Capitolo 4

Crowley - Maggio 2022

Erano state belle giornate ultimamente. Maggio era arrivato, con i suoi profumi e i suoi colori che parlavano di una natura giovane e rinnovata. La valle era bellissima, con i suoi alberi rigogliosi, la vista sul paesino e il Tagliamento.

Lo spiazzo erboso davanti alla chiesa era fresco e ventoso quella mattina, nonostante le temperature si fossero alzate decisamente. Crowley stava controllando l'orto sul lato soleggiato della chiesa, quando gli arrivò la telefonata di Aziraphale.

Aveva iniziato ad interessarsi delle piante da quando era arrivato in Italia: nonostante fosse in montagna tutto cresceva molto meglio che in Inghilterra (per non parlare della Scozia, così fredda e ostile per le piante più delicate). Crowley aveva un piccolo orto, che coltivava con cura e attenzione. Nonostante gli errori fatti inizialmente, era stato la sua principale fonte di sostentamento durante gli anni della pandemia, considerando che senza alcun turismo la sua scuola di sopravvivenza era stata sempre chiusa (lui aveva imparato a sopravvivere senza un soldo, in compenso).

Le piante di melanzane, piselli, peperoni e fagioli erano tutte in crescita, ordinatamente disposte in riquadri. Aveva anche uno spazio per carote, asparagi bianchi, cavoli e ravanelli neri, ma quelli sarebbero stati pronti più in là, tra autunno e inverno. Le patate erano nelle vecchie botti addossate al muro: riusciva ad averle tutto l'anno per fortuna.

In un angolo, alcune preziose piantine di fragole. Le more invece facevano tutte da sole: il sottobosco al limitare dello spiazzo ne era pieno. Crowley si innervosiva quando invadevano lo spazio e lanciava loro delle sentite maledizioni, ma coglieva sempre i loro frutti quando erano pronti.

A dare colore a tutto c'era il giallo dei narcisi, il viola dei crochi e il bianco dei gigli, piantati in piccoli gruppi variopinti. Non avevano altra funzione che quella di essere belli, ma per Crowley andava bene comunque, anche se si sarebbe ben guardato dall'ammetterlo di fronte a loro.

Crowley aveva protetto ferocemente le sue piante durante gli inverni e aveva dato loro acqua in estate, anche quando nel pozzo che aveva fatto scavare il primo anno che era arrivato, quando ancora la chiesa era solo un rudere, rimanevano solo venti centimetri d'acqua.

Crowley aveva imparato ad amare quell'orto: amava la terra su cui cresceva, amava le rocce che aveva disposto per dargli una forma, amava le piante che lo avevano sostentato, nonostante non smettesse mai di urlargli contro. Amava il processo della crescita, l'avvicendarsi delle stagioni che cambiavano i suoi colori e i sapori che gli regalava. Amava il fatto che potesse guardarlo e curarlo, e occuparsi di ogni germoglio.

In quel luogo aveva trovato la sua dimensione, il suo posto, il suo perfetto e privato Eden.

In fondo, non aveva bisogno di nient'altro.

Quando squillò il telefono era in ginocchio per terra, con una vecchia canottiera bucata e dei jeans che avevano sicuramente visto stagioni migliori. Era sudato e spettinato, e aveva le mani sporche di terra. Del tutto impreparato per quello che stava per succedere. Se lo avesse saputo avrebbe indossato una veste d'oro e tacchi alti, avrebbe sciolto e lisciato i capelli, avrebbe impostato la voce magari, e sicuramente non avrebbe risposto al telefono senza nemmeno guardare chi fosse.

Ma Crowley era solo Crowley, non aveva il dono della chiaroveggenza, anche se qualche volta lo aveva millantato nel suo passato più "colorito". Quindi cacciò il telefono dalla tasca sul retro dei pantaloni e gracchió una risposta, rendendosi conto che quelle erano le prime parole che pronunciava da quando era in piedi.

"Cosa?"

"Ciao Crowley, mio caro, come va?".

"Hey angelo. Ok, stavo dando una sistemata alle piante. Non crescono mai come vorrei".

"Hai smesso di urlargli contro?".

"No ma..."

"È per questo che non vengono su bene"

"Sciocchezze. Vanno redarguite".

