Capitolo 5

Crowley - Maggio 2022

Aziraphale lo aveva accompagnato fino al parcheggio e aveva aspettato che si cambiasse le scarpe e salisse in macchina. Lo aveva salutato con uno di quei sorrisi che gli facevano sentire le ginocchia molli e il petto gonfiarsi di calore.

Invece di girare a destra come avrebbe dovuto, aveva proseguito per qualche centinaio di metri verso la cascatella che scendeva lungo il limite orientale del paese. Uscì dall'auto e si sedette sul vecchio lavatoio, ad ascoltare l'acqua. Sentiva il bisogno di respirare un attimo e di calmarsi, dopo quella serata. Non perché avesse bevuto, era perfettamente sobrio (non sarebbe riuscito a mantenere il controllo con Aziraphale, altrimenti), ma si sentiva tremare le mani e aveva il respiro affannato. Tirò indietro il capo, mentre i capelli gli solleticavano la schiena, e chiuse gli occhi. Rimase così per un po'. Il rumore dell'acqua non era poi tanto dissimile dalla musica, ma era più conosciuto e confortante, come qualcosa in cui rifugiarsi.

Aspettò finchè non si sentì più padrone di se stesso, e che il desiderio di tornare indietro e salire da Aziraphale e spogliarlo e baciarlo non si fu acquietato quel tanto che bastava per rimettersi alla guida.

Si era presto lasciato la strada sotto il castello alle spalle, mentre ora correva a fianco della ferrovia.

(prima, nel duomo, Crowley aveva poggiato i palmi sulla panca, allargando le dita, per sentire le vibrazioni della musica riverberare anche nelle mani e nelle braccia. Aveva ascoltato il coro e i timpani, il forte e il piano, il crescendo. Conosceva "O Fortuna", come quasi chiunque, ma sentirla dal vivo era stato emozionante. Per minuti interi aveva avuto la pelle d'oca e i brividi alla base del collo)

Ora, con quelle stesse mani, aveva girato il volante per piegare sulla destra. Le case si erano fatte via via più rade, e il buio più fitto. Il Tagliamento brillava sotto la luna, mormorando la sua personale melodia.

(Aziraphale aveva canticchiato sottovoce, un mormorio appena accennato nel petto. Crowley lo aveva sentito, e lo aveva guardato mentre lui abbassava lo sguardo a mo' di scusa. Si era spostato appena, e la sua coscia aveva quasi toccato quella di Crowley. Ne aveva sentito il calore sulla pelle, e non aveva più osato muoversi. In quel momento aveva le mani in grembo e le gambe accavallate, e avrebbe dato qualsiasi cosa per... Aveva stretto i pugni, ficcandosi le unghie nei palmi)

Il paese era quasi finito. Si trovava già sul versante del Plauris, e l'aria era fresca e pulita.

Restavano poche case ancora, e poi sarebbe entrato nel bosco.

(Crowley aveva continuato ad ascoltare il coro e a guardare immobile l'orchestra, conscio della presenza di Aziraphale accanto a sé. Aveva sentito una gamba intorpidita e il bisogno impellente di cambiare posizione. Si era mosso leggermente e l'altro gli aveva fatto spazio, ma quando Crowley aveva fatto di nuovo per poggiare la mano sulla panca, ci aveva trovato quella di Aziraphale. L'avrebbe ritirata immediatamente, se non avesse sentito la più minuscola delle carezze, fatta appena con il pollice, all'interno del suo polso. Un tocco così leggero che quasi credette di averlo sognato, ma lungo abbastanza da saperlo reale. E tutto ad un tratto ogni cellula del suo corpo aveva risuonato e cantato a causa di quello, perché era qualcosa di intimo e condiviso, qualcosa che aveva desiderato, qualcosa che avrebbe potuto tenere per sempre con sé)

Adesso c'era solo lui sulla strada. Quella era una zona solitaria e Crowley aveva sempre amato quel silenzio, ma in quel momento gli lasciava la mente troppo libera di spaziare.

