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Mingi
Passò quasi un mese da quando era successo quel che era successo con Haeun. Non ero riuscito a mandarle un messaggio, o a chiamarla o a cercarla, non mi ero mai sentito troppo coraggioso per farlo, e quindi per un mese semplicemente avevo cercato di uscire il meno possibile di casa soltanto per non rischiare un incontro con lei.
Stavo male, penso peggio di cosí non ero mai stato. Non mi era mai piaciuta una ragazza, e per la prima volta in vita mia dovevo affrontare il dolore di una rottura senza nemmeno essere mai stato in una vera e propria relazione ufficiale. Ironico, no?
Accesi il telefono e controllai le notifiche, entrando sulla prima chat che capitava giusto per controllare.
Non appena lo spensi tornai nella stessa posizione di prima e chiusi gli occhi, sperando di addormentarmi cosicchè il tempo passasse più velocemente.
All'improvviso sentii bussare alla porta e, purtroppo per me, sapevo già chi fosse e che cosa volevano da me. Era cosí da ormai settimane: io non usavo il telefono e stavo perennemente nel mio letto a dormire e a non fare nulla, aspettando un miracolo.
«Andate via.»borbottai contro il mio cuscino e ovviamente, nonostante le mie parole, la porta fu spalancata e entrarono in camera mia Hongjoong, Yunho e Seonghwa, tutti e tre con dei sorrisi tirati. Non appena però si videro arrivare un cuscino contro allora i loro sorrisi si persero subito.
«E dai Mingi, vogliamo solo tenerti su il morale.»annunciò il più grande andandosi a sedere sulla mia sedia girevole accanto alla scrivania e subito il ragazzo andò a sedersi su di lui: era come se nessuno dei tre non volesse avvicinarsi troppo a me e sedersi, di conseguenza, sul mio letto.
«Non potete tenermi su il morale quando siete il motivo per cui mi è calato.»risposi io sempre con la faccia impressa nel cuscino, e mi stupii anche del fatto che le parole furono comprensibili.
«Sei tu che hai iniziato la scommessa.»ribattè allora il più piccolo fra loro, per almeno la miliardesima volta: eravamo finiti su quel discorso almeno una volta al giorno ed era finito sempre con io che li mandavo a fanculo e gli dicevo di voler stare solo.
«E sono stato io a dire di voler finirla, ma nessuno mi ha mai dato retta.»continuai allora con lo stesso tono acido di prima, fregandomene di come ci sarebbero rimasti e pregando che mi avrebbero lasciato in pace: non avevo voglia di parlare con nessuno.
«La colpa non è nostra, lo sai bene.»commentò allora Hongjoong con un tono da quasi superiore e io dovetti fermarmi dal non alzarmi e andare a strangolarli uno alla volta.
«Anche se tu l'avessi finita, lei si sarebbe arrabbiata con te lo stesso, perchè il motivo principale per cui ti sei avvicinato era quello.»gli diede man forte Seonghwa e io grugnii nel mio cuscino, chiudendo gli occhi e sbattendoci la testa completamente contro: il fatto era che aveva ragione e io non potevo dargli torto.
«Andate a fanculo a casa, voglio stare da solo.»dissi alla fine per l'ennesima volta, chiudendo gli occhi e pensando che se io non fingevo che non esistevano probabilmente se ne sarebbero andati, prima o poi.
«E noi vogliamo stare qua.»si impuntò Yunho, dall'altro capo della stanza e io grugnii in risposta, dato che non riuscivo a fare altro con la faccia schiacciata sulla stoffa.
«Devi uscire da questo letto, è passato un mese.»aggiunse il più basso e non riuscii più a resistere, allora mi alzai leggermente con il busto per far sentire meglio le parole che avrei detto in seguito.
«Non. Voglio.»scandii entrambe le parole e poi caddi di nuovo a peso morto sul materasso, affondando il viso sotto la mia coperta e cercando di sparire completamente.
«Ma devi, perciò...»aggiunse poi Hongjoong e io sentii i rumori di passi attorno a me ma non me ne curai più di tanto fino a quando, tutto all'improvviso, non sentii delle mani afferrarmi per le caviglie e per i polsi, per poi sollevarmi a mo di stella.
«Che cazzo fate?!»esclamai quando mi resi conto di quello che stava succedendo: Yunho e Seonghwa mi tenevano dalle braccia mentre l'altro dai piedi e, in un o modo o nell'altro, mi stavano trasportando direttamente fuori dalla mia stanza e chissà in quale altra parte di casa.
«Ti facciamo uscire da questa camera.»mi rispose poi il più alto e in un attimo capii che ci ritrovavamo in salotto. Non opposi più di tanto resistenza perchè sapevo sarebbe stato inutile: eravamo tre contro uno, e in più Yunho non era nemmeno troppo piccolo da buttare giù.
«Adesso che sono in salotto cosa è cambiato.»affermai a mo di domanda ma le parole mi rimasero in bocca quando mi fecero cadere con poca grazia sul mio divano. Mugolai a causa della botta che avvertii al sedere ma nessuno dei tre sembrò preoccuparsi troppo.
«Beh, intanto non ti sei opposto.»commentò Seonghwa e potei sentire il rumore delle loro mani che si battevano il cinque mentre io cercavo di aprire gli occhi che stavo tenendo strizzati a causa del dolore.
«Mingi!»la voce femminile di mia madre mi fece quasi smettere totalmente di pensare al male al mio didietro e mi fece tornare sull'attenti: ecco, ora c'erano le quattro persone che più mi stavano stressando nell'ultimo mese nella stessa stanza.