Seguì un silenzio che, per qualche ragione, Crowley trovò leggermente imbrazzante.

"Volevi dirmi qualcosa in particolare?" chiese.

"Beh. Volevo sapere se ti andava di vederci, stasera".

"Sì, certo. Vuoi andare a cena da qualche parte? Hai bisogno di un nuovo percorso?".

"In realtà stavo pensando a una cosa un po' diversa dal solito. Una specie di appuntamento".

"Un appuntamento" ripetè Crowley, stupidamente.

"Sì, una specie. Non c'è bisogno di chiamarlo così in effetti, se non vuoi. C'è una cosa stasera, al duomo di Gemona. Un concerto".

"E volevi che venissi con te".

Gli uscivano delle frasi monotono, come se non riuscisse ad inserire il punto di domanda alla fine. Probabilmente Aziraphale pensava che gli stesse venendo un aneurisma o qualcosa di simile. Un idiota, fatto e finito.

"Beh, sì. Ti ho chiamato per questo. Verresti?"

"Intendi dire un appuntamento appuntamento. Devo vestirmi decente, quindi".

"Per l'amor del cielo! Vestiti come vuoi. Vuoi venire quindi?".

"Oh, sì, naturale, certo, mi va".

"Perfetto. Il concerto è alle otto, al duomo. Possiamo vederci una decina di minuti prima lì davanti? Dopo, se vuoi, possiamo bere qualcosa da me".

"Bene. Sì, perfetto. Alle otto. Ok. Ci sarò".

Aveva attaccato con un senso di stordimento. Le sue piante lo scrutavano in silenzio, probabilmente compatendolo.

"Che avete da guardare? Non sono affari vostri. Piuttosto... CRESCETE MEGLIO!" sbraitò.



Aziraphale - Maggio 2022

Ci era riuscito.

Era riuscito a chiedere un vero e proprio appuntamento a Crowley. Gli era sembrato stupito e forse un po' distaccato, ma almeno non era stato contrario. In fondo perché poi avrebbe dovuto essere contrario, considerando che si vedevano praticamente ogni giorno?

Era vero però che fino a quel momento Crowley ed Aziraphale si erano sempre visti per andare in montagna, fare questo o quel percorso, pianificare, organizzare. Tutte le volte che avevano pranzato o cenato insieme era quindi stato una sorta di "proseguimento naturale" (o inizio naturale) delle loro giornate.

Avevano poi finito per parlare di ogni argomento che gli passava per la testa, senza rimanere mai a lungo su nulla. Parlavano di idee, di film che avevano visto, di musica, di libri che avevano letto. Erano diversi, ma riuscivano sempre a trovare punti d'incontro. Ma nulla di quello che avevano fatto fino ad allora era stato un vero e proprio appuntamento, di quelli in cui entrambe le parti lo considerano come tale.

Aziraphale stava pensando ormai almeno da una settimana che gli sarebbe piaciuto uscire con Crowley in una modalità diversa, senza che parlassero di lavoro. Senza che Crowley si sentisse in dovere, considerando che in qualche modo lavorava per lui.

L'occasione si era presentata proprio in quel momento, quando al solito bar Nina aveva affisso un volantino che pubblicizzava un concerto quella sera setessa, al duomo. Un'orchestra abbastanza conosciuta insieme ad un coro avrebbero eseguito i Carmina Burana, di Carl Orff. Aziraphale li aveva sempre trovati bellissimi, e immaginava che sarebbero stati meravigliosi nella cornice del Duomo di Gemona. L'interno era piuttosto austero, ma i soffitti con volta a crociera e gli archi gotici erano di grande effetto, e tutta la chiesa dava un senso di tranquilla purezza. Ad Aziraphale era piaciuto molto.

"Signor Fell, lei e Crowley a quanto pare andate proprio d'accordo, vero?" si sentì chiedere, mentre era ancora con il telefono in mano.

"Oh. Sì, in effetti" rispose con un lieve imbarazzo.

Quando aveva visto il volantino aveva pensato immediatamente a Crowley e non aveva nemmeno pensato di essere ancora lì in mezzo alla gente. Aveva chiamato senza rifletterci troppo, immaginando che comunque non tutti sapessero l'inglese abbastanza da capire tutta la conversazione.