(non aveva più spostato la mano, né Aziraphale la sua. Non aveva osato aumentare il contatto, ma non aveva potuto distaccarsene. Quando il concerto era finito e le persone avevano iniziato ad alzarsi si era voltato verso Aziraphale e lui aveva ritirato la mano. Erano usciti insieme e avevano percorso uno accanto all'altro i pochi metri che li separavano dal parcheggio dove Crowley aveva lasciato l'auto. Aziraphale gli era sembrato dispiaciuto quando gli aveva detto che era sarebbe stato meglio per lui tornare a casa, ma poi gli aveva sorriso comunque. Non sarebbe riuscito a rimanere tranquillamente seduto sul suo divano, non sarebbe riuscito a bere un bicchiere di vino come se fosse una serata qualunque, perché non sarebbe riuscito a trattenersi. Crowley era scappato via perché sapeva di non poter contare sul suo autocontrollo. Era meglio andar via. Era meglio stare da solo)

L'ultima parte del tragitto verso la chiesa era una stradina con asfalto crepato e rovinato dal freddo di numerosi inverni. In quel momento era bordata da alberi su entrambi i lati, e solo quando si trovava sui tornati riusciva a vedere il cielo. La luna era una metà perfetta, luminosa e immacolata.

(quando erano usciti dal duomo Aziraphale, forse in un gesto inconsapevole, gli aveva poggiato una mano sulla schiena, accompagnando il suo movimento. Un gesto protettivo, gentile, che gli aveva fatto rizzare i peli sulle braccia come se fosse stato percorso da corrente elettrica. Sentiva ancora la pelle formicolare al pensiero)

Il Borgo Costa era silenzioso alla sua sinistra. I suoi vicini dormivano, senza sapere che il mondo di Crowley era stato sconvolto, quella sera, solo perché quell'uomo sconosciuto fino a tre mesi prima gli aveva toccato la schiena.

Mancava solo il tratto sulla sterrata. Ancora cinque tornanti e sarebbe stato a casa. Ancora cinque tornanti e si sarebbe spogliato di quegli abiti e avrebbe fatto una lunga doccia, e forse si sarebbe calmato.

(la mano era rimasta lì, mentre camminavano)

Ancora due tornanti. Forse avrebbe potuto guardare le stelle. Era ancora presto, non sarebbe riuscito a dormire.

(avrebbe voluto baciarlo, ma in quel momento si era sentito totalmente bloccato, terrorizzato. Avrebbe desiderato che lo stringesse, che gli prendesse il viso, che gli infilasse le dita tra i capelli. Avrebbe voluto leccargli le labbra, leccare dentro la sua bocca, baciargli la pelle tenera del collo. Avrebbe voluto inginocchiarsi davanti a lui e slacciargli i pantaloni e succhiare, succhiare fino a che Aziraphale non fosse venuto, e Crowley lo avrebbe ringraziato con gli occhi pieni di lacrime se solo lui avesse spinto i fianchi ad incontrare le sue labbra, perché Crowley voleva essere desiderato, voleva che Aziraphale lo desiderasse con la stessa intensità con cui lo voleva lui)

(sotto la doccia, poco dopo, era venuto nel suo stesso pugno con il nome di Aziraphale sulle labbra)

Doveva prendere un minimo le distanze, o sarebbe stato un disastro.


***


Con l'arrivo dell'estate Crowley aveva avuto molto più lavoro, le persone avevano iniziato a prenotare più spesso delle escursioni con lui e la sua scuola di sopravvivenza aveva finalmente ingranato la marcia. Aveva avuto così tante richieste che ne aveva dovute dirottare alcune verso un'altra guida della zona, Shax, una donna sulla cinquantina che sembrava sempre a comando di un battaglione, piuttosto che la capofila in un'escursione. Lei sembrava avere energia a non finire e le persone tornavano sempre esauste. Crowley ci mandava solo la gente che si dimostrava maleducata quando parlava con lui, e ghignava quando li vedeva arrancare al ritorno dietro di lei.

Se il tempo era stato ben occupato, questo non era valso per i suoi pensieri, che erano costantemente con Aziraphale. Lui aveva iniziato ad andare da solo nei luoghi che gli interessavano per la sua raccolta dati, ma Crowley si assicurava di conoscere sempre il suo percorso. La sua scusa ufficiale era quella di aiutarlo a progettare meglio le escursioni, ma la verità era che aveva bisogno di saperlo al sicuro. Voleva sapere dove andarlo a cercare, se mai fosse successo qualcosa.

