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Haeun
Alla fine, contro ogni mia aspettativa, anche io avevo seguito le orme di Jongho e avevo provato a dare l'esame di medicina quell'anno: se non mi avessero presa, allora sarei tornata sul mio primo piano, ovvero lingue. Erano pochi giorni che avevo dato l'esame e, nonostante non fosse la mia prima scelta, in un certo senso ci speravo.
Proprio in quel momento mi trovavo sul divano di casa mia, un braccio di San attorno alle mie spalle mentre Wooyoung e Jongho erano seduti a terra mentre guardavamo un film.
«Smettila di avere questo muso lungo, sarai andata bene.»cercò di rassicurarmi Wooyoung mettendomi una mano sul ginocchio e dandomi qualche carezza.
«In realtà non mi interessa più di tanto, alla fine era solo per togliermi lo sfizio.»commentai io, anche se in realtà quella era probabilmente una bugia. Per quanto odiassi ammetterlo, tenevo a quel test più di quanto pensassi, e l'idea di non essere ammessa mi metteva molta ansia.
«Ecco, parla per te, io sto morendo dall'ansia di sapere come sono andato.»ribattè il più piccolo incrociando le braccia al petto e mettendo su un tenero broncio che sapevo che in realtà fosse finto. Eravamo tutti perfettamente consapevoli che sicuramente lui fosse entrato.
«Ma stai zitto secchione, sicuro sei entrato.»diede infatti voce ai miei pensieri San, dandogli un lieve calcio sulla schiena col suo piede, che però nemmeno lo fece smuovere.
«E se non sei entrato, beh, peggio per loro.»gli dissi allora scompigliandogli i capelli con fare scherzoso al che mi beccai uno schiaffo sulla mano e un mugolio di lamentela da parte sua. Ridacchiai per un attimo e lo stesso fecero gli altri due prima di prenderlo in giro, ma io fui troppo presa dalla vibrazione del mio cellulare.
«È Mingi?»mi domandò ad un certo punto San riportandomi alla realtà e sporgendosi di poco con il viso verso il mio telefono, cercando di sbirciare dalla nostra chat.
«Giá, ci eravamo messi d'accordo per andare a fare shopping.»mentii io spegnendo subito il cellulare e riponendolo nella tasca dei miei pantaloni, per poi alzarmi in piedi con i loro occhi puntati addosso.
«Shopping?»mi chiese Wooyoung come se avessi detto la cosa più strana del mondo: anzi, probabilmente era la cosa più strana del mondo, perciò capivo il suo mancato entusiasmo.
«Si, prendiamo qualche vestito e postiamo qualche foto.»spiegai in breve e gesticolando, per poi andare a guardarmi velocemente allo specchio per controllare che fossi almeno presentabile.
«Mi sembra troppo strano che da un momento all'altro si sia voluto avvicinare a te, comunque, non smetterò mai di dirtelo.»disse ad un certo punto Jongho, dando probabilmente vita ai pensieri che erano in tutte e quattro le nostre teste.
«Lo penso anche io, ma non avrebbe un valido motivo per comportarsi in questo modo.»gli risposi allora, cercando di fargli capire che sapevo perfettamente ciò in cui mi stavo cacciando e che sicuramente non mi sarebbe successo nulla di male.
«Continua a puzzarmi.»commentò il viola per poi alzarsi da terra e aiutando anche il più piccolo nel fare lo stesso, capendo che era il momento di doversene andare.
«Stai attenta, però, va bene? Di lui non mi fido per niente.»disse poi il più grande e io semplicemente annuii, allora lui si avvicinò di nuovo a me e mi circondò di nuovo le spalle con il braccio, mentre ci dirigevamo verso l'uscita di casa mia. Quando fummo fuori mi accertai di chiudere la porta a chiave e, voltandomi, riuscii a scorgere i suoi capelli rossi all'interno di una macchina.
«Ha la patente?»domandò retoricamente Jongho, dato che era ovvio che l'avesse dal momento in cui teneva le mani sul volante mentre guardava verso la nostra direzione.
«A quanto pare.»risposi io a nessuno in particolare e soltanto in quel momento San mi lasciò andare dalla sua stretta e tutti e quattro ci salutammo, poi io mi diressi verso l'auto e, senza fare troppi complimenti, aprii lo sportello e mi
ci infilai dentro.
L'odore era buono, il classico profumo di macchina nuova che ti investe appena ne compri una. Era pulita e luccicante, e sapevo perfettamente che entro qualche mese nelle mani del mio vicino di casa probabilmente sarebbe diventato un vero e proprio porcile.
