|•Chapter 6•|

*Dario*
'Messaggio vocale lasciato nella segreteria telefonica al numero 324*******'

Rilessi il messaggio più volte, quasi soffocai con la mia stessa saliva e mia madre vedendo la scena e sentendomi mormorare:"E che voleva alle 21.45 di sera?!"
Mi chiese:"Ma chi?!"con tono incuriosito.
"Ehm...no niente di ché,un mio vecchio amico delle medie, ci siamo incontrati settimane fa..."lasciai il discorso in sospeso e lei disse:"E che voleva così tardi?"alzò il tono della voce e mi diede fastidio.
"Non lo so OVVIAMENTE, dato che ho spento il telefono pochi minuti prima che provasse a chiamare."risposi alzando gli occhi al cielo.

Corsi a prepararmi e mi diressi verso la scuola.

Durante il percorso mi parve di averlo visto più volte, ma in realtà erano volti che gli somigliavano, nient'altro.
Mi sembrava di vederlo ovunque e l'ansia era diventata amica del vuoto.

All'entrata non salutai nessuno,le mie cuffiette mi facevano compagnia,mi bastava solo questo.
Ebbene sì, ero molto popolare,ma nell'ultimo periodo, tutta questa popolarità non mi andava più bene.

Mi conoscevano per aver rifiutato più di mezza scuola e soprattutto per il mio sedere, perché sí, il mio sedere è sempre stato bello curvo e sodo.

Poi c'erano i più piccoli che sognavano di baciarmi e di fare tante cose sporche con me, ma non ci riuscivano mai.

Ci fu chi riuscì a strapparmi un bacio, ma nulla di così grave.

Ero conosciuta anche per le mie frasi significative che lasciavano in sospeso le persone, la maggior parte non ne capivano il significato, forse tutti.
C'era chi si avvicinava ma sbagliava il modo di approcciarsi con me, praticamente non mi mancava la popolarità, diciamo.
Sono sempre stata molto confidenziale con le persone, quindi ero per questo motivo conosciuta da tutti, non mi facevo problemi a conoscere gente nuova, anche perché io non volevo assolutamente perdere l'occasione di trovare qualcuno che mi comprendesse.
Nonostante la mia ricerca,tutto sembrava come per aria, non avevo trovato qualcuno in cui costruire le mie fondamenta per raggiungere la pace interiore.

Beh la migliore amica l'avevo sicuramente, ma lei non era adatta a tutto ció, lo era tempo fa, quando non aveva tutti i problemi che ha avuto in questi anni.

Praticamente, ci conoscevamo da tempo, ma sembrava che la nostra affinità di pensieri, si fosse persa.

Mi dispiaceva anche perché, io per lei ero la sua salvezza, ma lei per me non lo poteva diventare,non potevamo salvarci a vicenda.

Attraversai i diversi corridoi della scuola, sino a giungere nella mia classe, vi era tanta gente in giro, soprattutto i ragazzi che prevalevano nella mia scuola con 2 indirizzi prettamente maschili,il turistico, quello che frequentavo io, era un misto.
Il mio ex migliore amico era già seduto, lí, penultima fila a sinistra.
Io andai a sedermi nella seconda fila a destra.
Dovevo stare davanti per poter mantenere una giusta attenzione alle lezioni.
Oggi ci sarebbe stata la mia materia preferita, inglese.

Ero la prima della classe in questa mataria, sin dalle elementari, non vi era stato un anno in cui io non avessi preso un voto più basso del 10.
Perché sí, lo amavo un casino.
Era sempre stato un desiderio ardente, quello di andare a vivere in un luogo degli Stati Uniti o del Regno Unito.
Amavo qualsiasi posto dove si parlasse l'inglese, poiché avesse una pronuncia meravigliosa e perché dimostrava che non tutto si legge per come è scritto, rispetto all'italiano.
Non c'era bisogno di tante regole grammaticali da studiare, che poi non ci sarebbero servite a molto.