Crowley in quei giorni aveva preso l'abitudine di mandare ad Aziraphale foto di rocce che gli sembravano belle o interessanti, e più di una volta ne aveva riportata qualcuna con sé, per fargliela vedere durante le cene che comunque continuavano a fare almeno un paio di volte la settimana. Faceva foto di paesaggi, di pareti spoglie, qualche volta di piante. In un paio di occasioni si era convinto a farsi fare una foto da uno dei partecipanti alle sue escursioni, e le aveva mandate ad Aziraphale prima di ripensarci, prima di guardarle troppo a lungo e pensare che era strano o che aveva un sorriso stupido. Era una fortuna che almeno avesse sempre gli occhiali da sole, quelli mascheravano almeno una parte di sé e lo facevano sentire più al sicuro.

Di tanto in tanto si era lasciato dei giorni liberi per uscire in montagna con lui. Aziraphale era molto più sicuro adesso, e faceva sentieri difficili senza grossi problemi. Un paio di volte erano tornati al suo rifugio, quello dove avevano dormito la prima volta che si erano incontrati. Crowley aveva amato essere di nuovo lì insieme, perché era uno dei posti del suo cuore. Un pomeriggio assolato e perfetto, Aziraphale si era seduto sul gradino davanti alla porta e aveva canticchiato qualcosa, mentre Crowley era sdraiato a terra poco più avanti, al sole. Il suo cuore aveva fatto ben più di un balzo, nel sentire la sua voce.

Una volta erano saliti fin su al Montasio. Era stato un percorso complicato, si erano entrambi imbragati e avevano risalito il sentiero attrezzato in silenzio, ognuno concentrato sulla strada. Aziraphale era rimasto senza parole quando erano arrivati in cima, perché sulla cresta così esposta aveva una visuale quasi a 360° sulle montagne e le valli attorno, e soprattutto poteva vedere le sue amate rocce disposte in strati ordinati.


("Dolomia principale, vedi?" Gli aveva detto Aziraphale, come se Crowley dovesse capire esattamente a cosa si riferiva. "Ci sono i Megalodonti" aveva continuato. E lui si era chiesto cosa fossero, con un nome tanto altisonante)

Crowley non aveva mai veramente fatto caso al fatto che le rocce potessero essere così interessanti, ma dopo aver conosciuto Aziraphale le guardava per riconoscerci strutture e pattern, e anche quando era da solo ormai non era più in grado di farne a meno: cercava di vederne la stratificazione quando erano in pareti lontane, e le osservava da vicino per vedere se riusciva a vedere qualcosa che gli ricordava un fossile. Aziraphale era costantemente deliziato da queste cose ed era difficile per Crowley resistere a tanto entusiasmo.

Era rimasto sinceramente sbalordito quando Aziraphale era poi effettivamente riuscito a martellare via un bel fossile di Megalodonte e glielo aveva regalato. Crowley lo aveva poggiato su una mensola della sua libreria, e lo guardava ogni volta con una sorta di reverenza, perchè insomma, gliela doveva, considerando che poteva avere magari duecento milioni di anni.

(avevano poi dormito avvolti nei loro sacchi a pelo nei letti del bivacco Vuerich, mangiato della zuppa di soia, bevuto té caldo, e il mattino successivo avevano guardato il sole sorgere dalle cime delle montagne intorno a loro, mascherato da un intero mare di nuvole che lasciava solo la cima del Montasio esposta. Per qualche attimo era sembrato a Crowley di essere su di un'isola, e aveva pensato a come si dovesse sentire Aziraphale, mentre immaginava che quel luogo un tempo era stato forse davvero così. In quel momento si era sentito immensamente vicino a lui, perché erano nel suo ambiente, in alto sulle montagne, nelle cime che conosceva e che amava, ma erano anche immersi in un'era lontana milioni di anni, in quello che non era più mare, ma allo stesso tempo ne portava tracce innegabili, ed era incredibile toccare quel mondo lontano, vivere quell'esperienza con Aziraphale)

(quella sera Aziraphale, poco prima di dormire, gli aveva chiesto se l'eterocromia dei suoi occhi fosse genetica, e quindi se fosse nato con gli occhi diseguali com'erano. Crowley aveva ridacchiato, e poi gli aveva raccontato di come da ragazzino fosse caduto e sbattendo la testa, una pupilla gli fosse rimasta dilatata esattamente come era successo a David Bowie. Per Crowley questo era un vero e proprio vanto, perché adorava la sua musica. Gli disse di come i suoi compagni di classe di quel periodo avessero iniziato a prenderlo in giro, come se non fosse bastato avere i capelli rossi ed essere magro come un giunco, più di chiunque altro. A Crowley non era importato granché, perché non apprezzava la loro compagnia, ma non era stato facile lo stesso)

(Aziraphale era stato un po' un emarginato anche lui, a sentire i suoi racconti, ma Crowley faticava a capirne le motivazioni, a parte quella di pensare che forse era troppo intelligente in mezzo a un mare di idioti, magari invidiosi di lui per questo o quel motivo)

Erano passate settimane in questo modo.

