo.
Di fronte a me c’era Giulio.
Mi vide, ne ero quasi certa, il suo sguardo attento si era poggiato su di me stavolta con delicatezza, senza un briciolo di stupore e capii che era stato lui a farmi entrare. Pregai che non avvisasse gli altri che stavo origliando dall’inizio della conversazione. Giulio Angeli doveva essere un supereroe: quel giorno mi aveva già salvata due volte.
“Nulla che voi non sappiate già.” disse cercando di mantenere la calma.
“Giulio, sei sicuro? Non te lo avrà detto, è una ragazza scaltra, ma io inizio ad avere il dubbio che la nostra donna delle pulizie ci abbia mandato una sostituta… investigatrice!” concluse il signor Strozzi. La sua affermazione fu seguita da un “aaah!” di meraviglia de la.camyyy, che forse stava già iniziando a ipotizzare che lavorassi per l'intelligence. Tranquilla, ragazza, ero solo una giornalista, l’ultima ruota del carro di un giornale di provincia!
“Se così fosse, dovremmo cacciarla, sa troppo.” disse la.camyyy, ma Giulio le rise in faccia.
“Se sa troppo, non vedo perché dovremmo mandarla via a dire ai quattro venti ciò che ha scoperto… Che dev’essere ben poco. Dobbiamo continuare con questa farsa, rivelandole il meno possibile.”
Cosa dovevo sapere? Di che farsa stavano parlando? Le mie mani si attaccarono di loro spontanea volontà alla porta cercando di non fare rumore, ero ipnotizzata dalle loro parole.
Ma fu una frase del signor Strozzi frase a farmi sobbalzare. Deglutii rumorosamente, le mie mani scivolarono appena sulla porta.
Fu quell’appena a fregarmi.
“C’è qualcuno!” esclamò stupito il padre di Lorenzo, il più vicino all'uscio.
Si alzò con un’agilità che non credevo possedesse visto che era vicino ai sessant’anni e la spalancò, trovandosi davanti me.
Mi morsi le mani, ma non sarei riuscita a reagire in modo differente a quella frase, anzi, la mia reazione era stata fin troppo contenuta.
Il signor Strozzi aveva detto: “Se sa troppo, dobbiamo farla fuori in qualche modo.”
Alla mia vista il padre di Lorenzo rimase spiazzato “E tu da dove salti fuori? Chi ti ha aperto la porta?”
“Io. Prima ero sceso a bere ed ha suonato il campanello, così le ho aperto.” alzò timidamente la mano Giulio Angeli come uno scolaretto che sapeva la risposta ma che si vergognava di fare la figura del secchione davanti ai suoi compagni. Anche Alice e la.camyyy mi guardarono con astio, avrebbero preferito trovarsi davanti un esattore piuttosto che me. Ero un ospite indesiderato, come mi ero sempre sentita in quella casa. Io ero paralizzata.
Nonostante la sorpresa iniziale, il signor Strozzi mi afferrò il polso e mi spinse contro il muro, con più forza di quella impiegata da Giulio quando aveva finto di rubarmi il braccialetto, nonostante lui fosse molto più giovane e muscoloso. Ma i due avevano obiettivi diversi, e quello di quell'uomo poteva essere solo farmi del male.
“Che cazzo sei venuta a sapere di mio figlio?” mi urlò, ma intervenne sempre lui.
“Non la toccare!” urlò Giulio togliendomi di dosso il signor Strozzi che sbatté la schiena sull’altro lato del muro. Il suo sguardo spaventato e sorpreso chiedeva spiegazioni al ragazzo che aveva preso le mie difese.
“Non sei dalla nostra parte?” chiese terrorizzato mentre erano accorse anche Alice e la.camyyy, quest’ultima cercava di prendermi il polso ma Giulio l’allontanava, il suo corpo faceva da scudo al mio.
“Non sono dalla parte di chi usa la violenza. Io… Vittoria! Torna qui!”
Forse avrei dovuto ascoltare tutto il discorso di Giulio, mi avrebbe rivelato qualcosa d’interessante senza dubbio perché, se davvero non tollerava la violenza, non poteva avere ucciso Lorenzo. Ma mi ero spaventata troppo. Avevo approfittato della distrazione di Giulio per fuggire, era il mio unico obiettivo anche se sapevo che così non avrei mai saputo nulla di più. Percorsi le scale come un razzo.
Pazzesco, tutti e quattro si erano lanciati al mio inseguimento. Giulio ovviamente capeggiava il gruppo, era l’unico atleta, e mi urlava di fermarmi. Il signor Strozzi, dietro di lui, mi lanciava degli epiteti poco carini, Alice gridava minacce da film western come “ci rivedremo presto!” mentre la.camyyy starnazzava di rallentare perché aveva i tacchi ai piedi che le bloccavano i movimenti. Giocavo a fare l’investigatrice e invece ero diventata la vittima di un inseguimento degno di un film poliziesco!
Piombai in giardino e spalancai il cancello, avevo ancora i miei inseguitori alle calcagna. Credevo che, una volta varcato il cancello, loro si sarebbero fermati, due come Giulio Angeli e la.camyyy non potevano passeggiare liberamente per le strade di Torino, no?
Quanto mi sbagliavo!
Continuarono a corrermi dietro, anzi, Giulio era al mio fianco, Giulio mi aveva raggiunta, Giulio mi aveva… Superata?
Mi accorsi che aveva in mano le chiavi di un’auto, me la indicò e l’aprì: “Con questa sarai più veloce, no?” ansimò sedendosi al posto di guida.
Dovevo compiere la scelta in un secondo: fidarmi di un ragazzo che aveva giocato con la mia psiche o rimanere nelle grinfie del signor Strozzi e compagnia bella? Non fu una scelta difficile, almeno seguendo Giulio una possibilità di salvarmi ce l’avevo. Salii al suo fianco, lui chiuse le portiere rendendole impossibili da aprire da fuori.
Mise in moto, ma lo vedevo un po’ impacciato: “Allora, riesci a uscire da sto cazzo di parcheggio?” chiesi ancora agitata dall’inseguimento mentre lui inseriva la retromarcia e muoveva il volante a caso.
“Ho diciannove anni, non è da molto che ho la patente e sono agitato…” pigolò lui mostrando le mani tremolanti.
“Non riesco a credere di essere uscita con un bimbominchia come te! Dammi il volante!” esclamai spostando le sue mani e guidando dal sedile del passeggero, sbilanciata su di lui.
Finalmente partimmo, seminando i tre che ci guardavano a bocca spalancata dal marciapiede. Tirai un sospiro di sollievo.
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