Contava in tutto l'esperienza e il saper parlare con le basi elementari, saremmo stati bravi ad aggiungere termini nuovi, strano come pensiero di una scrittrice, ma secondo me l'analisi del periodo e quasi quasi pure quella analogica non servono a molto.
Si aggiungono termini su termini per dare una definizione alle stesse frasi.

Beh ma comunque sia, arrivarono tutti gli altri e dovetti alzarmi per salutare Gaia e compagnia bella.

Io ero seduta con una delle più brave della classe, ma solo in classe.
Fuori era diventata una ragazza di quelle che non si possono definire tale.
Immatura e combina guai.

Mi dà fastidio spesso.
Sostiene che non le dó tanta confidenza, ma non ci posso far nulla se mi è capitata accanto proprio in un periodo in cui io sono sempre sovrappensiero.

Le prime 5 ore passarono lentamente, poi finalmente arrivò l'ora tanto attesa, inglese.

Ma la lezione fu rovinata per il resto della classe, a causa del compito a sorpresa.
Io non ero molto preoccupata, andavo sempre bene in quella materia,ma una leggera ansia si impossessó di me.

Ciò indicava che il compito sarebbe andato alla grande, perché solitamente quando mi saliva l'ansia, le cose andavano bene, o perlomeno, solo quando si trattava di scuola.

Terminata l'ora, sembró come se tutto fosse andato realmente bene.

L'uscita dall'inferno, mi fece respirare tanta aria pura.

Mi diressi fuori dalla cancellata e Gaia mi disse che da Ristorí (una specie di fast food o Mc Donald che si trovava proprio davanti alla scuola) c'era parecchia folla oggi.
Osservai al suo interno e notai che ve ne era parecchia.
Pensai ci potesse essere pure Dario, ma non credo che fosse arrivato fino a lì, proprio oggi.
Repressi il pensiero, ma pensai di andare a casa perché mia madre aveva già preparato da mangiare per me, molto probabilmente.

Ma la ragazza accanto a me disse ciò che mi aspettavo:"Che ne dici se ci andiamo anche noi?"

"Dovrei subire tutta quella folla, per un panino squisito, quando potrei tranquillamente andare a casa,anche a mangiare qualcosa di molto buono e meno pesante?"le risposi seccata.

"Da quando in qua pensi alle calorie?"

"Da quando lo dico io, quindi no, se vuoi ci vai con qualcun'altra."

"Vai a fanculo."disse lei.

"No, vado a casa."dissi io con noncuranza,svoltando a destra.

Per errore, mentre ascoltavo la musica con le cuffie, andai a sbattere contro qualcuno.
Non lo guardai nemmeno in volto.

Ma la mia sorte voleva mi imbattessi proprio su Dario.

"Hey hey, non si saluta?"disse indicando la sua guancia.

"Io non devo salutare nessuno."dissi continuando per la mia strada.

"Ma che ti è preso?"disse stranito.

"Non ti fai sentire per settimane e mi vieni a chiedere che cosa mi sia preso? Ma scherzi?!"sputai acida.

"Ma se sai pure il motivo per cui non ti ho potuta cercare."

"Spiacente, non lo so."

"Allora non lo sapere, fingi che non sia accaduto nulla."

"Ormai me lo dici."dissi con fermezza.

"Non credo ti importi."rispose furioso.

"Ma che cazzo ti ho fatto eh?"dissi lasciando trasparire la mia disperazione, più di quanto io volessi.

"Niente mi hai fatto, proprio niente."disse con meno rabbia.

"E allora che ti prende?"

"Sono partito con mia madre e mio fratello per andare a prendere le ultime cose e gli ultimi mobili,anche perché dovevamo sbrigare le ultime carte e non sono potuto restare da mia nonna..."

"E...?"beh adesso si spiegava un po' tutto.

