|•Chapter 8•|

Feci una doccia, lasciando i capelli al naturale perché era la 1 di maggio e domani sarei dovuta andare ad una gita con la scuola, tornavamo in giornata ma non importava, mi sarebbe servita per riflettere magari, c'erano 7 ore di viaggio complessivamente, (andata e ritorno).
La giornata in campagna trascorse bene, fortunatamente vennero le mie due cugine più grandi di me e non mi fecero pensare a ciò che era accaduto quella mattina.

Il 2 maggio arrivò ed era il compleanno di mio padre, mi rammaricai al pensiero di non esserci per quasi tutta la giornata, ma non avevo scelto io la data.

Mi preparai con velocità, indossando dei jeans a vita alta blu e una magliettina corta blu che avevo acquistato online nel sito di Bershka.
Misi le mie adorate vans blu.
Indossai una giacca e piastrai i capelli, facendoli diventare lisci e splendenti.

Poi corsi a truccarmi, applicai il correttore sotto e sopra la palpebra, sfumai dell'ombretto chiaro e presi l'eyeliner semiliquido, con quello riuscivo a fare delle line più definite, fortunatamente mi venne perfetto.
Piegai le ciglia e misi con attenzione il mascara.
Era venuto tutto perfetto.

Per finire con le labbra, misi solo del burro cacao, spruzzai tanto profumo alla vaniglia ovunque e per completare mi misi anche un giubbotto sopra, presi lo zaino che avevo preparato la sera prima e corsi verso scuola, eravamo davvero tanti e mi dava fastidio il fatto che a fare la gita fossimo tutte le classi della scuola, infatti 8 autobus messi in fila si trovavano dinnanzi a noi.

A causa dei controlli della polizia partimmo con un'ora di ritardo, ma almeno eravamo al sicuro.
Mi seddetti con Gaia a metà autobus, l'ultima fila se la erano pigliata i ragazzi per questa volta.

Misi le cuffie e guardai costantemente fuori dal finestrino, c'era un qualcosa di rassicurante nell'osservare fuori, provavo un certo senso di conforto e di libertà.
Il sole sbucò fra le nuvole come se stesse giocando a nascondino e finalmente lo avevano trovato, ma le tenebre dentro me erano spaventose, la tristezza che nutrivo internamente mi stava logorando l'anima.

Dopo alcune ore di sole vidimo il mare, la stupefacente zona costiera, anche se era lontana.

Il mare, cazzo, il mare.

Era di un blu meraviglioso e Gaia era accanto a me che ascoltava la musica immersa nei suoi pensieri.

Ma io osservavo il mare, chiaro sulla costa e più scuro in lontananza, i vetri dell'autobus lasciavano entrare la caloria dei raggi del sole, ma vi erano dei nuvoloni sopra il mare, forse per questo motivo più scuro in lontananza. Il paesino che lo riempiva era costellato di casette e di un solo condominio, il più alto di tutti, sembrava solo e disperso ad immergersi nel cielo.
Mentre il mare, no,era così lucente, riuscivo ad intravedere le sue onde splendenti ad occhio nudo da così lontano, all'interno dell'autobus, avevo tolto la cintura ed avevo il viso attaccato al finestrino, sembrava stessi sognando, il telefono era al 67%  ed erano solo le 11.21 ma non importava, Dio solo poteva sapere quanto potessi amare quel panorama.

La canzone intitolata 'Drive di Halsey' mi faceva compagnia, mentre le collinette non lasciavano intravedere il mare di tanto in tanto.
La strada sembrava non finire più e a me questa situazione piaceva particolarmente, la ragazza che una volta definivo odiosa, adesso era davanti a me seduta di spalle e si era girata per tendermi la mano e tenerla. Fra me e lei si era instaurato un bel rapporto nell'ultimo periodo.

Mi sentii contenta in quel momento, ed intanto le altre collinette avevano coperto il bel panorama, il mare aveva preso un'altra via e la strada ci aveva portato da tutt'altra parte.

