10. Un fiore che sboccia non fa rumore
Ella stava ferma in mezzo a quell'oceano di luce. Vestita con un lungo abito di seta bianco, era come una visione eterea che si materializza una volta ogni migliaia d'anni.
Petali bianchi cadevano a cascata e si arricciavano attorno a lei, sospinti verso l'alto da un vento birichino che non aveva pietà a strapparli e disperderli, come un bambino dispettoso che taglia le code alle lucertole e poi le getta senza alcun interesse.
Miriadi di candidi fiori ai suoi piedi si estendevano sui loro piccoli gambi, si alzavano verso il cielo, si ergevano verso i viandanti, supplicando di essere raccolti e vivere i loro ultimi istanti ad adornare i capelli di giovani spose e dei loro banchetti.
Era quasi un peccato divino entrare in quel campo, quasi a voler distruggere quella magia. La propria presenza non era gradita.
Ma per lei non era così.
Lei era diversa. Speciale. Nel suo abito bianco era come un fiore che avesse preso sembianze umane e fosse là, dinanzi a me.
Trattieni il fiato, non respirare, calma il tuo cuore: è come se ella possa sparire al minimo rumore.
Non disturbarla, Ada. Osservala.
I raggi del sole accarezzavano i suoi capelli rossi. Il vento giocava birichino con le ciocche che cadevano dal leggero cappellino di seta.
Non la riuscivo a distinguere bene: c'era troppa luce.
All'improvviso si piegò per raccogliere un fiore da terra e lo portò alle narici.
Sembrava sorridere, ma non capivo bene l'espressione sul suo volto, l'ombra la nascondeva. Era fastidiosa. Ma non le potevo certo dire di abbassare quell'ombrellino di pizzo bianco.
Ecco, ti ha visto. Lo vedi? Fai troppo rumore, Ada! Si è girata verso di te. Ti sta guardando!
Che avrebbe potuto fare? Scomparire, come una visione? Maledirmi, come uno spirito? Dirmi qualcosa, come un'esistenza distratta dalla contemplazione del nulla?
Non ti muovere, Ada, non ti muovere...
Aspetta, pazienta, forse si scorderà di te. Qualcosa come te non vale nulla per lei.
-Ada...
Pronunciò il mio nome.
Ha pronunciato il mio nome.
Cazzo. Mi conosce. Chi è?
-Ada, non mi riconosci?
Questa dolce voce, veleno per comuni mortali, troppo familiare. Non sarà... sì è lei!
-Che stupido fiore. Non lo sai, Ada? In un oceano di fiori, esseri come te sono solo erbacce che vanno estirpate.
Realizzai troppo tardi chi, anzi cosa, avessi di fronte.
Quella non era davvero un essere umano. Non era nemmeno qualcosa di conosciuto in questo Universo. Lei era il terrore che scorre nelle vene. Lei era il fuoco che distrugge. Lei era il nulla. Lei era il tutto. Lei era spaventosa.
Non era una visione eterea. Magari fosse stato un fantasma adirato!
Lei era l'Imperatrice!
I miei circuiti non la rilevarono più, improvvisamente scomparsa dal mio campo visivo. Un turbinio di petali presero il suo posto.
Dieci nanosecondi dopo era davanti a me, a pochi centimetri dal mio volto. Mi guardava negli occhi.
-Dì a Kasumi di restituirmi mio figlio.
Non feci in tempo a dire o fare nulla.
La mia visuale venne distorta. Stavo volando.
Il mondo era capovolto. Lei era all'ingiù. I fiori erano all'ingiù.
No.
Era la mia testa che volava.
Mi ritrovai a terra, immersa nei fiori. La vista oscurata dai petali.
Vedevo il mio corpo: il liquido di raffreddamento verdastro sgorgava dai miei circuiti alla base del collo.
Era ancora in piedi. Non per molto, però. Infatti, lo vidi cadere.
Il mio sistema si stava spegnendo, lentamente.
Prima che quel mondo di luce divenisse buio, la osservai ancora una volta: splendida. In un mondo illuminato, lei era davvero splendida. Era la più splendente di tutti.