"E...per diversi motivi non siamo potuti scendere subito, ho avuto il telefono in assistenza, quindi..."disse cercando di giustificarsi.
Non funzionava con me, c'era qualcosa sotto.
Di più grave.
Andammo per le nostre vie, volle tagliare corto lui, non ci furono saluti semplicemente un 'vado'.

Trascorsero i giorni, arrivò la domenica pomeriggio e andammo in ospedale a trovare una zia di mio padre.

Per le corsie dell'autostrada,osservai il panorama circostante e notai che le strade trafficate mi piacevano un casino, le luci, le zone commerciali, le sentivo mie.
Tutti quei bagliori dei fari, che erano come un effetto di annebbiamento mentale, a me piacevano.
Avrei passato ore intere in macchina ad osservare ciò che pian piano abbandonavo, ma il problema era che non sarebbe mai stato possibile starsene in macchina, così.
Non avrei mai abbandonato realmente tutto, fino a quando non sarei partita.
Dovevo iniziare a progettare, i soldi li avevo, ero arrivata a 1900€ in 5 anni, li avevo raccolti tutti apposta, evitavo di spendere senza senso, mi mettevo alla prova, perché spesso li spendevo per cibo o per cazzate varie, ma ad ogni euro non speso mi ero ritrovata tutti sti soldi, impressionante...no?

Non avrei potuto farci granché,non sarei mica potuta andare a vivere in qualche appartamento, ma una scelta possibile esisteva, partire per andare a frequentare un college, avrei dovuto fare la domandina il prima possibile e quindi andai su google e cercai diversi siti di svariati college negli Stati Uniti, perché sí, la mia tappa erano gli Stati Uniti.
Avrei dovuto ottenere un permesso di soggiorno, ma solitamente lo danno solo a coloro che vanno per studiare.

Le lingue le so, i soldi li posso raccogliere, non so come, ma ci proverò, l'unica cosa che mi resta sono i miei genitori.

So che loro mi vorrebbero più vicina, ma io voglio andare per forza là.
Il cellulare si scaricò e quindi posai tutto, quando stavamo iniziando il tragitto del ritorno a casa.

Si fece sera ed il cielo fu coperto da una nube leggera, da una nebbiolina che pian piano si espandeva, la luna era piena per più della metà, sembrava come se stessi scorgendo un occhio, ricco di ombre, di occhiaie.
Poiché la luna ci fa dormire, nel buio ci fa morire, lei chiara, meno splendente del sole, ma in fondo in fondo, amo questo della luna, il fatto che ella si faccia ammirare da tutti e faccia notare i suoi difetti e nonostante tutto, è bella e splendente, così com'è.
Il vento invece era sempre più vorticoso, riuscivo a sentire chiaramente quel fruscio, che sembrava fosse un richiamo.
Osservai l'Etna, completamente nera, tutto era fra le sue grinfie, un solo botto e noi eravamo finiti.
Scorsi una luce su essa, erano i fari di una macchina probabilmente.
Iniziavo ad amare sempre più questo paesaggio, fra le ombre del silenzio e le luci che attraversano le strade, perlopiù vuote.

Iniziai ad amare il silenzio, talmente tanto, che il mio odio nei suoi confronti sembrava sempre più affievolirsi.

E poi rialzai lo sguardo verso il cielo, sopra l'Etna non vi era alcuna stella, vicino la luna ve ne era una fissa.
E poi osservai il paesaggio, così buio, risucchiato dalle mura che sembravano alte, ma in futuro avrei visto vette più alte, che non mi avrebbero permesso di vedere tutto questo, allora avrei guardato il cielo e avrei iniziato a contare le stelle, sino a quando non mi sarei persa fra i conti e avrei raggiunto la luna, magari nei miei sogni.

O luna, luna, tu che illumini il silenzio, sapessi quanto ti penso.

•Spazio Autrice•
Finalmente ho aggiornato il capitolo.
Ringrazio infinitamente tutti i miei lettori e mi scuso di già per gli errori.
Cosa pensate accadrà?
Dario diceva la verità o stava mentendo?

















































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