Il buio di una galleria regnò in noi, poi il sole tornò a splendere e la caloria di esso mi scaldò il cuore gelido, pensai alla zona industriale percorsa all'inizio della vista del mare ed ora eravamo giunti ad una zona ricca di coltivazioni e prati in fiore.
Il mio compagno, nato un giorno prima di me, aveva steso la mano  al lato del mio finestrino e gli strinsi la mano, sembrava come se ne avesse bisogno, poiché non mi allontanò, non mi evitò come tutte le altre volte.
La tristezza mischiata alla contentezza era dentro me, la stessa canzone si stava ripetendo più volte e mi stava facendo commuovere, il mio cuore piangeva ma il corpo non ne mostrava gli effetti.
Volevo piangere ma non ci riuscivo, di minuto in minuto provavo tante emozioni insieme, era una cosa strana e folle al tempo stesso.

Sembrava stessi provando a personificare più persone insieme.

Il senso di relax mi stava facendo sentire bene.
Venni risvegliata da un'insegnante al momento della fermata che stava facendo una ramanzina su come comportarci. Riprendemmo il viaggio, poichè in realtà ancora non eravamo arrivati a destinazione, eravamo distanti di 30 minuti,ma gli altri presero a schiamazzare e mi aggiunsi pure io per applaudire agli insegnanti.
Speravo solo non vi fosse freddo appena saremmo scesi.
In realtà si mise a piovere per tutto il tempo e i miei compagni di classe alla fine della giornata si accorsero che per una volta in tutta la mia vita mi ero fatta i cazzi miei, senza rompere le scatole a nessuno e si misero ad applaudire.
Che bei compagni che ho, vero?
Il sarcasmo che si presentò in quel momento scaturì in me un sorrisetto che risultò come malvagio e menefreghista, mi spaventai di me stessa, capendo lo sguardo inquieto nei loro volti.

Scendemmo dall'autobus e ci ritirammo a casa.

Nonostante non fossimo riusciti a fare tutte le tappe previste, montai un sorriso sul mio volto ed una stanchezza che in realtà era preesistente nei miei occhi,salutai tutti i parenti che erano a casa mia per fare gli auguri a mio padre e parlai poco, non andai nei minimi dettagli, tanto non c'era stato nulla di così tanto rivelante che a loro sarebbe potuto interessare.

Quando se ne andarono,corsi nella mia stanza e sprofondai nel mio letto in un lungo e profondo sonno, il giorno successivo fortunatamente mia madre aveva deciso di non farmi andare a scuola, e menomale.

Sentivo un certo dolore alle meningi, come due martelli che pulsavano.
Gli occhi mi lacrimavano dal dolore.
Mi alzai e corsi a sciacquare la faccia risvegliandomi bruscamente.
Erano le 10.30 avevo dormito parecchio.

Tornai nel letto però, mia madre alzò la serranda e disse che stava uscendo per fare la spesa.
Io ne approfittai per stare altre ore sotto le coperte, ero triste.
Stavo male.
Volevo piangere, ma le giornate non me lo avevano permesso.
Fu da quella mattinata che presi una decisione, la più importante.

Scoprire cosa c'era sotto.

Non capivo il perché delle scelte di Dario  e tutto mi dimostrava che ne era stato obbligato.

Presi il telefono e iniziai a fare alcune ricerche:sul suo profilo instagram non c'era nulla, su twitter, nemmeno Facebook.

Cercai ovunque ma non trovavo nulla.
Per caso inserii il suo cognome su google e mi comparve una notizia recente.

Una notizia che mi lasciò stupita, una notizia che iniziò a farmi capire molte cose.

•Spazio Autrice•
Avevo il capitolo pronto da giorni e mi ero dimenticata a pubblicarlo, oddio, solo io posso.
I lettori sono nuovamente diminuiti ma va beh...spero che riuscirò a tornare alla carica.
Bisogna credere in sé stessi ed ho capito che se nella vita, (in questa vita che mi è stata data) non scelgo di adoperare tutte le mie forze, non vado da nessuna parte, ho capito che se non mi riduco sino all'ultimo briciolo di fede, non riesco a trovare la speranza di riprovarci, ho capito che se ho questa vita è tutto frutto delle mie azioni, quindi chi semina prima o poi raccoglie.

Dopo questo mio piccolo sfogo voglio dirvi che beh...nel prossimo capitolo ci saranno duri colpi di scena e poi sono strafelice perché oggi ho ricevuto una sorpresa inaspettata, una di quelle cose molto tumblr, ci voleva un video, nonostante la brutta parte che ho preso con tutti quelli della mia scuola perché ho pianto quando ho visto mia zia e mia cugina (dall'estero) arrivare senza preavviso da me, a migliorarmi la giornata.

Baci, Sere.

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