Si erano visti ogni volta che avevano potuto, qualche volta anche solo un caffè al bar sotto l'appartamento di Aziraphale. La scuola di Crowley era nello stesso paese, quindi per lui era abbastanza facile passare da quelle parti. In realtà lo faceva anche quando non era alla scuola, ma questo era qualcosa che non gli avrebbe mai confessato. Fino a quel momento Aziraphale era andato solo una volta a casa di Crowley, il giorno dopo quella sbronza ormai oltre due mesi addietro. Era più comodo rimanere nel paese, visto che la maggior parte del tempo erano entrambi lì. Crowley aveva avuto un po' di remore ad invitarlo, visto che il posto dove viveva era poco raggiungibile, poco attrezzato, poco elegante. Non pensava che lui ci avrebbe fatto caso, ma lo stesso gli sembrava poco adatto.

Si era abituato a quella specie di routine e gli piaceva andare da Aziraphale. Non era la sua vera casa, certo, ma in quei mesi aveva preso qualcosa di lui. C'erano libri sparsi ovunque, cartine geologiche, rocce prese qui e lì, in un angolo persino l'imbragatura che avevano usato per salire sul Montasio.

Un'altra cena, e poi un'altra ancora.

Non c'erano più stati contatti così intimi dopo il concerto. Crowley era deluso e allo stesso tempo sollevato. Sapeva che Aziraphale non sarebbe rimasto per sempre in Italia, e sarebbe stato molto peggio se fosse successo effettivamente qualcosa tra di loro. Non che se lo aspettasse. Aziraphale sembrava un uomo molto riservato sul piano degli affetti, e non gli aveva parlato di nessuno, tranne che di una sua cara amica che viveva a Londra vicino a lui. Aveva detto poco anche della sua famiglia, a parte la menzione a un fratello maggiore che sembrava un perfetto stronzo, un avvocato con una scopa su per il didietro esattamente come quello schifo di gente che popolava la famiglia di Crowley. Per quanto riguardava relazioni sentimentali del passato, niente di niente. Si era chiesto più volte che tipo di persona gli potesse piacere. Probabilmente una donna morbida e burrosa come lui, con le stesse buone maniere, magari piccolina ma combattiva. Sì, una persona del genere poteva essere giusta per lui. Certo non un uomo allampanato come lui, tutto nervi e capelli rossi, occhi strani ed inquietanti, un montanaro fatto e finito.

Crowley si era domandato anche cosa avrebbe fatto, allo scadere di quei sei mesi di cui Aziraphale gli aveva parlato. Ne mancavano solo due, e poi la sua personalissima Apocalisse sarebbe avvenuta, e lui avrebbe dovuto affrontare quella separazione. Ma era un pensiero che cercava di relegare negli anfratti più nascosti della sua mente. Se ne sarebbe preoccupato il Crowley del futuro, per ora il Crowley del presente cercava solo di godersi la presenza di Aziraphale.

Gli aveva raccontato della sua famiglia. Di come lui fosse scappato da quella specie di prigione dorata, piena di regole e falsità, di come aveva dovuto andarsene perché non poteva sopportarne l'ipocrisia e la totale incapacità di comprendere che se lui era diverso non significava per questo che fosse cattivo. Glielo aveva raccontato con un rancore che credeva di aver accantonato, e Aziraphale lo aveva guardato con gli occhi tristi, come se sapesse di cosa stesse parlando. Gli aveva raccontato dei suoi trascorsi, della sua band di sognatori, della sua caduta e quasi morte nel Tamigi. Aveva ancora una chitarra, e gli promise che gli avrebbe fatto sentire come suonava, prima o poi. Gli aveva spiegato il significato di tutti i suoi tatuaggi.