«Come mai siete qui in salotto?»domandò poi lei, avvicinandosi a noi e mettendosi seduta al mio fianco. Io rimasi immobile e fissai gli occhi al pavimento, cercando di non esplodere in un attacco di rabbia davanti alle persone più importanti della mia vita.
«Volevamo farlo uscire da camera sua, e ci siamo riusciti.»commentò Yunho incrociando le braccia al petto e facendo un occhiolino, allora io lo guardai con espressione confusa.
«Mi ci avete portato voi qui.»feci notare allora io ma fu come se quelle mie parole furono del tutto ignorate, infatti continuarono a scambiarsi sorrisi e per un attimo credetti che si erano messi d'accordo.
«Non vedi che begli amici che hai?»commentò mia madre mettendomi una mano sulla spalla e scuotendomi leggermente, ma io semplicemente la scostai per poi spostarmi leggermente, non volendo il minimo contatto con nessuno. Sapevo che comportandomi così probabilmente la stavo ferendo, ma non potevo farne a meno: l'unico tocco che volevo era dall'unica persona che non voleva me.
«Infatti, chi altro si comporterebbe da babysitter con il proprio amico dopo una rottura.»ribattè allora Hongjoong riportando l'attenzione su di lui e non volendo far concentrare troppo mia madre sul fatto che l'avessi appena scansata.
«Io e Haeun non abbiamo rotto.»affermai allora, sentendo in maniera strana uscire il sul nome dalla mia bocca, un nome che non dicevo da un mese e che mi fece venire in mente il volto dolce dell'unica ragazza che davvero volevo.
«Si, vabbe, quello che è.»borbottò Hongjoong andandosi a sedere su una delle sedie che c'erano nel salotto. Per un attimo cadde il silenzio nella stanza, spezzato soltanto dal rumore della stoffa dei miei pantaloni che strusciava su quella del divano a causa del tremolio della mia gamba dato dal mio nervosismo.
«Ti manca, non è cosí?»furono le parole che ruppero il silenzio e che vennero proprio da accanto a me. Girai la testa e guardai negli occhi mia madre, riuscendo a vedere subito tutta la preoccupazione che aveva nei miei confronti e tutto l'affetto che sarebbe stata pronta a darmi se solo io gliel'avessi chiesto. Allora decisi che era arrivato il momento di parlare, che io potevo star male ma che non potevo continuare a far star male anche le persone attorno a me e a fingere che non me ne importasse.
«Io non so che aveva lei rispetto alle altre, ma è diversa.»risposi sinceramente, e tutti e quattro sembrarono sorpresi dal mio tipo di risposta e dal fatto che non mi ero soltanto alzato e andato.
«Mi pice cosí tanto, non mi era mai successo.»aggiunsi per poi chinarmi su me stesso e portare le mani tra i capelli, a tirarmi le ciocche ormai arancioni fino a farmi male.
«Dovresti combattere per lei, allora.»commentò in maniera quasi assente Yunho, come se fosse la cosa più ovvia del mondo in quel momento, e per un attimo fui anche tentato di rispondergli a tono e fargli notare quanto stupida sembrasse quell'affermazione, ma quando lo guardai in faccia capii una cosa: stava soltanto cercando di aiutarmi.
«Che dovrei fare?»chiesi allora sincero, non sapevo da dove iniziare e per questo posi quella domanda a tutti e a nessuno, aspettando che uno di loro mi desse la risposta che mi avrebbe svoltato l'esistenza d'ora in avanti.
«Prova a chiederle scusa e a spiegarle come ti senti.»disse Hongjoong come se fosse una cosa facile per me, dal momento che i suoi non mi facevano entrare in casa sua dopo la notte in cui ero entrato e gli avevo portato via la loro figlia e lei ancora meno.
«Ma non vuole parlarmi e vedermi.»risposi infatti riportando a poggiarmi allo schienale del divano e buttando la testa all'indietro a causa della frustrazione. Mia madre mi portò una mano sulla gamba per consolarmi e io per un attimo avvertii i miei occhi pizzicare, ma fu solo un breve momento dato che poi Seonghwa parlò ancora.
«Allora, non parlare con lei!»esclamò schioccando le dita come se avesse avuto un improvviso lampo di genio. Io inclinai la testa leggermente verso la sua direzione e lo trovai sorridente, come se avesse davvero scoperto l'acqua calda.
«E con chi dovrei parlare?»chiesi in maniera retorica e sarcastica, anche se davvero volevo sapere a cosa aveva pensato: era pur sempre meglio di niente, alla fine.
«Con uno dei sue amici, magari, fai fare da porta voce.»continuò lui e io dovetti ammettere che anche a me il pensiero aveva sfiorato più volte la mente ma ogni volta ero arrivato alla stessa conclusione:
«E perchè i suoi amici dovrebbero aiutarmi?»diedi infatti voce ai miei pensieri, sapendo perfettamente che tutti i suoi amici probabilmente mi odiavano ora che sapevo come mi ero comportato con lei, ovvero come una merda dall'inizio alla fine.
«Perchè probabilmente lei sta messa male quanto te.»rispose però mia madre e io mi rimisi dritto e composto, guardandola poi in viso e trovandola mezza sorridente. Io corrucciai la sopracciglia in confusione, mon trovando comunque che fosse una buona idea.
«E tu che ne sai?»le domandai infatti, curioso di saperlo: e se mia madre e Haeun avessero continuato a parlare? No, era impossibile, mia madre me lo avrebbe detto, no?
«Mingi, sono una donna. Lo so.»mi rispose però lei e per un attimo fui tentato di mandare tutto all'aria e tornare in camera mia. Ma c'era qualcos'altro che mi spingeva a farlo: ovvero peggio di cosí non potevo stare, in realtà, perciò tanto valeva provare per lei.
Povero Mingi esasperato
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