"Ho sentito senza volere un pezzo della conversazione al telefono" disse Nina, a mo' di scusa.

"Capisco".

Imbarazzante, decisamente imbarazzante.

"Quindi andrete al concerto stasera? Io ci sono stata un paio di anni fa, con la mia compagna. Lo fanno ogni due o tre anni, è davvero molto bello" disse Nina, con un breve sorriso.

"Felice di sapere che sia stata una bella esperienza".

"Beh, buona serata allora, Signor Fell".

Lo salutò con un cenno del capo e tornò all'interno del bar.

Aziraphale avrebbe dovuto aspettarsi che questo appuntamento sarebbe stato notato dalla gente del posto. Era un paese piccolo, le persone bene o male si conoscevano tutte tra di loro. Forse non avrebbe dovuto invitare Crowley in quel modo. Forse aveva combinato un pasticcio. Salì nel suo appartamento ed entrò dentro la doccia, cercando di lavare via la preoccupazione.

Nonostante avessero parlato di moltissime cose diverse, lui e Crowley, non avevano mai affrontato l'argomento "storie passate". Era qualcosa di cui Aziraphale non parlava mai, prima di tutto considerando che era estremamente riservato sull'argomento, e poi perché aveva ben poco da raccontare. L'unica persona di cui era stato innamorato (George), lo aveva respinto praticamente subito dopo la loro unica notte insieme, e tutto quello che era venuto dopo non era degno di nota. Sesso senza amore, che gli aveva lasciato poco se non un vago senso di colpa e di disgusto verso se stesso. Si era convinto di non avere nessuna caratteristica che lo rendesse davvero attraente ed amabile, e in qualche modo anche di essere incapace di amare e di lasciarsi andare davvero nonostante provasse ancora attrazione verso qualche uomo, di tanto in tanto. Con Crowley sembrava tutto diverso. Si era aperto come non gli era praticamente mai successo, e aveva costantemente desiderio di passare del tempo con lui. Si sentiva a suo agio, nonostante l'attrazione, ma era contento così: sapeva di non poter stare davvero con Crowley, quindi prendeva quel che poteva. Era convinto che quella fosse una bella amicizia e nulla di più profondo, e soprattutto che lui stesso non desiderasse nulla di più. L'amore era troppo complicato, troppo pericoloso.

Andava tutto bene. Non avrebbe rovinato nulla, era solo un concerto. Gli amici potevano andare insieme ad i concerti. Anche se era attratto da Crowley, poteva benissimo restargli amico.



Aziraphale, 4 mesi più tardi - Settembre 2022

Che strada avesse fatto tra Gemona e Milano Aziraphale non lo avrebbe mai saputo. Aveva guidato in uno stato pietoso, senza rendersi conto della velocità a cui stava andando, senza guardare minimamente la strada che stava facendo. Quando aveva riconsegnato le chiavi della macchina che lo aveva accompagnato ovunque negli ultimi sei mesi aveva pianto, perché gli sembrava di lasciare indietro l'ultima cosa che potesse riportarlo tra le montagne. Gli era sembrato di lasciar andare un'amica. Se avesse potuto l'avrebbe portata via con sé, ma il biglietto aereo non permetteva di imbarcare automobili.

Come avrebbe potuto tornare indietro, ora?

Come sarebbe andato avanti?

Era fermo in aeroporto, con la grossa valigia a fianco, mentre tutto il resto della gente intorno a lui correva da questa o quell'altra parte. Vedeva le persone come sfocate, quasi come se fossero un'unico essere serpentiforme che si contorceva in centinaia di spire attorno a lui.

Come se lui fosse l'unico essere immobile in un mondo in cui ognuno conosceva la sua strada, dove ognuno sapeva dove andare, cosa fare, cosa pensare.

Aziraphale era solo, con un biglietto in mano e una destinazione già decisa, con un lavoro che amava, dei colleghi, e una cara amica che lo aspettavano dall'altra parte della Manica. Aveva perfino una famiglia ad aspettarlo, che lo volesse o meno. Eppure si sentiva perso, proprio come quel primo giorno sulle montagne, quando aveva visto Crowley per la prima volta.