(il primo, il serpente che lo marchiava poco sotto la tempia destra, lo aveva fatto fare da un amico in casa, poco più che ventenne, proprio in ribellione contro la chiesa, la famiglia, l'ordine costituito. I suoi genitori quando lo avevano visto lo avevano minacciato di diseredarlo se non lo avesse cancellato. Crowley aveva riso loro in faccia)

Gli aveva persino detto che aveva imparato a leggere i tarocchi, quando era ragazzo, e che il suo amore per le stelle era nato proprio così. Aveva bisogno di soldi e si era messo a leggere libri di astrologia un po' per curiosità e un po' per sbarcare il lunario, e alla fine si era interessato alla vera e propria astronomia. Aziraphale si era incuriosito a tal punto che una sera gli aveva calcolato il suo piano natale, per vedere dove fossero i pianeti nel giorno della sua nascita. Gli aveva detto tutto quello che si ricordava in merito, della propensione ad essere preciso negli studi, della tensione nella sua parte più intima e nascosta, del suo forte potenziale. Poi aveva anche rifatto quello suo personale e li avevano confrontati, per curiosità.

(erano risultati estremamente compatibili, dei veri e proprio compagni dell'anima, ma questo Crowley non glielo aveva detto, perché non sapeva come metterla su un piano che non fosse dichiaratamente amoroso. Lo aveva tenuto per sé come un segreto bello e inutile, qualcosa in cui crogiolarsi in un futuro, quando Aziraphale sarebbe andato via)

Aveva così anche scoperto che il compleanno di Aziraphale non era poi così lontano, e che quindi poteva organizzare una cena per invitarlo a casa sua. Per l'occasione avrebbe addirittura messo in ordine sul serio la casa.

Il 6 Luglio quindi, Crowley si era alzato presto ed era andato a cogliere le sue verdure più mature, le aveva lavate e disposte sul ripiano della cucina. Aveva fatto un po' di spesa il giorno precedente, per sopperire a quello che gi mancava. Aveva intenzione di preparare qualcosa di fresco, per esaltare il sapore delle verdure che lui stesso aveva coltivato. E poi aveva dei formaggi e le uova e il latte, così avrebbe avrebbe potuto fare una torta e usare anche le sue fragole.

Aveva pulito la casa da cima a fondo (aveva persino comprato un cesto per la biancheria sporca, per l'occasione, così da far vedere che non era proprio un barbaro) e aveva fatto ordine. Le sue corde erano riposte in uno vecchio baule, dove erano disposte per colore e materiale. Forse, nascondendole, sarebbe riuscito ad evitare domande a cui avrebbe fatto fatica a rispondere.

Aziraphale sarebbe arrivato verso le sei, avrebbero fatto un aperitivo con il bianco che teneva in fresco dal giorno precedente, poi avrebbero cenato, infine avrebbero guardato le stelle. Gli aveva promesso di tirare fuori il telescopio e di guardarle insieme. Crowley aveva preparato tutto, pulito il telescopio, tirato fuori delle coperte per sedersi sul prato.

Era stata una giornata ventosa, quindi al momento non c'era nemmeno una nuvola a rovinare il cielo che si andava lentamente scurendo.

Aziraphale arrivò mentre Crowley aveva le mani dentro l'impasto che stava preparando per una specie di torta rustica alle verdure.

"Prendi due bicchieri e versa il vino, ho le mani impegnate" gli disse, gesticolando in direzione di uno scaffale con le mani sporche di burro.

Aziraphale gli sorrise, splendente come sempre, con gli occhi gentili e divertiti, le labbra curvate in una piega benevolente, e tutto il viso che Crowley non riusciva a definire in altro modo che adorabile, che idiota era diventato.

(Crowley aveva della farina sul naso, ma non se n'era accorto)

"A cosa brindiamo, mio caro?" aveva detto Aziraphale, alzando il bicchiere.

"A te" i calici si erano toccati con un suono leggero.

"Buon compleanno" aggiunse, girando lo sguardo di nuovo verso le sue verdure.

Aziraphale gironzolò un po' nell'ampia stanza, osservando i vari ambienti. Era un luogo affascinante. Si era poi seduto sul divano, in attesa che Crowley gli permettesse di aiutarlo. Aveva alzato lo sguardo verso le assi a vista del tetto.

"A che serve quella canna di bamboo?" chiese.

"Ah, Ngk. Neh. Niente di particolare" aveva balbettato.

"Mi ci appendo, a volte. Mi piace la sensazione di stare sospeso".