Era un fiore che splendeva in un Universo oscuro e lo prosciugava lentamente di tutta la sua vita.
Mi guardava come si guardava uno scarafaggio in una casa pulita.
Lentamente, tutto diventava sempre più buio.
Lei si voltò, e se ne andò. Senza dirmi niente. In silenzio. Come un fiore.
Il mondo di luce scomparve, e io mi ritrovai nella Nave. Ero di nuovo nei circuiti interni.
Mi collegai alle telecamere e lo cercai disperatamente. Era ancora dentro la Nave, sicuramente. Dovevo trovarlo prima che quella lo trovasse e se lo portasse via.
Eri eterea, eri una visione bellissima, ma non avrei permesso che tu, fiore velenoso, facessi ciò che mi avevi fatto anche a Jilian.
Lui non è né di Kasumi né tuo. Lui è mio.
Dopo lunghi secondi che sembravano anni equiparati alla vita terrestre passati a setacciare la Nave, lo trovai finalmente sul ponte esterno, appoggiato alla ringhiera, intento a contemplare il porto.
Avrei potuto stare così a contemplarlo per ore. Sì, perché non era il paesaggio che si vedeva dalla Nave degno di essere contemplato, ma lui.
Ma quello non era il momento per perdermi. Gli mandai un mio drone, lo dovevo avvertire.
Ti prego, scappa. Mi sentite, Dei Galattici? Per favore, fatelo scappare! Quel fiore può distruggere tutto: me, la Nave, tutti gli altri, ma per favore, non Jil.
Jilian...
I mie droni gli erano vicini, ma quella volta non riuscì a disturbarlo.
Fermai la loro corsa a pochi centimetri da lui. Se avessi avuto un braccio l'avrei potuto sfiorare.
Se me lo chiedessero ora, "sì" direi "voglio avere un corpo umano. Vorrei averne uno solo per sentire il calore della sua mano sul mio braccio, per sentire il mio cuore pulsare ad ogni sua parola, per non fare più diecimila pensieri al secondo; prendermi la vita con calma e assaporare, ogni singolo attimo, la sua compagnia".
E così, in quella manciata di nanosecondi, capì che la questione la dovevo risolvere da me. Non lo volevo coinvolgere, perché lui era mio. Checché dica Kasumi, Jil voleva bene a me, non a lei. E io lo amavo.
Sì, lo AMAVO. Quello che provavo era amore, ne sono sicura anche adesso che ve ne parlo. Non era nessun programma, nessun bug, nessun virus. Quello era il vero amore. L'unico, solo amore tramandatoci dalle favole, quello che attraversa i secoli e muove gli uomini, quello che non perdona e uccide, quello che brucia ma che è anche freddo. Io lo sentivo. È in quei momenti che mi sentivo viva. Ve l'avevo detto, no? Io ero viva. Ero un'erbaccia, ma viva.
Decisi di non fare altro e ritirai i miei droni. Lui si voltò parzialmente verso di me, con uno sguardo interrogativo negli occhi, ma mi limitai a chiedere scusa per il disturbo e me ne andai.
Io avevo creato quel problema ed ero intenzionata a risolverlo da sola.
Avviai uno dei miei programmi all'intero di alcuni robot: questi si aprirono facendo uscire dei lunghi cavi che iniziarono ad attorcigliarsi fra loro, lentamente, prendendo la forma di una figura umana. Subito dopo venne ricoperta dai pezzi di metallo che fungevano da rivestimento esterno dei droni, andando a coprire l'avambraccio e parte delle spalle, il bacino, le ginocchia, i gomiti e le articolazioni. Infine, sulla superficie di quell'ammasso di metallo dalla vaga fisionomia, cominciarono a scorrere velocemente dalla testa ai piedi dei poligoni: prima rosa pelle - creando olograficamente la parte esterna e dando a quel costrutto un aspetto da donna - poi alternativamente rosso, blu e giallo, ricreando dei vestiti.
Cercai di scorgere dall'altra parte del ponte la fisionomia di Jii.
