V
"Dirk, vieni qua, andiamo a passeggio." Ridicolo. Ero di nuovo immerso nel buio. Stavo scappando da casa mia. Con il cellulare, il portafogli, e Dirk. Perché i cani sono così, ti fanno le feste anche se sei un nullatenente o un ladro o uno stupratore.
O un dopato, certo. Perché avevo dato del cane a mio padre, perché dare del cane era un'offesa? Erano così fedeli... Sistemai Dirk sul sedile posteriore, sapevo che sarebbe rimasto buono buono, di me si fidava.
Avevo capito dove dovevo andare: alla lunga degenza dell' ospedale. Era lì che giaceva mia madre. Lei era stata la mia prima fan. Era presente a ogni mia partita, ma non faceva mai polemica in tribuna e non litigava con gli arbitri. La sua presenza non si sentiva, ma era il tifo che volevo io. Sapevo che ci sarebbe sempre stata. Poi se n'era andata via in silenzio, proprio come arrivava alle mie partite.
Una volta, venendomi a prendere ad allenamento, le avevo raccontato che nella partitella avevo segnato 10 gol. Era una cavolata, ma lei mi fissò e mi disse: "Hai gli occhi color del cielo perché spiccherai il volo." Anche lei sapeva volare. Fuori strada per colpa di un ubriaco. 30 minuti esatti prima del mio esordio da titolare in serie B.
Parcheggiai e mi diressi alla reception dell'ospedale, lì mi conoscevano tutti. Ma non quella volta, la receptionist era giovanissima e si stupì nel trovarsi davanti...: "Lorenzo Strozzi? Quel Lorenzo Strozzi? Ma... Ma..."
"Sì, proprio io. Devo vedere mia madre. Secondo piano a destra, se non l'avete spostata, ma perché avreste dovuto farlo?"
"No, infatti... è proprio così." balbettò lei rifugiandosi in mezzo a pile di fogli che stava mettendo a soqquadro nervosamente senza una ragione.
"Grazie, allora vado."
L'ospedale a quell'ora era mezzo vuoto, incontravo soltanto dei medici che mi salutavano esultando: "Grandissimo Lore, ci hai fatto vincere la Champions!"
"Lore! Domani rinfaccerò questa vittoria al primario interista!"
"Lore, posso una foto?"
"Dopo sì, promesso. Scusa, ma ora devo...". Passò un velo di malinconia sugli occhi del medico.
"Ah, capisco... La vai a trovare anche stasera?"
"Soprattutto stasera." confermai aprendo la porta della stanza di mia madre. Come ogni volta sperai per un attimo di vederla con gli occhi aperti.
Erano chiusi.
Andavo a trovarla solo dopo le partite, provando ogni volta un dolore atroce. Mi era stato concesso di lasciare nella sua stanza un taccuino e una penna nera indelebile. Sul quadernino scrivevo il risultato di ogni partita e i miei gol e assist.
La prima pagina era 03/10/2026: Parma 2-0 Frosinone, gol Strozzi al 67'; l'ultima sarebbe stata 01/06/2028: Juventus 0-0 (5-3) Real, vittoria della Champions League.
L'avevo scritto in modo oggettivo, non "abbiamo vinto" perché non mi sentivo più parte del gruppo. Salutai mamma con un bacio. Ogni metro, ogni scatto, ogni passaggio, ogni tiro era per lei, me lo ripetevo prima di ogni match. Ma non prima della finale: come potevo dedicare a una persona così corretta la partita di un dopato? Mentivo anche a chi era in coma. Montando in auto, ebbi il dèjà-vu di quando ero salito nel parcheggio.
Non avevo ancora risposto alla domanda di Giulio Angeli: "Perché?"
Forse lo stavo capendo. Cercai il suo contatto, ovviamente fra i primi su whatsapp. L'avevo salvato come Giulio Angeli, l'unico in rubrica che avevo salvato con nome e cognome, l'unico che si meritava di avere un nome e un cognome. Dovevo fargli un vocale, volevo sentisse la mia voce. I discorsi non erano il mio forte. Potevo tentare.
***
" Il diario s'interrompe così?" mi chiese Zaveri cercando di nascondere la delusione dietro a un volto impassibile, ma il suo tono stupito lo aveva tradito. Non voleva dimostrarlo, ma aveva provato interesse.
Allargai le braccia " Per forza: nessuno trascriverebbe un intero vocale su un diario. L' unico a possedere quelle parole è Giulio Angeli."
gli risposi, aggiungendo solo nella mia testa " che voglio possedere anche io."
Attendevo un suo responso, si grattava il mento perplesso.
" Non credevo che un calciatore sapesse mettere di fila due frasi di senso compiuto, figurarsi scrivere un diario... Sei proprio sicura che il numero che ti ha inviato queste foto sia quello di Lorenzo Strozzi?"
Certo che ne aveva di pregiudizi, il mio direttore! Lorenzo era diverso dai suoi coetanei, si notava già dalle sue prime righe che forse Zaveri aveva letto con troppa superficialità. Era una sensazione strana. Mi sembrava di conoscere bene Lorenzo nonostante lo avessi intervistato una volta e avessi solo letto alcune pagine di quello che ormai sembrava un diario a tutti gli effetti. Eppure ero convinta di averlo già incontrato in un contesto più informale... Ma quale? Stavo cercando di ricordare, ma la voce di Zaveri che continuava a scrollare le foto sul mio telefono mi distraeva
"Perché ha inviato queste immagini proprio a te?" indagò dopo una serie di borbottii incomprensibili.
"È quello che voglio cercare di scoprire." ribadii decisa. Ero convinta che la verità che riportavano i giornali fosse diversa da quella effettiva, e il mio dovere professionale e morale era quello di raccontare la versione reale dei fatti. Il direttore mi restituì il telefono con una smorfia di finto disinteresse, rimaneva odioso fino all'ultimo.
" Se vuoi provare a indagare... Ma ricordati che gli articoli sui playoff di Serie B sono più importanti."
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