"Come? È piuttosto alta. Riesci a saltare fino a lì?"

"Non esattamente. Uso delle corde".

Non si era girato per guardare Aziraphale, ma aveva sentito distintamente un "oh" stupito, e aveva avuto la netta percezione che le sue orecchie stessero arrossando di imbarazzo.

Crowley lasciò cadere l'argomento, e Aziraphale non approfondì ulteriormente.

Avevano poi cenato, in un angolo del tavolo da cucina.

(mancava solo una candela, ma non si era sentito di fare qualcosa di così sdolcinato)

Guardare Aziraphale mangiare era un piacere unico. Gli si leggeva tutto sul volto, e capitava spesso che emettesse piccoli, delicati versi di piacere che sarebbero stati osceni ed eccitanti in altri contesti, ma che per Crowley erano appaganti quasi allo stesso modo, un piacere riflesso, che accendeva di entusiasmo tutti i suoi neuroni specchio. Vederlo mangiare qualcosa che lui stesso aveva cresciuto era un'esperienza ancor più coinvolgente, perché Crowley conosceva tutto il processo evolutivo di ogni singolo frutto o vegetale, dal seme in poi, conosceva la terra e le piogge che lo avevano bagnato. E sapeva che in ognuna di quelle piante c'era un po' di sé, ed era come se Aziraphale affondasse i denti e passasse la lingua su una parte di sé...

Sarebbe stato meglio non pensarci, ma Crowley non era tipo da fare cose (o non farle) solo perché era la cosa migliore per sé stesso. Si buttava anima e corpo in ogni esperienza da che aveva memoria, sempre senza riflettere, sempre senza pensare alle conseguenze, e chi era lui se non un idiota incosciente a gettare il suo cuore tra le mani di qualcuno che sarebbe sparito tra due mesi?

Le stelle erano belle quella sera. La luna era solo a metà, quindi non disturbava la vista con troppa luce. Crowley gli indicò Cassiopea, e l'Orsa maggiore e la Stella Polare, gli indicò Arturo e Vega, le più luminose di quel cielo, la prima rossa, la seconda blu. Era persino riuscito a fargli vedere la stella doppia nella costellazione del Boote. E poi Saturno, più tardi.

Gli raccontò quello che aveva imparato dai libri dei miti greci e quello che aveva studiato sui libri di astronomia. Crowley amava le stelle, e ne parlò con tutta la passione che aveva. Non era mai stato facile aprirsi con le altre persone per lui, ma con Aziraphale era tutto diverso: in qualche modo gli sembrava come di tornare indietro, in una forma meno raffinata e più istintiva. La conversazione era naturale, mai forzata, mai difficile. Aziraphale ascoltava con attenzione, Crowley poteva dirlo anche se con il buio ne distingueva poco i lineamenti. Riusciva a sentirlo, più che a vederlo. E quando gli chiedeva qualcosa le sue domande erano sempre... giuste, in qualche modo, come se ci fosse un dialogo che viaggiava su più livelli, come se uno riuscisse a sentire i pensieri dell'altro. Era pazzesco, se si soffermava a pensarci.

(come avrebbe fatto tra due mesi, quando non ci sarebbe stato più. Come sarebbe finita questa specie di storia - non storia, fatta di parole e sguardi e cammino e silenzi importanti quanto le parole, e di bellezza e di connessione? Come avrebbe fatto a meno di quello che si era creato, come avrebbe potuto anche solo pensare di guardare qualcun altro, dopo di questo? Non era possibile, non ne sarebbe uscito vivo. Eppure, non poteva nemmeno decidere di lasciar stare, perché non c'era niente altro come quello)

Si erano sdraiati sulle coperte alla fine. Avevano continuato a guardare in alto, senza quasi più parlare, senza bisogno di dirsi nulla. Avevano visto qualche stella cadente. Crowley si era trovato ad esprimere sempre lo stesso desiderio, anche se non credeva in quelle cose.

(se esiste qualcosa, se esiste una redenzione per me al di fuori di questo luogo, se esiste una possibilità, non voglio perdere questa cosa con lui. Per favore, non potrei farcela senza)

Quando Aziraphale era andato via Crowley aveva aspettato fuori ancora, fino a quando non gli aveva mandato un messaggio che era arrivato a casa.

Per qualche minuto ancora, Aziraphale era stato sotto la stessa luna.

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