Perché dopo così tanti anni gli era successo di trovare qualcuno che non comprendeva, che non poteva incasellare nei suoi schemi, qualcuno che aveva superato tutte le barriere che Aziraphale metteva tra sé e gli altri. Qualcuno con cui non sapeva mai a che punto fosse, dove fosse il confine.

Aziraphale aveva vissuto una vita ritirata. Aveva deciso di non esporsi, di non rischiare, di non aprire mai le porte a nessuno. Ma la vita aveva deciso per lui, quando Aziraphale aveva agito d'impulso, e quella singola volta era stata sufficiente a sconvolgere tutta la sua vita, che fino a quel momento era passata quieta su di lui, sfiorandolo appena. Ora si sentiva soffocare, annegare in un flusso vorticoso di emozioni e sensazioni represse, come se stesse succedendo a lui quello che era successo al Vajont, nel '63. Aveva trattenuto e trattenuto per anni ogni suo desiderio che non fosse relativo al lavoro, aveva finto di non provare nulla, di non essere quello che era. Aveva cucito con filo di seta le crepe in una diga gonfia di acqua e massi e fango, aspettandosi di riuscire a trattenerli. E poi era arrivato Crowley. Crowley con gli occhi d'oro e mille lentiggini, Crowley dalle mille domande, Crowley splendido e pieno di fuoco, Crowley disarmante e ironico, tenero e giocoso e sensuale e travolgente. Crowley che aveva tirato un unico filo di seta, una sera speciale, e aveva aperto la via alle acque che avevano inghiottito tutto quello che Aziraphale aveva faticosamente costruito in una vita intera.

Aziraphale prese l'aereo ovviamente, perché così era stato deciso.

Ad attenderlo, a Heathrow, c'era Maggie. Lo salutò sventolando la mano e lo abbracciò calorosamente non appena passò il cancello. Poi lo guardò.

"Santo cielo, Az, che accidenti ti è sccesso?"

"Niente, sto bene..."

"Sembra che ti sia passato sopra un autobus, Aziraphale, stai tutto fuorché bene! Non posso vederti in queste condizioni, adesso ti porto a casa e ti preparo una tazza di cioccolata. E poi mi dirai tutto. Sono mesi che mi eviti, è chiaro che sia successo qualcosa".

Lo prese sottobraccio e lo trascinò via, senza lasciargli dire una parola di più.


***


"Aziraphale, se non torni in Italia e non ti vai a prendere questo Crowley sei un vero sciocco!" aveva esclamato alla fine Maggie.

Gli aveva tirato fuori tutto quello che era successo a forza di cioccolata e biscotti, tra una lacrima e l'altra. Anche lei aveva pianto nel vederlo così prostrato, così disperato. Sapeva che non si sarebbe dovuta intromettere, che Aziraphale aveva un carattere complesso e che era fin troppo riservato, soprattutto per quello che riguardava il suo lato affettivo, ma non era possibile tenersi tutto dentro per una vita intera. Non poteva permettergli di sprecare qualcosa di così bello, era fuori discussione.

Aziraphale l'aveva aiutata molte volte, sia quando aveva avuto bisogno di un consiglio amoroso che per questioni pratiche. Un paio di volte le aveva addirittura prestato dei soldi, quando era indietro con l'affitto e gli affari andavano male. Si era perfino rifiutato quando lei aveva cercato di renderglieli. Era quindi suo dovere di amica fare in modo che non facesse una stupidaggine tanto grande come quella di buttare al vento questo Crowley.

Maggie aveva conosciuto Aziraphale per puro caso, quando lui era entrato per la prima volta nel suo minuscolo negozio di dischi di seconda mano a Camden Town. Cercava qualcosa da regalare a suo fratello. Maggie era rimasta sorpresa dal suo abbigliamento così retrò e dai suoi modi un po' antiquati, nonstante la giovane età. Cravattini a farfalla e panciotti erano decisamente poco comuni in quel periodo, tra i trentenni. Avevano iniziato a parlare quando lui le aveva chiesto qualche consiglio, e nonostante lui fosse più grande di una decina d'anni, lei si era sentita immediatamente in sintonia. Dopo un po' di chiacchiere si era infine convinto a prendere un vecchio LP di Buddy Holly, chissà come gli fosse venuto in mente (da quel che raccontava il fratello maggiore sembrava una persona noiosa e rigida, Molly non riusciva davvero a capire per quale motivo quello dovesse essere un regalo appropriato, ma in fondo non erano affari suoi).