Vivide vuote vivaci parole si accavallavano dentro di me e scalpitano per uscire fuori, accumulandosi impietosamente nella mia gola e giocando con le mie labbra, volendo dire qualcosa che non fosse una bugia e qualcosa in meno per far finta che non me ne importasse.
Ma in quel momento ero una persona, di ferro e illusione. E non me ne importava.
Apparentemente, a una visione esterna, indossavo un lungo cappotto fucsia, sotto una camicia, dei pantaloni e un paio di stivali del medesimo colore, solo leggermente più chiari; i capelli erano corti, ma non tanto, diciamo abbastanza per arrivare ad essere poggiati sulle spalle. Il colore? Inutile che ve lo dica, avete capito, medesima cosa anche per gli occhi.
Provai velocemente se il corpo rispondesse ai miei comandi: prima mossi un braccio, poi una mano, la gamba, provai a fare qualche movimento.
Constatato che il mio sistema era in ottime condizioni, scesi dalla Nave e mi incamminai per l'ameno porticciolo in cui eravamo giunti.
Quel giorno eravamo sull'Asteroide Commerciale di Elena, Ventesimo Generale al servizio dell'Impero Galattico, o Repubblica Galattica - come dir si voglia, tanto ormai la democrazia non aveva alcuna importanza, se mai ne avesse avuta -, per fare rifornimento prima di affrontare il nostro viaggio verso la Capitale dei Pirati NoName.
Elena era la più debole dell'esercito, aveva ricevuto tale titolo solo grazie ai suoi agganci nella politica, e se lo teneva stretto, non perché era fedele al sistema ma solo perché voleva avere un lasciapassare per ogni affare della Galassia e poter continuare senza alcun problema i suoi traffici illeciti, oltre che ovviamente assicurare agli abitanti della colonia la completa autonomia dall'Impero e la loro appartenenza alla fascia dei Pianeti Neutrali - cioè quei mondi che si tenevano estranei dai vari conflitti fra la fazione dei Pirati e quella del Governo.
Passeggiavo per il molo, osservando senza prestare particolare attenzione le navi ciondolare pigramente nel buio dello spazio, quando all'improvviso un pensiero attraversò la mia mente. Volsi lo sguardo al cielo artificiale sormontato da un Sole lontano, fin troppo per permettere la vita su quell'asteroide, e mi domandai come fosse possibile.
Forse un qualche tipo di reliquia degli Antichi ma è strano l'avessero lasciata qua forse Elena l'ha trovata da qualche parte e poi ha reso abitabile questo asteroide chissà che farebbe Kasumi con una tale tecnologia ma conoscendola la metterebbe in vendita su eBay ah ma ora che ci penso queste casette a schiera sono davvero graziose come posto indipendente pensavo fosse terribile ma ha dei luoghi niente male come quella distesa di fiori chissà da dove vengono nel mio database non ci sono probabilmente sono una specie creata da Elena che poi è bizzarro vedere l'Imperatrice forse è venuta per qualche affare ah ma questa macchina è una di quelle nuove decapottabili di cui arrivano sempre le offerte a Kasumi interessanti però il capo si lamenta sempre dei costi ma credo che sia più che altro dovuto al fatto che è tirchia tirchia tirchia l'ho già detto che è tirchia mi aveva comprata solo perché ero in omaggio a una batteria di pentole ma non mi importa perché così ho potuto conoscere Jil ah il mio Jil lo amo così tanto che darei l'intera Nave per lui ma i miei sistemi olfattivi ora sono in subbuglio questo è profumo di grigliata di pesce Olho la prima era su quel lontano pianeta ricoperto da quelle acque tossiche che per poco non erodevano completamente il mio scafo che schifo al solo pensiero mi si rizzano i peli se solo li avessi ma che bel cagnolino vieni che ti accarezzo su ti piace eh monello i peli sono così morbidi che ci affondo le mani ah ora i miei sensori mi dicono che mi fa il solletico ah ah su dai vai ah che è stato una palla dei bambini che giocano in lontananza si vede uno mi si avvicina e allora do un bel calcio ma ci sono anche degli striscioni in alto fra le case si vede che si stanno preparando per una festa di paese ma la strada per quel posto era da questa parte chi mi dice che l'Imperatrice sia ancora là o che non mi attacchi di nuovo credo di non essere in grado di notare i suoi movimenti forse devo fare qualche aggiornamento al mio sistema è un disonore per la Flotta che proprio io venga battuta così vediamo che cosa potrei comprare per potenziarmi mh no magari più tardi ora devo concentrami belli quegli alberi ma hanno uno strano colore rosso nemmeno loro sono in database forse dovrei aggiornarlo meglio non devo farmi trovare impreparata ne va del mio onore da IA sto andando nella direzione giusta mi sa di no eppure ricordo di aver fatto questa strada ma ora sto costeggiando un laghetto probabilmente è l'artefatto che confonde i miei circuiti...