«Ciao anche a te.»mi disse non appena mi chiusi dietro lo sportello e soltanto in quel momento lo guardai in faccia. Lo trovai ghignante mentre mi
osservava e io dovetti trattenermi dall'alzare gli occhi al cielo.
«Non sapevo guidassi.»affermai infatti per poi mettermi la cinta di sicurezza. Lui mise in moto l'auto e si incamminò per strada ad una velocità moderata fortunatamente.
«Ho preso la patente da poco.»mi informò infatti e io non dissi nulla, semplicemente annuii per poi prendere il telefono in mano e fare tutt'altro piuttosto che instaurare una conversazione con lui. Questo però fino a quando il silenzio nell'abitacolo iniziò a farsi teso e io non seppi perchè mi sentii innervosire.
«Allora, che vuoi fare?»dissi infatti spezzando finalmente quel silenzio e spegnendo il telefono, per poi girarmi col busto verso di lui. Con una mano teneva il volante e con l'altra cambiava la marcia e, per quanto odiassi ammetterlo, dovevo dire che quella sembrava una scena di un film per quanto lo facesse con nonchalance.
«Andiamo a fare shopping.»rispose e io corrucciai le sopracciglia, non pensavo che avrebbe voluto davvero andare in un posto pubblico e cosí tanto pieno di gente come il centro commerciale.
«Quindi eri serio?»chiesi infatti ormai retoricamente e lui, quando si fermò ad un semaforo, girò la testa verso di me con un sorrisetto che purtroppo conoscevo fin troppo bene.
«Certo, in più potrai comprarti qualche vestito che sia decente.»mi prese in giro e io mi drizzai con la schiena, già pronta ad attaccarlo e a tirargli uno schiaffo in faccia se necessario.
«Che vorresti dire?»chiesi infatti con tono pungente e socchiudendo gli occhi, lanciandogli quindi un'occhiata di sfida. Lui puntò la lingua in un lato della guancia per poi ridacchiare mentre teneva lo sguardo basso.
«Che sembra che tu ti vesta al buio.»ribattè allora e io spalancai la bocca, non aspettandomi minimamente una cosa del genere. Se non fosse stato alla guida probabilmente mi sarei messa a picchiarlo quanto più potevo ma ci tenevo alla mia vita e farlo sbandare con la macchina non era proprio una buona idea.
«Ma vaffanculo.»gli dissi infatti a bassa voce prima di incrociare le braccia al petto e voltarmi verso il finestrino per non guardarlo in faccia e stargli il più lontano possibile. Lui rise e poi ripartí quando il semaforo si fece verde.
Continuò a guidare e nessuno dei due aprí bocca, io semplicemente guardai per il resto del viaggio fuori dal finestrino, lasciandomi andare nei miei stessi pensieri riguardo tutta la situazione in cui mi ero appena cacciata. Stavo sbagliando a fidarmi di lui? Davvero voleva soltanto aiutarmi? O voleva avere un modo per infilarsi nelle mie mutande? Dopotutto, non sarebbe stata la prima volta che ci provava, dal momento che era fin da quando aveva iniziato ad andare a letto con delle ragazze che ci provava con me.
Io non avevo mai avuto interesse nei suoi confronti, avendolo sempre inquadrato come senza cuore e sapendo perfettamente che ragionava solo con il suo...
«Che fai, non scendi?»la sua voce mi riportò alla normalità e io voltai subito la testa, vedendolo fuori dall'auto mentre mi guardava con la fronte corrucciata. Io subito annuii e mi slacciai la cinta, poi scesi e mi avviai verso l'entrata del centro commerciale senza nemmeno accertarmi che fosse dietro di me.
Sempre nel più totale silenzio camminammo fianco a fianco, fino a quando non arrivammo davanti ad un negozio di vestiti, infatti soltanto in quel momento lui mi tirò dentro per un braccio, e io non mi feci troppo pregare: dopotutto, era pur sempre shopping quello di cui stavamo parlando.
Mi guardai per un po' attorno, trovando qualche capo d'abbigliamento interessante ma che non colpiva fin troppo la mia attenzione, fino a quando fu il rosso stesso a mettersi di fronte a me con qualcosa tra le mani.
«Prendi questo.»mi disse, porgendomi un tessuto nero tra le mani, io allora cercai di capire di cosa si trattasse e, quando riuscii ad arrivarsi, immediatamente sgranai gli occhi e feci per ridarglielo.
«Non se ne parla.»gli risposi con rigidità, non sentendomi affatto a mio agio al solo pensiero di avere una cosa del genere indosso. Era un vestito nero, la parte superiore rimaneva aperta sulla pancia tramite due strappi mentre la parte inferiore era una semplice gonna a tubino che mi sarebbe arrivata a metà coscia, inoltre aveva delle maniche che cadevano larghe. A me, che odiavo le mie gambe più di qualsiasi altra cosa perchè troppo grosse.