Maggie aveva solo 22 anni all'epoca, un caschetto biondo e due soldi in tasca, ma aveva deciso di chiudere il negozio e di accompagnare Aziraphale in un caffè in zona, semplicemente perché lo aveva preso in simpatia. Erano rimasti a chiacchierare fino a tardi e si erano scambiati i numeri di telefono. Aziraphale aveva preso ad andare da lei ogni volta che cercava qualcosa di speciale, e Maggie faceva di tutto per accontentarlo.

Alla fine avevano cominciato ad uscire insieme di tanto in tanto, quando Aziraphale non aveva troppo lavoro e Maggie poteva chiudere il negozio senza rimetterci troppo.

Una sera in cui erano entrambi un po' ubriachi lui le aveva confessato di essere gay. Lei si era commossa, onorata della fiducia che lui le aveva dimostrato, e poi anche Aziraphale aveva pianto un po', perchè era la prima volta che lo diceva apertamente a qualcuno. Era andata a finire che avevano pianto insieme e poi riso e poi pianto ancora. Sta di fatto che da quel giorno erano diventati amici per la pelle.

Nel tempo si erano raccontati i reciproci passati. Aziraphale le aveva parlato della sua famiglia e Maggie della nonna che l'aveva aiutata ad aprire il negozio di dischi. Maggie gli aveva raccontato delle ragazze che le erano piaciute, e una singola volta Aziraphale aveva nominato George. Non le aveva mai più detto nulla a riguardo, e quando lei gli chiedeva se ci fosse qualcuno di speciale nel suo cuore lui scuoteva sempre la testa, e rispondeva che era troppo occupato e che non gli interessava avere un fidanzato. Ogni tanto aveva riprovato, ma lui rispondeva sempre allo stesso modo: non aveva bisogno di nessuno, stava bene così. Lei non ci aveva mai creduto davvero, e per questo non aveva mai lasciato cadere del tutto l'argomento. Aziraphale poteva dire quello che voleva, ma lei era sicura che prima o poi si sarebbe innamorato e qualcuno a sua volta sarebbe stato pazzamente innamorato di lui. Perché Aziraphale era meraviglioso, puro, divertente... e quando voleva, abbastanza stronzo da risultare stuzzicante.

Ed aveva avuto ragione.

Perché adesso Aziraphale era ridotto ad uno straccio, con gli occhi gonfi e il mal di testa, sprofondato nel divano, evidentemente innamorato di qualcuno che da quel che diceva sembrava amarlo a sua volta, ma che Az si rifiutava di frequentare perché era troppo ostinatamente convinto che non fosse la cosa giusta per la sua vita. Avrebbe dovuto convincerlo, ma non sarebbe stato facile. Era orribilmente testardo per quanto riguardava quel genere di questioni. Si era sempre rifiutato di conoscere ragazzi che lei voleva presentargli, tanto da chiederle di smettere definitivamente di farlo. Non parlava a nessuno della sua omosessualità, come se fosse un crimine ammetterla. Maggie non lo aveva mai visto nemmeno esprimere apertamente un apprezzamento verso di un uomo.

Quel Crowley doveva essere davvero speciale. Non poteva assolutamente lasciare che questa cosa andasse perduta. Non se lo sarebbe mai permesso, e non voleva che Aziraphale rimpiangesse una decisione presa per paura più che per un vero e proprio ragionamento.

In qualche modo sarebbe riuscita a fare qualcosa.

"Non puoi arrenderti così" ripetè ad alta voce Maggie.

Lui la guardò con un'espressione piena di dolore, senza trovare parole per risponderle.



Aziraphale - Maggio 2022

Erano solo le sei del pomeriggio ed Aziraphale era già vestito di tutto punto. Cosa che avrebbe dovuto evitare, visto che stava iniziando a sudare. Si sfilò la giacca grigio chiaro del completo che aveva indossato, e la piegò con cura su una delle sedie: non voleva rischiare di macchiarla o rovinarla, considerando che era l'unica che aveva.