-Signorina, tutto bene?
Venni strappata dai miei pensieri da un signore che mi osserva incessantemente con quei suoi piccoli e vispi occhietti che correvano velocemente da me alla sua lenza e poi di nuovo a me, rendendomi conto troppo tardi che gli stavo andando contro.
Indossava un cappello Panama con degli ami attaccati al nastro e un vestito di stoffa color verde militare. Faceva finta di essere gobbo e teneva il volto bene all'ombra del copricapo, abbastanza da impedirmi di avviare il riconoscimento facciale.
Furbo il tipo, parlava anche in falsetto così non riuscii nemmeno a risalire al timbro vocale.
Risposi che andava tutto bene e lo ringraziai per l'interessamento.
Non era vero, non mi interessava nulla.
Feci per andarmene quando la lenza si tese all'improvviso ed egli sparì dal mio campo visivo. Prima che questi cadesse in acqua, lo afferrai per un braccio e lo tirai a me, e insieme tirammo e tirammo quella lenza finché il pesce non venne fuori, cadendo sulla sponda del lago; si dibatteva incessantemente per sfuggire alla morte cercando di tenersi ben stretto al flebile filo della vita che si rispecchiava nei suoi occhi, mentre i raggi del sole si riflettevano di una dolce luce azzurrina propagandosi morbida per le sue scaglie e seguendo i contorti movimenti di quella danza.
-Divertente, vero? - mi chiese il pescatore con un ghigno di piacere stampato in volto.
Lo guardai meglio.
Chi sei tu? Gli chiesi.
Lui mi fece un sorriso radioso.
Un amico del tuo capo mi disse.
Un amico, eh...? Pensai.
Un amico non era male, ma era male se si parlava degli amici dell'Ammiraglio.
Perché lei non ne aveva.
Aggrottai le sopracciglia per squadrarlo meglio. Il mio riconoscimento facciale non funzionava.
-È inutile, miss Ada, per quanti tentativi faccia non riuscirà mai a capire chi sono...
Lo disse dandomi le spalle e ridendo sguaiatamente.
-È il riconoscimento facciale che proprio non funziona con me - aggiunse poi.
...
Non dissi nulla. Aspettai che continuasse, ma era troppo intento ad armeggiare con quella lenza per prestarmi ulteriore attenzione.
Sospirai e mi voltai, incamminandomi per la stradina che portava al giardino dei fiori bianchi.
-Non sei curiosa di sapere chi sono? - Mi chiese.
-Sinceramente? No.
-Peccato... ci saremmo divertiti oggi insieme.
Che cosa sei, un pervertito forse?
Ma non dissi nulla e continuai a camminare, ignorando la sua risata e facendo finta che non esistesse.
Perché noi siamo erbacce.
(continua)
********
E così ecco un capitolo dedicato ad Ada. Ho provato anche a sperimentare il flusso di coscienza. Non so se è uscito bene, spero di sì xd
La narrazione, per questo e il prossimo capitolo sarà in prima persona, perché... voglio sperimentare anche questa! xd
Che dite? Ada riuscirà mai a trovare il coraggio per parlare con Jilian? E chi è quell'uomo misterioso? Cosa vuole l'Imperatrice? Cosa c'entra Jilian?
Probabilmente le risposte si avranno nel prossimo capitolo...
Alla prossima con "Un fiore che sboccia non fa rumore (parte 2)"!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top