«Dai, almeno provatelo!»continuò lui ad insistere, per poi passarmelo di nuovo e io sgranai gli occhi, incrociando le braccia al petto e cercando di mantenere la calma; non mi andava proprio di mettere su una sceneggiata in un negozio, per di più con Song!
«Ma perchè?»chiesi allora spazientendomi e cercando di abbassare la voce quanto più w, allora anche lui sembrò calmarsi e mi rivolse un piccolo sorriso che avrei creduto sincero se non fosse stato che si trattasse di Song Mingi.
«Perchè voglio vedertelo indosso.»disse soltanto con una scrollata di spalle e io sbuffai una risata, non riuscendo a credere alle sue parole: che cosa gli fregava a lui, poi, vedermi con un vestito addosso, quando sapeva benissimo che l'unica persona per cui mi sarei vestita cosí bene era quella per la quale lui mi stava aiutando a riavere indietro.
«Stai già infrangendo la terza regola, oggi.»gli feci notare, indicandolo e riferendomi a quella del: nessuno dei due deve dire che cosa fare all'altro. In nemmeno un'ora era riuscito ad infrangere quella regola due volte, prima quando mi aveva "costretto" ad uscire con lui, ed ora questo.
«Ma per favore, ti sto solo dando una mano nell'avere un decente stile.»disse poi, ricordandosi quasi subito di cosa quella regola si trattasse. Io sbuffai e alzai gli occhi al cielo, per poi afferrare quel dannato vestito con malavoglia e indirizzarmi verso i camerini.
Immediatamente quando entrai me lo provai su, cercando di non guardarmi nemmeno allo specchio o altrimenti avrei rischiato di piangere. Fortunatamente la taglia che mi aveva preso era giusta, questo significava che non avrei avuto almeno l'umiliazione di dirgli che quella fosse troppo piccola per me e non mi entrasse nemmeno, cosa che mi era successa in passato con Yeosang.
Il fatto era che non mi sentivo a mio agio col mio corpo, soprattutto con le mie gambe, e avevo sempre evitato infatti di tenerle scoperte: a quanto pare Song Mingi avrebbe provato la mia pazienza quel giorno.
Senza nemmeno guardarmi allo specchio uscii dal camerino e me lo trovai subito davanti, seduto su un divanetto intento nel scrivere qualche messaggio.
«Allora?»richiamai poi la sua attenzione e solo in quel momento sembrò alzare gli occhi su di me per guardarmi. Probabilmente non si aspettava nemmeno che me lo sarei messo, perchè lo sguardo che mi rivolse fu uno fatto di stupore, piuttosto che di disgusto o derisorio come avevo sospettato poco prima.
La sua bocca si aprí e vidi perfettamente i suoi occhi corrermi su ogni mia curva, facendomi sentire improvvisamente nuda e scoperta davanti a lui, tant'è che dovetti portarmi le braccia davanti per coprirmi.
«Si, ti sta...to sta bene.»borbottò poi e notai come la sua voce si fosse incupita di un po' mentre mi guardava negli occhi con un sorrisetto tirato e finto, un sorriso al quale ero abituata.
«Wow, tutto qui? Prima mi costringi a provarlo e poi...»lo presi in giro allora ma, ancor prima che potessi finire la frase e voltarmi per tornare nel camerino lo vidi alzarsi e fare un lungo passo verso di me, afferrandomi per un polso per fermarmi.
«Sei bella, cosí. Molto bella.»disse e io, per quanto non lo sopportassi, lessi soltanto sincerità nei suoi occhi e nella sua voce, come se davvero pensasse quelle cose. Deglutii quando alzai lo sguardo e lo trovai intento nel fissarmi, rimanemmo a guardarci per qualche secondo, e per un attimo mi ricordai della serata in discoteca, quando i nostri sguardi si erano tramutati in tutt'altro e in un attimo lui mi aveva avuta contro il muro.
«Vado a togliermelo.»borbottai dopo aver sbattuto le ciglia per tornare alla normalità, lui scosse la testa ed annuí, per poi lasciarmi il braccio e guardarmi mentre ritornavo in camerino.
«Ti serve una mano?»mi chiese poi con tono ironico e riuscii benissimo a riconoscere il tono sarcastico nella sua voce: ecco, era tornato il solito Song Mingi.
«Va a farti fottere.»risposi io dall'interno del camerino e riuscii soltanto a sentire poi la sua forte risata, cosa che portò a far sorridere involontariamente anche me.
Mingi sottone check
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