Si sedette davanti al pc ed inforcò gli occhiali, cercando di concentrarsi sui suoi appunti, solo per rendersi conto che in un quarto d'ora aveva letto la stessa frase almeno una decina di volte. Chiuse lo schermo, spazientito.

Si appoggiò allo schienale della sedia, sospirando. Sperava davvero che quella non fosse stata una pessima idea. Chiuse gli occhi, solo per un attimo.

Si svegliò che erano ormai le sette e quaranta. Aveva dormito un'ora e mezza, aveva la camicia stropicciata e gli occhi impastati di sonno. Si precipitò in bagno a sciacquarsi la faccia e gettò via la camicia , per cambiarla con la prima che gli capitò sottomano.

Poi corse verso il Duomo.

Arrivò trafelato sul sagrato giusto in tempo. C'era molta gente in attesa di entrare, ma Crowley non era ancora arrivato per fortuna. Tirò un sospiro di sollievo, non gli piaceva far aspettare nessuno, e così avrebbe avuto un attimo di tempo per calmarsi prima di incontrarlo. Gironzolò tra le persone, guardando chi si sarebbe seduto con lui per ascoltare il concerto. C'erano persone di ogni età, giovanissimi, adulti, anziani. Sembrava un pubblico molto variegato. Erano tutti raggruppati in piccoli capannelli a chiacchierare tra di loro. Solo una persona rimaneva da sola. Una donna alta e magra, con i capelli fiammeggianti, sciolti in onde morbide che le sfioravano le spalle. Aveva scarpe nere lucide con tacchi alti e suola rossa, pantaloni a palazzo dalla vita altissima appoggiati sui fianchi stretti, e infine una blusa nera totalmente trasparente. La schiena era magra e spigolosa sotto quel velo scuro. Lei si voltò gli sorrise, ed aveva il sorriso di Crowley. Aveva anche gli occhiali da sole di Crowley. E il naso su cui erano poggiati era quello di Crowley, così come il mento, e le lentiggini e gli zigomi erano di Crowley.

Gli si avvicinò a passi lunghi, ondeggianti, apertamente sensuali.

Lo prese sottobraccio.

"Mi hai fatto aspettare dopo avermi invitato, non è da gentiluomo".

Il suo sorriso era insieme veleno e il vino più pregiato.

Aziraphale non riusciva a staccargli gli occhi dalle labbra dipinte di rosso.

"Non mi aspettavo di vederti... così. Non ti trovavo in mezzo alla gente" balbettò Aziraphale. "Stai benissimo" aggiunse. Era confuso. Vederlo in quel modo aveva per qualche momento fatto impazzire il suo polo magnetico. Come se l'asse terrestre si fosse spostato, e ora fosse centrato su di Crowley. Gli equinozi sarebbero cambiati e così il moto delle stelle, modificati per sempre da quell'apparizione.

"Non c'è problema. Non bado molto a quello che mi metto quando vado in montagna, ma per le occasioni speciali come questa mi piace osare un poco".

Si strinse nelle spalle in un movimento che era familiare ad Aziraphale, eppure sembrava diverso in quel momento. Crowley si tolse gli occhiali. Gli occhi erano contornati da un trucco nero sfumato che gli donava immensamente.

"Se non sono troppo indiscreto... ha qualcosa a che vedere con la tua identità di genere? Si dice così, giusto?".

"È il termine corretto. Diciamo che non mi identifico mai esattamente in nessuno dei due sessi. Sono... fluido, credo. A volte mi sento più scivolare da una parte o dall'altra, ma sono sempre solo io. Mi spiace, non troverai nulla di diverso dal solito Crowley" ghignò.

"Non avrei voluto trovare nulla di diverso. Devo cambiare pronomi? Lo preferisci?"

"Naaah. Non mi importa davvero. Potrei sbagliarmi io di tanto in tanto, semplicemente perché non ci faccio caso. Tu fai come vuoi".

Aziraphale rimase in silenzio per qualche attimo, cercando di processare tutto quello che era stato detto in quegli ultimi minuti. Lo mise da parte, ci avrebbe pensato dopo. Per ora si sarebbe goduto la serata.

"Beh. Vogliamo entrare?" disse Crowley alla fine.


"Certo" rispose Aziraphale, mostrando più sicurezza di quella che realmente provava.

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